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TRA DIONISO E CRISTO

Nel documento Il doppio vincolo di Cristo. (pagine 80-86)

CAPITOLO 2: LA FOLLIA DI DIONISO

2.2 IL TEOLOGO NIETZSCHE

2.2.2 TRA DIONISO E CRISTO

Seguendo l’argomentazione girardiana, Nietzsche comprende la differenza tra religione sacrale e cristianesimo. Ciò nonostante, incita alla rinascita pagana attraverso il culto di Dioniso. Quali sono i motivi di questa scelta?

L’analisi di Girard si sofferma su un passo dei frammenti postumi:

Dioniso contro il “Crocifisso”: eccovi l’antitesi. Non è una differenza in base al martirio – solo esso ha un altro senso. La vita stessa, la sua eterna fecondità e il suo eterno ritorno determinano la sofferenza, la distruzione, il bisogno di annientamento…

Nell’altro caso il dolore, il “Crocifisso in quanto innocente” valgono come obiezione contro questa vita, come formula della sua condanna.

Si indovina che il problema è quello del senso del dolore: del senso cristiano o del senso tragico… Nel primo caso sarebbe la vita che porta a un essere beato, nel secondo l’essere è considerato abbastanza beato da giustificare anche un’immensità di dolore.

L’uomo tragico afferma anche il dolore più aspro […].

Il Dioniso fatto a pezzi è una promessa alla vita: essa rinascerà e rifiorirà eternamente dalla distruzione 146.

Qual è la specificità della differenza espressa da Nietzsche? Girard constata nel testo nietzschiano l’uguaglianza dei due sacrifici dal punto di vista formale: sia Dioniso che Cristo vengono immolati pubblicamente da una collettività desiderosa di sfogare le tensioni mimetiche su una vittima. A differenza delle analisi precedenti, in particolare quella dei

145 R. Girard, G. Fornari, Il caso Nietzsche, op. cit., p. 83.

146 F. Nietzsche, Frammenti postumi 1888-1889, in Opere, cit., vol. VIII, tomo III, tr. di S. Giametta, Adelphi,

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positivisti, Nietzsche, ad ogni modo, sostiene Girard, evita di concludere che il cristianesimo costituisca una religione sacrificale e che sia in tutto identica a quella di Dioniso:

Sebbene gli antropologi non abbiano mai scoperto perché tutti questi culti hanno al loro centro tale dramma collettivo, essi si sentirono autorizzati a trarre alcune conclusioni preliminari dalla sua regolare presenza. Costoro, com’è noto, erano positivisti, ovvero uomini che credevano nei fatti e soltanto nei fatti. E poiché gli elementi fattuali sono i medesimi in tutti questi culti, si può con sicurezza concludere – così essi pensavano – che queste religioni devono essere tutte la stessa cosa. Tale equivalenza è presente nella religione giudaica con i suoi sacrifici rituali, e trova la più spettacolare conferma nella religione cristiana. La Passione di Gesù rappresenta indiscutibilmente il cuore dei Vangeli, e che cos’è la Passione se non un esempio ulteriore degli assassinii collettivi che sono il pane quotidiano delle religioni di tutto il mondo? 147

L’originalità dell’interpretazione di Nietzsche, spiega Girard, si deve alla differenza di finalità dei due sacrifici. Il filosofo tedesco, infatti, comprende, da una parte, che la religione corrisponde all’empirismo sacrale, ossia alla gestione pratica della violenza, che minaccia la sopravvivenza della comunità, tramite l’istituzione del sacrificio. Dall’altra, egli è il primo a soffermarsi sull’urgenza dell’uccisione della vittima e a dichiarare la sua innocenza. Proprio per questo, comprende la diversità tra Dioniso e Cristo: «Questo filosofo fu il primo a comprendere che la violenza collettiva dei miti e dei riti (tutto ciò a cui egli dà il nome di “Dioniso”) è del medesimo tipo della violenza della Passione. La differenza, egli dice, non sta nei fatti, che sono gli stessi in entrambi i casi, sta nella loro interpretazione» 148.

