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A seguito del ritorno alla democrazia avvenuto alla fine degli ani '70, la Spagna ha conosciuto una vera e propria rinascita culturale caratterizzata anche da movimenti sociali radicalmente nuovi, come la “movida” madrilena degli anni '80, riallineandosi velocemente con altre realtà straniere. Nel decennio successivo, fino al 1996, l'autorità spagnola ha pianificato una serie di interventi mirati volti a portare il proprio contenuto culturale alla diretta disponibilità dell'attenzione pubblica247. Grazie a queste iniziative, all'estero cominciò a formarsi una

consapevolezza sul ruolo valido e stabile dell'arte e della cultura spagnola che lo Stato incoraggiò creando, nel 1991, l'Istituto Cervantes248.

La politica culturale spagnola si è profondamente modificata dalla fine della dittatura, nel 1977, ad oggi. Il modello attuale combina la presenza dello Stato su un piano di tutela e incentivazione della cultura, con una massiccia decentralizzazione amministrativa, in accordo alle regole di governo territoriale stabilite dalla Costituzione del 1978. Essa distingue due livelli di competenze territoriali: lo Stato e le Comunità autonome. La cultura risente, nella sua componente organizzativa, di questa separazione di competenze: lo Stato si occupa del patrimonio attraverso strumenti non specifici, lasciando alle Comunità autonome un ruolo preponderante in materia di decisione e applicazione delle politiche culturali. Ogni Comunità ha in effetti un ampio potere decisionale in questo campo. Sulla base della Costituzione, esse godono della gestione e della legislazione di quegli aspetti culturali che intersecano le tradizioni locali, senza alcuna distinzioni di disciplina: musei, biblioteche, arti dello spettacolo, artigianato. Ciononostante, i musei, le biblioteche e gli archivi pubblici restano sotto il controllo statale e alle comunità è riservata la responsabilità operativa del loro funzionamento.

247 Si tratta di iniziative considerevoli: fra le più note, citiamo le inaugurazioni del museo Reina Sofia, del Concert Hall di Madrid.

La vita culturale spagnola è molto legata alle tradizioni popolari e religiose, spesso molto antiche. Non è raro che queste tradizioni attraverso manifestazioni in spazi pubblici: si pensi anche solo alle colossali processioni andaluse organizzate in occasione della Semana Santa nelle principali città della regione. Le piazze, come luogo di incontro e svago, vivono da sempre una partecipazione consistente da parte dei cittadini, in particolare le fasce giovani della popolazione, che amano ritrovarsi all'aperto. Allo stesso modo, da molti decenni gli spazi pubblici spagnoli vengono animati non solo dalla presenza di circhi, ma anche da spettacoli di musica, mimo, danza, teatro di figura, malabares249, che sorgono in modo spontaneo un po' ovunque. In effetti, in Spagna una notevolissima quantità di persone si dedica all'attività artistica teatrale, circense, musicale in strada in modo amatoriale o autodidatta, e ciò rappresenta una realtà importante da un punto di vista sia artistico sia economico250. In ogni caso, lo sviluppo moderno delle arti di strada ha avuto luogo solo dopo

la caduta del franchismo: il più vecchio festival di teatro di strada, La Fira, che si svolge a Tarrega, è nato nel 1980.

L'esempio più famoso e conosciuto all'estero è probabilmente costituito dai mimi che da molti anni si ritrovano lungo la Ramblas, a Barcellona e che, con costumi anche molto elaborati, si esibiscono come statue viventi. Recentemente, tuttavia l'amministrazione di Barcellona ha deciso, dietro lunghe richieste da parte di alcuni comitati locali, di decentrare l'attività degli artisti di strada e regolamentarla in maniera più ferrea, limitando l'accessibilità agli artisti con concorsi periodici e una serie di procedure. Le “estatuas humanas”, tuttavia, costituiscono una delle attrazioni più rinomate della città, non secondarie rispetto ad altre attrazioni di grande impatto turistico, e rischiano di cadere in un cono d'ombra se non sostenute da adeguate politiche.

