• Non ci sono risultati.

Cronache Economiche. N.005-006, Maggio – Giugno 1973

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Cronache Economiche. N.005-006, Maggio – Giugno 1973"

Copied!
96
0
0

Testo completo

(1)

CAMERA DI COMMERCIO SPEDIZIONE IN ABB. POSTALE (IV G R U P P O ) / 70 - 1" SEM. INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLTURA /

(2)

Fondata nel 1827

Riserve 50,9 miliardi Depositi oltre 1300 miliardi

Tutte le operazioni e i servizi bancari alle migliori condizioni

(3)

cronache

economiche

sommario

mensile della camera di commercio industria artigianato e agricol-tura di forino numero 5/6 maggio-giugno 1973 C o r r i s p o n d e n z a , m a n o s c r i t t i , p u b b l i c a z i o n i d e b -b o n o e s s e r e i n d i r i z z a t i alta D i r e z i o n e d e l l a Ri-vista- L ' a c c e t t a z i o n e d e g l i a r t i c o l i d i p e n d e dal g i u d i z i o i n s i n d a c a b i l e d e l l a D i r e z i o n e . Gli s c r i t t i f i r m a t i o siglati r i s p e c c h i a n o s o l t a n t o il p e n -s i e r o d e l l ' A u t o r e e n o n i m p e g n a n o la D i r e z i o n e d e l l a R i v i s t a n é l ' A m m i n i s t r a z i o n e C a m e r a l e , P e r l e r e c e n s i o n i le p u b b l i c a z i o n i d e b b o n o e s s e r e i n v i a t e in d u p l i c e c o p i a . É v i e t a t a la r i -p r o d u z i o n e d e g l i a r t i c o l i e d e l l e n o t e s e n z a l ' a u t o r i z z a z i o n e d e l l a D i r e z i o n e . I m a n o s c r i t t i , a n c h e s e n o n p u b b l i c a t i , n o n si r e s t i t u i s c o n o . P. Condulmer

3 II nuovo Teatro a Torino

10 Note sulla congiuntura economica in provincia di Torino F. Reviglio

13 Inflazione, ripresa e sviluppo economico G. Biraghi

20 Gioca fuori casa l'economia del Piemonte E. Garibaldi

27 L'importanza della difesa del suolo per la conservazione dell'ambiente B. Cerrato

33 Ancora in tema di viabilità e trasporti in Piemonte C. M . Turchi

45 « Le défie anglais » C. Costantino

57 Note a margine allo «Statuto dei Lavoratori» A. Trincheri

60 Nuove esperienze di economia regolata A. Cimino

63 Bauxite australiana, base dell'industria dell'alluminio in occidente L. Buczkowsky

66 Viene dall'Estremo Oriente l'insidia all'industria dell'automobile A. Vigna

70 Casa e vacanze: due aspetti del vivere moderno G. Lega

75 Note di documentazione tecnica 78 Tra i libri

84 Dalle riviste

Figura in copertina'.

Aligi Sassu - Scenario per i « Vespri siciliani ».

D i r e t t o r e responsabile: Primiano Lasorsa

Vice d i r e t t o r e : Giancarlo Biraghi

Direzione, redazione e a m m i n i s t r a z i o n e

(4)

C A M E R A D I C O M M E R C I O

I N D U S T R I A A R T I G I A N A T O E A G R I C O L T U R A

E U F F I C I O P R O V I N C I A L E I N D U S T R I A C O M M E R C I O E A R T I G I A N A T O Sede: Palan o Lascaris - Via Vittorio Alfieri, 15.

Corrispondenza: 10121 Torino - Via Vittorio Alfieri, 15

10100 Torino - Casella Postale 413.

Telegrammi: Camcomm. Telefoni: 55.33.22 (5 linee). Telex: 21247 C C I A A Torino.

C/c postale: 2/26170.

Servizio Cassa: Cassa di Risparmio di Torino

• Sede Centrale - C/c 53.

B O R S A V A L O R I

10123 Torino - Via San Francesco da Paola, 28.

Telegrammi: Borsa.

Telefoni: Uffici 54.77.04 - Comitato Borsa 54.77.43

- Ispettore Tesoro 54.77.03.

B O R S A M E R C I

10123 Torino - Via Andrea Doria, 15.

Telegrammi: Borsa Merci - Via Andrea Doria, 15. Telefoni: S5.3I.2I (S linee).

G A B I N E T T O C H I M I C O M E R C E O L O G I C O

(presso la Borsa Merci) - 10123 Torino - Via Andrea Doria, 15.

(5)

Il nuovo Teatro a Torino

Piera Condulmer

E stalo scritto molto sul teatro Regio morto; è stato scritto molto sul teatro Regio risurrctturo; ora si dovrebbe parlare del teatro Regio risorto. Ma penso questa sia la parti' più difficile, perché si può impunemente rammemo-rare, impunemente auspicare, ma di fronte al fatto compiuto c'è solo da giudicare, riconoscersi o non riconoscersi in esso, ritro-vare o non ritroritro-vare il proprio passato. La ricostruzione del grande teatro piemontese fu un futuro per trentasette anni, e ora, la sera del 10 aprile 1973, è già divenuta passato: cioè il reale astratto, auspicato, ha già subito Vimpatto col reale concreto. A questo punto solo, ci si accorge che le maglie del tempo sono state lacerate. Questi pensieri, forse inutili, mi si agitavano nella mente durante la famosa serata inaugurale, mentre nella mano tenevo un gentile rametto di orchidee di Singapore e reggevo un doppio libro con brevissime sintesi di Torino, sostenute dalla robusta presenza della Torino economica, per immagini.

Xel rosso ingresso movimen-tato di scale, di passerelle, di scale mobili, di ascensori, s'in-crociavano sguardi, e saluti nelle più diverse lingue; poi mille-ottocento ospiti sfavillanti presero posto per la prima volta in quella cavea bianca e rossa (gli altri colori li taccio), chiamata Teatro Regio.

S'incontrano nel segno della finzione scenica, come supporto ad un mondo melodico, che ha il compito di tentare una catarsi lirica dell'eterno dramma della storia dell'uomo e dell'uomo stes-so, sospeso tra passato e futuro, nella perpetua ricerca di un

presente armonico della sua esi-stenza, di una risolvente armo-nica nella dialettica dicotoma di maggiore e minore.

L'onda sonora della sinfonia sale dal golfo mistico, ricerca senza più trovarle pastose riso-nanze nelle casse infinite di riverberazione degli antichi legni imbottiti degli antichi palchetti, delle capaci logge. Ora tali effetti si ricercano con mezzi più scien-tifici, ma con risultati che non sono più gli stessi.

