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1.4 La creazione di Salazar: l’Estado Novo (1933-1945)

1.4.1 Salazar si presenta al Portogallo

Uno degli aspetti più dibattuti dalla storiografia portoghese e internazionale si sofferma sulla categoria politica in cui inserire l’Estado Novo. Storici, filosofi politici, sociologi, si sono interrogati sulla natura, in chiave comparativa, del regime di Salazar. Si tratta di un regime fascistizzante? Di un regime fascista? Di un regime autoritario o totalitario? È interessante e utile ripercorrere le diverse scuole di pensiero sulla dittatura salazarista per avere più avanti un quadro più familiare sia della situazione degli anni Settanta portoghese che della dialettica della sinistra internazionale nei confronti del significato simbolico e pratico del 25 aprile 1974. Quello su cui si trovano in accordo gli storici è la posizione da assumere in merito alla definizione governativa dell’Estado Novo, ossia di governo dittatoriale. Per provare a inquadrare il salazarismo è utile approcciarsi alla figura di Salazar nella sua accezione pubblica.

103 N.E. Ferreira, R.A. de Carvalho, A.Costa Pinto, O «império do professor»: a elite ministerial de Salazar, 1932-1944, in A. Costa Pinto, Governar em ditadura. Elites e decisão política nas ditaduras da era do fascismo, ICS, Lisboa 2012, p. 131.

104 H. Martins, Classe, status e poder, ICS, Lisboa 1998, p. 105. Martins descrive l’élite industriale ancora prevalentemente familiare, ereditiera o fondatrice di imprese, «sovra-istruita» in relazione alla popolazione attiva sia nazionale che in comparazione rispetto ad altre èlites industriali simili in via di sviluppo, come quella spagnola (p. 108). Sul tema si veda ancora A. Costa Pinto, Salazar’s ministerial elite: 1933-44, in «Portuguese Journal of social science», 3 (2), Lisboa, pp. 103-113.

105 T. Faria, Debaixo de fogo: Salazar e as Foròas Armadas (1933-41), Cosmos, Lisboa 2001.

106 Fra questi il ministro della Giustizia M. Rodrigues Júnior (1932-1940), il ministro delle Opere Pubbliche Duarte Pacheco (1932-1945), in N.E. Ferreira, R.A. de Carvalho, A.Costa Pinto, O «império do professor», cit., p. 132; F. Nogueira, Salazar, vol. 3, Atlântida, Coimbra 1978, pp. 289-290.

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Rispetto ad altri rappresentanti dell’«era della catastrofe» di Hobsbawm107, António de Oliveira Salazar era dotato di una minore forza carismatica capace di elevarlo al di sopra della nazione portoghese, caratteristica comune ai leader nel periodo interbellico108. Il culto della personalità di cui godeva il Duce, incarnazione della razza, della forza e della Nazione, non si poteva considerare per Salazar. Il professore di Coimbra, per certi versi, era esattamente l’opposto109. Schivo, con una certa ritrosia alle apparizioni pubbliche, nella rappresentazione di sé stesso nelle campagne elettorali, Salazar non era nemmeno un grande oratore o trascinatore di folle, non si lanciava in accorati appelli nei momenti chiave della vita nazionale110. Dal punto di vista del culto della personalità è il primo segnale della distanza visiva e rituale rispetto a Mussolini, Hitler, Franco; non ne mostrava gli emblemi distintivi come i fasci, la svastica o le flechas della Falange111. Anche il saluto romano, utilizzato poche volte pubblicamente da Salazar – e solo in risposta a chi insisteva nella mostra del gesto – sarebbe scomparso del tutto dopo il secondo conflitto mondiale112. La prima figura che fece conoscere Salazar alla nazione fu il giornalista António Ferro113. Scrittore modernista, repubblicano di destra e antidemocratico, aveva forti legami con l’estrema destra europea. Influenzato culturalmente dalla tradizione letteraria europea, come Fernando Pessoa, Homem Cristo Filho, Gabriele D’Annunzio, George Bernand Shaw, Paul Valéry114, Ferro rimase affascinato dalla figura di Sidónio País. Proprio la forza carismatica di País determinò l’interesso verso le figure europee che incarnavano gli stessi principi. Ferro costruì così la propria carriera giornalistica grazie alle interviste, tra il 1920 e il 1924 Primo de Rivera, Mustafa Ataturk, Benito Mussolini che pubblicò, tre anni dopo, nel libro Viagem à volta das ditaduras115. Nel 1932 Ferro era la persona più adatta, in quanto abile intervistatore, a svolgere un doppio compito, che lo avrebbe portato alla guida del Secretariado da Propaganda Nacional (SPN) nel 1933: sviluppare quello che chiamava «política do espírito»116, ossia

