III. La natura giuridica dei Centri di servizio per il volontariato
III.7. I vincoli all’autonomia privata
L’art. 61, comma 1 specifica, ai fini dell’accreditamento, i contenuti obbligatori dello statuto dell’ente-Csv, da addizionarsi alle previsioni statutarie necessarie ai fini dell’assunzione della qualifica di ETS (artt. 21-26). L’ente è tenuto a svolgere «attività di supporto tecnico, formativo ed informativo» (art. 61, comma 1, lett. a), cui potranno affiancarsi altre attività di interesse generale o secondarie e strumentali. L’orientamento teleologico dell’attività di supporto qualificato è espressamente indicato dovendo essa diretta a «promuovere e rafforzare la presenza ed il ruolo dei volontari negli enti del Terzo settore». La tipizzazione concerne anche le tipologie di
90 servizi predisposti a tal fine (art. 63, comma 2 CTS): a) servizi di promozione, orientamento e animazione territoriale; b) di formazione; c) di consulenza, assistenza qualificata e accompagnamento; d) di informazione e documentazione; e) di ricerca e documentazione; f) di supporto tecnico-logistico.
«Pur se la tipologia di servizio può essere estrinsecata dal Csv con “attività varie”, rimane però l’obbligo di erogare servizi, con conseguente impossibilità sia di assegnare direttamente in denaro le risorse ad essi provenienti dal FUN, nonché di trasferire a titolo gratuito beni mobili o immobili acquistati mediante le medesime risorse»215 .
Il comma 2 dell’art. 61 chiarisce inoltre che l’ONC debba assicurare la presenza di un Csv per ogni regione e provincia autonoma. A tal fine l’ONC accredita: a) un Csv per ogni città metropolitana e per ogni provincia con territorio interamente montano e confinante con Paesi stranieri ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56; b) un Csv per ogni milione di abitanti non residenti nell’ambito territoriale delle città metropolitane e delle province di cui alla lettera a). Dovranno essere evitate sovrapposizioni di competenze territoriali e l’ONC potrà derogare ai parametri dettati nelle lett. a) e b), in aumento o in diminuzione, «motivando la propria decisione, “in presenza di specifiche esigenze territoriali del volontariato o di contenimento dei costi” (art. 61, comma 3 CTS)»216. In ogni caso, il numero massimo
di Csv accreditabili, in ciascuna regione o provincia autonoma, non può essere superiore a quello dei Csv istituiti alla data di entrata in vigore del presente decreto sulla base della previgente normativa (art. 61, comma 3 CTS). Nel 2018 L’ONC ha
215 S. PARDINI, Il sistema dei centri di servizio per il volontariato, cit., p. 370
216 L. GORI, Art. 61. Accreditamento dei Centri di servizio per il volontariato, in A. FICI, E. ROSSI, G. SEPIO, P. VENTURI, Dalla parte del terzo settore. La riforma letta dai suoi protagonisti, Editori Laterza, Bari 2019, p. 313
91 adottato una delibera217 con cui ha definito gli ambiti territoriali ed il numero di enti
accreditabili.
Il cardine del sistema dei Csv è rappresentato da un organismo, l’Organismo nazionale di controllo (ONC), il quale, a parere della Corte costituzionale, è «un organismo di diritto privato con funzioni di vigilanza su soggetti privati»218. L’ONC
è una fondazione di diritto privato soggetta a controllo ministeriale e preposta alla definizione degli indirizzi strategici, alla individuazione del numero di enti accreditabili come Csv sulla base di criteri stabiliti dal legislatore, all’accreditamento dei Csv, alla determinazione dell’ammontare del finanziamento stabile triennale e alla relativa ripartizione.
Le Regioni Veneto e Lombardia avevano rilevato che il ruolo decisorio assunto nel sistema del Terzo settore, la genesi, la composizione e i poteri autoritativi giustiziabili di fronte al giudice amministrativo, rendevano l’ONC un soggetto di natura sostanzialmente pubblicistica e pertanto sollevavano questione di legittimità costituzionale219. S. Pardini, in proposito, parla di un modello di amministrazione
217 Delibera del 10 ottobre 2018, disponibile su www.fondazioneonc.org. Per maggiori informazioni sul numero di enti accreditabili e ambiti territoriali di competenza vd. capitolo V, paragrafo 4.