La stesura definitiva del set-tecentesco teatro alfieriano aveva rappresentato l'ultima elabora-zione di progetti che portavano a ritroso le firme di Filippo Ju-vara e di Amedeo di Castella-monte; la sua facciata compiva l'ultimo lato, a oriente, dell'armo-nica piazza Castello, dalla parte detta Della Madama. Tutto ciò era il risultato di un secolo e più di studi, e secolo drammatica-mente fortunoso per Torino e per il piccolo Piemonte, dal punto di vista politico e militare.

/ nostri antichi progettisti (il siciliano Juvara durante la sua permanenza qui si era fatto tosto nostro —), avevano compiuto successivamente il loro pellegri-naggio informativo attraverso l'Italia e l'Europa, ma a nessuno di essi era mai parso opportuno rifiutare le esperienze del pre-decessore, anche se a livello di disegni, anche se a livello di iniziali realizzazioni; bensì cia-scuno ha concepito il proprio compito come di affinamento, di perfezionamento, di aggiorna-mento tecnico, artistico e politico insieme, di un'opera che s'inse-riva gradualmente nella nuova classe e funzione di Torino, alfine capitale di un regno.

E cosi facendo, la realizzazione definitiva di Benedetto Alfieri del 1740, risultò una di quelle sintesi tecnico-estetiche del mi-gliore illuminismo, perfettamen-te inserita in un conperfettamen-testo barocco con riminiscenze tardo-rinasci-mentali, che offriva alla moder-nità tecnicistica un'opera esem-plare tanto, da essere additata ed inserita come modello per ogni grande teatro, nella famosa En-ciclopedia, o Dictionnaire rai-sonné des Sciences des Arts et des Métiers, dei padri della rivoluzione francese, Diderot e D'Alembert, nel 1770.

E insieme, come ogni opera che ha in se' validità, quel teatro lasciava spazio a successivi ag-giornamenti, che il mutare dei tempi, delle concezioni e delle ideologie politiche e sociali, dei gusti, delle acquisizioni tecniche avrebbero proposto oppure im-posto. Queste innovazioni po-terò andare dall'abolizione delle insegne reali dal palco centrale (ad opera di Rondone e Bon-signore) sotto la repubblica fran-cese, al ripristino delle stesse nella restaurazione, alle opere di trasformazione architettonica in-torno al boccascena, in senso neoclassico, di Pelagio Palagi; al restauro del 1862, a quello del ISSI, quando più impellenti si facevano le istanze democra-tiche. Allora si decise di abbat-tere le pareti divisorie di quindici palchetti degli ultimi due ordini, ottenendo due capaci gallerie. Ma la ristrutturazione capitale, il glorioso teatro l'attendeva a piè fermo da parte di un altro astigiano come già l'Alfieri; nel

(6)

I n a u g u r a z i o n e del T e a t r o Regio di T o r i n o , 1740 - Q u a d r o di P. D, O l i v e r o - ( M u s e o civico d ' a r t e antica - T o r i n o ) .

ai torinesi un Regio rinnovato e ammodernato, con larghe aper-ture sociali, che consentirono a folle immense (aveva una ca-pienza (li 3000 posti) di salire l'ampio scalone d'accesso alle

tre gallerie soprastanti i residui tre ordini di palchi, in modo cosi comodo ed elegante da — ... pro-durre l'impressione che il ri-spetto più marcato (...) lo si è avuto appunto per le gallerie

destinate ad accogliere l'elemento popolare — scrisse un giornale del 1906.

(7)

esi-genze imposte dalle partiture wagneriane, si da creare il golfo mistico. Torino ne fu gloriosa e quando il teatro si riapri, la stampa ebbe la fortuna di poter dire in forma allegorica ciò che noi non abbiamo potuto dire in forma letterale: — lì nostro

Regio come Varaba fenice rivive e risorge dalle sue ceneri —.

Il Regio si era rinnovato senza rinnegarsi, per cui si potè' con-tinuare a nominarlo il bel teatro alfieriano settecentesco, nel quale il godimento del bello nelle sue svariate espressioni era an-cora una contropartita valida.

Estremamente interessante ho trovato un pensiero letto su di un giornale del 1!)00, in cui si pongono la chiesa e il teatro su piani paralleli, cosi come la preghiera e l'arte per la ricarica dello spirito dell'uomo, che, stan-co, cerca ristoro — sia nella suggestione della preghiera, sia nella suggestione dell'arte —, senza l'amara o rissosa ansia, aggiungo, di uguagliarsi o so-stituirsi a Dio, o all' artista, o a tutti coloro che contribuiscono a formare l'armonia del bello.

Di questa esigenza anche se inconscia, non si vuol tenere più

i \

C o n q u e s t o t i t o l o , per r a g i o n i p o l i t i c h e , i V e s p r i siciliani v e n n e r o r a p p r e s e n t a t i al Regio il 5 gen-naio I8S6.

conto, e lo spirito diventa arido, e nell'aridità aspro, opaco perché incapace di ammirare; l'ammi-razione è un'apertura d'anima che scarica ogni tensione, che dilata, che rinfresca. Ecco un altro aspetto della nostra odierna povertà: vogliamo giudicare e criticare tutto e non lasciamo più spazio alla facoltà ammi-rativa, che si esalta in un angolo di mistero.

Come l'eccesso di luce rende tutti i contorni d'un nitore allu-cinante, senza morbidezza, senza fascino di chiaroscuri, senza sa-pienze tonali e cromatiche, senza volumi d'ombre a dare corposità e rilievo al tutto, cosi un eccesso di uguaglianza e di uniformità, non crea l'armonia, ma il mono-tono, l'opaco, la tensione osses-siva dell'uguale.

Ora dicono che l'arte deve essere un bene di consumo co-mune, come il frigorifero, la la-vatrice, la cucina all'americana, per placare invidie, colmare di-slivelli misurati su tale metro; lo spirito rimane teso, l'occhio

D u e l i t o g r a f ì e d e l G o n i n in o c c a s i o n e di u n c a r o s e l l o s t o r i c o - 1839.

(8)

gabbietta del palco, e vedo le altre trentasei gabbiette appese, digradanti lungo la parete. Mi concentro nella musica che l'op-portuna, intelligente preparazio-ne offerta dall'Ente Regio con la partecipazione dell' Istituto di studi verdiani di Parma, nel-l'ambito della inaugurazione del Teatro, mi faceva meglio valutare e gustare. Esumazione di un capitale musicale obliato, i l"e-spri siciliani? Forse in parte per Torino che non li risentiva da quasi cent'anni, ma non per il mondo musicale internazio-nale, che anche se non frequen-temente, in questo secolo ha rieditato parecchie volte questa opera, il cui primo titolo in Italia fu Giovanna de Guzman. per ragioni politiche, fino al

1861.

