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Le normative tra gli anni ’90 ed i primi anni

ed il quadro territoriale delle A.S.L.

4.1. L’evoluzione del quadro istituzionale dagli anni ’70 ad ogg

4.1.3. Le normative tra gli anni ’90 ed i primi anni

In questo periodo l’amministrazione regionale sviluppa da un lato una produzione normativa che recepisce ed attualizza la riforma sanitaria-bis, in una logica di sempre maggiore specializzazione dell’ambito sanitario; dall’altro, la legge di riordino dei servizi sociali, anticipatrice della L. 328/2000; completano il quadro alcuni iniziali tentativi di dare avvio a processi di integrazione socio-sanitaria.

In ambito sanitario troviamo dunque le LL. RR. 18 e 19, entrambe del 16/6/94,116 che sanciscono la trasformazione delle U.S.L. in aziende – dopo che la Del. C. R. 907, di circa tre mesi precedente, aveva ridotto alle attuali 12 le 51117 U.S.L. esistenti – ed istituiscono in alcuni ospedali dell’area romana le aziende ospedaliere.118 In questo mutato quadro, i comuni esprimono il bisogno sanitario della propria popolazione attraverso le conferenze locali per la sanità, composte dai sindaci dei comuni associati – o dai presidenti delle circoscrizioni, per il comune di Roma. I distretti tornano ad essere solo sanitari, ed assumono un ruolo maggiormente da protagonisti, configurandosi come articolazioni territoriali, ma anche organizzative e funzionali delle A.S.L. In una logica di specializzazione della sanità, rientrante in questo trend di sempre maggiore separatezza tra gli ambiti sanitario e

      

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“Disposizioni in materia di finanziamento, programmazione, gestione e controllo delle attività

delle unità sanitarie locali”.

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La L. 18 titola “Disposizioni per il riordino del servizio sanitario regionale ai sensi del D. Lgs.

30/12/1992, n. 502 e s.m.i. Istituzione delle Aziende Unità Sanitarie Locali e delle Aziende Ospedaliere”; la L. 19 introduce alcune modifiche alla precedente.

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Rispetto all’iniziale assetto delle U.S.L. si era già avuta nel 1987 una riduzione del numero delle U.S.L. in area romana, che erano passate da 20 a 12.

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In questa fase vengono istituite 3 Aziende Ospedaliere (S. Camillo/Forlanini/Spallanzani; S. Giovanni/Addolorata; S. Filippo Neri), che verranno successivamente integrate da altre 3, sempre in area romana.

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sociale, può esser letta anche la L. R. 16/99, che istituisce l’Agenzia di Sanità Pubblica regionale, con funzioni di supporto tecnico-scientifico all’omonimo assessorato regionale, nonché in tema epidemiologico e per l’implementazione del sistema informativo sanitario.

Questi anni vedono anche apparire nel 1996, sulla scena normativa regionale, la legge di riordino dei servizi sociali, anticipatrice rispetto alla L. 328/00, ed a tutt’oggi – pur con alcune modifiche successivamente introdotte – legge di sistema in ambito sociale: la L. R. 38.119 La legge si propone l’obiettivo di “concorrere alla realizzazione di un organico sistema di sicurezza sociale volto a garantire il pieno e libero sviluppo della persona e delle comunità”, e di disciplinare, in particolare, “la programmazione e l'organizzazione dei servizi e degli interventi socio-assistenziali nella regione, nonché le modalità di coordinamento per l'integrazione con i servizi e gli interventi sanitari, educativo-scolastici e sportivi”. Dal punto di vista della programmazione definisce un sistema “a cascata”, che dal piano socio-assistenziale regionale giunge ai piani di zona passando attraverso i piani provinciali e metropolitano (questi ultimi poi aboliti dalla L. R. 2/2003); tenta di impostare un sistema di finanziamento globale delle politiche sociali, promuovendo “l'impiego coordinato di tutte le risorse destinate ai fini socio-assistenziali e ripartendo tra gli enti locali il fondo regionale per gli interventi ed i servizi socio-assistenziali”; anche qui dunque anticipando temi poi ripresi dalla normativa nazionale in materia. Altro elemento di particolare rilevanza è la previsione dell’istituzione – da parte dei comuni, singoli o associati, e delle comunità montane interessate dalla gestione dei servizi sociali – del servizio di assistenza sociale, attraverso il quale esercitare “tutte le funzioni amministrativo-burocratiche e tecnico assistenziali relative agli interventi previsti dalla legge”. Sul tema dell’integrazione vi sono diversi riferimenti: dalla previsione che nel piano socio-assistenziale regionale – coordinato con il sanitario – vadano individuate le funzioni da esercitare in forma coordinata con i servizi sanitari in ambiti territoriali coincidenti con i distretti sanitari, e quelle da esercitare in aree

      

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“Riordino, programmazione e gestione degli interventi e dei servizi socio-assistenziali nel Lazio”. Negli anni più recenti ci sono stati tentativi di elaborare nuove proposte legislative in materia, anche su stimolo delle forze sociali e degli Ordini professionali – quello degli Assistenti Sociali in particolare; nel 2009 una proposta era giunta alla calendarizzazione in Consiglio regionale, ma la prematura conclusione della consigliatura l’ha fatta decadere.