107 Così lo storico statunitense descriveva il periodo di escalation della matrice di destra del continente europeo el periodo interbellico, in Hobsbawm, Il secolo breve, 1914-1991,

108 Una delle figure che con sapere giornalistico e stilistico seppe creare una tale alchimia di silenzioso carisma e di calcolato culto della personalità di Salazar fu António Ferro. Guida del Seretariado de Propaganda Nacional (SPN), intervistò cinque volte Salazar nel 1932 per il «Diário de Notícias» del 19/23 dicembre 1932. Sul tema si veda la riproposizione, a ottanta anni dalla pubblicazione delle stesse, in D. Serapiglia, Il fascismo portoghese. Le interviste di

Ferro a Salazar, Pendragon, Bologna 2014.

109 Per una comparazione socio-politica si veda A. Costa Pinto, “Chaos” and “order”: preto, Salzar and charismatic

appeal in inter-war Portugal, pp.65-76, in A. Costa Pinto, R. Eatwell, S.U. Larsen, Charisma and fascism in interwar Europe, Routhledge, London/New York 2007.

110 F. Ribeiro de Meneses, Salazar, cit., p.. 197. 111 Ibidem.

112 Ivi, p. 198.

113 Sulla biografia di Ferro si vedano H. Paulo, Ferro, in F. Rosas, J.M. Brandão e Brito, Dicionário de História do Estado

Novo, v.1, Bertand, Venda Nova 1996, pp. 355-357; F. Guedes, António Ferro e a sua política do Espírito, Academia

portuguesa da história, Lisboa 1997.

114 F. Ribeiro de Meneses, Salazar, cit., p. 198.

115 A. Ferro, Viagem à volta das ditaduras, Empresa Diário de Notícias, Lisboa 1927.

116 A. ferro, Dez anos de Politica do Espírito, 1933-1943, Secretariado de Propaganda Nacional, Lisboa 1943; J. Ramos do Ó, Os anos de Ferro: o dispositivo cultural durante a “política do espírito”, 1933-1949. Ideologia, instituções, agentes

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alzare la cultura popolare in modo da ristabilire l’appartenenza e l’orgoglio nazionale; promuovere un’opinione pubblica nazionale ed estera di Salazar che lo avrebbe reso più popolare in Portogallo e fuori dai suoi confini117. Come analizzato da Meneses, la pubblicazione di articoli favorevoli era chiaramente da inquadrare all’interno di più fattori. La censura – poste in essere nel settennato precedente all’instaurazione del regime estadonovista –limitava fortemente le voci ostili al regime, sia interne che di corrispondenti stranieri; la stessa critica proveniente dagli stessi oppositori che animarono la Prima Repubblica venne resa innocua dallo spazio inesistente nella cronaca locale e dall’esilio dei suoi rappresentanti. Anche i pochi che riuscivano a divulgare la loro posizione in difesa repubblicana, come Bernardino Machado e Afonso Costa, erano soggetti a «campagne diffamatorie della stampa fedele a Salazar, senza che avessero la possibilità di pulire il proprio nome» dalle accuse118.