Rilevo le capacità evolutive espresse da Verdi in questa opera discussa, novità di grammatica, di sintassi musicali, anticipa-zioni tematiche, ritmiche, inno-vazione di linguaggio rispetto all'autore ed a compositori con-temporanei; inconsueto uso del

5

tempo di j e frequenti cambi di tonalità; rottura con ogni vieto accademismo, superamento della quadratura della dicotomia. Au-dacie stilistiche, ma innestate in un contesto drammaturgico già personale, come un potente lie-vito, capace di far produrre, nel tempo, un Otello e un Falstaff.

Opera pensata e meditata più che d'ispirazione immediata:

Verdi stesso lamentava in una lettera che Parigi lo faceva di-ventare intellettualistico, mentre egli voleva rimanere amore, do-lore, furore. Ma il tormento per lui fu il lavorare su di un libretto che non gli era congeniale, e che nonostante fosse del famoso Scri-be, egli rifiutò tre volte; il sog-getto era infido dal punto di vista storico come politico, an-corché egli abbia posto l'accento sul dramma dell'amor paterno più che su quello della passione libertaria contro gli Angioini.

V i s i o n e della gran sala d o p o i r i f a c i m e n t i d c l l ' i n g . C o c i t o - 1906.

V e d u t a aerea d e l l ' a n g o l o n o r d - e s t d e l l a c i t t à .

non riesce mai a posare placato nel bello disinteressato o anche apparentemente inutile, ma bello, perciò armonico e armonizza-tore. La funzionalità, il tecni-cismo, la razionalità rigorosi, la democraticità forzosa anche dov'è nome vano, rendono l'uomo alie-nato, incapace di accogliere il messaggio dell'arte come fonte di armonia spirituale, quella che gli antichi greci definivano ap-punto xaXò? x à y a S ó i c i o è

unio-ne del bello, del buono e del no-bile.

Pensieri che non hanno più senso in una società in cui si appone la speciosa definizione di arte alla più degradante por-nografia.

(9)

Ascoltavo la musica, ma in-volontariamente ripensavo alla lunga funzione storica, politica, diplomatica, culturale esercitata dallo scomparso teatro nei due secoli della sua esistenza. Ragioni di divertimento, si, ne avevano occasionato il sorgere, ma so-prattutto di prestigio interna-zionale per il nuovo regno sa-baudo, per farne un centro d'at-trazione musicale e culturale oltre che di mondanità. Seguire la cronologia delle manifestazioni dell'antico teatro, è un poco come ripercorrere le tappe della sua storia; la chiusura o l'aper-tura, Vinterruzione o meno della serie degli spettacoli, voglion dire la guerra o la pace per il pic-colo Stato; e cosi seguire le sue diverse intitolazioni dal 1798 al 1814, da Nazionale a Teatro

delle Arti repubblicano, a Im-periale, ci ricorda le diverse

fasi dell' occupazione francese. Gli emblemi reali vennero tolti e sostituiti con quelli repubblicani, per essere poi sostituiti da quelli imperiali, con una velocità di sequenze che si presterebbe ad un facile umorismo, se non impli-casse un doloroso travaglio storico.

Ma pure in quei tempi di repubblica giacobina e di gravi difficoltà economiche, quando To-rino non era più che una città del Dipartimento del Po sotto la Francia, il governatore fran-cese Menou vuole che il teatro sia tenuto in efficienza e funzio-nante, perché di esso — une ville ielle que Twin ne peut se passer et que des considérations majeurs nécessitent —.

Passata Voccupazione, ritor-nano gli emblemi reali dei Savoia, e il teatro si accinge a vivere la grande stagione risorgimentale a servizio della causa libertaria italiana ed europea, utilizzando tutte le sue possibilità.

A cavallo dei due secoli, il grande prestigio internazionale assunto per la qualità dei suoi spettacoli, lo fanno divenire am-bito banco di prova di composi-tori, di artisti, di direttori

d'or-chestra, tanto da far aggio sulla Scala di Milano. Di questo cur-riculum non vedo alcuna traccici: il fuoco ha distrutto anche il ri-cordo?

Siamo oggi dominati dall'os-sessione del presente: si ha paura del passato, o è una enorme inin-telligente presunzione credere di poterne fare a meno? Non ci accorgiamo di preparare una gioventù sradicata, sperduta e vagante in un mondo per lei senza base né fondamenta? Col-pevole o incolCol-pevole, non si vuol dire, tale depauperazione,

Caval-lari Murai la dice — legata alla perdita di una faccia del polie-drico specchio della nostra stessa, individualità —.

Perciò non si dica di aver ricostruito il Teatro Regio di Torino, bensì che nell'area del-l'antico Regio distrutto dal f uoco, e li piuttosto che altrove, come pure era stato proposto, è stato costruito un nuovo teatro. E questo dovrebbe portare una inti-tolazione differenziata, per onestà verso le generazioni future.

(10)

Il s i p a r i o .

sue caratteristiche personali, dei suoi pregi, della originalità della sua concezione, a valva, della completezza e modernità delle sue attrezzature e dei suoi im-pianti, iniziando proprio da quelli che sono stati, pare, la-causa prima del grande e tra-gico rogo: quelli elettrici. 1 quadri elettrici, che ora assolvono incre-dibili funzioni e mansioni in forma automatica perché pro-grammati e memorizzati, hanno collegamenti di potenza centra-lizzati mediante un sistema di conduttori prefabbricati a .ele-menti modulari, che costituiscono il massimo e V avanguardia in fatto di protezione isolante. Un impianto a diluvio e uno a lame d'acqua entrano automaticamente in funzione su di una superficie di 10.000 metri quadrati, non appena una testina, sensibile a 700 di calore scoppia, derivando l'acqua, da un serbatoio a pres-sione di 45.000 litri. Un sipario

tagliafuoco separa il lirico dal palcoscenico, e un altro sipario metallico separa la scena d'azione dalla scena dorsale. Dappertutto cellule sensibilissime avvertono la minima alterazione termica o la presenza di fumo.

