• Non ci sono risultati.

Il regresso del progresso

Nella riflessione sattiana, la tematica dei valori eterni risulta essere intimamente connessa a quella dell’avvento del progresso e dei suoi effetti.

174SATTA, Letture. Diritto contemporaneo, in Id., Quaderni del diritto e del

processo civile II, cit., pp. 140-141.

175SATTA, Il giudice e la legge, in Id., Quaderni del diritto e del processo

civile I, cit., p. 82.

176 SATTA, Il problema del divorzio, in Id., Quaderni del diritto e del

processo civile III, cit., p. 51.

177 L’espressione si ritrova in CAPOGRASSI, Su alcuni bisogni dell’individuo

166 «Tutto crolla intorno – scuola, giustizia, religione, in una parola, la verità – e io devo, se non voglio perire, accingermi all’opera come se qualcosa ancora esistesse»178. Con tali parole il nostro autore manifesta all’intimo amico Bernardo Albanese il suo struggente sconforto in relazione alla realtà del tempo presente. Profonda disillusione nei confronti delle istituzioni ma ancor prima dell’umanità di cui esse sono espressione: tale lo stato emotivo del giurista-scrittore tra il finire degli anni Sessanta e gli inizi dei Settanta. E tale, dunque, la meditazione esistenziale in cui si inserisce la stesura de Il Giorno del giudizio179.

Nell’ambito delle molteplici chiavi di lettura impiegate nell’esegesi del romanzo quella di un itinerario della memoria rappresenta, certamente, una delle più immediate. A meno di ciò, i livelli di lettura aumentano e si intersecano parallelamente all’evolversi dell’intreccio narrativo. L’opera, infatti, pur strutturandosi in relazione ad uno specifico background identificato nel passaggio economico e culturale dalla fase feudale a quella borghese della società sarda, assume un angolo visuale talmente “prossimo” da far sfumare il senso della prospettiva storico-temporale. Ciò induce a figurarsi il romanzo quasi come una sorta di descrizione metempirica e trascendentale della realtà rappresentata180. In verità, Il giorno del giudizio è espressione della

178 SATTA, Lettera ad Albanese, 7 maggio 1974, in GAZZOLA STACCHINI,

Come in un giudizio, cit., 119.

179 Con rifermento al nesso intercorrente tra le motivazioni poste alla base

della scrittura del romanzo e la riflessione sulle trasformazioni storiche, osserva Gazzola Stacchini: «Tornare a visitare la Sardegna, resuscitare i fantasmi della famiglia, riandare alle radici della propria esistenza in un tempo remoto e premoderno, rappresentarsi la Sardegna arcaica di principio di secolo, tutto ciò poteva agire da contraltare alla delusione del presente e fungere da usbergo contro la modernità e la secolarizzazione, contro la dissacrazione del mondo che essa comporta» (GAZZOLA STACCHINI, Come in un giudizio, cit., p. 123).

180 In relazione all’ampiezza di respiro e alla profondità di visione del

romanzo sattiano, sostiene Francesco Mei: «Forse il maggior titolo di originalità dell’opera di Satta è il suo accento quasi esclusivo sul dato esistenziale anzichè storico della Sardegna. Pur rifacendosi alla tradizione del romanzo regionalistico, di stampo verista, Satta se ne distacca per la capacità visionaria di cogliere il tormento e la gioia di vivere dalla prospettiva dell’eterno o del nulla, mettendo così in rilievo l’aspetto assurdo e grottesco, ma anche sottilmente spirituale della condizione umana. Il giorno del giudizio, malgrado l’angustia del suo sfondo, ha l’ampiezza di respiro del grande romanzo, per la profondità di visione che lo sottende» (F. MEI,Il nulla e l’eterno il tormento e la gioia, in «Il Popolo», 23 gennaio 1979, ora in Salvatore Satta. Rassegnastampa, cit., p. 34).

167 scelta autoriale di amalgamare la propria semi-autobiografia con le memorie degli abitanti del suo borgo181. Sullo sfondo «reale e metafisico» della «storia-mito» della città di Nuoro182, si staglia il fulcro del racconto rappresentato dalle alterne vicende di una delle più note casate del posto, la famiglia Sanna-Carboni, le cui vicissitudini vengono descritte attraverso il prisma delle vite dei numerosi figli e di quelle di altri personaggi del centro abitato183. Ogni episodio privato implica un richiamo collettivo di natura più ampia, in una continua corrispondenza tra la sfera del personale e quella del sociale184. La progressione «Individuo-famiglia-Nuoro- Sardegna-umanità» costituisce l’architettura di un romanzo in grado di affrontare simmetricamente «ogni esperienza individuale e sociale»185. Il fiume della memoria, la cui sorgente risiede nel tentativo di “acquietare” irrisolti personali, sfocia in interrogativi più vasti: la riflessione sull’io dell’autore progressivamente si

