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La scienza non detta: id quod plerumque accidit, massime d’esperienza e fatti notor

Nel documento Scienza e tecnica davanti alle Alte Corti (pagine 84-87)

L’accesso alla scienza

3. Meccanismi informali di accesso alle cognizioni scientifiche

3.1. La scienza non detta: id quod plerumque accidit, massime d’esperienza e fatti notor

E’ possibile registrare una categoria di casi ampia ed eterogenea in cui la Corte si sente in dovere di utilizzare il dato scientifico, magari perché la legge è strettamente legata a risultanze e acquisizioni scientifiche, ma non ritiene di far passare la scienza per altre vie meglio formalizzate. Ecco allora che ricorre ad un’eterogenea categoria di strumenti quali l’id quod plerumque accidit, le massime d’esperienza e i fatti notori, o ancora i casi in cui la Corte fa uso della scienza en passant, senza giustificarne la provenienza59. Tutti questi stru-

menti sono riconducibili a un accesso informale alla scienza, derivante dalla personale esperienza dei giudici o da rapporti amicali60 che questi intrattengono.

58 A.CERRI,Corso di giustizia costituzionale, Giuffrè, Milano, 2008, p. 480. Merita menzione la posi-

zione di A.PERTICI,Il giudizio delle leggi e il giudizio di ammissibilità del referendum abrogativo, Giappi-

chelli, 2010, p. 122, il quale sostiene che pur essendo, di fatto, gli intervenienti interessati alle questioni di merito e non alla corretta applicazione dei limiti all’ammissibilità dei quesiti, ciò no- nostante non è da criticarsi il loro intervento in quanto l’interesse alla legalità altro non è che la veste che assume un interesse umano.

59 Un caso piuttosto singolare è rappresentato dalla sentenza 18 gennaio 2018, n. 5, in cui la Corte

parla dell’efficacia – da un punto di vista scientifico – dei vaccini richiamando l’Organizzazione mondiale della sanità e l’Istituto superiore di sanità. L’informalità in questo caso deriva non tanto dai metodi di acquisizione di dette conoscenze, chiaramente non noti, quanto più nel fatto che il riferimento ad essi sia contenuto esclusivamente in un comunicato stampa del 19 gennaio 2018. La Corte sembra così escludere a priori, con un atto però privo di alcuna valenza giuridica, la necessità di un’istruttoria formalizzata.

60 Un particolare ruolo al riguardo può essere quello sugli assistenti di studio. Sul tema v. A.AN-

ZON,Gli assitenti di studio dei giudici costituzionali, in P.COSTANZO (a cura di), L’organizzazione e il

funzionamento della Corte costituzionale, Torino, Giappichelli, 1996; più di recente E.LAMARQUE,Chi

sono gli assistenti dei giudici della Corte costituzionale, in AA.VV.Alle frontiere del diritto costituzionale. Scritti in onore di Valerio Onida, Giuffrè, Milano, 2011, pp.1065 e ss. Altresì meritorio di menzione è il

capo II del Regolamento Generale della Corte Costituzionale, in cui sono previste le attribuzioni della Commissione Studi e Regolamenti che dirige, tra l’altro, l’ufficio studi (art. 28, co. 1). Va tuttavia precisato che l’attivita di questo ufficio è prevalentemente incentrata sulla giurisprudenza e sulla dottrina di rilievo costituzionalistico, anche straniera.

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Non è agevole prendere in considerazione singolarmente le figure finora richiamate, sia perché intorno a esse grava un zona grigia di significato assai ampia e spesso sono sovrapposte, sia perché talvolta è solo il ‘silenzio’ della Corte a far protendere per il ri- chiamo, indistinto, di una di queste categorie61. In linea di massima sembrerebbe tuttavia

potersi parlare di fatti notori come di ‘dati scientifici generici’, ovvero con un basso gra- diente di complessità. Non sembra necessaria un’istruttoria formalizzata per determinare la caduta dei gravi: a maggior ragione ove non vi sia contestazione a riguardo.