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sovra distrettuali; all’indicazione che i due piani regionali (sociale e sanitario) individuino le aree in cui realizzare l’integrazione, in particolare negli ambiti materno infantile, della disabilità e salute mentale, delle tossicodipendenze, degli anziani; alla prescrizione che – tranne nel caso della delega di funzioni dai comuni alle A.S.L. delle attività sociali – l’integrazione venga perseguita attraverso accordi di programma, stipulati in conformità a schemi-tipo approvati dalla Giunta regionale. Sempre in tema di normative a carattere sociale, ma in certo modo in controtendenza rispetto alla L. R. 38/96, là dove tenta di ricondurre tutti i finanziamenti al fondo regionale per gli interventi ed i servizi socio-assistenziali, è la L. R. 6/2004, che istituisce un fondo di € 500.000 annui per gli anni 2004/2005/2006 a favore dei comuni al di sotto di 2.000 abitanti120 destinato alle “emergenze di carattere socio- assistenziale per le quali le risorse proprie comunali e quelle trasferite dalla Regione in via ordinaria siano insufficienti”.

In questi anni si inizia anche ad affrontare il tema dell’integrazione socio- sanitaria, in parte con atti espressamente dedicati, in parte nel contesto di norme a più ampio respiro. Un primo passo in tal senso si trova nella delibera di Giunta 3140/95, attuativa delle indicazioni delle LL. RR. 18 e 19/94, che entra nel merito delle modalità organizzative per l’integrazione socio-sanitaria, richiamando da un lato l’indispensabilità di “definire protocolli tra le amministrazioni mediante i quali siano definiti i livelli e i criteri di coordinamento delle prestazioni e dei servizi ed esplicitate le modalità con cui viene assicurata al cittadino un’assistenza continuativa”; dall’altro l’opportunità di costituire unità operative di servizio sociale tra operatori di servizio sociale di enti locali ed A.S.L., nelle quali “sia esaltata e approfondita la propria comune appartenenza disciplinare e tecnico-metodologica”. Alla fine degli anni ’90 si tenta di dare impulso all’integrazione socio-sanitaria, attraverso l’attribuzione di fondi specifici: con la delibera di Giunta 6879/98 vengono assegnati, a ciascuno dei comuni capofila di sette distretti,121 circa 70 milioni di lire dal fondo sociale regionale per avviare la sperimentazione dei servizi socio-sanitari. Successivamente, nel luglio 2001, una nuova delibera di Giunta (su proposta di

      

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Secondo i dati ISTAT, al 1/1/2005 i Comuni al di sotto di 2000 abitanti erano, in tutta la regione, 122 sui 378 totali.

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Si tratta dei distretti Latina Sud (attualmente denominato Latina 5), Rieti 1, Viterbo 3, Roma F3, Roma G2, Frosinone C, e del Municipio 10, coincidente con il distretto 4 della A.S.L. Roma B.

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entrambi gli assessori, quello alla sanità e quello alle politiche per la famiglia ed i servizi sociali) fornisce direttive specifiche, sul tema dell’integrazione, ai direttori generali delle A.S.L.: dando nuovamente indicazione di sottoscrivere ed attuare accordi di programma con gli Enti locali, e di identificare idonee risorse finanziarie, anche attraverso la creazione di un bilancio di distretto in cui si ricompongano ed integrino risorse per i servizi socio-assistenziali e socio-sanitari. Istituisce inoltre, per monitorare gli interventi di integrazione, un gruppo di lavoro permanente, di cui fanno parte i due assessori regionali ed i rappresentanti dei due dipartimenti. Emerge chiaramente in questi atti – e nell’ultimo in particolare – la volontà di ricomporre se non proprio un unico assessorato almeno degli strumenti stabili di collaborazione tra i massimi attori istituzionali della regione, e di dare direttive cogenti sul tema dell’integrazione socio-sanitaria, che comincia ad essere sentito come una criticità che non può più essere sottovalutata.