181 BIGI, L’autorità della lingua, cit., p. 61-62.

182Per quanto attiene alla ricostruzione della storia di Nuoro nell’ambito de Il giorno del giudizio, afferma Giovanna Cerina: «Poiché sono improponibili criteri di interpretazione storica, Satta inclina ad una ricostruzione mitico- antropologica del passato, con un occhio rivolto, alla lontana, ai grandi modelli letterari classici (Cesare e Virgilio fanno sentire la loro eco) […]». Nel saggio di riferimento, alla celebre descrizione della struttura fisica della città contenuta nel romanzo: «Nuoro non era che un nido di corvi, eppure era, come e più della Gallia, divisa in tre parti» (SATTA, Il giorno del giudizio, cit., 26), l’autrice fa seguire la seguente considerazione: «L’investigazione delle incerte origini di Nuoro inizia così, con una scelta angolata, con ironico distacco, sul punto di vista del mondo raccontato: cosicché l’ordine di grandezza della piccola storia diventa commensurabile all’ordine di grandezza della grande Storia» (CERINA, Nuoro:

mito e storia di un’identità, in Salvatore Satta giurista-scrittore, cit., p. 58).

183A tal proposito, ancora Giovanna Cerina sostiene: «È questo il punto di

partenza della storia di una famiglia che cresce e infine si dissolve con la diaspora dei figli, mentre Nuoro si avvia a diventare progressivamente un’altra, “lanciata verso l’assurda avventura di una città sovrapopolata di provincia, dove le persone cominciavano a non riconoscersi per le strade”» (CERINA, Nuoro: mito e storia di un’identità, in Salvatore Satta giurista-scrittore, cit., p. 58).

184 «Il racconto ha dunque una progressione lineare nel tempo, da una

generazione all’altra, sotto un segno di catastroficità. Per questo aspetto Il giorno del gudizio si configura come una saga sulla grandezza e la decadenza di una famiglia della borghesia proprietaria di provincia. A farvi riscontro sono l’imborghesimento e la sprovincializzazione della società nuorese, che esce dal ristagno secolare o millenario del suo regime patriarcale per immettersi nel circuito più dinamicamente confuso della nuova civiltà nazionale, in arrivo dal continente […] Il ricambio di classe dirigente portato dai tempi nuovi si risolve in una conferma della legge di desolidarizzazione che governa da sempre le modalità di inserimento dell’io nella realtà collettiva» (SPINAZZOLA, La memoria giudicatrice di Salvatore Satta, cit., pp. 170-171).

185 B.ROMBI, Lo spettro della morte nell’ultima Nuoro del Satta: in due

168 estende, attraverso le vite degli abitanti di Nuoro, sul significato da ascrivere, ammesso che sia possibile farlo, al fluire storico dell’esistenza186.

Se, come più volte evidenziato, il pensiero di Satta non prescinde mai dal referente storico, nel romanzo l’ottica adottata sembra, almeno apparentemente, trascenderlo. Anche se dalla narrazione emerge la graduale sostituzione, nell’ambito della società sarda, dell’apparato feudale aristocratico con il sistema capitalistico, Il giorno del giudizio non incarna in maniera puntuale il modello del romanzo storico per antonomasia. Le vicende storiche non vengono fatte oggetto di diretta descrizione da parte del narratore ma affiorano quasi come un brusio distante e separato rispetto al vociare concitato delle esistenze dei nuoresi.

In particolare, la dimensione storico-sociale sembra rivestire un’importanza quasi trascurabile nella vita della famiglia Sanna- Carboni. In realtà, come opportunamente evidenzia Brunella Bigi, gli eventi storici più densi di significato per l’evoluzione della Sardegna vengono, in qualche misura, passati da Satta sotto silenzio «con un’insistenza tale da fare sì che i dati, per contrasto, emergano proprio attraverso la loro omissione»187. In buona sostanza, l’autore adotta il medesimo atteggiamento che fa assumere a Donna Vincenza, uno dei personaggi fondamentali del romanzo, la quale «diceva dal suo silenzio»188.

186 «Le vicende degli abitanti di Nuoro dei primi decenni del secolo sono

ormai sovrastate, anzi sopraffatte, dalla concezione della morte del giudizio in termini di sintesi suprema della vita, e il respiro del romanzo si allarga in dimensione universale perchè la Nuoro di allora appare solo come un piccolo frammento del mondo» (A. VIRGILIO,Un giurista letterato: Salvatore Satta, in «Giustizia civile», luglio 1979, ora in Salvatore Satta. Rassegnastampa, cit., p. 111).

