CAPITOLO 1: SATANA E IL PARACLETO
1.3 LA RIVELAZIONE DEL PARACLETO
1.3.3 RIVELAZIONE SACRIFICALE E APOCALISSE
Dal punto di vista girardiano, Cristo ha posto l’uomo dinanzi a una nuova forma di Assoluto: la verità incontrovertibile della cura per le vittime. La rivelazione evangelica ha decostruito il meccanismo del capro espiatorio: dopo di essa, non si può più ricorrere all’uccisione degli innocenti per placare le tensioni mimetiche. Il Trionfo della Croce stravolge la concezione del tempo e l’intero andamento della storia: dall’autoreferenzialità chiusa dell’eterno ritorno sacrificale si passa alla progressione teleologica volta alla liberazione graduale delle vittime. Il cristianesimo incarica l’umanità alla difesa dei più deboli. Solo così può compiersi il Regno
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di Dio e frammentarsi quello di Satana, fin dal principio dominante. Una missione che, agli occhi di Girard, costituisce l’essenza stessa della modernità:
All’inizio tutto si modifica assai lentamente, ma il ritmo si accelera sempre più nel corso del processo e, se esaminiamo le cose nel loro insieme, vediamo che l’evoluzione va sempre nella stessa direzione, l’addolcimento delle pene, la protezione crescente delle vittime potenziali. La nostra società ha abolito la schiavitù e poi l’asservimento; più tardi si sono cominciati a proteggere i bambini, le donne, gli anziani, gli stranieri e gli emarginati, e si è intrapresa la lotta contro la miseria e il sottosviluppo; ancor più di recente, sono state estese a tutti le cure mediche, si è incrementata la protezione degli handicappati, e così via 92.
Per Girard, l’Assoluto rivelato dal cristianesimo resiste a ogni tentativo di decostruzione tipico della cultura nichilistica dell’età contemporanea. Esso, infatti, si presenta come un fatto inconfutabile, non come un’interpretazione suscettibile di essere rapidamente liquidata:
Se la pietà verso le vittime si rivela, è perché tutte le grandi forme del pensiero moderno sono esaurite e screditate. Dopo gli sfaceli ideologici, i nostri intellettuali credevano di poter dimorare per sempre nella terra di cuccagna di un nichilismo senza obblighi né sanzioni. È tempo ormai che costoro si sveglino. Il nostro nichilismo è uno pseudonichilismo e, pur di convincerci della sua fondatezza, cerchiamo di vedere nella sensibilità verso le vittime un atteggiamento naturale, un sentimento talmente diffuso da non poter essere definito un valore, quando invece è tale sensibilità ad essere un’eccezione clamorosa al nostro vuoto di valori. Attorno ad essa c’è solo il deserto. Ma questo è precisamente ciò che deve accadere in un universo dominato da un assoluto 93.
Ciò nonostante, Girard non nega che le dinamiche sacrificali non siano morte del tutto. Come non considerare, infatti, le numerose persecuzioni perpetuate proprio in nome della Croce? Inoltre, dobbiamo chiederci, com’è possibile che la violenza continui a esistere, dato che da più di due millenni l’umanità dispone dei testi evangelici, gli unici, come si è visto, in grado di annullare ogni tensione derivante dal mimetismo? Siamo davvero sicuri che la concezione teologica e antropologica elaborata da Girard corrisponda alla vera natura del cristianesimo? Francesco Lazzari elenca molti dei tratti che accomunano cristianesimo e religioni sacrificali. Primo fra tutti, la concezione di San Paolo che «vede nell’ultima cena di Gesù un sacrificio
92 R. Girard, Vedo Satana cadere come la folgore, op. cit., pp. 217-218. 93 Ibidem, p. 232.
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d’alleanza e interpreta la morte di Gesù come un’espiazione sacrificale» 94. D’altronde, Girard
stesso, nel commentare L’Epistola agli Ebrei, ritiene che l’autore abbia collocato la Passione di Cristo all’interno del filone sacrificale delle religioni arcaiche, definendola come il sacrificio che ha raggiunto, a differenza di quelli precedenti, la maggior compiutezza:
L’autore dell’Epistola agli Ebrei interpreta la morte di Cristo a partire dai sacrifici dell’Antica Legge. La Nuova Alleanza, come l’antica, è inaugurata nel sangue, ma poiché è perfetta, non è più il sangue degli animali, «che non possono togliere i peccati», a essere sparso, ma quello di Cristo. Essendo invece il Cristo perfetto, il suo sangue è capace di compiere una volta per tutte ciò di cui sono incapaci i sacrifici dell’Antica Legge […] È giusto dire che il sacrificio di Cristo, a differenza degli altri, è unico, perfetto, definitivo. In realtà, non si vede altro che la continuità con i sacrifici anteriori, non pervenendo al meccanismo vittimario la cui rivelazione cambia tutto. Finché la differenza cristiana è definita in termini sacrificali, come tutte le differenze religiose anteriori, può soltanto, a lungo andare, affievolirsi e scomparire 95.
