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Multiculturalismo e principio pluralista

Nel documento Diritti multiculturali in cammino (pagine 134-137)

L’evolversi dello Stato multiculturale europeo

3. Le critiche della compatibilità del multiculturalismo con alcuni principi fondamentali nello Stato costituzionale

3.1. Multiculturalismo e principio pluralista

In primo luogo, il multiculturalismo è stato letto da diversi autorevoli commentatori come di dubbia conciliabilità, alternativo, se non addirittura antitetico, rispetto al pluralismo (e dunque al principio pluralista di cui all’articolo 2 Cost.). È stato sostenuto, in particolare, che il multiculturalismo sarebbe compatibile con il pluralismo solo quando il primo concetto sia inteso in senso descrittivo, mentre laddove il multiculturalismo pretenda di farsi valore, si assisterebbe a un inevitabile contrasto, dal momento che il multiculturalismo, al contrario del pluralismo, imporrebbe una diversificazione della società, una moltiplicazione quasi artefatta, coatta, delle differenze e delle divisioni anche in società tendenzialmente omogenee78. In generale, in ogni caso, il multiculturalismo si

porrebbe come alternativo e contrapposto al pluralismo nella misura in cui quest’ultimo postulerebbe una sintesi delle diversità nell’unità politica, una sorta di unità di intenti ultima dei diversi gruppi che porta a una necessaria integrazione, al contrario del multiculturalismo, che sarebbe invece caratterizzato da un deliberato rifiuto dell’integrazione da parte delle minoranze culturali, e nell’ambito del quale mancherebbe, pertanto, il momento di sintesi che fonda l’unità politica che sta alla base del pluralismo79.

Interessante peraltro notare come molti tra i sostenitori della tesi in esame denuncino, allo stesso tempo, la mancanza di una volontà di convivenza, di una sorta di reciprocità nel pluralismo, in capo alle minoranze islamiche80. Si tratta in realtà di una posizione già

elaborata dalla dottrina politologica americana, per cui determinate culture (in particolare quella islamica, ma a volte viene menzionata anche quella “confuciana”) non solo non sarebbero integrabili, ma addirittura non sarebbero disposte (o interessate) a una

78 Tesi sostenuta da G. SARTORI, Pluralismo, multiculturalismo e estranei. Saggio sulla società multietnica, Milano, Rizzoli, 2000, 55 ss.

79 Si vedano in questo senso: G. ZAGREBELSKY, La virtù del dubbio, cit., 111 ss.; A. MORRONE, Multiculturalismo e Stato costituzionale, cit., 23 ss.; G. SARTORI, Pluralismo, multiculturalismo e estranei, cit. I primi due autori sostengono in ogni caso una riconciliabilità di multiculturalismo e

pluralismo a patto che il primo non sia inteso in accezioni “pure”. In senso analogo E. GROSSO,

L’integrazione alla francese: tra assimilazione e differenza, in G. Cerrina Feroni, V. Federico (a cura di), Società multiculturali e percorsi di integrazione. Francia, Germania, Regno Unito ed Italia a confronto,

cit., che ritiene che il multiculturalismo implichi necessariamente la segregazione delle culture.

80 Si vedano in questo senso: G. CERRINA FERONI, Diritto costituzionale e società multiculturale, cit.,

convivenza civile81. Altra versione della critica in esame postula una stretta connessione

tra multiculturalismo e fondamentalismo religioso, per cui il riconoscimento del multiculturalismo porterebbe necessariamente anche al riconoscimento del fondamentalismo82. In questa prospettiva, pertanto, il dibattito sul rapporto tra

multiculturalismo e pluralismo interseca la questione del pluralismo religioso e, conseguentemente, la questione del rapporto tra multiculturalismo e principio fondamentale di laicità dello Stato.

Se quindi, come è stato efficacemente sostenuto, il pluralismo è un elastico, le critiche al multiculturalismo sono dovute al timore che esso possa tendere l’elastico oltre il suo punto di rottura83. Detta ricostruzione non sembra tuttavia del tutto convincente, nella

misura in cui essa sembra sottovalutare da un lato la dimensione conflittuale del pluralismo, e dall’altro la sua naturale resistenza. Il principio pluralista, e specie il principio pluralista così come esso è recepito nella Costituzione repubblicana, non nega infatti il conflitto sociale, che è una componente essenziale di ogni democrazia, ma tende piuttosto a tentare di regolarlo, facendo leva sull’intrinseca resilienza di una società plurale e aperta alle differenze84. E del resto proprio detta resilienza è stata in grado di

garantire la convivenza in un ordinamento costituzionale estremamente diviso, assorbendo, senza che ciò infrangesse la tenuta democratica, le spinte provenienti di volta in volta da impeti secessionisti (si pensi ad esempio a partiti come la Lega Nord e la Liga Veneta ovvero alle molteplici espressioni dei movimenti indipendentisti sardi e tirolesi) e da partiti antisistema (si pensi ad esempio ai partiti monarchici, ai partiti dell’estrema destra, ma anche allo stesso Partito Comunista delle origini), che si ponevano in ultima analisi come fine ultimo il sovvertimento dell’ordine democratico così come disegnato dai Costituenti.