187 BIGI, L’autorità della lingua, cit., p. 14. Ancora in relazione al ruolo

occupato dalla storia nel romanzo, la studiosa sostiene: «Il Giorno prima di essere un romanzo è una recherche, un viaggio nel tempo, e quindi una ricerca storica; che gli eventi non siano descritti oppure che lo siano solo vagamente non significa nulla, anzi, come diceva Sartre “il silenzio è solo un momento del linguaggio; tacere non significa essere muti, ma rifiutarsi di parlare, quindi ancora di parlare”» (BIGI, L’autorità della lingua, cit., p. 47). L’espressione sartriana riportata si ritrova inSARTRE, Qu'est-ce que la littérature? in Situations, Paris, Gallimard, 1948, tr. it., Che cos’è la letteratura?, Milano, Il Saggiatore, 1960, p. 60.

188 SATTA, Il giorno del giudizio, cit., p. 17. Donna Vincenza incarna

169 È, in particolare, la descrizione dell’avvento della “modernità” a Nuoro che consente al narratore, pur in assenza di richiami espressi, di entrare nel vivo della storia189; di quella storia che sempre Bigi definisce, mutuando un’espressione althussiana, la «causa assente» del romanzo190. La quasi totalità degli episodi relativi all’ingresso di tale modernità nella vita degli abitanti di Nuoro rinvia, con una certa immediatezza, alle nozioni di comunità e società di Tönnies. Effettivamente sembra percepirsi, attraverso le descrizioni sattiane, la distinzione tra le due tipologie ideali di categorie sociologiche: la comunità, basata su una relazione organica tra i suoi membri e la società che, con le sue artificiali separazioni, disgrega i legami tra i soggetti191. Messo ciò in evidenza,

viene dichiarato a chiare lettere – risulta “come rarefatta, esterna a quello che è il piccolo dominio dell’uomo, cioè al governo del piccolo stato familiare”. Il patriarcato in accezione nuorese sembra reggersi insomma sul sessismo più retrivo; consacra il maschio e sottomette la donna, privandola di qualsiasi identità, di femmina e di tutrice dello spazio domestico. Un paradosso insostenibile si cela tuttavia in un sistema di rapporti tanto squilibrato: proprio nell’esercizio del suo potere autocratico, il maschio si nasconde, eclissa. Da qui la reazione di Donna Vincenza. Nullificando il consorte, essa vendica una femminilità abbandonata dal suo principio vivificante» (B.PISCHEDDA, La grande sera del mondo, Romanzi apocalittici nell’Italia del benessere, Torino, Nino Aragno Editore, 2004, pp. 43-44). In merito all’immagine della donna nell’opera sattiana, si vedano, altresì,DE GIOVANNI, La rivolta di Cassandra. Tipologia del personaggio femminile nell’opera creativa di Salvatore Satta, in Salvatore Satta giuristascrittore, cit., pp. 77-101; BELLONI, La donna che “non esiste”. Rappresentazioni del femminile nell’opera giuridico-letteraria di Salvatore Satta, The online collection of the Italian Society for Law and Literature, vol. 5/2012, pp. 1-10.

189 «Nuoro, la vecchia Nuoro ricordata da Satta, antieconomica per

eccellenza nel nuovo sistema-mondo, può ben […] essere una specie di antonomasia di tutte le realtà antieconomiche “schiacciate distrutte polverizzate” dal Progresso. È cioè proprio la sua insignificanza storica a venir trasfigurata in significatività simbolica. Come se raccontando quell’universo trapassato Satta raccontasse di, e si dirigesse a tutti i dimenticati della Storia, passati presenti futuri. Tutti coloro che a causa di un qualche “progresso” economico o tecnologico si scoprono improvvisamente inattuali, superati, arretrati, vinti, dimenticati, vecchi, possono riconoscere come proprio il vissuto di quei poveri nuoresi che sentivano che ormai “erano al mondo solo perché c’era posto» (S.BRUGNOLO,

Spunti per una lettura comparatistica del Giorno del giudizio, in Nella scrittura di Salvatore Satta, cit., p. 63).

