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ALCUNE RIFLESSIONI SU ASPETTI GIURIDICI INERENTI IL CASO L’INAIL ha ritenuto opportuno esercitare l’azione di rivalsa in sede penale, attraverso la

ANALISI DELLE CAUSE DEL DISASTRO E NORMATIVA TECNICA VIGENTE

4. ALCUNE RIFLESSIONI SU ASPETTI GIURIDICI INERENTI IL CASO L’INAIL ha ritenuto opportuno esercitare l’azione di rivalsa in sede penale, attraverso la

costituzione di parte civile, giusta l’art. 2 L. 123/07, che ha normativamente introdotto tale

possibilità, prima limitata alla sola azione da esperirsi in sede civile ex artt. 10-11 T.U.

1124/65.

La portata di tale novella legislativa è di enorme importanza pratica, poiché permette di accentua-re la funzione di paccentua-revenzione e deteraccentua-renza nei confronti dei datori di lavoro in ordine agli obblighi di sicurezza, funzione che si aggiunge alle tradizionali finalità recuperatoria e sanzionatoria.

Detta disposizione è stata trasfusa nell’art. 61 D.Lgs. n. 81/08 (T.U. della sicurezza sul lavoro), che ha confermato l’obbligo per il P.M. di immediata notizia all’INAIL, ai fini dell’eventuale costituzione di P.C. e dell’azione di regresso, in caso di esercizio dell’azione penale per i delitti di omicidio colposo e di lesioni personali colpose aggravate dalla viola-zione di normativa di sicurezza.

L’iniziativa ha sortito effetti, consentendo di recuperare in via stragiudiziale, secondo criteri civilistici di quantificazione del danno, il costo delle prestazioni assicurative erogate dall’Istituto a favore dei superstiti delle vittime e ciò sulla base della accertata responsabi-lità penale di parte degli imputati, da cui la condanna penale dei medesimi sia alle pene principali che a quelle accessorie (interdizione temporanea dai P.U. e dagli uffici direttivi).

È altresì intervenuta condanna agli obblighi risarcitori in capo agli stessi imputati, nonché alle Società civilmente responsabili per i fatti-reati commessi dai propri legali rappresentan-ti (in parrappresentan-ticolare β, società di trasporto merci su rotaia, e γ, società di trasporto merci su gomma). Per la società α alcuna statuizione è intervenuta allo specifico riguardo, non essen-do stata possibile la citazione della stessa quale responsabile civile, per il fatto-reato del suo legale rappresentante, reato estinto per morte del reo.

Infine è intervenuta la condanna alla refusione delle spese processuali.

Tutte le Società coinvolte, dunque anche la società α, stante il principio di autonomia della responsabilità dell’Ente, sono state altresì condannate alle sanzioni pecuniarie previste dal D.L.vo 231/01, emanato in attuazione della legge-delega n. 300 del 2000, attuativa della Convenzione OCSE del 17.12.1997, che ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico la c.d. “responsabilità amministrativa degli Enti”, correlata a determinate ipotesi delittuose commessi dai soggetti indicati negli artt. 5 e 6; istituto, questo, già operante da tempo nei sistemi di common law (c.d. corporate crime), ma estranea alla tradizione giuridica italiana, ancorata al principio della responsabilità penale personale (art. 27 Cost.), a sua volta fonda-ta sul criterio della impufonda-tabilità soggettiva (art. 42 c.p.), in ossequio al noto brocardo secon-do il quale societas delinquere non potest.

Senza dilungarsi sulla querelle relativa alla natura giuridica di tale speciale forma di responsabilità, ovvero responsabilità penale propriamente detta (Cass. pen. 3615/06 ), responsabilità tipicamente amministrativa, ovvero terzium genus (Cass. pen. 36083/09), rimane fermo che tale autonoma figura di illecito è accertata dal Giudice penale con le regole tipiche del procedimento penale.

