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Prendersi cura della terra

Nel documento AREE PROTETTE E SVILUPPO SOSTENIBILE: (pagine 101-105)

Capitolo 4 Il concetto di sviluppo sostenibile 4.1 The world conservation strategy (WCS)

4.3 Prendersi cura della terra

A quattro anni dalla presentazione del rapporto Brundtland, le organizzazioni protagoniste della WCS, vale a dire IUCN, UNEP e WWF realizzano una nuova strategia per la realizzazione della sostenibilità globale dal titolo: Caring for the Earth. A Strategy for a Sustainable Living214.

Questa nuova strategia per la sostenibilità era fondata sulla convinzione che avrebbe dovuto essere sostenibile non solo il processo di sviluppo, ma l’intero modo di vivere.215 Nelle note introduttive si afferma che la strategia è basata sulla convinzione che i popoli possano cambiare il loro comportamento quando vedono che il cambiamento porterà ad un miglioramento e che, se si vuole proteggere la terra e giungere ad una vita migliore per tutti, è necessario avere valori, economie e società diverse216.

Il testo di Caring for the Earth è diviso in tre parti: la prima tratta i principi per un vivere sostenibile, la seconda si occupa delle azioni da intraprendere per un vivere sostenibile in relazione alle principali aree d’attività umane e la terza parte propone linee guida per adattare principi ed azioni ai propri bisogni ed alle proprie capacità.

In breve, i principi individuati dalla strategia sono nove217:

1. Rispettare ed aver cura di tutte le forme di vita. Questo principio riflette il dovere di prendersi cura degli altri popoli e delle altre forme di vita, nel presente e nel futuro. Ciò significa che lo sviluppo non deve essere raggiunto a spese di altri gruppi umani o di future generazioni. Lo scopo deve essere quello di dividere equamente i costi ed i benefici dell’uso delle risorse e della conservazione ambientale tra le differenti comunità umane ed i diversi gruppi di interesse, tra i poveri ed i ricchi, tra le diverse generazioni.

214 IUCN, UNEP e WWF, Caring for the earth. A strategy for Sustainable Living, 1991,

disponibile on line: http://www.iucn.org (accesso: 15/10/2008).

215 Bologna G., 2008, op. cit., p. 96.

216 IUCN, UNEP, WWF, 1991, op. cit., p. 1.

2. Migliorare la qualità della vita. Il vero scopo dello sviluppo è di migliorare la qualità della vita umana. La crescita economica è una componente fondamentale dello sviluppo, ma non può diventarne il fine stesso come non può andare avanti in maniera indefinita. In ogni caso qualunque siano le priorità individuali alcune mete da raggiungere per una miglior qualità di vita sono universali. Queste includono una vita lunga e sana, l’educazione, l’accesso alle risorse necessarie per avere un decoroso livello di vita, la libertà politica, la garanzia del rispetto dei diritti umani e la libertà dalla violenza. Lo sviluppo sarà vero sviluppo solo soddisfacendo tali necessità universali.

3. Conservare la vitalità e la diversità biologica della terra. Lo sviluppo basato sulla conservazione ha bisogno di includere in sé alcune azioni atte a proteggere la struttura, le funzioni e la diversità di sistemi naturali. Tali azioni sono la conservazione dei processi ecologici necessari al rinnovamento degli ecosistemi; la conservazione della diversità biologica e dell’associato patrimonio genetico; l’assicurazione che l’utilizzo delle risorse rinnovabili sia al di sotto della loro capacità di rigenerazione.

4. Minimizzare lo sfruttamento delle risorse non rinnovabili. Questo principio chiarisce risorse non rinnovabili quali ad esempio minerali, petrolio, carbone o gas non possono essere utilizzate in modo sostenibile, ma in ogni caso la loro presenza sulla terra, la loro durata, può essere estesa con il riciclaggio, evitando gli sprechi o cercando, ove possibile, di sostituire la risorsa non rinnovabile con quella rinnovabile.

5. Rimanere dentro i limiti della capacità di carico del pianeta. Per il quinto principio la Strategia ammette la difficoltà a trovare una precisa definizione, ma ci sono dei precisi limiti alla capacità di carico degli ecosistemi terrestri ed all’impatto che essi e la Biosfera in generale possono sopportare senza subire irreversibili danni. I limiti variano da regione a regione e gli impatti sono frutto di diverse variabili quali ad esempio la quantità di abitanti, la dimensione dei consumi di cibo, acqua, energia, materie prime di ogni abitante o la quantità di materiale di scarto prodotto. Per l’attuazione di questo principio sono di fondamentale importanza le politiche attuate, il modello di società e la tecnologia che hanno la possibilità di ridurre gli impatti.

6. Cambiare i comportamenti personali. Per adottare l’etica di una vita sostenibile, la gente deve riconsiderare i suoi valori e cambiare comportamento. La società deve promuovere dei valori che sostengano la nuova etica e scoraggiare quelli incompatibili con uno stile di vita insostenibile. Questo tipo di “propaganda per la sostenibilità” secondo la Strategia deve essere fatta tramite i circuiti educativi formali ed informali così che le azioni e le politiche che saranno intraprese possano essere capite ed accettate.

7. Consentire alle comunità di aver cura del proprio ambiente. Le comunità ed i gruppi di cittadini sono il mezzo più immediato per far sì che la gente possa intraprendere azioni socialmente importanti o che possa esprimere al meglio le proprie preoccupazioni. Le comunità propriamente informate e responsabilizzate possono entrare a far parte del processo decisionale che le riguarda e così facendo possono giocare un importante ruolo nella creazione di una società sostenibile.