190 BIGI, L’autorità della lingua, cit., p. 55.

191 F.TÖNNIES, Gemeinschaft und Gesellschaft: Grundbegriffe der reinen

Soziologie, Darmastadt, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, 1963, tr. it., R. Treves, Comunità e società, Milano, Comunità, 1963, p. 45. Sul punto si rinvia a A.VITALE, Sociologia della comunità, Roma, Carrocci, 2007, pp. 9-21; GRECO, Comunità e società in Diritto e Legame sociale, Pisa, SEU, 2010, pp. 86-103. In particolare, con riferimento al possibile impiego di tali categorie sociologiche nell’interpretazione del romanzo, si veda M.BACCHIS, Simbolismo, significato e realtà ne Il Giorno del Giudizio, Università di Pisa Dipartimento Scienze politiche

170 va tuttavia premesso come non sia questa la sede adatta per procedere ad una specifica ermeneutica “sociologica” del romanzo. Pertanto, sembra opportuno precisare come le considerazioni a tal proposito effettuate saranno finalizzate esclusivamente al tentativo di una migliore contestualizzazione della concezione sattiana relativa alle ripercussioni sulla sfera dei valori degli effetti del progresso192. Questi ultimi sembrano essere descritti dal nostro autore mediante il ricorso a due distinte polarità temporali che potrebbero essere definite, rispettivamente, il “tempo inerte” di Nuoro ed il “tempo trasformativo” della storia193.

Esiste, come sottolinea Stefano Brugnolo, un «senso ineluttabile» che travolge ogni cosa: ovvero il «destino»194 il quale, non a caso, rappresenta uno dei termini impiegati più di frequente

Corso di Laurea Specialistica in Sociologia, Anno Accademico 2012-2012, pp. 18- 21.

192 Al di là di quanto emerge dal romanzo, le amare considerazioni sulle

ricadute sociali del progresso a Nuoro, vengono espresse dallo stesso Satta in una delle lettere all’amico Albanese: «Sebastiano Satta vide passare la prima automobile in Sardegna e subito divinò la morte della sua terra. Solo un poeta poteva capire come la civiltà cavalca sul cavallo della morte. E così il suo nipote o pronipote quando torna alla sua vera patria torna in una immensa necropoli battuta dal sole. […] Tutto quello che di infame ha prodotto il nostro tempo, là si mostra nudo, nelle borgate diventate false città (città burocratiche io le chiamo: e in fondo la chiave del mondo moderno è la burocrazia, anche nelle più grandi cose), nelle inutili strade e superstrade che guastano la campagna, ma soprattutto negli uomini o mezzi uomini che costituiscono la popolazione variopinta» (SATTA, Lettera ad Albanese, 25 giugno 1969, in GAZZOLA STACCHINI, Come in un giudizio, cit., p. 77).

193 Con riferimento alla “coordinata” temporale nell’ambito del romanzo, si

veda, CERINA, Nuoro: mito e storia di un’identità, in Salvatore Satta giuristascrittore, cit., pp.59-60. Una specifica sfaccettatura della dimensione temporale è quella che attiene alla figura femminile. Vanna Gazzola Stacchini si è espressa in relazione alla donna sattiana in termini di “eternità”: «le donne a Nuoro, sono eterne, eterne come gli animali “perché non hanno speranza”». Ed ancora: «Per Satta la donna è l’emblema dell’immobilità senza tempo di Nuoro e della Sardegna tutta» (GAZZOLA STACCHINI, Come in un giudizio, cit., p. 152). Il presente lavoro riserva un’ulteriore riflessione in merito alla concezione sattiana del tempo nell’ambito del capitolo V.

194 S.BRUGNOLO, “Il Giorno del giudizio” di Salvatore Satta e la letteratura

delle periferie, Avagliano Editore, Cava de’ Tirreni, 2004, p. 18. In relazione alla “presenza” del destino ne Il giorno del giudizio osserva Giorgio Cavallini: «Sarà lecito dire, perciò, che “il vasto affresco della vita nella comunità di Nuoro […] si configura come una saga di destini”. E, se come si è già visto, nella rappresentazione di questo mondo la morte è come la vita, “si può aggiungere, per converso, che anche la vita è come la morte, vi presiede una cupa sacralità: il giorno del giudizio non è alla fine dei tempi, ma incombe in ogni istante della vita, si insinua nelle pieghe più segrete e gelose del destino”» (G.CAVALLINI, Salvatore

171 ne Il giorno del giudizio195. Ed il destino è inevitabilmente legato

alla diffusione delle innovazioni tecnologiche che il progresso porta sé: in particolare, la luce elettrica196 ed il mulino a vapore197, introdotti a Nuoro da Don Pasqualino Piga che «aveva la vocazione all’industria, quasi unico tra i nuoresi, che l’industria non sapevano neppure cosa fosse»198. L’introduzione della nuova luce artificiale, responsabile di aver mutato il volto degli abitanti, così come il mulino a vapore che aveva posto fine al perpetuo sforzo dell’asino bendato e alla consueta azione della vecchia màcina di zia Isporedda, rappresentano la spia iniziale di quell’inquietudine che, progressivamente, lo sviluppo tecnico-scientifico contribuirà a generare: «l’angoscia cioè dell’irreversibile»199.

