CAPITOLO III: ANALISI TEMATICA E STRUTTURALE D
2. UN’AUTOBIOGRAFIA TEATRALIZZATA
La messa in scena di Plastilina nel 2001 ha rappresentato un momento di svolta per il Novaja Drama, quest’opera ha infatti sconvolto l’opinione pubblica, dividendola ma incuriosendola verso un nuovo modo di fare teatro ed è per questo che può essere considerata come l’opera-manifesto del movimento. La pièce si inserisce nel filone che si occupa di denuncia sociale, ma è scritta in un verbatim particolare poiché la fonte è l’autore stesso; è infatti un’autobiografia “teatralizzata”, o
158 T.T. Davydova., I. K. Sušilina, Sovremennyj literaturnyj process v Rossii, Moskva, Moskovskij Gosudarstvennyj
Universitet Pečati, 2009. Disponibile al link: http://www.hi-edu.ru/e-books/xbook699/01/part-011.htm (Data di ultima consultazione: 26/06/2020); [cit.: история борьби мятежной личности за право на свой собственный жизненный выбор].
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meglio “cinematografizzata”. L’elemento autobiografico rende l’opera ancora più violenta e di difficile accettazione in quanto spinge il pubblico a guardare dritta in faccia una realtà che spesso viene volutamente ignorata. In un’intervista al “The Guardian”159, Sigarev rivela che Plastilina racconta in realtà la storia del fratello e, sebbene non venga menzionata esplicitamente, possiamo assumere che la cittadina in cui la pièce è ambientata sia proprio Verchnjaja Salda, il paese degli Urali dove l’autore è cresciuto e dove effettivamente le violenze narrate hanno avuto luogo.
Plastilina è quindi un racconto dal sapore documentaristico su una porzione di società post- sovietica interessata solo ai soldi e al proprio tornaconto. Ad esempio, Nataša adesca dei giovani ragazzini per gli ex-galeotti omosessuali Sedoj e Cadetto in cambio di una dose e di protezione. Sigarev è riuscito a scattare un’istantanea del momento in cui le città provinciali e industriali sono state colpite dal capitalismo: nato nel 1977, l’autore aveva realmente quattordici anni al momento della dissoluzione dell’URSS. Molti critici e spettatori hanno accusato il drammaturgo di aver dato una visione troppo oscura della vita post-sovietica, ma al “The Guardian” ha tuttavia affermato:
Ho sdrammatizzato molte cose, ho reso tutto più leggero. La realtà era molto peggio di così. In ogni caso, non credo che quello che ho scritto sia così duro e crudele. Quando hai quattordici anni pensi che è così che debba andare. Ci sono cose orribili là fuori ma non ci soffri. Pensi solamente che la vita sia così.160
Il drammaturgo, di solito molto riservato, in un’intervista rilasciata a Ellen Barry, ha raccontato che prima di Plastilina il suo lavoro consisteva nello scortare le prostitute di zona dai clienti, gli amici e il fratello erano degli eroinomani e spesso doveva lottare con gli spacciatori o con il mondo del sottosuolo mafioso generatosi in seguito al crollo.161 In epoca sovietica Verchnjaja Salda godeva di una stabile economia grazie alla miniera di titanio che garantiva uno stipendio alla maggior parte della popolazione locale, ma con l’esaurirsi delle risorse e la privatizzazione, la cittadina piombò nella povertà, ci fu un aumento esponenziale del numero di suicidi, analfabeti e, ovviamente, della criminalità. Nell’intervista Sigarev racconta inoltre di essere sopravvissuto lavorando come buttafuori in un posto dove era risaputo si producesse cocaina oppure rivendendo i residui di titanio ottenuti scavando in giro per la città. Le sue abilità vengono descritte tramite due didascalie dello spettacolo,
159 J. O’ Mahoney, He’s probably passed out somewhere with a bottle in his hand…, “The Guardian”, 3 febbraio 2003.
Disponibile al link: https://www.theguardian.com/stage/2003/feb/03/theatre.artsfeatures (Data di ultima consultazione: 18/03/2020);
160 Ibidem. [cit: I played down a lot of things, made everything softer. It was much worse in reality. Though I don't think
that what I wrote was so hard and cruel. When you are 14, you just think that the way you live is the way that it is supposed to be. All these terrible things are there, but you don't suffer. You just think that it's life.].
161 E. Barry, Wrenching Tales from Russia’s Rust Belt, “The New York times”, 29 luglio 2012. Disponibile al link:
https://www.nytimes.com/2012/07/30/theater/vassily-sigarev-a-voice-from-russias-rust-belt.html?smid=fb-share&_r=0 (Data di ultima consultazione: 22/05/2020);
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rispettivamente la scena 1 e la scena 29, in cui Maksim è intento a creare un tirapugni di plastilina e piombo con mezzi di fortuna.