Esistono, infatti, dei casi in cui la notorietà dei dati scientifici è pacifica. E’ il caso della sentenza 27 luglio 1982, n. 139 in cui la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli articoli del codice penale che imponevano che al proscioglimento per infermità psi- chica seguisse necessariamente il ricovero in ospedale psichiatrico. La Corte, prendendo spunto dal giudice di rinvio, afferma perentoriamente la misura come totalmente priva di base scientifica, in quanto imporre di ricostruire il presente dal passato comporta «un’in- versione totale della logica del giudizio scientifico, su cui poggia qualsiasi ragionevole di- sciplina dell’infermità di mente».

Ugualmente la Corte ha considerato ‘notorio’ che le acquisizioni scientifiche nel campo della genetica consentissero di accertare la paternità con sufficiente certezza, come suggeriva il giudice rimettente62, e che la distinzione tra vizio totale e parziale di mente

fosse priva di base scientifica63.

Quelli finora descritti rappresentano casi in cui la Corte costituzionale si è per così dire ‘adagiata’ sull’opinione fornita dall’una o dall’altra parte.

Vi sono altrettanti casi in cui la notorietà del fatto, parimenti pacifica, non discende dagli argomenti offerti dalle parti. E’ il caso della sentenza 18 aprile 1996, n. 118 in cui si riconosce come noto il rischio per la salute che può derivare dalla vaccinazione antipolio- melitica: leggendo quanto emerge della condotta delle parti nella decisione, ma anche a

61 Si pensi peraltro che, sulla base della definizione di R.BIN,Atti normativi e norme programmatiche,

Giuffrè, Milano, 1988, p. 324 si ha l’id quod plerumque accidit per «richiamare una realtà “media” dei comportamenti sociali o delle relazioni economiche: si assume, quindi, un criterio di tipo statistico, operando però esclusivamente sulla base di dati generici di comune esperienza». A stretto rigore pertanto il campo scientifico sarebbe escluso dall’ambito di applicazione.

62 Sentenza 14 maggio 1999, n. 140.

63 Sentenza 18 luglio 2003, n. 253. Per un commento T.GROPPI,La sentenza n. 253 del 2003: la

Corte e il “diritto mite”, in Forum di quaderni costituzionali, 29 luglio 2003. La decisione in esame alla

luce di queste notorietà precisa anche che si tratta di un settore «caratterizzato da scelte assai risalenti nel tempo e mai riviste alla luce dei principi costituzionali e delle acquisizioni scientifiche».

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guardare l’ordinanza di remissione, non si coglie alcuna tensione nei confronti del feno- meno scientifico. Ciò nonostante, la Corte ritiene in questo caso di offrire, a suffragio della sua decisione, risultanze dichiarate notorie64.

Ma non sempre le risultanze notorie che richiama la Corte acquisite dalla collettività con certezza tale da apparire incontestabili o da non essere bisognevoli di prova65.

Un esempio al riguardo emerge con chiarezza dalla sentenza 10 giugno 2014, n. 162 dove, in materia di fecondazione eterologa, si legge che «alla luce delle notorie risultanze della scienza medica, non comporta, inoltre, rischi per la salute dei donanti e dei donatari eccedenti la normale alea insita in qualsiasi pratica terapeutica». La notorietà delle risul- tanze in esame tuttavia non sembra essere così pacifica, coinvolgendo un sapere altamente specialistico. Non diversamente quanto viene affermato nella sentenza 15 maggio 2015, n. 83 in materia di ‘succedanei di prodotti da fumo’ (la cd. sigaretta elettronica) in cui la Corte ritiene insussistente il presupposto di nocività che caratterizza le misure tributarie sulle sigarette che «non è ravvisabile in relazione al commercio di prodotti contenenti ‘altre sostanze’, diverse dalla nicotina, idonee a sostituire il consumo del tabacco». A meno di non trincerarsi in una sintetica affermazione prevista nell’ordinanza di remissione66, per

cui «le numerose ricerche scientifiche che, fino ad oggi, hanno riguardato il mercato delle

e-cig, non hanno riscontrato alcuna conseguenza nociva per la salute e, anzi, ne hanno

sottolineato i vantaggi legati all'effetto di dissuasione dal tabagismo».