Premesso che anche questo istituto giuridico, nella ratio ispiratrice del legislatore, è deputa-to ad assolvere anch’esso una funzione di deterrenza e prevenzione, sul presupposdeputa-to che l’ente collettivo è considerato il vero istigatore, esecutore o beneficiario della condotta cri-minosa del singolo, è opportuno un breve cenno circa i presupposti richiesti dalla legge:

a) la persona fisica che ha commesso il reato “c.d. presupposto” deve rivestire una posizio-ne c.d. apicale posizio-nella impresa, ovvero essere sottoposta all’altrui direzioposizio-ne, da cui comunque l’inosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza in capo ai primi (art. 6 e 7 D.Lgs. 231/01); c.d. “colpa in organizzazione”, come è stata efficacemente definita, con la conseguenza che tale speciale illecito amministrativo ricorre anche in presenza di una fattispecie di natura colposa, e non soltanto dolosa.

La CONTARP tra rischi lavorativi e tutela della sicurezza

Per altro, sotto tale profilo, la c.d. “delega di funzioni”, pur formalmente attribuita, non potrebbe esplicare totale efficacia esimente per il datore di lavoro, comunque tenuto al costante controllo delle funzioni delegate. Non solo!! È stato precisato che allorquando l’evento lesivo infortunistico deriva da c.d. “cause strutturali”, dovute ad omissioni di scelte organizzative di natura generale, queste attingono direttamente la responsabilità del datore di lavoro (Cass. 57610/07).

b) deve trattarsi di tassative figure di reato (principio di legalità): in origine i reati di corru-zione, concussione, truffa aggravata in danno dello Stato, poi i reati valutari e societari, di terrorismo ed abuso di mercato ed infine, con l’art. 9 L. 123/07, che ha introdotto nel testo della D.L.vo 231/01, l’art. 25 septies, rilevano anche i delitti di cui all’art. 589 e 590 c.p. ( omicidio colposo e lesioni colpose commessi con violazione della normativa antinfortunistica e/o a tutela dell’igiene e della salute sul lavoro);

c) il soggetto deve aver agito non a fini personali, bensì nell’interesse (esclusivo o concor-rente) o comunque a vantaggio dell’Ente; il primo requisito da valutarsi oggettivamente ex ante, il secondo con verifica ex post, come in tal senso specificato nella Relazione alla legge, non ricorrendo una ipotesi di endiadi, atteso che i due sostantivi sono indicati in via alternativa. Il vantaggio, inoltre, è da intendersi in senso lato e non necessaria-mente in termini puranecessaria-mente economici, ovvero di profitto; per ciò che rileva in questa sede, il vantaggio può concretarsi in un risparmio di spesa, nella mancata adozione di onerosi presidi di sicurezza, nella mancata sostituzione di impianti obsoleti, come tali fonti di rischio, nel contrarre a condizioni economiche che non considerino, in tutto o in parte, i costi della sicurezza, etc.

Ciò precisato, passiamo all’aspetto sanzionatorio; sono previste innanzitutto sanzioni eco-nomiche a carico dell’Ente (a mezzo il sistema c.d. per quote, graduate secondo la gravità del reato e le conseguenze dannose), e poi le sanzioni c.d. interdittive (es. sospensione dell’attività, revoca delle autorizzazioni, licenze e concessioni, divieto di contrarre con la P.A., pubblicazione della sentenza).

Speciale esimente di natura generale, in favore dell’Ente, è rappresentato dal fatto di aver predisposto ed efficacemente attuato un valido ed idoneo Modello di Organizzazione e Gestione (MOG), come imposto dall’art. 30 T.U. sicurezza, il cui nucleo centrale è costitui-to dal Documencostitui-to di valutazione dei rischi, unico documencostitui-to, insieme alla designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi, di esclusiva competenza del datore di lavoro; dunque funzioni non delegabili allo stato della normativa vigente. MOG e Documento di valutazione dei rischi non sono ovviamente equivalenti, dovendo assolvere ciascuno ad una diversa funzione.