Come bisogna interpretare, dunque, l’immolazione di Dioniso descritta da Nietzsche? Secondo Girard, essa è originata dal misconoscimento mitico. Prediligendo il punto di vista dei persecutori, mostra la vittima colpevole e la comunità innocente. Agevolando la dinamica del meccanismo sacrificale, giustifica il ricorso alla violenza omicida in quanto mezzo salvifico ed espressione genuina della inevitabile brutalità dell’esistenza:

Nietzsche vide con chiarezza che la mitologia pagana, non diversamente dal rituale pagano, è imperniata sull’uccisione di vittime o sulla loro espulsione, secondo modalità che possono sembrare perfettamente gratuite. Egli comprese che l’uccisione di questo tipo, riflessa in molti rituali e rappresentata nei miti, è spesso eseguita da

147 R. Girard, G. Fornari, Il caso Nietzsche, op. cit., p.69.

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un grande numero di uccisori: si tratta di un’impresa collettiva in cui un intero gruppo umano è implicato. […] Secondo Nietzsche, Dioniso e i culti di tipo dionisiaco autorizzano e raccomandano la persecuzione non solo nei loro riti sacrificali, ma anche nella violenza socialmente sancita com’è il caso della schiavitù, o nella loro completa mancanza di considerazione per il benessere e la sopravvivenza delle classi oppresse 149.

Ma siamo davvero sicuri che l’interpretazione nietzschiana del martirio di Dioniso corrisponda alla violenza sacrificale e alla sua incentivazione?

Secondo la tradizione, Dioniso è reputato il dio nato due volte: la prima nascita si deve a Semele, la seconda a Zeus. La doppia reincarnazione del dio rientra nello stratagemma ideato da Zeus per salvarlo dalla vendetta di Era. Quest’ultima odia a tal punto Dioniso da spingerlo alla follia. La pazzia di cui è vittima Dioniso, pertanto, non va intesa come feroce irrazionalità orgiastica, bensì come disorientamento e alienazione causati dal trauma del disprezzo subito. In seguito, Era incarica i Titani di uccidere Dioniso. I Titani svolgono l’uccisione nei termini di una ritualità. Dioniso viene massacrato, smembrato, cotto in un calderone, arrostito al fuoco (simbolo di purificazione rituale) e infine divorato. Secondo questi elementi, si dovrebbe considerare Dioniso una vittima la cui storia implica il riconoscimento della sua innocenza. Inoltre, in una delle varianti del mito, Dioniso salva Arianna, abbandonata dal padre sull’isola di Nasso, per poi sposarla e renderla immortale. Dioniso, quindi, salvaguarda vitt ime innocenti che sono esiliate e bandite dalle comunità. L’interpretazione di Girard sembrerebbe non tenere conto della giustezza delle azioni del dio.

Tuttavia, nei resoconti mitici sono presenti altri indizi che legittimano la visione girardiana. Nel corso delle cerimonie dei Baccanali i devoti inseguono degli animali selvatici con l’obiettivo di farli a pezzi. In tal modo, celebrano l’uccisione dell’idolo per mano dei Titani, placando la sua ira. L’ordine civile viene da essi violato inneggiando alla trasgressione di ogni costume e all’ebbrezza. Per Dioniso, infatti, è necessario esprimere la furia delle passioni per liberarsi della loro influenza: una strada che conduce al disvelamento dei segreti del dio.

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Come sostiene Beatrice Udai Nath 150, durante i misteri la maschera di Dioniso simboleggia

contemporaneamente la presenza, l’assenza e il limite. Oltre la rappresentazione della maschera vi è solamente il senza-forma, l’asse stesso del cosmo. Dioniso è il dio dell’alterità. La maschera è un volto e nasconde il vero volto, è figura di persona e rinuncia alla persona, occulta e rivela. Attraverso l’alterità del suo sguardo, l’adepto muta il proprio stato di coscienza e stabilisce una relazione asimmetrica. Egli esce da se stesso (èkstasis) e annulla temporaneamente la propria individualità (aphànisis). Mediante l’èkstasis, introietta il dio in uno stato entusiastico di possessione.

