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Natura della giurisdizione

Sulla base di quanto fin’ora osservato, la giurisdizione assume un significato cruciale nella concezione sattiana dell’unità dell’ordinamento giuridico poichè è in tale momento che l’ordinamento si “incarna”. In precedenza, abbiamo illustrato come nelle circostanze in cui si verifichi tra due individui un disaccordo di posizioni in relazione ad un interesse determinato, tale contrasto per una sorta di «progressione osmotica»88 investe la realtà stessa dell’ordinamento. È quest’ultimo, infatti, ad attraversare una

posto della libertà, il fascismo ha superato le sue iniziali angustie, consolidato la sua struttura di regime autoritario». A tal proposito, prosegue: «quale istituto in antitesi maggiore, più chiara, più stridente con la concezione dello Stato forte e accentratore, onniscente e onnifacente, dell’arbitrato fermamente ricondotto alla sua concezione convenzionale e privatistica, e costruito in armonia con essa?». In tal senso, osserva ancora Furno: «Satta nel suo primo lavoro scientifico d’impegno, scioglie per la lunghezza di 186 pagine serrate un inno alla libertà: messe una accanto all’altra, 186 pagine possono formare uno striscione di diversi metri, sul quale sta scritto a chiare lettere “viva la libertà”». Più in generale, in relazione alla costante presenza dell’inclinazione letteraria nell’opera giuridica del nostro autore Furno sostiene: «La personalità di Satta giurista e scrittore, vi si riflette già nella sua raggiunta maturità, con tutti i suoi pregi […] fin dall’Arbitrato, la divisa costante di Satta è stata quella di non dar pace al suo lettore, di affaticarlo, di tormentarlo, stupirlo, tenerlo col fiato sospeso; in definitiva […] di costringerlo a pensare dopo aver magari sbuffato e imprecato» (C. FURNO, Presentazione, in SATTA, Contributo alla dottrina dell’arbitrato, ristampa della prima edizione, Milano, 1969, p. VI).

87 SATTA, Meditazioni sull’arbitrato. Chiose, in Quaderni del diritto e del

processo civile III, cit., pp. 21-24. Con riferimento alla composizione convenzionale della lite quale ulteriore modalità di affermazione dell’ordinamento, nella medesima prospettiva si pone anche Capograssi: «Se si guarda il processo sotto questo profilo (quello dell’autonomia del singolo) acquista un significato profondo la equiparazione tra composizione processuale della lite e composizione convenzionale. La composizione convenzionale della lite è proprio l’affermazione più piena della personalità del singolo soggetto dell’ordinamento; […] la quale vince col suo autonomo atto di volontà la incertezza giuridica e mette in essere con questa affermazione spontaneamente l’ordinamento nel caso concreto» (CAPOGRASSI, Intorno al processo (ricordando Giuseppe Chiovenda), nota (I), p. 153).

88 L’espressione è di Aloisio in R. G. ALOISIO, Il valore di giustizia in

Salvatore Satta criterio-guida dell’avvocato nel tempo presente, in Studi in Memoria di Salvatore Satta, cit., pp. 77-78.

97 situazione di crisi, essendo venuto meno l’ordine in base al quale i soggetti ed i rapporti giuridici assumono posizioni specifiche e, dunque, certe89. Di conseguenza, con riferimento ad una determinata controversia concreta è il medesimo ordinamento ad essere posto in discussione. Di qui la necessità che il giudice, il noto «altro da sé», nell’individuare a chi spetti la ragione stabilisca altresì «quale delle due situazioni proposte è ordinamento»90, al fine di eliminare la situazione di incertezza91 che ne mette a rischio l’esistenza.

