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Le normative degli ultimi anni, dal Piano di Rientro ad ogg

ed il quadro territoriale delle A.S.L.

4.1. L’evoluzione del quadro istituzionale dagli anni ’70 ad ogg

4.1.4. Le normative degli ultimi anni, dal Piano di Rientro ad ogg

Negli ultimi anni, dal 2007 ad oggi, si rintraccia una forte accelerazione di atti normativi in tema di integrazione socio-sanitaria, che hanno generato in buona parte della regione processi che sono stati almeno in parte intercettati dal lavoro di ricerca. Tali atti sono stati però preceduti dall’accordo per il piano di rientro dal debito sanitario, firmato tra la regione e lo Stato nel febbraio 2007, in seguito alla scoperta di un forte deficit nelle casse regionali, che tra il 2003 ed il 2005 aveva avuto un’impennata. Il Piano di Rientro ha creato un nuovo quadro istituzionale, in cui ovviamente il primo obiettivo da conseguire è il risparmio – a partire ad esempio dal personale, riguardo il quale la regione deve garantire che per gli anni 2007, 2008 e 2009 la spesa complessiva non superi quella del 2004, ridotta dell’1,4%; o dalla riconversione/riduzione dei posti letto, ospedalieri e di lungodegenza. In tale logica viene posta una particolare attenzione ai processi di deospedalizzazione, ed alla “realizzazione di iniziative tese ad integrare le attività sanitarie e socio-sanitarie, a partire dagli interventi residenziali, semi-residenziali e domiciliari a favore degli anziani e dei disabili”.

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In tale contesto prende dunque forma la delibera di Giunta 433/07,122 nata su proposta unicamente dell’assessore alla sanità; la delibera indica in premessa gli elementi ritenuti qualificanti per la realizzazione di attività integrate e per la deospedalizzazione: distretto sociosanitario; integrazione sociosanitaria, sistema informativo integrato; cure primarie; medicina generale e pediatria di libera scelta; centri di assistenze domiciliare, assistenza domiciliare integrata; cure intermedie (R.S.A., hospice, presidi territoriali di prossimità); continuità assistenziale e dimissioni protette; sistemi di remunerazione. La delibera impegna le A.S.L. ad approvare i Piani Attuativi Locali secondo le indicazioni contenute nell’allegato tecnico, predisposto dall’Agenzia di Sanità Pubblica, prevedendone i tempi di attivazione e – in caso del mancato rispetto degli stessi – la procedura di commissariamento da parte della regione stessa. Nell’allegato tecnico vengono ripresi singolarmente gli elementi ritenuti qualificanti per l’integrazione; in generale, la lettura delle tematiche è (e non poteva forse essere altrimenti) molto sanitaria, ma vi sono contenuti comunque spunti interessanti, anche alla luce del livello di cogenza che la delibera assume. Viene riproposta la centralità del distretto come primo responsabile degli esiti di salute e promotore della programmazione socio-sanitaria, attraverso l’armonizzazione tra il Piano per le Attività Territoriali distrettuale, il Piano Attuativo Locale dell’Azienda ed i Piani di Zona degli enti locali. Prevede inoltre la progressiva organizzazione di un Punto Unico di Accesso integrato sanitario e sociale – servizio del distretto in grado di espletare funzioni di “filtro/triage”; lo sviluppo di unità di valutazione, con compiti valutativi da svolgersi attraverso strumenti multidimensionali standardizzati ed il Piano di Assistenza Individuale, e con l’individuazione del case-manager dove ritenuto necessario. Il distretto viene dunque indicato come luogo principe dell’integrazione socio-sanitaria, per favorire la quale la delibera prevede, oltre agli strumenti sopra indicati, che vengano istituite – sia a livello A.S.L. che a livello dei singoli distretti – funzioni specifiche ad essa dedicate, e che venga “rafforzata la formazione finalizzata allo sviluppo di competenze che integrino le varie culture professionali”. Viene inoltre posto l’accento – con l’obiettivo di favorire la deospedalizzazione – sull’assistenza

      

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“Indicazioni e interventi per la realizzazione di iniziative tese ad integrare le attività sanitarie e

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domiciliare integrata e sulla continuità assistenziale; quest’ultima però se nella premessa viene intesa come movimento bidirezionale ospedale-territorio e viceversa, nei risvolti operativi assume per lo più una connotazione strettamente sanitaria, tranne nel caso delle dimissioni protette.

Il tema della valutazione multidimensionale viene ripreso alcuni mesi dopo con la delibera di Giunta n. 40/2008123 – sempre su proposta dell’assessore alla sanità – che promuove la sperimentazione di tale valutazione su tutto il territorio regionale, rivolta in particolar modo ai soggetti “fragili”, ovvero a “coloro che, indipendentemente dall’età, sono portatori di patologie cronico-degenerative o di esiti disabilitanti tali da condizionare negativamente le attività della vita quotidiana”. Si tratta, evidentemente, di persone disabili o anziani con basso livello di autosufficienza; non a caso tale valutazione, in particolare quella di secondo livello, è orientata agli ambiti della residenzialità, dell’assistenza domiciliare e delle dimissioni protette. Come strumento valutativo viene indicata la scheda R.U.G. (Resource Utilization Groups), da integrare con una scheda per la valutazione dei bisogni sociali e delle risorse economiche – scheda sociale che però non viene predisposta dalla delibera. La delibera indica poi le figure professionali a cui è affidata la valutazione (il medico di medicina generale/pediatra di libera scelta; infermiere, assistente sociale, medico di distretto; integrate a seconda delle specifiche necessità da altre figure professionali quali il medico specialista, il terapista della riabilitazione, lo psicologo, ecc); prevede l’individuazione del casemanager e le modalità di elaborazione del piano assistenziale individuale. Viene infine indicata la necessità di formalizzare almeno una Unità Valutativa Integrata per ciascun distretto.