Alla sensibilità fisica umana si è pensato con impianti di acclimazione che soddisfano esi-genze idrotermiche e di ricambio d'aria nei modi adatti ad ogni luogo e ad ogni stagione. Perciò acqua surriscaldata e acqua re-frigerata circolano per il grande corpo teatrale. Dalla cabina di regia, posta sotto il palco cen-trale, può essere variata a volontà l'intensità delle luci con circuiti regolati all'uopo; impianto di televisione a circuito chiuso, im-pianti elettroacustici per tra-smissione sonora all'interno, im-pianto per deboli d'udito e così via. Per la scena si hanno im-pianti elettromeccanici che alzano o abbassano i ponti clic

costitui-scono la scena principale, con un gioco di sette metri, e possono avanzare, per esigenze di spetta-colo fino a metà sala; anche il piano dell'orchestra è dotato di simile mobilità. Torri laterali d'inquadratura spostabili, archi-trave verticale mobile, regolano a piacere l'ampiezza del bocca-scena. Torre di scena di 31 metri di altezza, con 32 tiri meccaniz-zati ecc., ecc. Visitare questo complesso e passare in rassegna tutte le audacie tecniche e scien-tìfiche ed anche estetiche.

(11)

S c o r c i o d e l l a sala del t e a t r o a t t u a l e .

Questo Museo iconografico con ampie e ben documentate dida-scalie, colmerebbe in certo modo un fato, farebbe da ponte tra passato e presente, darebbe alle generazioni future sempre più lontane dagli eventi storici, giu-stificazione della discrepanza di stili tra il corpus teatrale e il contesto urbanistico immediato, ancorché alcune soluzioni esterne, come Fuso del cotto e l'adozione di certi stilemi stellari guari-niani, indichino un certo sforzo tra mondi culturali e sociali profondamente diversi.

Sotto il grande, c'è il piccolo teatro con 400 posti per mani-festazioni culturali varie, date le sue possibilità di adattamenti multipli, e impianti per tradu-zioni simultanee in caso di con-ferenze e dibattiti.

Ridando un corpo alla facciata alfieriana, risparmiata dal fuoco, e facendo di vetro tutta la quarta parete retrostante con visuale di tutto l'ingresso del teatro, al pri-mo piano è stato attrezzato un foyer intonato su di un rosso bor-deaux fondo e caldo esteticamente valido, senza riserve, anche per la magnifica panoramica di Piaz-za Castello di cui beneficia.

Questa per sommi capi la nuova entità teatrale di cui è stata dotata la città di Torino, e che con i suoi 14.000 metri qua-drati di moquette, le sue 1900 lampade a tubo che pendono come stallatili da quasi tutto il soffitto

(12)

Note sulla congiuntura economica

in provincia di Torino

È stuta recentemente ultimata, da parte della Camera di commercio di Torino, la stesura della relazione sull'andamento economico della provincia, volta ad illustrare i più recenti sviluppi della congiuntura e a fare il punto della situazione a metà anno. Nell'attesa che il rapporto compaia integralmente sulle pagine del « Bollettino Ufficiale » di luglio-settembre, la rivista « Cronache Economiche » ha ritenuto utile pubblicarne in anteprima un'ampia sintesi, certa di. riuscire gradita a quanti seguono da vicino i

pro-blemi. e le incende dell'economia torinese. (N.d.D.)

Un sondaggio di opinione.

L'Ufficio studi della Camera di commercio di Torino ha portato a termine l'elaborazione delle risposte all'inchiesta congiunturale riguar-dante il secondo trimestre 1973, svoltasi nel consueto « forum » di aziende operanti nei di-versi settori economici della provincia.

Dal raffronto dei risultati ottenuti con quel-li relativi al sondaggio del primo trimestre è dato osservare come l'economia torinese sia finalmente entrata in una fase di apprezzabile ripresa, sorretta da favorevoli prospettive per quanto concerne il breve periodo. In sostanza, conclusesi all'inizio di aprile le maggiori verten-ze sindacali e con esse le agitazioni che ave-vano contraddistinto il primo trimestre del-l'anno, l'attività industriale e in genere quella dei restanti settori produttivi hanno presentato un discreto ravvivamento, gradualmente conso-lidatosi nei mesi di maggio e giugno.

Qualora la positiva tendenza instauratasi dovesse proseguire e rafforzarsi, e a tale pro-posito i giudizi espressi dagli operatori consen-tono un certo ottimismo, potrebbe essere rapida-mente colmato il vuoto produttivo apertosi nei primi mesi dell'anno. Ad adombrare il movimento di ripresa restano t u t t a v i a alcune tensioni e incertezze, specie quelle legate alla lievitazione dei prezzi e alle vicende moneta-rie internazionali.

I N D U S T R I A .

a) Il 3 4 % delle imprese intervistate ha

se-gnalato un a u m e n t o di produzione rispetto al primo trimestre, mentre il 5 4 % ha comunica-to stazionarietà e il 12% flessione (saldo + 22%, contro — 2 2 % della precedente indagine). Inol-tre le risposte concernenti le variazioni pro-duttive rispetto al secondo trimestre dello scorso anno hanno fornito un saldo pari a + 7 % ;

/;) i costi di produzione si sono m a n t e n u t i in forte ascesa. Infatti, il 91% ha indicato

aumento e soltanto il 9 % stazionarietà (saldo + 91%, contro 84% rilevato nel sondaggio del primo trimestre);

c) le giacenze di prodotti destinati alla

ven-dita sono apparse, a fine trimestre, piuttosto scarse. Il saldo tra giudizi di esuberanza e di scarsità è infatti risultato di — 16%, contro un saldo pari a zero registrato al termine del tri-mestre precedente;

d) il 43% delle imprese consultate ha

di-chiarato di avere incrementato le vendite

comples-sive, mentre il 51% ha segnalato stazionarietà

e il 6 % regresso (saldo -j- 37%, contro — 20% del sondaggio del 1° trimestre). Le vendite sono cresciute anche in rapporto ai livelli del secondo trimestre 1972 (saldo + 29%);

e) in merito all'affluenza degli ordinativi dal mercato interno i giudizi sono risultati i

seguenti: 53% aumento, 3 7 % stazionarietà, 10% diminuzione (saldo + 43%, contro — 8%);

/) anche la domanda estera sembra aver re-gistrato un certo incremento, dal momento che il saldo si è arrestato a quota + 23% (contro + 3 % ) ;

g) quali le prospettive per il terzo trimestre

1973? Si sono contabilizzati i seguenti saldi (tra parentesi i saldi rilevati a fine primo tri-mestre 1973): + 2 7 % produzione ( + 43%) + 11% occupazione ( + 11%) + 3 5 % d o m a n d a interna ( + 33%) + 11% domanda estera ( + 18%) + 6 1 % prezzi di vendita ( + 71%) C O M M E R C I O .

a) Il volume delle vendite è apparso in

(13)

b) non ha accennato ad allentarsi la ten-sione dei prezzi: saldi pari a + 76% per il com-mercio all'ingrosso (contro + 77%) e a + 8 1 % per il commercio al dettaglio (contro + 78%); c) le previsioni per il terzo trimestre scon-tano la ricorrente flessione dovuta alle ferie estive. Il saldo concernente i giudizi previsiona-li espressi dai grossisti è risultato di — 20% (contro + 6%), quello relativo ai pareri dei det-taglianti di — 34% (contro — 12%).