A partire da una simile concezione, Satta chiarisce ulteriormente la natura della giurisdizione facendo ricorso a ciò che egli ritiene essere la funzione tipica del diritto: ovvero la «tutela degli interessi». Tale tutela viene attuata attraverso «la produzione di una modificazione giuridica» che determina, quale immediata conseguenza, la nascita di «un obbligo di prestare un certo comportamento» affinché l’interesse in questione possa essere assicurato. Detta esigenza di soddisfazione si declina nella stessa

89 In merito, sembra opportuno riportare le riflessioni di Ferdinando

Mazzarella il quale sostiene che: «Il soggetto è perché ha attributi logici (diritti soggettivi appunto) nella misura in cui effettivamente usa con altri determinate normative che gli attribuiscono pertinenze logiche, cioè in quanto effettivamente “vive” in una società che si organizza secondo la logica di quelle pertinenze […] Sennonché può accadere che quel riconoscimento sociale non ci sia, o comunque, sia contraddetto nei fatti (per esempio che il debitore non si comporti “da debitore). In tal caso, non è che la normativa rimanga inattuata: quella normativa non c’è mai stata […] non è che una normativa non si traduce nei fatti, è che i fatti non sono traducibili nella normativa» (MAZZARELLA, Per un discorso sulla

scienza del diritto e del processo, in Studi in Memoria di Salvatore Satta, cit., pp. 876-877).

90 L. SERRA, Ricordo di un allievo, in Salvatore Satta giuristascrittore, cit.,

p.450.

91 In relazione alla nozione di incertezza con riferimento all’esperienza

giuridica, dirimenti le considerazioni capograssiane che riteniamo opportuno citare nella loro interezza: «L’incertezza che costituisce fatto centrale del mondo giuridico e dà vita al processo è l’incertezza che si verifica nel formarsi dell’esperienza giuridica, nell’attuarsi dell’ordinamento giuridico nell’esperienza concreta. E questa incertezza relativa al formarsi dell’esperienza nasce dal duplice incontrarsi della volontà totale della legge, e del concreto che si divide in casi singoli i quali appunto sembrano suscettibili di assorbire per così dire solo un principio di questa volontà totale. […] si considera ogni caso di incertezza come un caso che riguarda tutta quanta l’esperienza […] in sostanza è tutta la ratio profonda di vita della intera esperienza che è in questione a proposito del singolo interesse […] si tutela il diritto subiettivo solo se si arriva a tutelare tutto il diritto, tutta l’intera esperienza giuridica. Ed insomma tutela del diritto subiettivo e composizione della lite sono il risultato del processo, perché in sostanza il vero risultato del processo è l’eliminazione dell’incertezza» (CAPOGRASSI, Intorno al processo (ricordando Giuseppe Chiovenda), cit., pp. 150-151).

98 modalità anche nelle ipotesi in cui si sia verificato l’inadempimento di un obbligo già esistente: «deve cioè prodursi una modificazione per la quale avvenga la reintegrazione […] del diritto violato»92.

In simili circostanze, l’elemento che determina il mutamento nella sfera del diritto assume il nome di sanzione. Teoricamente, la pretesa sanzionatoria potrebbe trovare immediato adempimento nell’attuazione della modificazione giuridica ad opera dello stesso titolare dell’interesse. Una tale soluzione non è, tuttavia, consentita per le evidenti ricadute negative che potrebbero verificarsi nella struttura sociale.

È proprio per scongiurare siffatto rischio che nasce la giurisdizione, poichè attraverso di essa il potere sanzionatorio viene attribuito ad un terzo. La giurisdizione, pertanto, ritrova «i suoi estremi nel diritto privato. È funzione pubblica soltanto in quanto è lo Stato che si assume il ruolo di terzo». Dato ciò per assunto, il potere del soggetto che avanza il riconoscimento del proprio interesse tramuterà la propria “forma”: da potere di porre in essere la modificazione giuridica in potere di richiederla al terzo che la dovrà realizzare93. Il cambiamento nella modalità di manifestazione

92 SATTA, Gli orientamenti pubblicistici della scienza del processo, in Id.,

Soliloqui e colloqui di un giurista, cit., p. 182.

