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2 Gli ombudsmen europei e la tutela dei diritti fondamentali dell’uomo.

La Convenzione europea dei diritti dell’uomo era già stata messa in atto nel quadro del Consiglio d’Europa. La logica della Convenzione è che la responsabilità primaria per la tutela dei diritti umani si appunta sugli ordinamenti giuridici nazionali e, in particolare, sulle costituzioni nazionali. Non è quindi sorprendente che gli autori degli originali trattati comunitari non avessero ritenuto necessario prevedere disposizioni in materia di diritti umani o di diritti fondamentali. Agli inizi degli anni sessanta, era tuttavia ormai chiaro che le Comunità europee erano qualcosa di più di un’altra

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Cfr. sentenza in proc. C-50/00P, Union de Pequeños Agricultores, [2000] European Court Reports I-6677, parag. 42. I giudici del Lussemburgo hanno affermato che i giudici nazionali sono tenuti ad interpretare ed applicare le norme procedurali nazionali che disciplinano l’esercizio del diritto di azione in un modo che permette alle persone di contestare in sede giudiziale la legittimità di qualsiasi decisione (o altro provvedimento nazionale) relativa all’applicazione nei loro confronti di un atto comunitario.

organizzazione internazionale. I trattati avevano, in realtà, creato un potere legislativo ed esecutivo sopranazionale, in grado di imporre obblighi ai privati. Inoltre, il diritto europeo si è lentamente conquistato il primato e la supremazia sul diritto nazionale, il che significa che prevale sulla legge nazionale incompatibile, ivi incluse (entro certi limiti) le leggi costituzionali nazionali in materia di diritti fondamentali. In tale contesto, l’unico modo per tutelare, a tutti i livelli, i diritti fondamentali era che la stessa normativa europea li riconoscesse e li tutelasse espressamente. Poiché i trattati tacevano sulla questione dei diritti fondamentali, il compito di definire le loro implicazioni normative è spettato alla Corte di giustizia. A partire dalla fine degli anni sessanta, la Corte ha affermato ripetutamente che i diritti fondamentali sono parte integrante dei principi generali del diritto comunitario e, come tali, sono vincolanti non solo per le istituzioni e gli organi europei, ma anche per tutte le autorità pubbliche degli stati membri, ogni volta che il diritto comunitario trova applicazione320. Per identificare tali diritti, la Corte di giustizia si è ispirata alle tradizioni costituzionali comuni agli stati membri ed agli accordi internazionali, in particolare alla Convenzione europea sui diritti dell'uomo e alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo dei diritti dell’uomo sulla Convenzione. Tali sviluppi hanno indotto a ritenere che, rispetto alla precedente tutela accordata ai diritti fondamentali dall’Unione europea, la Carta rappresenti la

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A partire dalla nota sentenza del 12 novembre 1969, nella causa C-29/69, Stauder c.

Stadt Ulm, con cui la Corte di giustizia afferma che la tutela dei diritti fondamentali

costituisce parte integrante dei principi generali del diritto comunitario e che quindi la salvaguardia di quei diritti deve essere assicurata dalla Corte di Giustizia stessa nel quadro degli obiettivi e della struttura della Comunità europea, si è sviluppata una giurisprudenza più che trentennale che ha saputo elaborare un sistema di tutela dei diritti fondamentali in grado di esprimere in modo originale l’identità del sistema comunitario. In proposito, da ultimo, cfr. VILLANI U., “I diritti fondamentali tra Carta di Nizza, Convenzione europea dei diritti dell’uomo e progetto di Costituzione europea”, in Dir. Unione. Europ., 2004, 78 ss., con ampi riferimenti.

formalizzazione di un vero e proprio Bill of rights321. Ciò emerge ancor più nitidamente ricordando che la Carta non introduce ex novo una tutela comunitaria dei diritti fondamentali ma, più limitatamente, reca un contributo, seppur notevole, ad una realtà già radicata e consolidata nell’Unione europea. Tuttavia la Carta, pur avendo una portata meramente ricognitiva322 dei preesistenti diritti, attribuisce ad

essi un «plusvalore»323, quanto meno quello della scrittura,

modificando inevitabilmente il modo in cui essi vengono garantiti nel

contesto comunitario324. Ecco, quindi, che non ci si può limitare a

ritenerla soltanto un efficace «testo dichiarativo del livello di tutela esistente dei diritti nel sistema europeo»325, una mera «codificazione

organica della materia nel contesto comunitario»326, dal momento che

i redattori della Carta non hanno mancato di «interpretare con una certa libertà il mandato […] finendo […] per andare al di là di un’operazione meramente ricognitiva di diritti già esistenti»327.