Il MOG è di enorme rilevanza ai fini di un compiuto sistema di sicurezza aziendale, tant’è che è previsto l’obbligo di continuo monitoraggio delle situazioni di rischio, in funzione del suo costante adeguamento, dovuto anche alle conoscenze rivenienti dal progresso scientifi-co e tecnologiscientifi-co; è previsto pure un idoneo sistema disciplinare in relazione ai scientifi- comporta-menti antidoverosi.

Vediamo ora come il Giudice penale ha fatto concreta applicazione delle regole previste in subjecta materia. Ha condannato la β, Società di trasporto merci su rotaia, ad

€ 1.400.000,00 di sanzione amministrativa pecuniaria, mentre per le Società γ, Società di trasporto merci su gomma, e α, rimessaggio automezzi pesanti, è intervenuta condanna ad

€ 400.000,00 ciascuna; non ha comminato sanzioni interdittive e ciò per mancanza di un profitto di rilevante entità oltre che di reiterazione degli illeciti (artt. 9 e 13 D.Lgs. 231/01).

Per quanto riguarda la misura delle sanzioni, il Giudice ha ritenuto applicare il principio previsto dall’art. 3 D.Lgs. 231/01, ovvero del trattamento sanzionatorio più favorevole pre-visto dall’art. 300 del sopravvenuto D.Lgs. 81/2008, rispetto a quello ab origine contempla-to dall’art. 25 septies del D. Lgs 231/01, principio operante dunque anche per fatti delittuosi perpetrati prima della entrata in vigore delle norme del T.U. sicurezza.

In concreto, ha considerato la gravità del fatto, il grado di responsabilità delle società in relazione anche alla attività (nella fattispecie tardiva, in quanto posta in essere solo dopo la tragedia) diretta a ridurre le conseguenze dannose e/o per prevenire ulteriori illeciti.

Il tutto sulla base delle condizioni patrimoniali di ciascun Ente e con l’aggravante della sus-sistenza di reati plurimi commessi nello svolgimento di una medesima attività.

Ha ritenuto escludere le attenuanti previste dall’art. 12 L. 231/01 per effetto anche della man-cata adozione dei MOG e della manman-cata offerta di risarcimento alle famiglie delle vittime.

Salvo riforma delle suindicate statuizioni civili e penali in sede di eventuali gravami.

In conclusione, partendo dal caso in oggetto, il sistema preordinato dall’ordinamento giuri-dico vigente, in caso di infortunio sul lavoro, può così riassumersi in ordine ai titoli di responsabilità:

1) responsabilità penale degli imputati persone fisiche per i reati ex artt. 589 e 590 c.p., con l’aggravante della violazione delle misure antinfortunistiche;

2) responsabilità penale, di natura contravvenzionale, per le ipotesi di reato di pericolo e/o di danno previsti dal D.Lgs. 81/2008 in relazione alla violazione di normativa di sicurezza;

3) in caso di datori di lavoro aventi forma societaria, responsabilità amministrativa degli Enti ex D.L.vo 231/01, con relative sanzioni pecuniarie e/o interdittive;

4) responsabilità civile, di tipo risarcitorio, nei confronti dei familiari delle vittime, sia pure limitata al c.d. danno complementare e/o differenziale (titoli di danno esclusi dall’indennizzo INAIL);

5) responsabilità civile nei confronti dell’INAIL a titolo di azione di rivalsa.

Il tutto sulla base di profili sia di colpa specifica (violazione di normative di sicurezza), che di colpa generica (violazione delle comuni regole di prudenza, perizia e diligenza), nonché in relazione agli obblighi di cui all’art. 2087 c.c., norma di chiusura dell’ordinamento giuri-dico preordinato alla sicurezza dei lavoratori.