In chiave girardiana, possiamo leggere queste esperienze come fase avanzata della patologia mimetica. L’èkstasis corrisponde alla fascinazione per l’alterità del modello che spinge l’individuo a dimenticare se stesso. L’annullamento dell’individualità dell’aphànisis è da intendere, invece, come fase avanzata del processo d’indifferenziazione, nel quale il soggetto diviene incapace di distinguere tra ciò che è propriamente suo e ciò che appartiene al mediatore emulato e venerato. Le conseguenze sono la rivalità e il ricorso al sacrificio, momento cruciale nel culto dei Baccanali (diasparagmόs).

Nel pensiero di Girard, Dioniso ricopre le stesse funzioni di Satana: da una parte, fomentare il mimetismo incentivando le dinamiche della duplicazione e dell’indifferenziazione; dall’altra, ricorrere al sacrificio per depistare l’esasperazione mimetica, sfruttando la violenza contro se stessa. In tal senso, possiamo identificare Dioniso come una delle sembianze assunte da Satana nelle varie fasi della storia dell’uomo: in questo caso, nell’epoca pagana. Per lui, nessun’altra interpretazione del dio è possibile.

Così come Satana si contrappone a Cristo, anche Dioniso deve essere considerato l’antipode del Paracleto, il difensore delle vittime. Secondo Girard, è questo il fulcro della distinzione di Nietzsche:

150 B. Udai Nath, Da Ganesha a Dioniso: lo smembramento e la (re)integrazione, in Axismundi,

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Nietzsche ha scoperto due cose: la prima è che i Vangeli raccontano una violenza collettiva analoga a quella che narrano anche i miti dionisiaci come molti altri miti; la seconda è che i due tipi di testo non raccontano questa violenza collettiva nella stessa maniera. I miti considerano la violenza della folla un’azione giusta e legittima, e la vittima vi fa sempre, in un modo o nell’altro, la figura del colpevole; i Vangeli, al contrario, considerano questa un’azione ingiusta e illegittima, giacché riconoscono la demenza irrazionale che è propria delle folle umane 151.

Nietzsche, dunque, in base al giudizio nietzschiano, si rivela geniale nel distinguere per primo le due tipologie di religione.

Ad ogni modo, per quale ragione persevera nella sua mistica della volontà di potenza, aggravando la sua patologia mimetica, se rileva la soluzione salvifica di Cristo? Perché non accoglie la rivelazione cristiana, piuttosto che attaccarla?

Per Girard, l’errore di Nietzsche deriva dalla sua preferenza per Dioniso:

Questo pensatore commise soltanto uno sbaglio, ma uno sbaglio terribile, che rovinò la grandezza della sua scoperta. L’intensità del suo odio per la tradizione giudaica e cristiana, anziché fargli riconoscere che la preoccupazione per le vittime è il segno della sua superiorità e unicità, l’ha portato a considerarla, in modo perverso, come qualcosa di vergognoso e malvagio. Egli deliberatamente rifiutò la posizione giudaico-cristiana e sostenne apertamente, al suo posto, la violenza e la follia di Dioniso e di tutti gli dèi del suo tipo 152.

Ma cosa può, nel dettaglio, giustificare l’adesione di Nietzsche al proposito di Dioniso di annientare le vittime? Secondo Girard, Nietzsche vede nella preoccupazione per le vittime l’espressione della morale degli schiavi. Il risentimento covato da questi ultimi mira ad ostacolare la forza gioiosa dei signori, autentica manifestazione dell’energia vitale da estrinsecare sui più deboli:

Sin embargo, la cultura de su época, precisamente gracias a la revelatiόn, por desgracia pensaría Nietzsche, impide la acciόn de la violencia. El papel del cristianismo es oponer una moral no violenta, pero eso va contra lo que Nietzsche considera el ideal de la vida. Por tanto, acusa al cristianismo de ser una religiόn de resentidos. Una religiόn que mantiene una moral, cuyo fin es impedir el desarrollo de la voluntad de poder de los más fuertes 153.