C R E D I T O .

a) Il 12% degli istituti di credito ha segna-lato un aumento nell'affluenza del risparmio, mentre l'88% ha dichiarato stazionarietà (sal-do — 12%, contro zero del primo trimestre);

b) ad un tasso più elevato sembrano essersi

accresciute le richieste di credito (saldo + 38%, contro + 27%) e le concessioni di credito (sal-do + 38%, contro + 9%);

c) gli operatori del settore hanno previsto

per il terzo trimestre un miglioramento genera-le dell'economia torinese. Il saldo tra giudizi positivi e giudizi negativi è infatti stato di + 3 8 % (contro + 3 6 % ) .

Traiti salienti dell'andamento settoriale.

Le aspettative di quanti avevano ritenuto, agli inizi del secondo trimestre di quest'anno, imminente un rilancio produttivo dell' industria e quindi un miglioramento di non trascurabili proporzioni dell'intero sistema economico torine-se non sono andate disattetorine-se. Conclusasi infat-ti, durante i primi giorni di aprile, la vertenza dei lavoratori metalmeccanici e con essa le agitazioni sindacali che avevano nei mesi im-mediatamente precedenti causato forti perdite di produzione in alcuni settori-chiave, il ritmo dell'attività operativa ha preso ad intensificarsi. La positiva tendenza instauratasi è proseguita per t u t t o maggio e giugno, portando l'economia a chiudere il primo semestre su posizioni non certo brillanti, ma indubbiamente più favore-voli — almeno in linea prospettica di quelle accertate a metà anno 1972.

Come ciò sia accaduto è presto chiarito. Le aziende, superato lo scoglio delle vertenze sindacali, si sono adoperate ad elevare il tono della produzione, sollecitate dall'imperiosa esi-genza di contenere l'ascesa dei costi unitari e di ricostituire le scorte ormai all'osso per effet-to anche della d o m a n d a globale, presentatasi in fase di sensibile crescita, sia nella componen-te incomponen-terna, sia in quella escomponen-tera.

Per q u a n t o riguarda la d o m a n d a interna han-no svolto un ruolo di sosteghan-no i recenti

miglio-ramenti salariali, le anticipazioni degli abituali approvvigionamenti effettuate da famiglie e imprese nel timore di nuovi movimenti al rialzo dei prezzi, l'andamento maggiormente dinamico degli investimenti. In ordine alla do-manda estera vanno rilevati i riflessi positivi, in termini di maggior concorrenzialità dei nostri prodotti, della svalutazione di fatto della lira.

Naturalmente non t u t t e le ombre del pano-rama congiunturale si sono dileguate e bisogna andar ancora cauti nel formulare giudizi defini-tivi circa il superamento della crisi. Resta in-fatti aperto il grosso problema del riequilibrio tra costi e ricavi, in molte aziende non ancora raggiunto, mentre continuano allarmanti le spin-te inflazionistiche sui prezzi. Anche le attuali vicende monetarie internazionali costituiscono un fattore di incertezza e tensione.

Certo è che il clima di opinioni degli impren-ditori appare abbastanza favorevole, e ciò indub-biamente conforta. Le prospettive degli opera-tori per il terzo trimestre 1973 si mostrano infatti piuttosto ottimistiche, t a n t o nei confronti della produzione e dell'occupazione, quanto in ordine all'evolversi della domanda.

Scendendo ad un breve esame dei principali comparti dell'industria, si osserva che la side-rurgia ha prodotto, nei q u a t t r o mesi del 1973, 698.897 tonn. di ghisa, acciaio e altri materiali derivati, contro 740.781 del corrispondente perio-do dell'anno precedente, con un calo del 5,6%. Il settore dell'automobile, dal canto suo, ha registrato, a livello nazionale, una produzione di 724.958 autoveicoli nel gennaio-maggio 1973, mentre d u r a n t e lo stesso intervallo temporale del 1972 ne aveva costruiti 844.265 (— 14,1%). Occorre t u t t a v i a precisare che tali perdite sono totalmente imputabili al primo trimestre e che nei mesi susseguenti l'attività ha fruito di un sensibile ravvivamento. I rimanenti settori mec-canici hanno presentato un comportamento ana-logo, raggiungendo perciò un ritmo di lavoro a b b a s t a n z a soddisfacente soltanto nella seconda parte del semestre.

(14)

Le cartiere hanno continuato a progredire a un buon tasso di sviluppo, contrariamente a quanto evidenziato dalle concerie, interessate ancora da una fase di stagnazione. L'industria alimentare nel frattempo, grazie all'accrescimen-to della domanda di alcuni prodotti, ha presen-tato un certo dinamismo operativo, che le ha permesso di raggiungere e superare i traguardi dell'anno precedente.

Per quel che riguarda l'edilizia, infine, si segnalano alcuni sintomi di risveglio. Si sono infatti registrati, nella provincia di Torino, du-rante i primi cinque mesi del 1973, aumenti nel numero dei vani ultimati e in quello dei vani progettati pari, rispettivamente, all'83,2% e al 220,9%. Il suddetto miglioramento non ha tardato a sortire benefici effetti sui settori più direttamente collegati, cioè quello del legno e dei materiali da costruzione.

Prima di chiudere questo fugace panorama sul secondario è opportuno soffermarsi su un importante indicatore statistico del grado di at-tività produttiva: il consumo di energia elettrica per usi industriali. Le statistiche al riguardo si limitano al primo trimestre e segnalano un'eroga-zione totale, da parte dell'Enel, di ] .088.238 kwh, contro 1.077.267 del corrispondente periodo 1972 ( + 1%). È chiaro che tale modesta varia-zione positiva è da collegarsi al rallentamento operativo del primo scorcio dell'anno.

Il commercio all'ingrosso, com'è noto, è in provincia di Torino strettamente collegato al-l'andamento della domanda di materie prime da parte delle imjjrese e quindi alle vicende del-l'industria in generale. Si comprende perciò co-me, a un calo del giro degli affari nel primo trimestre, abbia f a t t o seguito nel secondo una certa vivacizzazione che ha comportato, nella media del semestre, un discreto volume di scam-bi. A conferma si riportano le statistiche sulle merci trasportate per ferrovia e giunte nelle stazioni della provincia. Esse sono a m m o n t a t e , nel primo semestre 1973, a 1.873.218 tomi., contro 1.711.767 del corrispondente periodo del-l'anno scorso ( + 9,4%). Limitatamente ai primi tre mesi si era invece registrato un calo dell'I,3%. I mercati al minuto hanno anch'essi bene-ficiato di un apprezzabile incremento di doman-da, che ha raggiunto nel complesso livelli ab-bastanza soddisfacenti. Tale dinamica evolu-tiva è in buona parte da connettersi alla lievi-tazione intervenuta nei redditi monetari delle famiglie in seguito ai recenti aumenti salariali, tenendo d'altro canto presente che diversi ac-quisti aggiuntivi sono stati provocati dalle aspet-tative di forti ulteriori aumenti dei prezzi.