Ma è in questo che emerge la criticità dell’approccio ‘dominante’ della Corte costitu- zionale al fattore scientifico: dare acquisite nozioni «per le quali, invece, sarebbe, forse, opportuno precisare, non solo la fonte di provenienza, ma anche i motivi per i quali si ritengono incontrovertibili»67.

64 Un altro esempio può essere rappresentato dalla sentenza 18 giugno 2015, n. 113 in cui la con-

statazione, riferita agli autovelox, che l’usura che deriva dallo scorrere del tempo su uno strumento elettronico può dar luogo a malfunzionamenti, non sembra bisognosa di istruttoria, trattandosi di un piano in cui l’incertezza/complessità è minima. Diverso sarebbe stato ove fosse venuta in gioco la necessità di stabilire quanto e in che modo il tempo incideva sullo strumento. Per un commento, in cui si qualifica l’argomento come di ‘razionalità pratica’ e che dunque esulerebbe persino dalle questioni scientifiche, si vedaI.RIVERA,Il sindacato di ragionevolezza quale strumento di controllo della razionalità (formale e pratica) della norma. Brevi osservazioni a margine della sentenza n. 113 del 2015, in Forum di Quaderni Costituzionali, 13 febbraio 2016.

65 A.CERRI,Ipoteri istruttori, cit., p. 1350.

66 TAR Lazio, ordinanza del 29 aprile 2014, iscritta al n. 165 del registro ordinanze 2014. 67 G.D’AMICO,La Corte e lo stato dell’arte, cit., p. 444.

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Anche a voler accogliere con favore l’intervento della Corte costituzionale in materia scientifica, sarà quantomeno da condividersi che «l’uso assai parco delle ordinanze istrut- torie da parte del nostro giudice costituzionale, [...] appare “irragionevole”, quanto meno per le questioni “scientificamente controverse”»68.

Peraltro, nell’elevato contesto di incertezza scientifica in cui si ci è proposti di collo- carsi suscita più di un interrogativo mantenere fermo questo atteggiamento: esso non solo rende ‘oscuri’ interi passaggi dell’iter decidendi e dunque della stessa ratio della decisione, ma esclude la partecipazione di soggetti che a diverso titolo – e certo, con diversi interessi – potrebbero essere utilmente ammessi a prendere parte al contraddittorio.

Sembra pertanto che quanto lamentato da Zagrebelsky trent’anni fa sia ancora di at- tualità, in quanto «l’esigenza della dilatazione e della regolamentazione del momento pro- batorio potranno apprezzarsi compiutamente solo quando si assumerà la consapevolezza dell’importanza dei giudizi di fatto che entrano a comporre la fattispecie nel controllo di legittimità costituzionale delle leggi e non ci si accontenterà più del ‘fatto notorio’ apprez- zato ‘a buon senso’ dalla Corte stessa, ovvero dall’interpello del governo perché esibisca i dati in suo possesso»69.

De iure condendo potrebbe allora proporsi, anche in ossequio al diritto di difesa e alle

regole del contraddittorio, una regola generale per l’utilizzo del fatto notorio in questioni scientifiche: questo può considerarsi tale fin quando non espressamente contestato dai soggetti che hanno preso parte al giudizio. Ciò non vorrebbe dire necessariamente ricor- rere all’istruttoria in ogni caso di contestazione, ma comunque – quantomeno – un aggra- vio motivazionale. Solo nei casi evidentemente più complessi la Corte dovrebbe decidere di attingere informazioni al di fuori del Palazzo della Consulta: un principio di gradualità dunque sembra dover essere caratterizzare l’accesso ai fatti scientifici, con una porta più ampia mano a mano che aumenta l’ambito dell’incertezza.

Nel documento Scienza e tecnica davanti alle Alte Corti (pagine 84-87)

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