5. CONCLUSIONI

L’analisi delle cause e delle dinamiche di questo gravissimo incidente dimostra che, anche quando sono in gioco importanti realtà imprenditoriali, la consapevolezza del rischio speci-fico di esposizione ad atmosfere mortali in ambienti confinati è scarsa o addirittura nulla da parte dei lavoratori coinvolti. Le cisterne adibite al trasporto di merci pericolose sono un esempio tipico di ambiente confinato, inoltre le attività di trasporto, manutenzione e bonifi-ca sono regolamentate da normativa tecnibonifi-ca particolarmente complessa: l’ADR, direttiva 96/86/CE del Consiglio dell’Unione Europea sul trasporto di merci pericolose, quando la cisterna viaggia su strada, il T.U. 81/08, la direttiva europea REACH e il regolamento inter-nazionale CLP, quando il serbatoio entra in officina per lavori di manutenzione. Solo negli ultimi anni il legislatore Europeo ha avviato una armonizzazione della normativa tecnica.

La complessità del quadro normativo e la pericolosità delle lavorazioni da eseguire, rendo-no particolarmente articolata l’attività di valutazione del rischio, che spesso è “trasferita” a

La CONTARP tra rischi lavorativi e tutela della sicurezza

piccole o piccolissime aziende cui, con lo strumento del subappalto, vengono affidate le attività di manutenzione e bonifica. Le lavorazioni sono quindi affrontate in condizioni di carente conoscenza dei rischi specifici, delle relative misure di protezione e delle procedure di emergenza. Questo quadro di riferimento trova nel caso di specie drammatica conferma, dove il primo lavoratore calatosi nella cisterna trova la morte perché inconsapevole della rischiosità dell’attività di bonifica, scatta così una improvvisata quanto aberrante e tragica emergenza che porta alla morte di successivi tre lavoratori, calatisi nella cisterna, l’uno per salvare l’altro. Il dramma si conclude con la morte dello stesso datore di lavoro che, soprag-giunto in un secondo momento, scende a sua volta nella cisterna nel disperato tentativo di salvare i propri dipendenti.

Negli ultimi anni numerosi studi hanno affrontato il problema della rischiosità di queste lavorazioni, portando alla elaborazione di linee guida per la valutazione del rischio in ambienti confinati sospetti di inquinamento (Ispesl - Guida Operativa: Rischi specifici nell’accesso ad ambienti confinati - 2008). Dal punto di vista normativo, è dell’aprile 2011 il Regolamento per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati che definisce i criteri di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi destinati ad operare in condizioni di rischio derivante da ambienti sospetti di inquinamento o confinati. Inoltre, con la recente approvazione del Consiglio dei Ministri del 3 agosto 2011, è in dirittura d’arrivo, in applicazione dell’art. 66 del Testo Unico, il DPR per l’innalzamento delle tutele, in tema di salute e sicurezza, dei lavoratori che operano in ambienti confinati.

BIBLIOGRAFIA

Sentenza n. 21057/09 R.G.T. del 26 ottobre 2009; Tribunale di Trani.

Accordo ADR decreto ministeriale 15 maggio 1997, recante “attuazione della direttiva 96/86/CE del Consiglio dell’Unione Europea che adegua al progresso tecnico la direttiva 94/55/CE, in materia di trasporto di merci pericolose.

RID: Regolamento concernente il trasporto internazionale ferroviario delle merci pericolose.

Ispesl - Guida Operativa: Rischi specifici nell’accesso a silos, vasche e fosse biologiche, collettori fognari, depuratori e serbatoi utilizzati per il trasporto e lo stoccaggio di materie pericolose, 2008.

M. R. D’Orsogna (1), T. Chou (2) - Danni alla salute umana causati dall’idrogeno solfora-to - (1) Department of Mathematics, California State University at Northridge, Los Angeles, CA 91330-8313; (2) Department of Biomathematics, David Geffen School of Medicine, University of California, Los Angeles, CA 90095-1766 , 2007.

Ullmann’s Encyclopedia of Industrial Chemistry - Vol. 34, 2003.

Handbook of sulphuric acid manufacturing - Douglas K. Louie, P. Eng - DKL Engineering, Inc. - Thornill, Ontario, Canada, 2005.

III SESSIONE: ATTIVITÀ DI STUDI E RICERCHE