A quest'ultimo proposito si segnala che l'in-dice dei 'prezzi al consumo per le famiglie di

operai e impiegati del comune di Torino è sa-lito, tra giugno 1972 e giugno 1973, del 10,2%. Più preoccupante ancora la lievitazione perve-nuta per i beni, alimentari e gli articoli di abbigliamento, accresciuti rispettivamente del 12,8% e del 12,9%.

Quanto agli investimenti sembra che la rela-tiva domanda abbia presentato alcuni spunti di risveglio che dovrebbero aver permesso il conseguimento di risultati migliori di quelli del-l'anno precedente. Questa impressione si ritrae, fra l'altro, dall'analisi dei dati sull'edilizia non residenziale. In particolare, i progetti relativi alla costruzione di fabbricati con destinazione economica hanno riguardato, nei primi cinque mesi del 1973, opere per un totale di 615.438 mq, contro 391.826 del corrispondente arco tempo-rale di un anno ( + 57,1%). Inoltre i dati sulle immatricolazioni al P.R.A. della provincia di autoveicoli industriali segnalano nei primi tre mesi un incremento del 28,5% rispetto allo stesso periodo del 1972.

In ordine alle esportazioni non si hanno noti-zie precise, in quanto non sono ancora dispo-nibili per il 1973 i dati valutari elaborati dal-l'Unione italiana delle Camere di commercio. I pochi indicatori che si possono prendere in considerazione si basano sulle vendite all'estero di autoveicoli e sulle spedizioni ferroviarie. È noto infatti che le prime rappresentano una rile-vante aliquota delle esportazioni torinesi, men-tre le seconde sono costituite in buona parte da invii di merci oltre confine. E n t r a m b i questi elementi denotano un peggioramento nei con-fronti dell'anno precedente (nell'ordine del 18,3% e del 9,4%).

(15)

Inflazione, ripresa e sviluppo economico

Franco Reviglio

Il problema in generale.

Dopo Keynes sino a qualche anno or sono, il problema rilevante della politica economica è stato di impedire al sistema economico di operare in una situazione di sottoccupazione, facendo fronte ad una situazione di eccesso di capacità produttiva inutilizzata mediante in-terventi pubblici diretti ad aumentare la do-manda sino a raggiungere il livello dell'offerta potenziale di pieno impiego. A causa dell'ac-centuazione delle spinte inflazionistiche in quasi tutti i Paesi, da qualche tempo il problema cen-trale della politica economica tende a diventare il controllo dell'inflazione.

Sono ben noti gli effetti squilibranti dell'in-flazione, che si aggravano m a n mano che il meccanismo inflazionistico supera certi livelli considerati sopportabili. A noi interessa in par-ticolare soffermarci sugli effetti dell'inflazione sullo sviluppo economico, perché consideriamo urgente per l'economia italiana la ripresa pro-duttiva e il suo consolidamento per il raggiungi-mento della iena occupazione. Il tema ha ricevuto g r a n i i attenzione nella letteratura che si è occupata dello sviluppo dei paesi arretrati, in quanto, secondo una teoria assai diffusa, l'inflazione metterebbe in crisi il meccanismo di sviluppo economico. I n t e n d i a m o rivedere le conclusioni di tale teoria e il quadro nel quale ad esse si è giunti. Q u a n t u n q u e le condizioni che concorrono a creare il processo inflazioni-stico e lo stesso problema dello sviluppo siano in tali paesi alquanto diversi, la lezione dei paesi arretrati può riuscire utile a chi voglia definire nei suoi aspetti una politica di controllo dell'inflazione.

E riconosciuto che nei paesi sottosviluppati il problema più urgente da affrontare (mettere in moto il processo di sviluppo) è sostanzial-mente diverso da quello tradizionale di tipo keyneliano (portare il sistema economico alla piena occupazione). Forse molti degli errori della politica economica di questi paesi sono imputabili proprio al voler utilizzare le ricette keynesiane q u a n d o la n a t u r a dei problemi non vi si a d a t t a . I n f a t t i l'azione sulla d o m a n d a per occupare le risorse non impiegate ed a u m e n t a r e il tasso di sviluppo si scontra con le strozzature

esistenti; come è noto, i paesi arretrati sono molto ricchi di mano d'opera non qualificata, ma mancano di capitale, di conoscenze tecniche, di capacità imprenditoriali. Vi sono, cioè, ri-sorse scarse e il tentativo di mettere in moto il processo di sviluppo mediante un'azione sulla domanda, aumenta gli impieghi competitivi di queste risorse scarse, dando luogo ad incre-menti di prezzo e provocando processi infla-zionistici. L'esperienza di questi ultimi 20 anni mostra che i fenomeni inflazionistici sono lar-gamente diffusi nei paesi sottosviluppati. Par-ticolarmente intensi si rivelano nell'America Latina, un po' meno in Asia e in Africa. Ad esempio, nel periodo 1958-1961 l'Argentina e il Brasile hanno registrato aumenti nel livello generale dei prezzi all'ingrosso dell'ordine del 5 0 % all'anno; tassi inferiori, ma assai elevati, si sono realizzati in Perù, nel Cile, a Formosa; aumenti di prezzi trascurabili si sono regi-strati nell'India, nel Marocco, nelle Filippine, in Tunisia (tassi superiori si avrebbero se, invece dei prezzi all'ingrosso, si considerassero quelli al dettaglio). Vale la pena approfondire da vicino il meccanismo inflazionistico; prima però vogliamo ricordare quali sono gli effetti negativi che essa provoca.

Le critiche all'inflazione.

(16)

salari o stipendi, ma, se avranno successo, aggraveranno il processo inflazionistico. Co-munque, nel breve periodo registreranno delle perdite che non vengono più recuperate. Così perdono valore reale le obbligazioni e i titoli del debito pubblico e i possessori di questi titoli si vedranno svantaggiati nei confronti di possessori di altri cespiti patrimoniali. Poiché non è detto che i possessori di titoli a reddito fisso siano necessariamente cittadini che ap-partengono alle classi a reddito più elevato (si può pensare che molti di questi titoli siano posseduti da individui di modeste condizioni economiche che non hanno particolare capacità di investimento e che in questo modo investono i risparmi della propria vita), la redistribuzione prodotta dMl'inflazione darà luogo, anche in questo caso, a effetti indesiderabili sotto il profilo equitativo. Poiché nei paesi sottosvilup-pati il mercato dei titoli di debito pubblico è alquanto ridotto e in alcuni paesi addirittura inesistente, in essi assume importanza partico-larmente l'effetto dell'inflazione sui salari.

