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Morfologia dello spettacolo di strada: il cerchio, l'esibizione, il “cappello”

Ciò che di solito colpisce degli spettacoli di strada è, in generale, l'estraneità di ciò che sta avvenendo con il contesto in cui si situa. All'angolo di una piazza di una qualsiasi, un artista di strada nel pieno del suo spettacolo è solitamente qualcosa di completamente alieno dal contesto urbano: per questo motivo, un evento di questo tipo può stravolgere la percezione dello spazio delle persone che si sono fermate ad assistervi. Nell'arco del suo svolgersi, lo spettacolo può presentare di tutto: dalla giocoleria più pura e virtuosistica ad una serie di trovate clownesche ed istrioniche, dalla rappresentazione di qualche famosa pièce teatrale ad un numero di fachirismo mozzafiato. In pratica, lo spettacolo crea un'immediata trasformazione dello spazio urbano in spazio scenico e quindi ciò che contraddistingue quest'arte non è tanto il fatto di situarsi in un luogo particolare: al contrario, è proprio il fatto di non avere nessun luogo deputato ad accoglierla, perchè tutti sono – con qualche eccezione – adeguati a farlo.

Ciò che vogliamo fare è definire qui una serie di tratti salienti che permettano di non avere equivoci su cosa si voglia intendere con arte di strada. Si tratta di un'operazione fondamentale anche ai fini di una migliore comprensione dei capitoli successivi.

Lo spettacolo di strada si svolge praticamente sempre in tre momenti distinti: il cerchio, lo spettacolo vero e proprio, ed il “cappello”. In verità nessuno di questi tre momenti è davvero essenziale, e comunque questa distinzione è molto arbitraria. Per ora però concentriamoci su questa regola, poi ne mostreremo le eccezioni.

Il cerchio è la parte iniziale dello spettacolo. Con questa parola ci si riferisce al circolo di spettatori che, di norma, si forma attorno all'artista. Ogni bravo artista, dal canto suo, sa che dalla capacità di creare un buon cerchio dipende il 50% dello spettacolo e che “perdere il cerchio” (cioè avere degli spettatori che se ne vanno prima della fine) è quanto di peggio possa accadere durante l'esecuzione. Si tratta di quel momento in cui l'artista, dall'anonimato e dall'indifferenza più o meno generale in cui è immersa ogni persona che cammina per strada, deve emergere e palesare il suo ruolo. Ciò avviene attraverso il tentativo di attrarre i passanti. Ogni artista ha le proprie tecniche per fare il cerchio ed è impossibile descriverle tutte: qualcuno intrattiene piccoli scherzi per accendere la curiosità, altri assumono pose improbabili, ma la maggior parte, qualsiasi cosa avvenga, inizia a diffondere della musica. Anche solo questo espediente, di norma, fa percepire ai passanti che sta succedendo qualcosa. Una volta che si sono radunate un sufficiente numero di persone (che può variare da qualche decina a qualche centinaio a seconda delle proporzioni dello spettacolo) l'artista deve “formare” il cerchio, renderlo compatto ed elegante, definendo lo spazio dentro il quale chiunque smette di essere pubblico e diventa parte dello spettacolo stesso. Quella del cerchio è una fase che può durare anche molto tempo, soprattutto se la gente stenta a fermarsi. Una volta creato il primo gruppo di curiosi, in ogni caso, se l'artista è bravo avverrà una vera e propria reazione a catena, perchè più persone si fermano più altre saranno invogliate a fare lo stesso. Nel momento in cui essi fanno parte del cerchio, i passanti si trasformano in spettatori. A questo punto sarebbe in errore chi sostenesse che lo spettacolo ha inizio: lo spettacolo è già iniziato ed la fase del cerchio ne fa pienamente parte. Essa viene condotta usando un canovaccio di situazioni che vengono improvvisate alla bisogna e che di solito creano situazioni comiche o comunque molto interessanti. A rendere affascinante questo momento è, dal nostro punto di vista, il passaggio quasi palpabile dall'assenza alla presenza di un evento imprevisto.

Il passo successivo è quella dello spettacolo vero e proprio, che di solito corrisponde ad una serie di routines elaborate altrove. Qui l'artista mette in scena le tecniche più svariate, che lo caratterizzano: può essere quindi un mimo, un cantastorie, un acrobata, un mago, un fachiro, un giocoliere, un attore. In ogni caso, qualsiasi cosa egli faccia, non può mai dimenticarsi del contesto che ha creato. In un teatro il pubblico presente in sala ha già pagato il biglietto ed è quindi rarissimo che se ne vada a metà spettacolo, perchè con il pagamento preventivo di un valore ha già dichiarato il proprio interesse nei confronti di ciò a cui sta per assistere. In strada, invece, il pubblico è tale solo in nome della propria curiosità: basta un attimo di distrazione, un imprevisto accidentale che distolga l'attenzione, per ritrasformare uno spettatore in un passante che si allontana diretto a cose più importanti. Tutto lo spettacolo è quindi basato un un sottilissimo equilibrio che l'artista di strada deve essere in grado di mantenere costante, preferibilmente se aggiungendo di volta in volta elementi di attesa e

suspence, che di solito si risolve nell'ultimo numero. La bravura di un professionista, però, si

riconosce soprattutto dalla capacità di affrontare gli imprevisti e volgerli a proprio favore con qualche gag adatta.