321

Per tale orientamento, cfr. PACE A., “A che serve la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea? Appunti preliminari”, in Giur. Cost., 2001, 193 ss.

322

In particolare il Preambolo insiste sul carattere ricognitivo della Carta di Nizza nella parte in cui prevede che essa «riafferma i diritti derivanti in particolare dalle tradizioni costituzionali e dagli obblighi internazionali comuni agli Stati membri, dal trattato sull'Unione europea e dai trattati comunitari, dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, dalle carte sociali adottate dalla Comunità e dal Consiglio d'Europa, nonché i diritti riconosciuti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee e da quella della Corte europea dei diritti dell'uomo».

323

L’espressione è di PACE A., “A che serve la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea?”, cit., 196.

324

Mettono in luce le conseguenze positive, e anche controproducenti, della redazione per iscritto di un catalogo dei diritti BIFULCO R.–CARTABIA M.–CELOTTO A., Introduzione, in ID. (cur.), L’Europa dei diritti, Bologna, 2001, p. 17 ss.

325

Per tale orientamento, cfr.DE SIERVO U., “L’ambigua redazione della Carta dei diritti fondamentali nel processo di costituzionalizzazione dell’Unione Europea”, in Diritto

pubblico, 2001, p. 55 ss.

326

Così, POCAR F., Commento alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in POCAR (cur.), Commentario breve ai Trattati della Comunità e dell’Unione europea, Padova, p. 1179 ss.

327

Per un approfondimento sull’argomento, si veda ADAM R., “Da Colonia a Nizza: la

Nel 1996, tuttavia, la Corte di giustizia ha espresso un parere negativo sulla proposta che la Comunità europea firmasse la Convenzione, ritenendo che il Trattato CE non rappresenta una base legale sufficiente per l’adesione. Questa situazione è stata senza dubbio uno degli elementi che ha determinato, durante il meeting di Colonia del Consiglio europeo nel giugno 1999, l’avvio di un processo di elaborazione di una Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. La Carta è stata elaborata da una Convenzione, composta principalmente da rappresentanti dei capi di Stato o di governo, del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali. L’Ombudsman europeo ha partecipato alla Convenzione, come osservatore e ha proposto, con successo, che la Carta comprendesse anche il diritto ad una buona amministrazione328.

Fatte le superiori premesse, è opportuno dare un esempio di come l’Ombudsman europeo è in grado di fornire un effettivo rimedio alternativo e, più in generale, anche di rafforzare la tutela dei diritti fondamentali. Un esempio interessante in tal senso deriva da un

reclamo329 di un ex esperto civile della Missione di Polizia

dell’Unione europea in Bosnia-Erzegovina, che era stato licenziato per cattiva condotta, senza avere avuto la possibilità di esprimere le sue opinioni sui fatti presupposti. Il licenziato ha presentato un reclamo contro il Consiglio sulla base del fatto che si era rifiutato di rispondere o di riconoscere alcuna responsabilità per la vicenda occorsa. Dopo aver esaminato il quadro giuridico, l’Ombudsman ha rilevato che il Consiglio ha la responsabilità di assicurare che la Missione di Polizia dell’Unione rispetti la rule of law ed i diritti fondamentali riconosciuti dalla Carta europea. L’Ombudsman ha quindi criticato il fatto che il

328

Il diritto ad una buona amministrazione non era stato inserito nell’elenco redatto dal

Presidium della Convenzione per la Carta come base per la discussione (CHARTE 4112/00

del 27 gennaio 2000). Cfr. la proposta contenuta nel discorso dell’Ombudsman europeo alla Convenzione sulla Carta del 2 February 2000: Public Hearing on the draft Charter of

Fundamental Rights of the European Union, Sec. 3 (CHARTE 4131/00 of 17 February

2000), www.euro-ombudsman.eu.int/speeches/en/Charter1.htm .