Se è vero quindi che pluralismo e multiculturalismo non sono concetti tra loro antitetici, è vero altresì che il pluralismo costituisce il presupposto del multiculturalismo: non vi può essere multiculturalismo (nel senso proprio del termine) al di fuori di uno Stato

81 Si veda S. P. HUNTINGTON, The clash of civilizations?, cit., 35, per cui “l’islam ha confini

insanguinati”.

82 Si veda in questo senso M. D’AMICO, Laicità costituzionale e fondamentalismi tra Italia ed Europa: considerazioni a partire da alcune decisioni giurisprudenziali, in Rivista AIC, n. 2, 2015, 32, per cui

multiculturalismo e fondamentalismo religioso sarebbero “intimamente connessi”.

83 La suggestiva immagine è di G. SARTORI, Pluralismo, multiculturalismo e estranei, cit., 51.

84 Sul punto si veda anche G. AZZARITI, Multiculturalismo e Costituzione, in Federalismi.it, n. 24, 2015,

costituzionale pluralista85. Si potrebbe quindi affermare, in questa prospettiva, che il

multiculturalismo mette realmente alla prova il pluralismo, portandolo alle sue estreme conseguenze86. In altre parole, il pluralismo, adottato e proclamato senza difficoltà in una

società caratterizzata da livelli elevati di omogeneità culturale, mostra ora il suo volto maggiormente conflittuale.

Si è osservato in questo senso come il multiculturalismo derivi, di fatto, dall’introduzione nello Stato pluralista di “elementi di pluralismo esogeni”, estranei all’originario patto costituente87. Negli Stati multiculturali il pluralismo culturale, linguistico, religioso,

diviene sempre più esasperato, ponendo il legislatore dinnanzi ad un bivio: rimanere fedele alla promessa pluralista, portandola fino alle sue estreme conseguenze, oppure rinunciare al pluralismo tout court. A ben vedere, trattasi di un dilemma di facile risoluzione: appare infatti impossibile, per lo Stato democratico, rinunciare al pluralismo, tanto che vi è da chiedersi se possa esistere democrazia senza pluralismo88.

Ne consegue, alla luce del ragionamento sinora svolto, che lo Stato democratico dovrebbe sempre accettare il multiculturalismo, non solo in senso descrittivo, ma altresì in senso giuridico-politico. In uno Stato pluralista, infatti, lo Stato deve necessariamente garantire una pluralità di culture tra cui scegliere, ed è dunque necessaria la promozione della diversità culturale, aumentando l’offerta nel “mercato delle culture”, che diviene una funzione essenziale dello Stato 89. Secondo questa condivisibile lettura, non è ammissibile

uno Stato culturalmente omogeneo o, quantomeno, uno Stato siffatto non potrebbe essere ritenuto uno Stato democratico. La conseguenza della declinazione delle culture al plurale, e del rifiuto di una gerarchizzazione di queste ultime90, è pertanto non già la

semplice compatibilità costituzionale del multiculturalismo, bensì la sua necessaria e doverosa implementazione nello Stato democratico pluralista.

85 Si veda sul tema A. MORRONE, Multiculturalismo e Stato costituzionale, cit., 24.

86 Osserva G. PINO, Libertà religiosa e società multiculturale, cit., 158, con particolare riferimento

all’ordinamento italiano, che il pluralismo dichiarato come valore non era in effetti mai stato messo sufficientemente alla prova come fatto.

87 Si veda T. GROPPI, Multiculturalismo 4.0, cit., 4.

88 In realtà sono esistite e continuano a esistere, specie nella dottrina anglosassone, posizioni (spesso

definite come “civic republicanism”) che negano la neutralità dello Stato rispetto all’individuazione del bene comune, e teorizzano uno stato che si faccia attore nel dibattito tra diverse culture. Si vedano sul tema: G. GEY, Unfortunate revival of civic republicanism, in University of Pennsylvania law review, vol. 141, 1993, 801 ss.; D. MARQUAND, Decline of the public: the hollowing out of citizenship, Maiden, Polity Press, 2004.

89 Si veda W. KYMLICKA, Multicultural citizenship: a liberal theory of minority rights, cit., 121 ss. 90 Si veda M. AINIS, Cultura e politica. Il modello costituzionale, cit., 67.

Nel documento Diritti multiculturali in cammino (pagine 134-137)