93 Satta, a tal proposito, precisa che: «Il potere di produrre equivale […] al

potere di far produrre» (SATTA, Gli orientamenti pubblicistici della scienza del processo, in Id., Soliloqui e colloqui di un giurista, cit., p. 182). Sul tema merita di essere segnalata l’approfondita riflessione di Ferdinando Mazzarella secondo il quale: «La “giurisdizione” del giudice, dunque, è prima di tutto un modo di essere dei soggetti, di cui è anzi uno degli aspetti di organizzazione positiva. Ciò permette di escludere che la giurisdizione sia una conseguenza delle norme […] La giurisdizione semmai non è che l’altra faccia di una “impossibilità”, frutto non di un comando, che non si sa da chi proverrebbe, ma un dato storico iscritto nei fatti: la impossibilità di autotutela (e quindi di venire alle armi) in una società di pari. […] Se la giurisdizione è l’organizzazione della parità politica tra i soggetti, ne deriva che quel rapporto di contraddizione-contraddittorio che lega colui che afferma se stesso come creditore e colui che nega se stesso come debitore è in realtà un rapporto trilatero. L’affermazione e la negazione (cioè la parità) in tanto sono possibili in quanto vi è l’organizzazione di un giudizio, di cui quella negazione e quella affermazione sono necessarie strutture. Da qui, cioè dalla parità politica tra i soggetti, la necessità logica di un giudice organizzato. Da questo punto di vista si può ben dire che in tanto vi è un giudice organizzato in quanto sono politicamente possibili l’affermazione e la negazione: le parti si pongono naturaliter nel giudice e questi in quelle. […] Il giudice non è dato alle parti: egli rappresenta il loro stesso modo di essere; la forza imperativa del suo giudizio è la forza propria delle parti, o, per meglio dire, di una società di parti, nella misura in cui in essa non si riconosce ad alcuno più valore che ad altro» (MAZZARELLA, Per un discorso sulla scienza del diritto e del processo, cit., pp. 879-880)

99 del potere non implica il venir meno della reale natura dello stesso che rimane quella «di appartenere al titolare del diritto per la tutela di un suo interesse, e di dirigersi contro colui a carico della cui sfera giuridica la modificazione dovrà essere prodotta»94. Nasce, in tal modo, l’azione che nel processo richiede il soddisfacimento dell’interesse leso attraverso la modificazione giuridica conseguente alla sanzione95.

Nella costante ottica di ribadire l’indissolubilità tra azione, processo e giurisdizione, Satta non manca di sottolineare che il riferimento alla tutela degli interessi, quale carattere distintivo della giurisdizione, si configurerebbe in qualche misura incompleto qualora non si considerasse il processo quale mezzo mediante il quale detta tutela riceve soddisfazione. Dunque, se non può parlarsi di giurisdizione in assenza di un’esigenza di tutela e se non esiste giurisdizione in mancanza di processo, se ne potrà dedurre che non si realizzerà «tutela senza processo»96. Tuttavia, per fare in modo che la sanzione possa assicurare, attraverso la modificazione giuridica finale, la “salvaguardia” richiesta dalla parte sorge l’esigenza di un accertamento in merito all’appartenenza del diritto.

L’idea di incertezza con riferimento alla titolarità di quest’ultimo rimanda ad una concezione del processo quale luogo di composizione della lite che, nella prospettiva del nostro autore, trova nella teoria carneluttiana una delle sue massime espressioni. Secondo il giurista sardo, tale visione si pone quale esito

94 SATTA, Gli orientamenti pubblicistici della scienza del processo, in Id.,

Soliloqui e colloqui di un giurista, cit., p. 185.