8. Realizzare piani nazionali per l’integrazione di sviluppo e conservazione. Un programma nazionale per lo sviluppo sostenibile deve comprendere gli interessi di tutti e deve, oltretutto, identificare e risolvere i problemi prima che questi esplodano. Deve essere quindi di tipo adattativo, indirizzando il suo corso in risposta alle esperienze od ai nuovi bisogni. Le misure sul piano nazionale devono trattare le componenti territoriali come un sistema integrato riconoscendo le reciproche relazioni ed influenze dei diversi sottosistemi, collegare la politica economica alla capacità di carico ambientale, promuovere le tecnologie per un uso più efficiente delle risorse ed assicurarsi che gli utilizzatori delle risorse paghino tutti i costi sociali che derivano dal loro utilizzo.

9. Creare un’alleanza globale per la realizzazione della sostenibilità. Nessuna nazione è autosufficiente, per il raggiungimento di una sostenibilità globale si deve creare una forte e duratura alleanza tra tutti i Paesi. I livelli di sviluppo sono chiaramente diseguali ed i Paesi meno sviluppati devono essere aiutati. Le risorse condivise quali ad esempio l’atmosfera, l’acqua od ecosistemi condivisi tra più nazioni devono essere gestite su base comune.

I nove principi sono interrelati tra loro e si supportano vicendevolmente, di questi il primo è di tipo etico e significa che: “lo sviluppo non si deve ottenere a spese di altri gruppi umani o di future generazioni”218. I successivi quattro principi definiscono i criteri fondamentali e gli ultimi quattro sottolineano le azioni da intraprendere a livello personale, nazionale ed internazionale per giungere alla realizzazione di una società sostenibile. Per ciò che riguarda l’utilizzo del termine “sostenibile”, la strategia lo utilizza declinandolo in vari modi, infatti sostenibile non è solo lo sviluppo, ma si parla anche di economia sostenibile, di società sostenibile e di uso sostenibile asserendo che: “se un’attività è sostenibile, in teoria può continuare per sempre”219. Tale affermazione può certamente apparire lapidaria, ma viene comunque spiegata dicendo che quando ci si riferisce ad un’attività e la si chiama sostenibile ci si basa sulle conoscenze esistenti. Non c’è garanzia

218 IUCN, UNEP, WWF, 1991, op. cit, p. 8.

di sostenibilità a lungo termine perchè alcuni fattori possono essere sconosciuti o imprevedibili. Sebbene in altri termini, riteniamo che Caring for the earth abbia fatto proprio il concetto di limite espresso dal rapporto Brundtland e definito da fattori politici e tecnologici generalizzandolo, riferendolo cioè a fattori imprevedibili e sconosciuti.

In merito alla definizione di sviluppo sostenibile data da Our common future, la Strategia afferma che le critiche d’ambiguità al documento siano derivate dal fatto che i termini “sviluppo sostenibile”, “uso sostenibile” e “crescita sostenibile” sono stati usati come se fossero sinonimi, ma che sinonimi non sono. Secondo la Strategia, infatti, la locuzione “crescita sostenibile” è una contraddizione in termini perché, forse in modo eccessivamente deterministico dichiara: “niente di fisico può crescere all’infinito”220, inoltre afferma che l’uso sostenibile può essere applicato solo alle risorse rinnovabili e significa utilizzarle con un grado inferiore alla capacità di rinnovamento delle stesse. Infine per la Strategia il significato di “sviluppo sostenibile” è il modo per: “migliorare la qualità della vita umana rimanendo al di sotto della capacità di carico dei sistemi che la sostengono”221.

Il concetto espresso da Caring for the earth, pur rimanendo anch’esso generico, migliora e chiarifica l’ambigua visione del rapporto Brundtland. La crescita per soddisfare i bisogni delle generazioni presenti e future ci deve essere, ma deve essere asimmetrica: tenendo conto del primo principio, quello etico e seguendo i successivi quattro punti si arriverà a cambiare i comportamenti personali, nazionali, globali in modo che tutti possano raggiungere uno stesso livello di crescita. Questo può comportare anche rallentamenti di crescite eccessive rispetto all’equilibrio globale. E’ ovvio che la trattazione della Strategia appare utopistica, ma un punto sul quale è necessario riflettere è il concetto dei limiti di carico degli ecosistemi, i quali non dipendono né dalla tecnologia né dalla società umana, essi sono gli unici limiti non “imprevedibili”, ma possono essere limiti sconosciuti.

L’importanza delle aree protette, sebbene non trattata nei rapporti e nelle strategie fin qui esaminate, può legarsi con forza a questo discorso. Una rete mondiale di aree protette impostata su base ecosistemica potrebbe far cadere anche il limite “sconosciuto” e dare finalmente un significato non solo etico, teorico o filosofico al termine sostenibilità, ma anche misurabile e quindi pratico ed applicabile in maniera generalizzata. La conoscenza del funzionamento degli ecosistemi è il primo punto da cui bisogna partire per pianificare

220 IUCN, UNEP, WWF, 1991, op. cit, p. 10.

sostenibilmente, altrimenti si farà, nella migliore delle ipotesi, solo un esercizio di mediazione politica. Le aree protette da questo punto di vista, quindi, possono essere degli straordinari laboratori per aumentare le conoscenze in merito e per estenderle a tutto il territorio che si sviluppa su un substrato naturale, di volta in volta diverso, del quale si possono misurare i limiti. Tutte le altre componenti territoriali quindi, se guidate da buone pratiche politiche, elemento fondamentale per il raggiungimento della sostenibilità, saranno vincolate a questi limiti.

Nel documento AREE PROTETTE E SVILUPPO SOSTENIBILE: (pagine 101-105)