Per Marco Ravera ritroviamo la stessa concezione anche nel filosofo Joseph de Maistre, antitetico a Girard:
Certo per entrambi, per Maistre come per Girard, la rivelazione cristiana, e soprattutto la Passione, rappresentano un punto di svolta, un evento centrale, l’evento degli eventi: ma, a ben vedere, in un’accezione qui e là assolutamente opposta. Per Maistre, infatti, il cristianesimo, incentrato sul sacrificio supremo del Figlio, dell’Uomo-Dio, non rovescia ma chiarisce, illumina e conferma il senso profondo dell’universale e immemoriale credenza umana nell’efficacia del sacrificio espiatorio, e quindi riassume in sé, giustifica e invera ciò che nel paganesimo era ancora solo latente o, al più, incoativamente suggerito […] 96.
Inoltre, sostiene Lazzari che «Nel corso della storia del cristianesimo l’idea del sacrificio di Cristo è stata sviluppata da vari autori e il concilio di Trento ha dichiarato formalmente che la messa è un sacrificio» 97. Nel Capitolo I del documento sulla dottrina e canoni su santissimo sacrificio della Messa (Sessione XXII, 17 settembre 1562) leggiamo:
per lasciare alla Chiesa, sua amata sposa, un sacrificio visibile (come esige l’umana natura), con cui venisse significato quello cruento che avrebbe offerto una sola volta sulla croce, prolungandone la memoria fino alla fine
94 F. Lazzari, Sacrificio, religione e cristianesimo in René Girard, Tesi di Master in scienza, filosofia e teologia
delle religioni, Facoltà di teologia di Lugano, a.a. 2016/2017, p. 115.
95 R. Girard, Delle cose nascoste fin dalla fondazione del mondo, op. cit., pp. 288-289.
96 M. Ravera, Girard pensatore tradizionalista?, in René Girard e la filosofia, Mimesis Edizioni, Milano - Udine,
2012, p. 51.
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del mondo, e la cui efficacia salutare fosse applicata alla remissione di quelle colpe che ogni giorno commettiamo; egli, dunque, dicendosi costituito sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedech (335), offrì a Dio il suo corpo e il suo sangue sotto la specie del pane e del vino, e lo diede, perché lo prendessero, agli apostoli […] 98.
La concezione sacrificale del cristianesimo prevede, dunque, una visione ancora violenta di Dio il quale, per liberare gli uomini dai loro peccati, perpetuati quotidianamente, esige l’immolazione di suo figlio: in tal modo, l’umanità è svincolata dalle responsabilità della propria logica omicida e viene alimentato il misconoscimento della trascendenza della violenza. Il disvelamento del mimetismo e dell’innocenza delle vittime è obliato. L’umanità, in ultima analisi, non ha mai abbandonato l’istituzione sacrificale.
Per Girard, come abbiamo visto, il senso della verità dei Vangeli non può essere questo: la preoccupazione moderna per le vittime testimonia proprio la verità manifestata dalla Passione, senza la quale gli uomini non sarebbero mai divenuti consapevoli delle atrocità commesse a causa della mimesi. Se, pertanto, rimangono ancora delle rimembranze dell’antica mentalità vittimaria, anche all’interno della tradizione cristiana, ciò si deve alla costitutiva incapacità dell’essere umano di svincolarsi dall’egemonia del regno di Satana, preferendo l’abbandono al desiderio mimetico piuttosto che all’amore di Cristo. Ciò spiega perfino il motivo per cui il cristianesimo storico ha dovuto riprendere le stesse modalità espressive del meccanismo del capro espiatorio. Per diffondere efficacemente il suo messaggio di salvezza, infatti, esso è costretto a porsi in continuità con il linguaggio e il sistema di pensiero sacrificali: solo così, attraverso un lavoro lento e graduale, può riuscire a stravolgere le fondamenta della cultura umana. Per Girard, se esso si fosse posto fin dall’inizio come radicale alternativa al sacro, sarebbe stato condannato esclusivamente al fallimento:
È il cristianesimo, ma nella sua versione sacrificale, e religiosamente del tutto analoga all’Antico Testamento, che servirà da educatore dei Gentili. Esso può svolgere questo ruolo solo nella misura in cui il velo sacrificale
98 H. Denzinger, P. Hunermann, Enchiridion symbolorum, definitiorum et declarationum de rebus fedei et
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che si stende sul radicalismo del suo messaggio gli permette nuovamente di divenire fondatore sul piano culturale 99.