218 Corte cost. sent. n. 185 del 2018, disponibile su www.cortecostituzionale.it
219 La Regione Veneto (reg. ric. n. 79 del 2017) e la Regione Lombardia (reg. ric. n. 80 del 2017) hanno promosso, in riferimento agli artt. 3, 76, 97, 114, 117, terzo e quarto comma, 118, 119 e 120 della Costituzione e al principio di leale collaborazione, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 61, comma 2, 62, comma 7, 64, 65 e 72, quest’ultimo anche in relazione all’art. 73, del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, recante «Codice del Terzo settore, a norma dell’articolo l, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106». Le questioni sono state in gran parte rigettate con sentenza della Corte costituzionale n. 185 del 2018. Nella sentenza la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 72, comma 3, del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, recante «Codice del Terzo settore, a norma dell’articolo l, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106», nel testo antecedente alle modifiche di cui all’art. 19 del decreto legislativo 3 agosto 2018, n. 105, intitolato «Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, recante: “Codice del Terzo settore, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106”», nella parte in cui non prevede che l’atto d’indirizzo con cui il Ministro del lavoro e delle politiche sociali determina annualmente «gli obiettivi generali, le aree prioritarie di intervento e le linee di attività finanziabili nei limiti delle risorse disponibili sul
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articolata «diretto a sostenere gli enti del Terzo settore che incide sull’autonomia
legislativa e amministrativa delle Regioni, il tutto con vizio di illegittimità costituzionale per mancato adeguato coinvolgimento delle autonomie territoriali»220.
Altra parte della dottrina221, a contrario, ritiene che si debba escludere la
violazione delle competenze regionali a cagione della natura privatistica della fonte del finanziamento del sistema dei Csv, gestita dall’ONC, e alla destinazione delle risorse alla promozione del volontariato, che di per sé non costituisce materia. Ne deriverebbe, quale corollario, una classificazione tout court dell’ONC quale soggetto di diritto privato, in cui permane tuttavia da giustificare l’ingente presenza di membri designati da soggetti pubblici esterni222.
Il Codice costruisce «una infrastruttura della promozione e sostegno al volontariato»223 e ne pone a presidio un corpus normativo notevolmente stringente:
l’ente-Csv, a seguito dell’accreditamento, acquista il diritto ad esercitare una funzione di interesse generale stabilita per legge, indisponibile, mediante risorse provenienti dal FUN o di diversa fonte di cui abbia tenuto separata contabilità, nel perseguimento di un fine tipico. Detti limiti all’autonomia dei privati, unitamente alla necessità di un numero minimo di enti-Csv sul territorio nazionale e la soggezione dell’ONC al controllo di un’autorità statale, «non sono idonei a supplire alla
Fondo medesimo» sia adottato previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
220 S. PARDINI, Il sistema dei centri di servizio per il volontariato, cit., p. 367 221 A. FICI, La riforma dei Centri di servizio per il volontariato, cit., pp. 389-390
222 Sempre FICI, in A. FICI, La riforma dei Centri di servizio per il volontariato, cit., p. 390 riconosce che la partecipazione delle Regioni alle decisioni concernenti l’uso dei fondi di provenienza FOB sia un aspetto che «il legislatore ha rafforzato rispetto al passato», ponendo degli esempi.
93 mancanza di un fondamento legale della genesi dell’ente pubblico e a sovvertire l’espresso riconoscimento della natura privatistica dell’ente»224.
Inoltre «nel complesso, quindi, l’art. 61, comma 1 CTS definisce un sistema di vincoli all’autonomia statutaria che, per quanto penetranti, non conducono ad un annullamento della stessa: al contrario, specialmente laddove il legislatore indica un obiettivo da perseguire, ma non il mezzo per conseguirlo, spetta all’autonomia di ciascun ente gestore individuare le soluzioni più adeguate, tenendo conto delle specificità del Terzo settore sul territorio»225.