• Non ci sono risultati.

La riforma del Titolo V della Costituzione (L Cost 3/2001)

Nell’ottobre del 2001 viene approvata – dopo un passaggio attraverso il referendum confermativo – la legge Costituzionale che ridisegna, attraverso la riforma del Titolo V della Parte II, un nuovo assetto dei poteri dando una forte spinta nel senso della sussidiarietà. Essa costituisce, in ambito costituzionale, una vera e propria rivoluzione copernicana, di cui la nuova formulazione dell’art. 114 costituisce in certo qual modo il paradigma, passando da una definizione top-down ad una bottom-up.

Dal punto di vista della potestà normativa tale cambio di impostazione è evidenziato nel novellato art. 117, in cui il processo di delega di una parte di funzioni legislative dallo Stato alle regioni è sostituito dal principio generale secondo cui vengono riservati allo Stato una serie di ambiti in cui si ritiene che non possano essere le singole regioni a legiferare (materie di potestà legislativa esclusiva statale); troviamo poi un’altra serie di ambiti in cui la competenza legislativa è condivisa, su

Pagina | 45

un piano paritario,42 tra Stato e regioni (la c.d. competenza legislativa concorrente); tutto il resto, che non viene esplicitamente elencato, è riservato alla esclusiva competenza regionale.

Dal punto di vista amministrativo il cambio di impostazione è contenuto nell’art. 118, che nella formulazione originaria prevedeva l’attribuzione alle regioni delle funzioni amministrative negli ambiti in cui erano delegate a legiferare – fatta salva la previsione che le regioni normalmente esercitavano tali funzioni delegandole a province o comuni (oppure avvalendosi dei loro uffici); nella nuova formulazione invece le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni, “salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a province, città metropolitane, regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza”.

Il mutato quadro normativo introdotto dalla legge di riforma costituzionale ha interessato ed interessa anche gli ambiti della salute e dei servizi sociali, e dunque di riflesso anche il tema dell’integrazione socio-sanitaria.

Il dibattito tra gli studiosi è molto ampio, pertanto si cercherà di sintetizzarne i punti ritenuti essenziali per la materia dell’integrazione socio-sanitaria:

9 Diversa collocazione e livelli di governo: il primo elemento di dibattito, in materia di rapporti tra servizi sociali e tutela della salute, è la loro diversa collocazione all’interno del novellato articolo 117: mentre infatti la “tutela della salute” è inserita tra le materie di legislazione concorrente (in cui la potestà legislativa spetta alle regioni, salvo la “determinazione dei principi fondamentali”, riservata allo Stato), non vi è menzione esplicita per la materia dei servizi sociali, che dunque rientrano nella residuale legislazione regionale esclusiva.

      

42

Vale la pena, in questo senso, richiamare quanto evidenziato da Mattioni, che collega il disposto dell’art. 117 con quello dell’art. 127, così come novellato dalla L. Cost. 3/2001: al di là della “suddivisione dei compiti” normativi tra Stato e Regioni – che nel campo della tutela della salute apparirebbe sostanzialmente invariato: lo Stato la determinazione dei principi fondamentali, le Regioni tutto il resto, all’interno della “cornice” statale – è l’art. 127 che determina una sostanziale “parità” tra la posizione legislativa dello Stato e quella delle Regioni. Mentre infatti in precedenza lo Stato esercitava un controllo sulla formazione delle leggi regionali, la versione novellata dell’art. 127 prevede “che stato e regione, su un piede di assoluta parità, possano promuovere una questione di legittimità costituzionale rispettivamente nei confronti di una legge regionale o di una legge dello stato (…) quando si ritenga che eccedano le rispettive competenze” (Mattioni, 2002, 53).

Pagina | 46

Una questione che discende direttamente da tale collocazione riguarda il differente potere esercitabile dalle normative nazionali di settore: ovvero se siano ancora cogenti, in questa nuova prospettiva, le diverse leggi sul Servizio Sanitario Nazionale da un lato e la L.328/2000 dall’altro. Su tale tema sembra unanimemente accettato che in sostanza niente muti circa la tutela della salute, stante la collocazione nella legislazione concorrente: le normative statali assumerebbero così la configurazione di “determinazione dei principi fondamentali” – salva la necessità di non eccedere oltre tale ambito (Mattioni, 2002, 52). Circa la tenuta della L. 328/00 il dibattito tra gli esperti è stato – ed è – molto più articolato; infatti da più parti viene evidenziato che, a stretto rigore normativo, rientrando i servizi sociali nella esclusiva competenza regionale, la L. 328/2000 verrebbe di fatto “travolta” dalla legge di riforma costituzionale, dopo neanche un anno dalla sua emanazione, non essendo la potestà regionale assoggettabile – in ambito sociale – ai principi fondamentali della legge statale (Ferioli, 2002). La L. 328/2000 assumerebbe dunque il carattere di una normativa cedevole43 rispetto alle norme regionali, valida solamente in assenza della legge regionale di riferimento, e finché perdura tale assenza. Altri autori evidenziano che, se ciò è vero in linea di principio, nella realtà poi la L. 328 – forse anche per l’attesa che l’aveva lungamente preceduta, con il relativo carico di aspettative – ha di fatto rappresentato un modello per la legislazione regionale che l’ha seguita, e che ad essa si è ispirata, almeno negli intenti generali.44 Vi è infine chi sostiene che la L. 328, almeno per taluni valori in essa contenuti, costituisca l’attuazione di alcuni principi fondamentali della