Il radicalismo del messaggio cristiano deve, quindi, argomenta Girard, fingersi sacrificale per riuscire a convincere l’uomo.
Disinnescando la dinamica del linciaggio e del rituale, esso, difatti, priva gli individui di qualsiasi mezzo di difesa contro la loro stessa violenza. Satana non può più espellere se stesso, non c’è più modo di sfogare e incanalare il morbo mimetico. La competitività sfrenata da lui provocata è destinata, di conseguenza, a ingigantirsi sempre di più, esasperando le crisi mimetiche d’indifferenziazione. La civiltà, dopo il cristianesimo, rischia l’autodistruzione. Per Girard, questa situazione rappresenta il prezzo da pagare per la rivelazione della Passione: «La rivelazione della Croce porta indubbiamente innumerevoli benefici con sé ma, nella sua espansione, essa priva le società umane del solo tipo di pace di cui hanno goduto sotto la legge del capro espiatorio» 100.
Ad ogni modo, nell’ottica girardiana, il rischio più grande che si possa correre è quello di sfogare il mimetismo inappagato ricorrendo proprio al Logos antimimetico e antisacrificale del cristianesimo, vale a dire capovolgendo la contrapposizione fra verità evangelica e misconoscimento mitico. La difesa delle vittime, adesso, è portata all’estremo, divenendo motivo di attacco dei persecutori. La contorta dinamica che si viene a creare vede le vittime divenire le persecutrici dei propri persecutori, i quali, all’opposto, fungono da nuove vittime. Girard definisce tale processo «una caccia al capro espiatorio di secondo grado, una caccia ai cacciatori di capri espiatori» 101. Satana fa proprie le parole di Cristo, rendendo demoniaca e
mimetica la difesa degli innocenti: «Satana prende in prestito il linguaggio delle vittime. Egli imita sempre meglio Cristo e pretende di superarlo» 102.
99 R. Girard, Delle cose nascoste fin dalla fondazione del mondo, op. cit., p. 317. 100 R. Girard, G. Vattimo, Verità o fede debole?, op. cit., p. 119.
101 R. Girard, Vedo Satana cadere come la folgore, op. cit., p. 206. 102 ibidem, p. 235.
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Non essendo più consentito l’utilizzo del meccanismo vittimario di tipo arcaico, si ricorre, dunque, a forme sempre più subdole di mimetismo e persecuzione, prelevandole direttamente dal cristianesimo. Quello che si viene a formare, a detta dell’antropologo, è un
ultracristianesimo caricaturale: «Noi ci troviamo in un ultracristianesimo caricaturale, che
cerca di sfuggire all’orbita giudaico-cristiana “radicalizzando” la pietà per le vittime in senso anticristiano» 103.
Il caos mimetico, alla disperata ricerca di nuovi capri espiatori, i quali, come abbiamo constatato, si identificano in questa fase con i persecutori manifesti, finisce per sfogarsi proprio sul messaggio evangelico, ritenuto, a causa della maschera sacrificale che ha dovuto adottare nella sua tradizione storica, indifferente alla persecuzione delle vittime, in particolare a quella da lui operata, e, dunque, incoerente con le sue premesse. Il cristianesimo viene reso un persecutore da colpevolizzare:
Ci si lamenta dapprima delle vittime che ci si accusa a vicenda di fare o lasciar fare; ci si lamenta poi dell’ipocrisia di tutte queste lamentazioni; e ci si lamenta infine del cristianesimo, indispensabile capro espiatorio dal momento che non vi è rito senza vittima e che, ai nostri giorni, la vittima è sempre lui: il cristianesimo è the
scapegoat of last resort, il capro espiatorio per così dire di riserva, del quale constatiamo, con tono nobilmente
afflitto, che non ha fatto nulla “per risolvere il problema della violenza” 104.
Di fatto, con l’immolazione del cristianesimo, si assiste al ritorno del paganesimo mimetico e sacrificale:
il movimento anticristiano più forte è quello che fa sua e «radicalizza» la preoccupazione verso le vittime per paganizzarla […] Quello che la radicalizzazione della «vittimologia» contemporanea porta con sé è l’effettivo ritorno a ogni sorta di abitudini pagane: l’aborto, l’eutanasia, l’indifferenziazione sessuale, i giochi da circo di ogni tipo, ma senza vittime reali grazie alle simulazioni elettroniche, e così via 105.
