• Non ci sono risultati.

V. Scopi, servizi offerti, presenza e legami con il territorio

V.3. I servizi dei Csv

I Csv svolgono la propria funzione mediante la predisposizione di servizi tipizzati all’art. 63, comma 2 CTS. I Csv possono svolgere attività varie, purché riconducibili a predeterminate categorie di servizi. In primo luogo possono essere offerti servizi di promozione, orientamento e animazione territoriale, finalizzati a dare visibilità ai valori del volontariato e all'impatto sociale dell'azione volontaria

330 Corte cost. sentenza n. 75 del 1992, consultabile su www.cortecostituzionale.it 331 Corte cost. sentenza n. 109 del 1993, consultabile su www.cortecostituzionale.it

149 nella comunità locale, a promuovere la crescita della cultura della solidarietà e della cittadinanza attiva in particolare tra i giovani e nelle scuole, istituti di istruzione, di formazione ed università, facilitando l'incontro degli enti di Terzo settore con i cittadini interessati a svolgere attività di volontariato, nonché con gli enti di natura pubblica e privata interessati a promuovere il volontariato (lett. a); possono essere servizi di formazione, finalizzati a qualificare i volontari o coloro che aspirino ad esserlo, acquisendo maggiore consapevolezza dell’identità e del ruolo del volontario e maggiori competenze trasversali, progettuali, organizzative a fronte dei bisogni della propria organizzazione e della comunità di riferimento (lett. b); servizi di consulenza, assistenza qualificata ed accompagnamento, finalizzati a rafforzare competenze e tutele dei volontari negli ambiti giuridico, fiscale, assicurativo, del lavoro, progettuale, gestionale, organizzativo, della rendicontazione economico- sociale, della ricerca fondi, dell'accesso al credito, nonché strumenti per il riconoscimento e la valorizzazione delle competenze acquisite dai volontari medesimi (lett. c); servizi di informazione e comunicazione, finalizzati a incrementare la qualità e la quantità di informazioni utili al volontariato, a supportare la promozione delle iniziative di volontariato, a sostenere il lavoro di rete degli enti del Terzo settore tra loro e con gli altri soggetti della comunità locale per la cura dei beni comuni, ad accreditare il volontariato come interlocutore autorevole e competente (lett. d.); servizi di ricerca e documentazione, finalizzati a mettere a disposizione banche dati e conoscenze sul mondo del volontariato e del Terzo settore in ambito nazionale, comunitario e internazionale (lett. e); servizi di supporto tecnico-logistico, finalizzati a facilitare o promuovere l’operatività dei volontari, attraverso la messa a disposizione temporanea di spazi, strumenti ed attrezzature (lett. f).

150 «La nuova disciplina, quindi, prende posizione sulla possibilità o meno, negandola, dei Csv di finanziare direttamente i progetti di intervento presentati dagli enti del Terzo settore»332. Aveva invece indicato diversamente la comunicazione del

22 dicembre 2000 ai comitati di gestione dei fondi ex art. 15, l. 266/1991 e ai Centri di servizio per il volontariato, conosciuta anche come «circolare Turco», dal nome del ministro per la Solidarietà sociale Livia Turco. Nella circolare si dichiara che «sembra di estrema rilevanza precisare, in primo luogo, che in via di principio i trasferimenti dei fondi originati dalla Legge 266/1991 ai Centri di servizio dovranno essere destinati, sempre e in ogni caso, principalmente a finanziare gli interventi di assistenza, consulenza e formazione rivolti alle Associazioni ed alle Organizzazioni di volontariato; attività, queste, di cui si tiene a ribadire l’importanza e la priorità. Eventuali disponibilità finanziarie invenienti dalla Legge 266/1991 che siano considerate dal Centro stesso come non necessarie ad assicurare lo svolgimento dei predetti compiti di assistenza, consulenza e formazione potranno essere quindi destinabili, sulla base della valutazione di ciascun Centro di servizio, anche ad altre operazioni di sostegno delle Associazioni e delle Organizzazioni di volontariato della propria zona, e quindi potranno essere in particolare impiegate per sostenere progetti riguardanti la realizzazione di interventi di volontariato, che si concretizzino in attività di sviluppo del sistema di volontariato, promosse da dette Associazioni ed Organizzazioni di volontariato, ancorché ovunque sviluppate».

L’erogazione diretta di finanziamenti è esclusa nel CTS ove si tratti di risorse provenienti dal FUN, che « devono essere trasformate in servizi reali di promozione del volontariato»333, «mentre la redistribuzione di risorse diverse da quelle erogate

332 R. MUSEO, Art. 63. Funzioni e compiti dei Centri di servizio per il volontariato, in A. FICI, E. ROSSI, G. SEPIO, P. VENTURI, Dalla parte del terzo settore. La riforma letta dai suoi protagonisti, Editori Laterza, Bari 2019, p. 320

151 dal FOB è invece ovviamente possibile»334. La dottrina ha evidenziato che

«probabilmente la Comunicazione in esame aveva lo scopo di "regolamentare" e comunque di razionalizzare una situazione già esistente in via di prassi, favorita in certa misura da una difficoltà dei Centri di servizi di impiegare utilmente le ingenti somme a loro disposizione»335. La riflessione dottrinale suscita qualche dubbio in

merito alla effettiva capacità del divieto contenuto nella nuova normativa sul Terzo settore di opporsi ad una verosimile prassi, posto che frequentemente, come si è potuto riscontrare, l’attività legiferante si è dispiegata a partire da pratiche diffuse, intercettate ma mai anticipate dal legislatore.