      

43

A conferma di ciò, si veda anche l’art. 1 della L. 5/6/2003, n. 131 "Disposizioni per l'adeguamento

dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 ", che al c. 2 recita:

“Le disposizioni normative statali vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge nelle materie appartenenti alla legislazione regionale continuano ad applicarsi, in ciascuna Regione, fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni regionali in materia, (…), fatti salvi gli effetti di eventuali pronunce della Corte costituzionale”.

44

Diverse normative regionali richiamano nel titolo la realizzazione di un “sistema integrato (di interventi e servizi sociali)”: ad es., la L.R. Emilia-Romagna n. 2/2003; la L. R. Puglia n. 17/2003; L. R. Piemonte n. 1/2004; la L.R. Friuli-Venezia Giulia n. 6/2006; la L. R. Umbria n. 26/2009; quando addirittura non dichiarano esplicitamente di voler “attuare la L. 328/2000” (ad es.,  L.R. Calabria n. 23/2003). Sulla riflessione in proposito si veda anche Balduzzi (2004).

Pagina | 47

Costituzione – in particolare, degli artt. 3 e 38 – e dunque in tal senso continuerebbe ad indirizzare e limitare la legislazione regionale.45

Tutte queste riflessioni interessano il tema dell’integrazione socio-sanitaria perché toccano la questione del “chi decide cosa” nei due ambiti sanitario e sociale, e dunque le possibilità reali di integrazione istituzionale, in contesti regionali diversificati.

9 Significato e livelli della programmazione: alla luce di quanto esaminato nel punto precedente la programmazione – almeno per quanto riguarda il livello nazionale – viene ad assumere, con la legge di riforma costituzionale, connotati diversi: infatti se in campo sanitario, mantenendosi sul filo dei principi, e di una certa dose di coordinamento, si può ancora pensare ad una programmazione a carattere nazionale, ciò diventa estremamente più complesso in campo sociale, pur considerando la necessità di contemperare le ragioni dell’autonomia regionale con il principio di unità ed indivisibilità della Repubblica, ai sensi dell’art. 5 della Costituzione. Ad una simile impostazione ha coinciso, nei fatti, una continuità nell’emanazione di Piani Sanitari Nazionali (pur nella modificazione di contenuti e livelli di cogenza), mentre il Piano Nazionale degli Interventi e Servizi Sociali 2001-2003 è rimasto l’unico nel settore. E dunque, si può dire che quella integrazione a livello programmatorio che quest’ultimo postulava come premessa fondamentale per una concreta integrazione gestionale sia possibile e vada realizzata unicamente a partire dal livello regionale.

9 Livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali: come si è visto, questo ambito è l’unico in cui vi sia una competenza statale esclusiva, sia per l’area sanitaria che per quella sociale, e quindi in cui sia possibile, per lo Stato, “impostare” anche dei fondamenti per l’integrazione socio-sanitaria che, al di là delle necessarie specificazioni regionali, creino una base comune su tutto il territorio nazionale.

      

45

Pagina | 48

Si è visto come il tema dei livelli essenziali fosse già presente nel D. Lgs. 229/99 da un lato e nella L. 328/00 dall’altro;46 ma certo risulta fondamentale, nella nuova prospettiva costituzionale, che alla forte spinta verso il decentramento si accompagni il punto fermo di livelli essenziali di prestazioni da garantire “su tutto il territorio nazionale”. Tale disposizione dell’art. 117 viene peraltro rafforzata da quella dell’art. 120, c. 2, che disciplina i poteri sostitutivi, conferiti allo Stato in caso di inadempienza delle regioni: ciò avviene solo per materie ad alto interesse nazionale, quali il rispetto di norme internazionali, la tutela dell’unità del Paese, ed “in particolare per la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali”.

A tale enfasi posta dalla legge di riforma costituzionale non si è però affiancata, ad oggi, una disciplina che – in campo sanitario ma soprattutto in quello sociale, e conseguentemente nell’ambito dell’integrazione – determini con chiarezza e precisione quali siano i livelli essenziali garantiti e quindi realmente esigibili.47 Tale definizione parrebbe oggi quanto mai necessaria, non solo perché anche la Corte Costituzionale ha precisato che l’esercizio del potere sostitutivo statale è possibile solo se i livelli essenziali siano stati previamente determinati dal legislatore;48 ma anche e soprattutto al fine di porre le basi per una reale e concreta esigibilità di un complesso di prestazioni e servizi socio-sanitari integrati.