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Dal predicare l’inserimento all’esercitare l’inclusione Non basta predicare, è necessario esercitare

Nel documento Professionalità studi (pagine 147-150)

La Legge Quadro 104/92 ha ridefinito e strutturato i diritti delle persone con disabilità, nella fattispecie riguardo all’istruzione e alla formazione ha decretato l’obbligo della redazione del Piano Educativo Individualizzato, documento sentito come necessario sia dalla Comunità Scientifica che dalle Associazioni di settore, nondimeno dai legislatori.

A distanza di 23 anni viene emanata la legge 13 luglio 2015, n. 1075 che, attraverso i decreti legislativi attuativi6, in parte ridimensiona alcuni aspetti del PEI ma soprattutto sottolinea nuovamente gli aspetti essen-ziali del documento.

Tra il 1992 e il 2015 abbiamo assistito ad un periodo caratterizzato da un grande fermento sia scientifico che giuridico intorno ai problemi che pos-sono incontrare le persone con disabilità, periodo caratterizzato anche da grandi risposte: da parte della ricerca accademica7 e dell’operatività sco-lastica che hanno saputo con professionalità mostrare i risultati incontro-vertibili di sperimentazioni importanti; da parte della società civile e dell’associazionismo (quindi delle famiglie) che dolorosamente ma co-raggiosamente hanno avviato un percorso di affrancamento dalla sin-drome del colpevole e dell’espiazione per volontà divina, accogliendo pian piano il concetto di disabilità come accidente naturale e casuale, elaborando quindi la consapevolezza del diritto; dal fronte giuridico8, che

VYGOTSKIJ, Immaginazione e creatività nell’età infantile, Editori Riuniti, 1972.

(5) L. n. 107/2015 - Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti.

(6)D. Lgs. n. 66/2017 - Norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli stu-denti con disabilità; D.lgs. n. 96/2019 - Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66.

(7) L.COTTINI, Didattica speciale e inclusione scolastica, Carocci Editore, 2017; M.A.

GALANTI,B.SALES, Disturbi del neurosviluppo e reti di cura. Prospettive neuropsi-chiatriche e pedagogiche in dialogo, ETS, 2017; L.d’ALONZO, La differenziazione di-dattica per l’inclusione. Metodi, strategie, attività, Erickson, 2016; C.GIACONI, Qua-lità della vita e adulti con disabiQua-lità, FrancoAngeli, 2015; T.BOOTH,M.AINSCOW, Nuovo index per l’inclusione. Percorsi di apprendimento e partecipazione a scuola, Carocci Faber, 2014; T.ZAPPATERRA, Special needs a scuola. Pedagogia e didattica inclusiva per alunni con disabilità, ETS, 2010.

(8) S.NOCERA,N.TAGLIANI, La normativa inclusiva nella «buona scuola». I decreti della discordia, Erickson 2017.

non ha mai trascurato la necessità di trasformare in norma ciò che poteva apparire (ma non doveva) solo filantropismo, volontariato, altruismo o beneficienza.

La rivisitazione italiana del documento voluta dal Decreto Interministe-riale n. 182/2020 e sviluppata ampiamente nelle conseguenti Linee Guida9 rappresenta la necessità di fare il punto su una serie di aspetti che lo connotano: quanto tale strumento è stato effettivamente utile e operativo nel trasformare il processo di inserimento in un processo inclusivo, quanto e che cosa eventualmente c’è da modificare affinché esso sia in grado non solo di mostrare ma anche di sollecitare una costante evolu-zione che sia un movimento oscillante fra l’agito e il percepito, ovvero che sia in grado di mettere realmente in connessione l’azione delle istitu-zioni con i bisogni degli utenti.

Il Nuovo PEI risponde, in altri termini, alla necessità di aprire una nuova stagione dove la percezione e la concezione dei Bisogni Educativi Spe-ciali, nonché le azioni conseguenti, devono declinare un paradigma che si basi sulle possibilità e sui diritti delle persone, spostando quindi il punto di vista sull’approccio bio-psico-sociale10, sull’accomodamento ragionevole11 e sull’Universal Design12, assunti teorici che devono sop-piantare il pregiudizio assistenzialistico, l’approccio quasi totalmente ba-sato sulla socializzazione (peraltro discutibile poiché spesso attribuita quasi esclusivamente alle possibilità dello/a studente/essa) e l’idea che la disabilità coincida con l’handicap e sia un problema privato anziché pubblico o meglio, collettivo.