Ulteriore emblematico segno di tale irreversibilità dei tempi viene colto dagli anziani maestri nuoresi nella scelta dell’amministrazione cittadina di eliminare l’antica campana del convento/scuola. Da quel momento in poi, il ritmo della vita non

195 «Gli è che ciascuno dei suoi nuoresi non vive una storia ma patisce un

destino, sempre diverso e sempre comune: il fallimento dell’esistenza. Le loro peripezie assumono perciò tutte, ai suoi occhi, uno stesso valore di esemplarità negativa; si appiattiscono su un medesimo piano di mera fattualità naturale. Il ricambio di generazioni non comporta arricchimento di scopi alla vita. L’essere prevarica sempre sul divenire» (SPINAZZOLA, La memoria giudicatrice di Salvatore Satta, cit., p. 176).

196 «E così egli ora si accingeva a spegnere con un soffio tutte le fiammelle

di Nuoro, a distruggere il rito dell’accensione del lume nella casa del povero e del ricco, a cambiare la faccia delle persone illuminandole di una luce diversa […] E d’improvviso, come in un’aurora boreale, queste candele si accesero, e fu fatta la luce per tutte le strade […] Un urlo immenso si levò per tutto il paese, che sentiva misteriosamente di essere entrato nella storia» (SATTA, Il giorno del giudizio, cit., pp. 95-96). Il progresso viene concepito da Satta quasi nei termini di una discesa agli inferi che, nell’ambito del romanzo, si concretizza “fisicamente” nella visita al cimitero. In relazione alla centralità dell’episodio dell’introduzione della luce elettrica nell’ambito della concezione sattiana sulla negatività delle ricadute del progresso a Nuoro, osserva Vanna Gazzola Stacchini: «L’immagine da film espressionista, così esatta e funerea, sembra voler annullare il valore dell’entrata nella storia. Siamo già infatti nel settimo capitolo del romanzo, quello che è dedicato alla visita al cimitero» (GAZZOLA STACCHINI, Come in un giudizio, cit., p. 143).

197 L’introduzione del mulino a vento determina l’inutilità dell’antica e

tradizionale fatica delle donne che portavano «il grano nelle corbule orlate di rosso» alle mole di qualche famiglia. Fatica che «non era soltanto una faccenda come un’altra ma anche un atto di carità» (SATTA, Il giorno del giudizio, cit., p. 95).

198 SATTA, Il giorno del giudizio, cit., p. 94.

199 L’espressione si ritrova in L.MUONI, L’identità processata. Immagine e

coscienza della cultura sarda nel Giorno del Giudizio di Salvatore Satta, in Salvatore Satta giuristascrittore, cit., p. 139.

172 sarebbe stato più cadenzato da quel familiare rintocco ma scandito dall’impersonale ticchettio dell’orologio200.

A tali mutamenti di matrice tecnologica si affiancano significative novità in ambito politico-sociale quali, ad esempio, il sorgere del movimento operaio e la divulgazione del pensiero socialista e anticlericale attraverso l’introduzione del giornale

Avanti201. Tuttavia, tali avvenimenti nella narrazione sattiana

sembrano ridursi ad una pressoché ridicola disputa paesana. Come già evidenziato, gli eventi storici e le connesse dinamiche, per quanto rilevanti, giungono a Nuoro quasi sotto forma di sussurro e se anche provocano istanti di sbalordimento e disorientamento, immediatamente dopo la consueta arrendevole apatia riprende possesso degli animi dei suoi abitanti. Persino il conflitto armato assume contorni a tratti irreali, nonostante i telegrammi comunichino la perdita di molti nuoresi, morti «come le pecore al mattatoio», tanti dei quali non sapevano neanche contro chi combattevano e quale ne fosse il motivo202.

A meno di ciò, è in particolare la prospettiva giuridica profondamente introiettata da Satta, non esclusivamente perché relativa alla sua attività professionale quanto fondamentalmente perché intimamente connessa alla sua esperienza di vita familiare e personale, a consentirgli di penetrare nel vivo delle vicende

200 «Così Nuoro sarebbe rimasta muta, come qualunque città, come

qualunque borgo, e i nuoresi non si sarebbero più riconosciuti in queste piccole cose senza importanza, ma che erano il segno della misteriosa comunione che si stabilisce tra gli uomini che vivono sotto uno stesso cielo. Adesso per sapere se