95 Con specifico riferimento alla natura della sanzione nell’àmbito del

processo civile, Satta scrive: «Che cosa è la sanzione? È a questa domanda che a prima di ogni altra bisogna rispondere, perché la norma attribuisce l’azione mediante la comminatoria della sanzione, non direttamente. E per rispondere adeguatamente bisogna spogliarsi di ogni idea afflittiva della sanzione, quale deriva dalla consuetudine con il diritto penale. Qui siamo nel campo dei rapporti giuridici, delle posizioni giuridiche dei soggetti, e le sanzioni non possono avere che carattere riparatorio, meglio reintegrativo. Allo stesso modo come la lesione, la violazione del diritto si deve definirla quale uno stato di fatto non corrispondente al diritto, e questo interessa, più che l’atto lesivo in sé e per sé, così la sanzione non è una pena, ma la necessaria modificazione giuridica per la quale – realmente o per equivalente – si reintegra il diritto» (SATTA, Dalla conciliazione alla giurisdizione, in «Rivista di diritto processuale civile», n. 3, 1939, pp. 213-214).

96 SATTA, Premesse generali alla dottrina dell’esecuzione forzata, in

100 dell’adozione di uno specifico angolo visuale: «chi guarda al processo da terzo non può vedere in esso altro che una lite che si agita e che viene per esso eliminata»97. Tale terzo viene identificato come qualsivoglia soggetto esterno agli interessi delle parti coinvolte nella controversia.

Viceversa, «quando chi guarda al processo non è terzo, ma parte in causa, quando cioè è attore o convenuto»98 non si potrà sostenere, se non a prezzo di una errata interpretazione della realtà, che tale soggetto consideri il processo quale “luogo” di risoluzione del contrasto sorto. Difatti, se i soggetti coinvolti si rivolgono al giudice per ottenere la tutela di un interesse, la lite pur sorgendo dal contrasto tra le parti e ostacolando la realizzazione della tutela richiesta non può, in ogni caso, rappresentare il contenuto del processo99. Pertanto, il processo-giudizio determinerà non la composizione della lite in sé quanto, piuttosto, la modificazione di una determinata situazione giuridica per mezzo della sanzione.

Dunque, secondo Satta dalla postulazione del giudizio, realizzata dal soggetto attraverso l’azione, nasce il processo il quale si configura come «interamente creativo dell’ordinamento nel caso singolo»100. Anzi, dal suo punto di vista, l’iter di concretizzazione dell’ordinamento discende da un «incessante moto creativo»101, nell’àmbito del quale «ciascuno recita la sua parte: la recita la norma, che pone la legge dell’azione, la recita il soggetto, che svolge

97 SATTA, Gli orientamenti pubblicistici della scienza del processo, in Id.,

Soliloqui e colloqui di un giurista, cit., p. 176.

98 Ibidem.

99 Sul punto, precisa Satta che «una parte che agisce in giudizio non si

presenta come litigante dal suo punto di vista, sebbene tale si mostrerà agli occhi del giudice: essa afferma un diritto, lamenta un torto, e ne chiede la riparazione» (SATTA, Gli orientamenti pubblicistici della scienza del processo, in Id., Soliloqui

e colloqui di un giurista, cit., p. 176).

100 SATTA, Il processo nell’unità dell’ordinamento, in Id., Soliloqui e

colloqui di un giurista, cit., pp. 131.

101 SATTA, Sintesi della teoria dell’azione, in Quaderni del diritto e del

processo civile V, cit., pp. 13-14. Su alcune più recenti riflessioni inerenti alla struttura policentrica e dialettica del processo, si veda TARUFFO, Giudizio: processo, decisione, in I metodi della giustizia civile a cura di M.Bessone, E. Silvestri, M. Taruffo, Padova, Cedam, 2000, pp. 267-288.

101 la sua azione, la recita il giudice, che adegua l’azione del soggetto alla legge»102.

Il carattere essenzialmente creativo della singolarità del caso concreto da parte del processo si pone quale diretta conseguenza della visione unitaria e prettamente dinamica della riflessione sattiana sul fenomeno giuridico. Sulla base di tale concezione perde di significato poter parlare di una possibile esistenza di quest’ultimo anteriormente al processo; diritto e fatto nella loro inscindibilità non possono essere ricondotti ad un “livello di esistenza” antecedente e predeterminato rispetto al giudizio, ma trovano in esso la loro origine dal momento che «l’accertamento del fatto è già diritto, o se si vuole il fatto è intrinsecamente giuridico»103.