Un altro aspetto interessante che la legge n. 107/2015 prevede, ma che al momento sembra parzialmente accantonato nella sua applicazione

(9) D.I. n. 182/2020 - Adozione del modello nazionale di piano educativo individualiz-zato e delle correlate linee guida, nonché modalità di assegnazione delle misure di sostegno agli alunni con disabilità, ai sensi dell’articolo 7, comma 2-ter del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66; Allegato B-Linee Guida concernenti la definizione delle modalità, anche tenuto conto dell’accertamento di cui all’articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, per l’assegnazione delle misure di sostegno di cui all’articolo 7 del D.Lgs. 66/2017 e il modello di PEI, da adottare da parte delle istituzioni scola-stiche.

(10) WHO International Classification of Functioning, Disability and Health (ICF), Geneve, 2001.

(11) Cfr. Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, del 13 dicembre 2006, ratificata con legge 3 marzo 2009, n. 18.

(12) CAST,D.ROSE,A.MEYER, D.ROSE,A.MEYER, Teaching every student in the digital age: Universal design for learning, VA: ASCD, 2002.

pratica nonostante siano stati attivati corsi di formazione già dal 2016, è l’istituzione di una figura di sistema denominata referente/coordinatore per l’inclusione13 la quale deve essere nominata in ogni Istituto Scola-stico e rappresenta un punto di riferimento per l’effettiva realizzazione delle azioni da perseguire.

Tale professionalità si deve distinguere per le seguenti competenze e te-matiche, esplicitate dalla legge stessa:

– svolgere funzioni di coordinamento pedagogico ed organizzativo e di supervisione professionale;

– gestire dinamiche relazionali e comunicative complesse (team, gruppi, ecc.);

– supportare la progettazione didattica integrata e la relativa forma-zione in servizio;

– ottimizzare l’uso delle risorse per l’inclusione, ivi comprese quelle tecnologiche;

– facilitare i rapporti con le famiglie e i diversi soggetti istituzionali coinvolti nei processi di integrazione;

– la Diagnosi Funzionale (o il profilo di Funzionamento): compren-dere i bisogni dell’alunno con disabilità attraverso un dialogo effi-cace con la famiglia e gli operatori sociosanitari;

– il Piano Educativo individualizzato: il coinvolgimento attivo del consiglio di classe, della famiglia e degli operatori sociosanitari per la formulazione di un documento che descriva le misure (in termini di utilizzazione di risorse umane e materiali assegnate) per la rea-lizzazione del successo scolastico dei singoli alunni con disabilità;

– l’individuazione degli strumenti di valutazione periodica e finale dei risultati dell’inclusione dei singoli alunni con disabilità;

– l’individuazione degli indicatori per autovalutare la qualità inclu-siva realizzata durante l’anno scolastico nelle singole classi e nell’istituto (anche in connessione con il RAV, il Piano di miglio-ramento, e il Piano per l’inclusione)14.

Il referente per l’inclusione deve far parte integrante del Gruppo di La-voro Operativo per l’Inclusione, staff che di fatto era già previsto, an-che se con altra definizione, ma an-che la legge107 e i decreti susseguenti rinsaldano nella sua importanza. Come ricorda Zappaterra: «In virtù di

(13) Art.1, co. 71 lett. a) Legge n. 107/2015.

(14) M.I.U.R., Nota Ministeriale 19.11.2015, Prot. n. 37900; Nota Ministeriale 03.11.2016, Prot. N. 32839).

questa prospettiva inclusiva, è opportuno riflettere con particolare at-tenzione al ruolo giocato dalle risorse umane, protagoniste del processo educativo - i soggetti disabili in primis, ma anche gli insegnanti specia-lizzati - prescindendo dalle quali non possono darsi pratiche educative di qualità»15.

L’insistenza italiana, sia scientifica che normativa, intorno alla costru-zione continua di una progettualità definita e organizzata tesa a permet-tere alle persone con disabilità di prospettarsi una vita adeguata sia ai propri bisogni che alle proprie aspirazioni, trova la sua meritata e ade-guata etichetta nella definizione di modello italiano per l’inclusione, che rende appunto l’Italia famosa nel mondo e che fa sì che dall’estero cerchino di esportare le esperienze e le metodologie che hanno reso pos-sibile tutto ciò16.

3. Accomodamento ragionevole e Universal Design for Learning: i

Nel documento Professionalità studi (pagine 147-150)

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