Ove siano impiegate risorse diverse da quelle di provenienza dal FUN, l’ente gestore del Csv può svolgere altre attività, non elencate all’art. 63, comma 2 CTS, in quanto «in nessun luogo nel CTS si parla di esclusività dell’attività caratterizzante i Csv»336. «Lo scopo dell’ente-Csv può essere anche più ampio di quello dell’azienda-

Csv»337

L’erogazione dei servizi organizzati mediante la risorse del FUN deve aver luogo nel rispetto di principi enucleati al terzo comma dell’art. 63 CTS:

a) principio di qualità: i servizi devono essere della migliore qualità possibile considerate le risorse disponibili; i CSV applicano sistemi di rilevazione e controllo della qualità, anche attraverso il coinvolgimento dei destinatari dei servizi;

334 A. FICI, La riforma dei Centri di servizio per il volontariato, cit., p. 384

335 SCUOLA SUPERIORE SANT’ANNA, Organismi di controllo sui Csv , cit., pp. 12-13 336 A. FICI, La riforma dei Centri di servizio per il volontariato, cit., p. 384

152 b) principio di economicità: i servizi devono essere organizzati, gestiti ed

erogati al minor costo possibile in relazione al principio di qualità;

c) principio di territorialità e di prossimità: i servizi devono essere erogati da ciascun CSV prevalentemente in favore di enti aventi sede legale ed operatività principale nel territorio di riferimento, e devono comunque essere organizzati in modo tale da ridurre il più possibile la distanza tra fornitori e destinatari, anche grazie all'uso di tecnologie della comunicazione;

d) principio di universalità, non discriminazione e pari opportunità di accesso: i servizi devono essere organizzati in modo tale da raggiungere il maggior numero possibile di beneficiari; tutti gli aventi diritto devono essere posti effettivamente in grado di usufruirne, anche in relazione al principio di pubblicità e trasparenza;

e) principio di integrazione: i CSV, soprattutto quelli che operano nella medesima regione, sono tenuti a cooperare tra loro allo scopo di perseguire virtuose sinergie ed al fine di fornire servizi economicamente vantaggiosi; f) principio di pubblicità e trasparenza: i CSV rendono nota l'offerta dei servizi alla platea dei propri destinatari, anche mediante modalità informatiche che ne assicurino la maggiore e migliore diffusione; essi inoltre adottano una carta dei servizi mediante la quale rendono trasparenti le caratteristiche e le modalità di erogazione di ciascun servizio, nonché i criteri di accesso ed eventualmente di selezione dei beneficiari.

L’ultima parte del comma 1 dell’art. 63 CTS stabilisce che le attività dei Csv, realizzate grazie alle risorse del FUN, devono essere poste in essere «nel rispetto e in coerenza con gli indirizzi strategici generali definiti dall’ONC ai sensi dell’art. 64, comma 5, lett. d) CTS».

153 Nella seduta del 9 ottobre 2019 la Fondazione ONC ha deliberato le Linee guida

per la programmazione dei CSV per l’anno 2020. Queste, si legge nella Relazione annuale 2019 dell’ONC, «costituiscono una modalità operativa di quanto previsto dagli

articoli 61 e 63 del Codice del Terzo settore in merito agli adempimenti, funzioni e compiti dei Centri di Servizio e si propongono di dare indicazioni da seguire per la redazione della programmazione, in modo da uniformare il più̀ possibile le attività sul territorio nazionale»338. «Nel documento deliberato, l’ONC ha richiesto anzitutto

che i CSV esplicitassero nella programmazione le modalità di accesso ai servizi e i destinatari dei servizi stessi, al fine di poter conformare tali aspetti alle disposizioni normative del Codice del Terzo settore; in particolare, sono richiamati l’articolo 63, comma 1, per sottolineare il compito generale dei Centri di fornire servizi volti a “promuovere e rafforzare la presenza ed il ruolo dei volontari negli Enti di Terzo Settore, senza distinzione tra enti associati e non associati, e con particolare riguardo alle organizzazioni di volontariato”, e l’art. 63, comma 3, lettera d), per ribadire che i servizi dei Centri devono essere organizzati rispettando i principi di “universalità, non discriminazione e pari opportunità di accesso”».

Nel documento sono poi contenute disposizioni più specifiche sulla programmazione dei Csv soggetti a processi di unificazione non conclusi, sulla rappresentazione dei dati contabili e sul termine per la presentazione del progetto agli OTC.