Accanto alle critiche distributive, contro l'inflazione si sono avanzati rilievi sotto il pro-filo degli effetti sul risparmio. Secondo alcuni, producendo un aumento di prezzi e, quindi, anche del saggio di interesse, perché ci si vuole tutelare contro la perdita di valore del bene capitale, l'inflazione può ridurre il risparmio volontario. A questa conclusione, tuttavia, si oppone l'opinione, che pare fondata, secondo cui una lieve inflazione agisce favorevolmente sul risparmio attraverso la piena occupazione delle risorse che essa assicura (nel caso però di inflazione da domanda) e attraverso la redi-stribuzione di reddito a favore delle persone ad alta propensione al risparmio che essa pro-voca. D'altro canto, si fa notare che i tassi di interesse si adeguano solo lentamente al processo inflazionistico, sicché gli imprenditori si avvantaggiano nei confronti dei « rentiers » che sono, invece, depauperati dalla perdita di valore reale dei loro crediti.

Per gli effetti positivi sul risparmio, una moderata inflazione sarebbe utile allo sviluppo economico. Tale tesi appare confermata da una recente indagine empirica di Thirwall e Barton; in un gruppo di paesi (17) sviluppati, t u t t i caratterizzati da un tasso di inflazione oscil-lante tra il 3 e l'8% nel periodo 1958-1907, si sono avuti tassi massimi di investimento (1). Per i paesi sottosviluppati si tratterebbe allora di riuscire a controllare il tasso di inflazione con una condotta finanziaria espansionistica che permetta ai prezzi di crescere in misura mo-derata.

Se non si riesce a controllare l'aumento dei

prezzi, il meccanismo di sviluppo rischia di incepparsi. Tre sembrano essere le cause del fenomeno: la distorsione nell'allocazione degli investimenti a^Javore di investimenti meno utili per lo sviluppo economico, le tensioni sociali e, soprattutto, la crisi della bilancia dei pagamenti.

Una parte degli investimenti potrà indi-rizzarsi negli impieghi che più tutelano dal rischio di perdita di valore reale. Alcuni di questi potranno essere utili per lo sviluppo (gli investimenti di impianti e macchinari), mentre altri lo saranno meno (fabbricati e terreni) o non lo saranno affatto (attività speculative). In particolare, l'esperienza mostra che sono incoraggiate queste ultime, specialmente nei casi di inflazione galoppante, poiché le attività speculative danno possibilità non solo di tute-lare l'investimento, ma anche di ottenere gua-dagni di capitali. Potrà allora avvenire che le risorse umane migliori si indirizzino verso l'in-vestimento speculativo più conveniente, invece che nella creazione di attività imprenditoriale. Questo è un fenomeno evidentissimo nei paesi dell'America Latina (si pensi alle speculazioni immobiliari intorno a Brasilia o intorno a Rio De Janeiro o a Buenos Aires), che realizza una distorsione nella struttura dell'investimento, a favore di settori assai poco produttivi dal punto di vista dello sviluppo economico. Anche l'investimento in abitazioni, seppure giustificato da motivi sociali, è poco produttivo ai fini dello sviluppo economico, poiché ha una bassa produttività per quanto riguarda l'aumento della produzione e della produttività del paese. D'altro canto, la maggior parte degli investi-menti nel settore edilizio non avviene in case di abitazione di tipo popolare o comune, ma in fabbricati residenziali di lusso, con un ulte-riore spreco delle poche risorse disponibili.

L'inflazione produce forti tensioni sociali, perché dà inizio ad un processo cumulativo di rivendicazioni salariali da parte dei pubblici dipendenti e dei lavoratori dell'industria, e, in generale, da parte delle varie categorie che si rincorrono l'un l'altra per recuperare i mar-gini corrosi. Le tensioni sociali possono dive-nire insopportabili per il sistema e mettere in grave difficoltà il meccanismo di sviluppo.

Un vero e proprio arresto dello sviluppo può essere provocato dagli effetti che l'infla-zione produce sulla bilancia dei pagamenti, cioè, sulla stabilità esterna. Il processo infla-zionistico determina un aumento delle impor-tazioni e una caduta delle esporimpor-tazioni, perché

(1) « Inflazione e sviluppo: raffronti internazionali ", in

(17)

rende meno competitivi i j^rodotti nazionali. Se il tasso di aumento dei prezzi interni è sujieriore a quello dei prezzi dei paesi che sono fornitori e clienti, i prodotti importati diven-gono più competitivi e, quindi, le importazioni vengono aumentate e, d'altro canto, le espor-tazioni incontrano crescenti difficoltà e possono diminuire. Si aggiunga che le importazioni possono essere a u m e n t a t e di proposito dai

re-sponsabili della politica economica del paese proprio per limitare l'intensità del processo inflazionistico. Può allora registrarsi un dise-quilibrio nella bilancia dei pagamenti o può aumentare di molto il disequilibrio esistente.

Se la dotazione di valute è scarsa (come avviene nella più gran parte dei paesi sottosvi-lujspati), il disequilibrio della bilancia dei pa-gamenti può essere colmato soltanto in tre modi: svalutando la moneta, ottenendo aiuti da altri paesi o dalle organizzazioni interna-zionali, quali il Fondo Monetario Internazio-nale, oppure attuando una politica deflazio-nistica di restrizione della domanda. Le tre misure non sono in alternativa l'una all'altra, poiché possono anche essere utilizzate tutte insieme. Esse sono tutte costose in termini di sviluppo. La svalutazione della moneta produce gli inconvenienti dell'inflazione; ar-ricchisce, cioè, alcuni cittadini e impoverisce certi altri, e tra questi proprio quelli meno abbienti. Essa, inoltre, mina la fiducia che gli altri paesi o gli stessi cittadini del paese hanno nel valore delle promesse che vengono fatte dai responsabili della politica economica. Gli operatori saranno più restii a tenere valuta del paese che ha svalutato, temendo che avver-ranno altre svalutazioni.