La cura per le vittime che contraddistingue l’età moderna, afferma Girard, la trascina, ironicamente, all’istituzione di nuove forme di mimetismo e di linciaggio, sebbene rivestite di
103 ivi, p. 233.
104 ibidem, pp. 215-216. 105 ibidem, pp. 233-236.
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sembianze cristiane. Il carico di tensione, di conseguenza, cresce sempre di più. Un nuovo conflitto tra doppi, seguito da una minacciosa crisi d’indifferenziazione, rischia di dilaniare gli individui. Mai l’umanità è stata più esposta alla propria violenza. Per Girard, una situazione di questo tipo può essere descritta ricorrendo nuovamente alla Bibbia: essa corrisponde all’avvento dell’Apocalisse. Come afferma Tugnoli: «La situazione odierna è apocalittica, spiega Girard, nel senso che essa rivela in modo violento la violenza che inerisce all’umanità stessa. La violenza dell’uomo oggi supera le possibilità umane di contrastarla, mettendo a rischio la sopravvivenza della specie» 106. L’Apocalisse corrisponde allo scatenamento definitivo della violenza mimetica che potrebbe portare alla morte dell’uomo. In un mondo senza religione, l’Apocalisse è la conseguenza inevitabile. E, tuttavia, proprio in questa condizione di massima incertezza, l’uomo può finalmente trovare l’occasione del proprio riscatto, consistente nell’accogliere in maniera incondizionata la rivelazione cristiana, unica soluzione alla catastrofe imminente, smettendo di rinnegarla o di adoperarla secondo i capricci del proprio mimetismo. Solo l’apertura a Dio, per Girard, può salvare l’uomo dal suo destino, instaurando la legge del Logos dell’amore, in altre parole dell’agape cristiana:
Quando per mezzo del cristianesimo ci si sbarazza del sacro, vi è una salvifica apertura all’agape, alla carità, ma c’è anche un’apertura a una possibile violenza superiore. Noi viviamo in un mondo, dove siamo consapevoli che c’è meno violenza del passato, e ci prendiamo cura delle vittime in un modo che nessun’altra civilizzazione ha mai conosciuto, ma siamo anche il mondo che perseguita e uccide più persone che mai. Viviamo in un mondo, dove si ha l’impressione che tanto il bene quanto il male sia in aumento 107.
Come sostiene Chiara Alice Pigozzo, bisogna saper distinguere tra la cura per le vittime del pagano ultracristianesimo caricaturale e l’autentica preoccupazione per gli innocenti d’ispirazione evangelica. Solamente scegliendo la seconda, l’umanità può riuscire a redimersi dalla violenza:
106 C. Tugnoli, Una discussione sull’esistenza di Dio. A proposito del volume: René Girard, André Gounelle, Alain
Houziaux, Dieu, une invection?, Les Éditions de l’atelier/ Éditions Ouvrières, Paris, 2007, p. 11.
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Se ci rendiamo conto che la moderna cura per le vittime rappresenta in realtà una parodia del cristianesimo, potremo capire anche qual è la vera posta in gioco oggi: scegliere tra l’ultracristianesimo caricaturale, che in realtà è il solito mimetismo/paganesimo travestito, ed il cristianesimo autentico, che è fuoriuscita dal mimetismo e dal paganesimo. È precisamente all’altezza di questa decisione che si apre lo spazio dell’umana libertà 108.
Ancora una volta, di conseguenza, la scelta dell’uomo ricade tra due tipi d’imitazione: Satana o Cristo. L’urgenza della scelta, per Girard, costituisce la chiave per comprendere il destino dell’umanità.
La questione che sorge, ad ogni modo, non può che ricadere su questioni di natura squisitamente teologica. Se, infatti, l’essere umano è condannato al mimetismo, tanto da riuscire a rendere mimetica perfino la rivelazione cristiana, mentre Cristo, in quanto Dio, è l’unico ad esserne immune, come può l’uomo imitare compiutamente Cristo? Come può egli essere Dio? Data l’infinita distanza tra i due poli, non si dovrebbe concludere che tanto il tentativo umano quanto la rivelazione divina siano destinate al fallimento? E che Satana debba essere decretato come il definitivo vincitore, in altre parole come l’unico vero mediatore possibile per l’uomo? L’umanità, quindi, è condannata alla sua distruzione?
Vedremo come l’analisi della critica girardiana a Nietzsche e dell’opera del filosofo tedesco possano condurci a delle risposte.
108 C. A. Pigozzo, La cura moderna per le vittime, URL=www.academia.edu. Data di ultima consultazione:
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