329

Il caso è menzionato in DIAMANDOUROS N., European Ombudsman Speeches – 30.11.2005, http://ombudsman.europa.eu/speeches/en/2005-11-30.htm .

diritto ad una buona amministrazione, che include il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che un provvedimento individuale che incide negativamente sia assunto, non era stato rispettato nel caso del denunciante. L’esito della procedura è stato, alla fine, che il reclamante ha ricevuto un risarcimento e, al tempo stesso, sia il Consiglio, sia la Missione di Polizia dell’Unione hanno ricevuto indicazioni generali per quanto riguarda le loro responsabilità in materia di diritti fondamentali e di rule of law. Le pretese finanziarie del reclamante erano relativamente esigue e non sussisteva alcun rapporto contrattuale con il Consiglio. Questi profili concreti del caso, unitamente al fatto che la Missione di Polizia dell’Unione è stata istituita nell’ambito della Politica estera e di sicurezza comune (secondo pilastro), avrebbero reso difficile per un tribunale fornire un rimedio cost-effective (scil. economicamente conveniente) e penetrare così profondamente nelle relazioni tra il Consiglio e la Missione di Polizia. Il caso illustra dunque perfettamente il modo in cui l’ombudsman può efficacemente integrare il ruolo dei giudici.

Il fatto che i diritti fondamentali sono parte integrante del diritto comunitario in combinazione con il principio della primauté ha implicazioni molto importanti per gli ombudsmen negli stati membri, sia a livello nazionale, sia a livello regionale o locale. La primauté del diritto comunitario richiede che tutte le autorità pubbliche degli Stati membri applichino il diritto comunitario pienamente e correttamente. Dal momento che gli ombudsmen controllano le autorità pubbliche, essi hanno un ruolo chiave nel garantire l’adempimento di tale

obbligo330. Meno ovvio, forse, è che, essendo gli ombudsmen stessi

autorità pubbliche, devono, nel loro ambito di competenza, agire per proteggere i diritti che derivano dalla normativa comunitaria e devono disattendere la normativa nazionale che impedisce loro di proteggere tali diritti. Pertanto, non può essere contestato che la CDF ha quantomeno una piena legittimità politica (che presto diventerà anche

330

Cfr. ABRAHAM A., “The Ombudsman and Individual Rights”, in Parliamentary Affairs, Vol. 61, (2-2008), p. 370–379.

giuridica in senso stretto) e può essere considerata come l’espressione di un comune standard giuridico all’interno dell’Unione, e che gli ombudsmen possono esaminare i casi riguardanti l’attuazione e l’applicazione del diritto comunitario facendo riferimento anche ai principi contenuti nella Carta.

Il ruolo degli ombudsmen negli stati membri è particolarmente importante perché l’attuazione della legislazione europea e delle politiche dell’Unione è in gran parte di competenza delle amministrazioni degli stati membri. In pratica, quindi, il rispetto dei diritti dipende in larga misura dalla qualità del lavoro quotidiano delle amministrazioni nazionali e dalla misura in cui gli organi di vigilanza, compresi gli ombudsmen, riescono a promuovere un’amministrazione di alta qualità e a fornire rimedi efficaci, quando occorre. Al fine di tutelare i diritti dei cittadini e dei residenti e di fornire loro rimedi validi, la cooperazione tra le amministrazioni deve essere assistita da una cooperazione tra gli ombudsmen, che possono intervenire quando il diritto comunitario non viene applicato correttamente da parte delle amministrazioni pubbliche, al fine di fornire un rimedio efficace e di contribuire ad evitare errori simili in futuro, educando ed incoraggiando le autorità pubbliche ad applicare il diritto comunitario in modo corretto.

V.3.- Il diritto fondamentale ad una buona