Fu così che tra il 31 ottobre e il 21 novembre 1932, Ferro intervistò il neo Primo Ministro passeggiando per Lisbona, in automobile o nelle campagne limitrofe, senza prendere appunti, pubblicando il contenuto degli incontri tra le pagine del «Diário de Notícias»119. La facilità nell’esposizione retorica di Ferro concorse alla descrizione, talvolta mitizzata e influenzata dalla creazione del culto del leader, del fondatore dell’Estado Novo, che portò Salazar, ancora sconosciuto all’opinione pubblica portoghese, ad avere un rapporto diretto con i propri conterranei120. È molto interessante leggere le interviste del giornalista a Salazar, apparentemente così abile nel creare un’aura a tratti mistica del dittatore, dotandolo di sfumature messianiche121 e certamente affidandogli il ruolo di martire della Patria. Non trattenendo domande anche scomode – «e quali domande, talvolta!», avrebbe scritto lo stesso Salazar122 – Ferro presentò il dittatore come un martire, immolato

e prática, Estampa, Lisboa 1999; F. Guedes, António Ferro e a sua plítica do espirito, Academia Portuguesa da História,

Lisboa 1997.

117 F. Ribeiro de Meneses, Salazar, cit., p. 198. 118 Ivi, p. 199.

119 Interviste in «Diário de Notícias» del 19, 20, 21, 22, 23 dicembre 1932. Le prime cinque interviste sarebbero state oggetto del testo A. Ferro, Salazar. O homem e a sua obra, Empresa Nacional de Publicidade, Lisboa 1933. Nella ristampa successiva Ferro inserì una sesta intervista a Salazar concessa nel luglio 1933, aggiornata con le sue impressioni sulla Società delle Nazioni e della Germania di Adolf Hitler. Ad essa sarebbe seguita una settima intervista nel settembre del 1938 per l’edizione inglese di A. Ferro, Salazar and her leader, Faber and Faber, London 1939. Nell’edizione del 2007, con la prefazione di F. Rosas sono presenti immagini inedite, tratte dall’archivio familiare di Mafalda Ferro, sulle passeggiate bucoliche tra Salazar e Ferro, in A. Ferro, Entrevistas a Salazar, Parceria A.M. Pereira, Mem Martins 2007. 120 Prefazione di F. Rosas nell’edizione di A. Ferro, Entrevistas a Salazar, Parceira A.M. Pereira, Lisboa 2007, p. XXX. 121 Nella quinta intervista Salazar venne accostato a Gesù, nella volontà di sfruttare il simbolismo cristiano legato alla sua persona ed evocare il rispetto della dottrina cristiana insita nella cultura religiosa portoghese. Con queste parole Ferro descrisse il congedo dal primo ministro: «E Salazar sale, lentamente come sempre, le scale del suo Calvario e della sua gloria, le scale del Ministero delle Finanze… Io rimango a vederlo salire… Dietro di me, contemplando con me la sua ascesa, deve esserci il paese...», in A. Ferro, Oliveira Salazar, cit., p. 170.

122 Prefazione di Salazar al testo di Ferro. Per descrivere l’abilità del suo interlocutore scrisse: «ha diretto egli stesso il dialogo, lo ha fermato bruscamente o lo ha deviato dalla sua linea naturale, sempre che gli sia piaciuto; ha insistito, ha approfondito o omesso gli argomenti, in base al grado dei suoi dubbi o alla solidità delle sue convinzioni, in una parola, a seconda di ciò che gli conveniva», in A. Ferro, Oliveira Salazar, cit., pp. 3-4.

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alla vita pubblica, a quella ministeriale, salvifica della nazione e ad essa ligio tanto da non permettersi distrazioni terze. Nella settima intervista del settembre 1938, Ferro dava prova di apparente mancanza di timore reverenziale verso il primo ministro, aiutato per un attimo dalla notte per fare una «domanda impertinente, ardita, che non avre[bbe] osato certamente formulare in pieno giorno»123. Nel tentativo di scardinare la contraddizione tra la dottrina postulata da Salazar in merito alla famiglia e l’assenza stessa di una famiglia nella propria vita, Salazar rivolgeva a proprio vantaggio la questione:

Ma il suo isolamento non è contrario alla sua dottrina? Come fa a vivere da solo, come ha potuto non creare il suo focolare, l’uomo per cui la famiglia è la cellula madre della società? […] Contraddizione apparente. “Si può allargare la famiglia alla propria nazione” […] Ma non sente, ogni tanto, la nostalgia di un focolare ben organizzato, di una famiglia? Riesce a vivere felice in questo eterno dialogo con e stesso, in questa completa solitudine? […] Ci sono opere che esigono dedizione assoluta, il dono totale di sé. Per alcuni temperamenti questa totalità non ammette distrazioni124.