La parte conclusiva è il quello in cui l'artista “fa il cappello”: chiede cioè agli spettatori di dimostrare il proprio gradimento e apprezzamento per quello che hanno visto attraverso una libera offerta in denaro. In inglese questa azione è detta busking e quindi gli artisti di strada sono generalmente definiti anche buskers, cioè “coloro che fanno cappello”. A differenza di ogni altra forma di spettacolo, l'arista di strada che si esibisce liberamente non richiede un

cachet da qualcuno per la propria prestazione, né viene pagato da un box-office. Esistono

naturalmente formule alternative a questa, che prevedono un rapporto di lavoro fra artisti ed enti privati o pubblici, ma la sostanza resta la stessa104. Alcuni trovano che in questa

“mediazione” risieda una perdita di immediatezza e bellezza dello spettacolo di strada e che in tali situazioni l'artista abbia il ruolo di un testimonial di contesti disparati105. A noi sembra

invece che la realtà parli da sola e che i numerosissimi festival ed eventi dedicati all'arte di strada, in cui normalmente gli artisti sono retribuiti dall'organizzazione, siano una riprova del

104 Per una trattazione più particolareggiata di questo aspetto del “cappello” si rimanda il lettore al paragrafo 3.1 VI

felice connubio che può crearsi fra datori di lavoro ed artisti di strada106.

Il momento migliore per fare il cappello è generalmente quello che si raggiunge alla fine dello spettacolo: il climax delle routines eseguite dovrebbe essere stato sufficiente ad accrescere la tensione, come in ogni buon spettacolo, in attesa del gran finale. Una grande parte degli artisti presenta il cappello dopo il finale, altri invece lo fanno prima di questo. In quest'ultimo caso si tratta anche di un espediente per evitare minori perdite di spettatori dal cerchio, che possono verificarsi quando si arriva, per dirla con le parole del Garzoni, “al quamquam delle gazette”107. Il momento dell'annuncio del cappello è estremamente importante e delicato: non

rappresenta solo la parte economicamente rilevante del mestiere. Si tratta anche della migliore possibilità con cui sfatare l'aura del mendicante di fronte al pubblico, di parlare a cuore aperto con lui, di rendere più umano il dialogo fra artista e spettatore108. A nostro avviso, un grande

artista di strada non è solo in grado di farsi dare molte offerte dal pubblico. Egli è capace, soprattutto, di dimostrare la dignità ed il valore del proprio lavoro agli spettatori.

Il grande giocoliere e comico Leo Bassi esprime bene questi concetti in un'intervista famosa: “la mia arringa comincia così: «Vedete, questo è il circo più piccolo del mondo. Non ci sono biglietti. Vado a farvi quaranta minuti di spettacolo. Voi siete intelligenti, lo sono anche io. Sapete che sono qui per guadagnarmi da vivere». Dichiaro subito il mio gioco e dico: «Vedete che non ci sono biglietti né recinti. Quindi non posso controllare i soldi che mi darete. È semplicemente una questione d'onore»”109.

Le tre fasi che abbiamo qui descritto sono una sorta di schema astratto nel quale si configurano spesso gli spettacoli di strada, ma nessuna di queste è veramente essenziale al fine di uno spettacolo. Ad ogni regola corrispondono infatti un'ampia quantità di eccezioni.

106 Alcuni festival o eventi culturali in cui siano presenti artisti di strada scelgono di chiudere una determinata area alla circolazione e di permettervi l'accesso solo dietro il pagamento di un biglietto. L'interno dell'area si configura per il visitatore come uno spazio esperienziale, uno spettacolo a 360 gradi dove varie istanze performative assicurano l'intrattenimento. In questi – rari – casi, l'organizzazione solitamente chiede agli artisti di non fare cappello alla fine dello spettacolo, perchè il pubblico ha già pagato. Tuttavia, ciò non rappresenta una regola.

107 T. GARZONI, op. cit., pag. 1192

108 Chi scrive, ad esempio, durante il cappello preferisce dire chiaramente al pubblico la realtà delle cose: “l'arte di strada è un lavoro nobile ed è ben diverso dal mendicare un'elemosina. L'offerta è libera: tuttavia se scegliete di dare qualcosa tenete presente che dietro a pochi minuti di spettacolo si nascondo anni di lavoro” 109 R. BALSAMELLI, L. NEGRI, Guida al mimo ed al clown, Rizzoli, 1982, pag. 35

Per quanto incredibile possa sembrare questa affermazione, le possibilità che un artista scelga di eliminare una fase o l'altra sono molteplici. La più frequente è quella di uno spettacolo commissionato a contratto, tale per cui il committente non desidera che l'artista, da lui pagato, chieda ulteriori soldi al pubblico – magari perchè gli spettatore hanno già corrisposto del denaro per la performance, che si inserisce in un contesto più ampio. Altri artisti, invece, tendono a non formare il cerchio. Questo è il caso dei musicisti di strada, per i quali lo spettacolo è spesso di natura molto diversa da quella qui descritta: il pubblico si arresta solitamente per pochi minuti per ascoltare qualche brano, lascia una ricompensa in un cappello fisso, che rimane per tutta la durata dello spettacolo, e si allontana. Infine, anche se sembra assurdo, esistono artisti che formano il cerchio ma non passano mai allo spettacolo vero e proprio: si tratta solitamente di clown e mimi, che basano la loro performance sul creare un cerchio sempre più vasto, con cui interagiscono, oppure a discapito di qualche passante ignaro: come diceva Leo Bassi, è sufficiente sacrificarne uno per farne godere cento. Non ci soffermeremo oltre sugli aspetti metodologici, tenici e sociologici dello spettacolo in strada e del rapporto col pubblico: per quanto interessante, esulerebbe dalle finalità del presente lavoro, che si propone invece di indagare gli aspetti giuridici di queste attività. Ciò d'altronde è già stato fatto altrove e il lettore interessato potrà fare riferimento alla bibliografia per quanto riguarda queste omissioni. Quanto detto ci sarà sufficiente ad introdurre e affrontare la spinosa questione delle definizioni in gioco.