Quanto indicato dalle due delibere ora richiamate confluisce nel Decreto del Presidente della Regione in qualità di Commissario ad acta n. 18/2008,124 che inserisce la programmazione per l’integrazione socio-sanitaria nelle linee guida per l’elaborazione dei Piani Attuativi Locali delle A.S.L. (i quali, secondo quanto previsto nella Del. 433/07, dovranno essere redatti entro 60 giorni dal decreto stesso,

      

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“Adozione dello Strumento di Valutazione Multidimensionale regionale per l’ammissione e presa

in carico di persone portatrici di problematiche assistenziali complesse negli ambiti domiciliare, semiresidenziale e residenziale”.

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Approvazione della “Programmazione per l’integrazione sociosanitaria nella Regione Lazio” e delle “Linee guida per la stesura del Piano Attuativo Locale triennale 2008-2010”.

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e quindi entro i primi di novembre 2008). Le linee guida, nell’indicare che i P.A.L. per il triennio 2008-2010 dovranno essere orientati soprattutto sugli aspetti dell’integrazione socio-sanitaria, danno tre obiettivi/direttrici di sviluppo:

9 il Punto Unico di Accesso – da non considerarsi, specifica il documento, “necessariamente un luogo fisico, ma una modalità di approccio ai problemi dell’utenza e di interfaccia con la rete dei servizi”; che quindi deve “diventare una modalità di lavoro propria degli operatori sanitari e sociali piuttosto che una specializzazione di alcuni addetti”;

9 la Valutazione Multidimensionale, intesa come “approccio che integra le diverse aree tematiche fondamentali che caratterizzano la condizione di soggetti portatori di patologie croniche con livelli medi o gravi di non autosufficienza”, da effettuarsi su due livelli;

9 la Continuità assistenziale, che “risponde all’esigenza di strutturare percorsi di cura integrati tra ospedale e territorio e viceversa” e “rappresenta uno sviluppo funzionale ed organizzativo che, ponendo in relazione tra loro strutture e professionisti ospedalieri e territoriali, orienta e facilita il percorso del cittadino superando gli aspetti prestazionali e meramente riparativi sino ad oggi preponderanti”.

Per ognuno dei tre obiettivi vengono indicati nel dettaglio i risultati attesi, gli indicatori di valutazione del processo ed un cronoprogramma delle attività da implementare.

A completamento del quadro normativo di questi anni occorre ricordare infine due leggi del 2009 che, pur non riguardando direttamente l’integrazione socio- sanitaria, impattano con l’assetto sinora delineato.

La prima è la L. R. n. 2,125 che istituisce il Centro di Accesso Unico alla Disabilità (C.A.U.D.); questo si propone di “garantire a tutti i cittadini le informazioni, l’orientamento, l’assistenza amministrativa necessaria, nonché l’efficiente gestione degli interventi e dei servizi rivolti ai disabili e ai loro nuclei familiari, e di promuovere, sostenere, armonizzare le azioni ed i servizi di cui alla presente legge, in ciascun ambito distrettuale, all’interno del punto unico di accesso

      

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“Istituzione del Centro di Accesso Unificato per la Disabilità (CAUD). Modifica alla L.R. 41/03

(Norme in materia di autorizzazione all’apertura ed al funzionamento di strutture che prestano servizi socio-assistenziali)”

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integrato sanitario e sociale”. Il centro si propone, in sostanza, di fornire orientamento ma anche di effettuare una valutazione multidimensionale del caso, finalizzata alla predisposizione del progetto di vita personalizzato, e si rivolge in maniera specifica – e sostanzialmente esclusiva – ai disabili ed ai loro familiari.

L’altra normativa è la L. R. n. 9, che istituisce i distretti socio-sanitari montani, finalizzati a “garantire livelli essenziali ed uniformi di prestazioni socio- sanitarie ai cittadini residenti nelle aree montane”. La legge precisa che il distretto socio-sanitario montano è un’articolazione territoriale, organizzativa e funzionale della A.S.L., “il cui ambito territoriale coincide, di norma, con quello dei territori delle comunità montane ricadenti nella medesima provincia”, ed in fase di prima attuazione istituisce i primi tre distretti socio-sanitari montani: il Distretto 4 della A.S.L. Roma G; il Distretto 5 della A.S.L. di Rieti; il Distretto 1 della A.S.L. di Viterbo.126

Si coglie in queste due leggi – così come nel periodo precedente per la legge sul finanziamento del piccoli comuni – una incongruità rispetto al processo delineato dalle altre normative citate: dove là si tentava di creare un assetto il più possibile unitario, queste ricreano dei sostanziali duplicati o dei particolarismi che complicano ulteriormente il quadro.

La rappresentazione che emerge da quest’ultimo gruppo di normative è dunque quella di un quadro frammentato e con diverse incoerenze al proprio interno; con una forte prevalenza della componente sanitaria, in particolare nelle norme specificamente rivolte all’integrazione, nonostante sia da apprezzare l’aver posto nuovamente tale tema al centro dell’attenzione di dirigenti ed operatori.

4.2. Dal livello istituzionale all’assetto programmatorio ed