Filtrando le pagine di quella che Torgal descrisse come un’«opera-prima di propaganda»125, si può trovare un vero e proprio manifesto programmatico dell’azione di Salazar, che avrebbe portato avanti nella guida del Portogallo fino all’abdicazione forzosa del 1968. Nelle prime monumentali cinque interviste si ritrovano le tematiche care a Salazar, le infiltrazioni dei regimi fascisti vicini e la ferma volontà di scostarsi da essi126 – soprattutto con quello italiano – la critica al comunismo, al socialismo, al liberalismo, l’opera di fascistizzazione della società portoghese127, il ruolo centrale

123 D. Serapiglia, Il fascismo portoghese, cit., pp. 222-223. 124 Ibidem.

125 Prefazione di L. Reis Torgal a D. Serapiglia, Il fascismo portoghese, cit., p. 11. Anche Fernando Rosas avrebbe definito l’opera di Ferro come «o primeiro manual de propaganda», in un’intervista alla terza rete televisiva portoghese «tvi24», in Entrevistas de Ferro a Salazar são «propaganda», 6.11.2007.

126 Nella prima ma soprattutto nella terza intervista vengono trattati i temi dell’originalità della dittatura portoghese rispetto a quello italiano.

127 La fascistizzazione del regime portoghese viene indicata da Serapiglia come il momento in cui l’Estado Novo tese ad «accentuare la propria tendenza totalitaria». Nel 1935 venne istituita la Federação Nacional para a Alegria no Trabalho, il dopolavoro portoghese, nel 1936 le organizzazioni giovanili della Legião Portuguesa e della Mocidade Portuguesa, a imitazione dei Balilla italiani, nel 1937 l’Organização das Mâes para a Educação Nacional e lo scheletro corporativista del regime: Sindicatos Nacionais, Casa do Povo, Casas dos Pescadores, in D. Seprapiglia, Il fascismo portoghese, cit., p. 23. Ancora nel 1937 fu creata la Mocidade Portuguesa Feminina. Sui temi presentati si vedano G. Adinolfi, Ai confini del

fascismo. Propaganda e consenso nel Portogallo salazarista (1932-1944), FrancoAngeli, Milano 2007; sulle

organizzazioni e sul valore femminili nell’Estado Novo, si suggeriscono I.F.Pimentel, História das organizações

femininas no Estado Novo, Temas e debates, Lisboa 2001; H. Neves, M. Calado, J.M. Mascarenhas (coord.), O Estado Novo e as mulheres: o género como investimento ideológico e de mobilização, Biblioteca Museu, República e Resistência,

Lisboa 2001; I.Flunser Pimentel, Mocidade Portuguesa Feminina. Educada para ser boa esposa, boa mãe, católica e

obediente, A esfera dos livros, Lisboa 2008; I.P. Brasão, Dons e disciplinas do corpo feminino: os discursos sobre o corpo na história do Estado Novo, Deriva, Lisboa 2017.

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dell’istruzione, pur mancando il contiinum storico della politica estera lusitana, le colonie. Ancora nella prefazione di Salazar a Ferro, si trova un’ulteriore conferma della qualità stilistica di Ferro, da un lato, e di quella che sarebbe stata la “terza via” di matrice dittatoriale del continente europeo, che sarebbe stata resa unica e riconoscibile tanto dall’Italia quanto dalla Germania. Del lavoro di Antóno Ferro, scriveva Salazar, «Si pensi quello che si vuole dell’intervistato, e siano quali che sino le deficienze riscontrate nel libro e derivanti dalle condizioni nelle quali l’inchiesta è stata fatta, quel che abbiamo dinanzi agli occhi è un documento politico di valore, imprescindibile per la comprensione della nostra dittatura e del momento che stiamo vivendo in Portogallo»128.