Nel 2008, il governo ha speso in generale per la cultura 1.075.338 euro, di cui il 15% è stato dedicato allo spettacolo dal vivo. Tuttavia, se si analizza la voce di spesa, si scopre che è la musica a beneficiare della maggior parte di questi fondi, per una cifra pari all'11,1% del totale stanziato, mentre alle restanti attività di spettacolo dal vivo viene dedicato il 4,9%. La prospettiva cambia molto, invece, prendendo in considerazione le Comunità autonome. Esse hanno destinato alla spesa culturale 2.128.971 euro di cui il 20,5% allo spettacolo dal vivo, per un ammontare di circa 435.503 euro. Al suo interno, la composizione del budget è molto

249 Attività di destrezza, giocoleria e manipolazione di oggetti. 250 R. Lacombe, “Le Spectacle vivant en Europe” op. cit

più dettagliata e considera anche il teatro, l'opera, la danza e le restanti sotto-categorie, fra cui il circo251. E' dunque evidente la portata dell'intervento delle Comunità nella politica culturale

spagnola.

Per quanto riguarda ora il settore delle arti di strada, si può affermare che in Spagna vivono un momento di transizione. Non sono ancora riconosciute in modo ufficiale e vengono ricondotte al quadro generico delle arti circensi che, per la verità, sono tenute in discreta considerazione dalle varie politiche culturali. Il primo Ente statale deputato a seguire e coordinare gli sviluppi dello spettacolo dal vivo è l'Istituto Nazionale della Musica e dello Spettacolo (INAEM), istituito nel 1984, ma il primo atto di riconoscimento del circo avviene nel contesto del “Piano di Modernizzazione delle Istituzioni Culturali”, approvato nel 2007, che comporta l'istituzione di un Consiglio di Stato per lo Spettacolo dal vivo. Il Consiglio ha la responsabilità dei campi disciplinari di musica, danza, teatro e circo e funge da coordinamento fra i vari settori e l'Amministrazione centrale. Questo organismo, che rappresenta una delle più importanti strutture di supporto all'arte in Spagna, diviene operativo nel 2010. Oggi sia il Consiglio che l'INAEM considerano il circo una realtà culturale presente e valida nel territorio statale. L'arte di strada però non è considerata da nessun organo ufficiale e pertanto non gode di fondi specifici o di trattamenti particolari. I singoli artisti, le compagnie o le organizzazioni dei festival sono quindi obbligati a trovare fondi attraverso bandi più generici, il cui accesso è quindi più difficoltoso. Il Ministero mette infatti a disposizione dei programmi di finanziamento dedicati soprattutto alla diffusione del teatro e della drammaturgia, che comprendono anche l'organizzazione di festival, manifestazioni e feste organizzate sia da Comunità locali sia da Imprese private, indipendentemente dal fine lucrativo o non lucrativo. Ai margini di queste attività, le arti di strada riescono, anche se a fatica, a beneficiare di parte di questo sostegno. Il circo, invece, gode di aiuti finanziari dedicati.

In estrema sintesi, la Spagna mostra una lacuna normativa specifica per le arti di strada quasi a tutti i livelli istituzionali, ad eccezione di alcune città che producono regolamenti laddove le situazioni specifiche lo richiedono. Questa realtà giuridica si scontra però con una vivissima partecipazione alle attività in strada sia da parte degli artisti, sia da parte del pubblico, composto tanto da cittadini spagnoli quanto da turisti, in particolare nelle grandi città. La condizione in cui queste arti si manifestano resta però in gran misura quella amatoriale e le

dimensioni sono contenute, anche se bisogna riconoscere che la qualità non è sempre il più importante parametro di cui gli artisti tengono conto. Chi è interessato a intraprendere una carriera di questo tipo, in effetti, si rivolge all'estero. Una dimostrazione empirica di ciò è anche data dall'assenza di una Federazione Nazionale degli artisti di strada o di un Ente che ne espleti le funzioni.

Nel documento L'arte di strada come patrimonio culturale? (pagine 190-193)