SCENA I
Una stanza con solo un tavolo, un letto e un tappeto appeso al muro. Seduto per terra, un ragazzino. Le sue mani modellano della plastilina in qualcosa di molto strano. Una volta finito, appoggia questa sua strana creazione in un piatto contenente della poltiglia biancastra. Poi, sbattendole sul bordo del letto, ripulisce delle placche di piombo ricavate da una batteria dalle scorie in eccesso. Quindi le spezzetta e le butta in una padella. Va a prendere un fornelletto elettrico, mette la padella sul fuoco, la accende. Prende il piatto e tocca il contenuto al suo interno. È duro, come la pietra. Raschia via la plastilina e guarda nella padella. Una pozza color piombo fuso riflette il Suo volto e la luce della lampadina intrappolata nella plafoniera bianca sul soffitto. Prende la padella e rovescia il piombo fuso nel piatto. I residui della plastilina prendendo fuoco, sfrigolano, divampano. Il fumo arriva fino al soffitto e gli finisce negli occhi, ora pieni di lacrime. Si volta, ma le lacrime continuano a scorrergli lungo il naso e da lì fino agli angoli della bocca. Adesso piange per davvero. Singhiozza.
Piange, come se sapesse qualcosa… Il piatto si spacca…
Dall’analisi di questo estratto si comprende che Maksim non è un personaggio di parola ma d’azione, all’inizio dello spettacolo lo troviamo già intento a scolpire mentre l’azione drammatica viene portata avanti da Spira che recita la poesia di Dino Campana. In questa prima didascalia, anticipatoria e metaforica, viene già impostato il conflitto dell’eroe con il mondo e la sua predisposizione alla sofferenza.
SCENA XXIX
Camera di Maksim.
Maksim è seduto per terra e scolpisce un tirapugni di plastilina. Davanti a lui c’è un piatto con della polvere di alabastro diluito da una parte.
Una volta finito di scolpire il tirapugni di plastilina, lo imprime nell’alabastro. Ricava delle placche di piombo da una batteria e le sbatte sul bordo del letto per ripulirle dalle scorie in eccesso. Esce dalla stanza e torna con un fornelletto elettrico e una padella. Accende il fornello e mette la padella sul fuoco. Spezzetta il piombo e lo butta nella padella. Prende il piatto con l’alabastro, ripulendolo dalla plastilina, e versa il piombo fuso in uno stampo. Dal piatto evapora del fumo che gli finisce negli occhi.
Maksim si volta.
All’improvviso però scoppia a piangere per davvero. È un pianto forte, straziante, vero.
La didascalia 29 precede l’effettivo momento in cui Maksim, munito del suo tirapugni, si recherà nel covo dei suoi stupratori per cercare vendetta, ma verrà sopraffatto e gettato da una finestra del quarto piano. La scena 1 è in realtà un flashforward che, pur non dicendoci esplicitamente che il ragazzo morirà, ci preannuncia, tramite quel qualcosa evidenziato, la tragica fine dell’eroe. Sigarev, infatti, non vuole creare una catarsi nello spettatore, ma descrivere la realtà così com’è. L’anticipazione di una delle scene finali permette di far entrare subito lo spettatore nell’universo interiore di Maksim, mentre la struttura ad anello suggerisce di non soffermarsi sull’inizio o la fine della pièce, ma sul percorso che lo porterà a cercare vendetta. Un elemento chiave nella trasformazione del protagonista da vittima a carnefice è la morte dell’unica figura che tiene
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sinceramente a lui: nella scena precedente Maksim, tornato dal mercato, ha difatti trovato la nonna morta.
Anche il personaggio della professoressa Ljudmila Ivanovna è basato su fatti realmente accaduti, come Sigarev racconta a John O ’Mahoney:
Tutto è iniziato quando la professoressa ha beccato mio fratello a fumare nei bagni della scuola. Gli ho suggerito di usare un pene di plastilina per spaventarla, l’ho scolpito con le mie mani. Di conseguenza, mio fratello venne espulso e iniziò a frequentare gli ambienti di strada e a farsi di eroina. In seguito, venne fuori che il giudice che si occupò del suo caso, condannandolo al massimo della pena, era proprio il figlio della professoressa.162
Una volta uscito dal carcere il fratello, senza soldi o possibilità di trovare un lavoro legale, iniziò ad assumere eroina.163 Sigarev considera Plastilina come un mezzo per purificarsi dal senso di colpa di aver reso il fratello un emarginato. Per lui, come per molti autori del Novaja Drama, rappresentare le proprie storie è l’unico modo per difendersi e liberarsi dagli orrori del passato.
Lo spettacolo inizia e finisce allo stesso modo, eppure il percorso che mostra merita di essere raccontato, condiviso, goduto.