151 R. Girard, G. Fornari, Il caso Nietzsche, op. cit., p. 108. 152 ibidem, p. 94.

153 P. Ruiz Lozano, Friedrich Nietzsche en el pensamento de René Girard, in Pensamiento, vol. 70 (2014), n. 263,

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L’ipocrisia e il risentimento delle vittime costituiscono i peggiori pericoli:

Nietzsche, allo scopo di screditare la tradizione giudaico-cristiana, si sforza di mostrare che la presa di posizione in favore delle vittime che la caratterizza si radica in un risentimento meschino. Osservando che i primi cristiani appartenevano soprattutto alle classi inferiori, egli li accusa di simpatizzare per le vittime allo scopo di soddisfare il loro risentimento contro il paganesimo aristocratico. È la sua famosa «morale da schiavi» 154.

Per Girard, Nietzsche commette un errore gravissimo nel giudicare il risentimento delle vittime, che ha effettivamente condizionato il cristianesimo storico e sacrificale, un fenomeno notevolmente più deleterio della vendetta sacrificale dei culti dionisiaci. Tra i due autori si pone una divergenza valoriale essenziale: Girard, pur avvertendo i rischi che il risentimento cristiano comporta, come nel caso dell’ultracristianesimo caricaturale, ritiene, al contrario di Nietzsche, che sia comunque preferibile alla riabilitazione del martirio collettivo. Dal punto di vista etico e religioso, i due autori rappresentano l’uno il rovescio dell’altro:

Nietzsche fu meno cieco al ruolo della vendetta nella cultura umana della maggior parte dei suoi contemporanei, ma vi era in lui, a dispetto di questo, una rimarchevole dose di cecità. Egli analizzò il risentimento e tutti i suoi effetti con enorme efficacia, ma non vide che il male da lui combattuto era un male relativamente minore se confrontato con le forme più violente di vendetta. La sua perspicacia fu in parte attenuata dalla quiete ingannevole della società postcristiana in cui viveva. Egli poté prendersi il lusso di provare il risentimento così intensamente da farlo apparire un destino peggiore della vera vendetta, la quale invece, essendo assente dalla scena, non venne mai ostacolata sul serio. Senza pensarci, e non diversamente da tanti intellettuali del suo e del nostro tempo, Nietzsche evocò Dioniso, implorandolo di riportare la vera vendetta quale unico rimedio a ciò che a lui sembrava il peggiore di tutti i destini possibili, quello appunto di farsi divorare dal risentimento 155.

L’attacco di Nietzsche a quello che Girard definisce lo stadio iniziale del cristianesimo caricaturale, il politicamente corretto, avrebbe le sue buone ragioni se il filosofo non tentasse di risolvere il problema ricorrendo a un male peggiore:

Essere contro il politicamente corretto ed essere per la vittimizzazione sono due cose del tutto differenti. Noi siamo contro il politicamente corretto perché siamo contro la vittimizzazione, e perché esso è la forma di

154 R. Girard, Vedo Satana cadere come la folgore, op. cit., p. 226. 155 R. Girard, G. Fornari, Il caso Nietzsche, op. cit., p. 75.

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vittimizzazione più insidiosa ed ipocrita. E invero questo è il modo in cui Nietzsche ha interpretato il cristianesimo: come politicamente corretto 156.

Agli occhi di Girard, le considerazioni di Nietzsche su Dioniso e Cristo e la sua preferenza per la vendetta sacrificale rappresentano una rovinosa legittimazione della violenza:

Il giudizio di valore che Nietzsche effettua in proposito è comunque indifendibile. Gli strenui sforzi di discolpare il pensatore dalle conseguenze del suo stesso pensiero sono mal riposti. Non si può negare che sia stato egli stesso a far rientrare nel giudizio da lui formulato questioni politiche ed etiche, e in un modo che poteva incoraggiare le peggiori aberrazioni ideologiche 157.

Secondo lo studioso francese, la critica nietzschiana all’attacco del risentimento cristiano nasconde proprio il risentimento provato dal filosofo. Come abbiamo visto, quest’ultimo si scaglia solo contro i mediatori che segretamente venera e invidia. Se, dunque, egli prova a demolire il cristianesimo, dobbiamo dedurne che egli sia in fondo affascinato da quest’ultimo? Che, in fin dei conti, Cristo, il Crocifisso, sia un suo modello?

Nel documento Il doppio vincolo di Cristo. (pagine 80-86)