Il ricorso dell'aiuto esterno può sollevare questioni politiche. L'Indonesia recentemente si è trovata a dover affrontare una grave crisi nella propria bilancia dei pagamenti. H a potuto affrontarla con successo grazie all'intervento di alcuni paesi occidentali che si sono quotati per permettere al governo indonesiano di superare le difficoltà, perché essi avevano l'interesse po-litico che il governo indonesiano rimanesse al potere. Vicende simili sono avvenute in Era-sile, che è riuscito a ridurre fortemente il tasso di inflazione, anche grazie ai prestiti ricevuti da paesi che davano un elevato valore al man-tenimento di un certo assetto istituzionale.

Gli aiuti che vengono offerti dal Fondo Mo-netario Internazionale per superare una crisi valutaria sono condizionati al proseguimento di una certa politica economica di stabilizza-zione da parte del paese ricevente. Ogni paese membro del Fondo ha una certa quota e fino ad un certo limite di questa quota può

libera-mente trarre risorse, ove debba superare una crisi o un disavanzo nella bilancia dei paga-menti. Ma in genere quando si realizzano pro-cessi inflazionistici di non modesto rilievo la quota di cui si può liberamente disporre è insufficiente e si deve chiedere successive parti della propria quota e, spesso, aperture di cre-dito più ampie della quota stessa. Con queste aperture di credito (date sulla base di un accordo, che, in termini tecnici, si chiama « stand by »), il l'ondo Monetario si impegna ad aprire un credito a breve fino ad un certo ammontare, che può essere utilizzato a certe condizioni. Si possono stabilire successive con-dizioni più rigide man mano che l'apertura di credito diventa più ampia. Le condizioni sono una politica di stabilizzazione, che si sostanzia ili una riduzione dell'espansione della offerta di moneta e della spesa pubblica e in un au-mento delle imposte, misure che provocano, seppure temporaneamente, un arresto del pro-cesso di sviluppo e, attraverso la deflazione, una riduzione del tasso di attività nel sistema economico con una perdita di reddito, e so-p r a t t u t t o di salari, che non viene so-più recuso-pe- recupe-rata nel futuro. La deflazione sacrifica l'espan-sione alla stabilità. Naturalmente una politica di stabilizzazione può essere perseguita indipen-dentemente da queste aperture di credito, ma dif-ficilmente senza il « volano » di un fondo di riserve.

Le cause dell'inflazione.

L'esperienza mostra che talvolta l'inflazione esce dal controllo delle autorità responsabili della politica economica. Perché questo avviene? Per rispondere è necessario vedere quali sono le cause del processo inflazionistico. Come è noto, tra gli studiosi si dibatte se l'inflazione abbia origine nel settore monetario o abbia invece cause di tipo strutturale. L'inflazione di tipo strutturale avrebbe le sue cause nelle caratteristiche esistenti sul lato dell'offerta e della domanda, mentre l'inflazione di tipo mo-netario avrebbe le sue cause nelle decisioni dei responsabili della politica economica e mone-taria, in particolare di quest'ultima.

In genere le analisi del processo di inflazione individuano due tipi di inflazione, quella in-dotta dalla domanda e quella proveniente dai costi. E dunque la causa iniziale del processo inflazionistico clic si cerca di mettere in luce; una variazione verso l'alto della domanda privata o della spesa pubblica o un aumento dei costi, in particolare dei salari.

(18)

Le analisi più raffinate del processo infla-zionistico tendono a metterne in rilievo gli • aspetti strutturali. Come si è detto brevemente all'inizio, nei paesi sottosviluppati l'aumento dei redditi monetari individuali, che può pro-venire dallo stesso processo di sviluppo econo-mico o dalla politica di bilancio (ad esempio, dall'aumento della spesa pubblica per salari e stipendi o per infrastrutture sociali, ponti, strade, ospedali, acquedotti e cosi via), implica una variazione nel livello e nella composizione della domanda. Poiché in detti paesi esiste scarsità di certi fattori e, invece, abbondanza di altri, la dinamica della domanda non può essere soddisfatta in termini reali. I fattori scarsi sono soprattutto il capitale in termini fisici e il capitale umano, cioè la mano d'opera qualificata e specializzata e le capacità organiz-zative imprenditoriali. In molti paesi sotto-sviluppati vi è anche scarsezza di terra fertile e coltivabile; la produttività della terra è di solito molto bassa, i metodi di produzione sono molto arretrati, « ad alta intensità di lavoro » e con rendimenti piuttosto bassi. L'industria pesante è spesso inesistente e l'industria mani-fatturiera è poco sviluppata. Il maggiore livello della domanda e le variazioni della sua com-posizione richiederebbero una maggiore pro-duzione di beni, specialmente del settore agri-colo e dei prodotti dell'industria manifatturiera. La produzione non riesce però ad espandersi a causa delle rigidità che esistono nell'offerta dei prodotti agricoli, dei prodotti dell'industria pesante e di alcuni dei prodotti del settore manifatturiero. Non potendo allora essere sod-disfatta in termini reali, una parte di questa nuova domanda viene soddisfatta in termini monetari. Di fatto viene comprata una quan-tità di beni inferiori a quella che si potrebbe acquistare se i prezzi fossero stabili, ma au-menta il livello generale dei prezzi. Questo pro-cesso inflazionistico è di tipo « endogeno »; ogni inizio di sviluppo economico ha in sé le cause di un aumento nel livello generale dei prezzi.

Naturalmente il processo inflazionistico che cosi si determina (su cause strutturali) è spesso alimentato da una espansione monetaria ecces-siva decisa dalle autorità monetarie e dalla politica fiscale, attraverso i disavanzi di bi-lancio. E la logica stessa del meccanismo dello sviluppo che richiede l'intervento pubblico. Un livello di prezzi crescenti implica una pressione dei lavoratori per salari più elevati; l'operatore pubblico deve far fronte a una maggiore spesa, sia per acquistare beni prodotti all'interno, i cui prezzi sono cresciuti, sia per pagare salari e stipendi ai pubblici dipendenti, che facilmente vengono ad aumentare in seguito all'aumento

nel livello generale dei prezzi. È un meccanismo quasi obbligato, ma è difficile stabilire quali sono le cause prevalenti in un certo paese, cioè se l'inflazi.Qjie è imputabile più all'azione dei pubblici poteri o alle cause strutturali.

È pure difficile stabilire quale è la responsa-bilità delle autorità monetarie. Le autorità monetarie hanno un compito molto importante in un paese sviluppato e un compito meno complesso, ma altrettanto importante, in un paese sottosviluppato. Esse sono tra due fuochi: da un lato le sollecitazioni del governo, che richiede sempre più elevate aperture di credito per far fronte a disavanzi crescenti di bilancio; d'altro lato, le richieste del settore privato, per un credito sempre più elevato. Le autorità monetarie devono espandere il credito e tale espansione deve essere decisa in base a certi parametri. Qual è l'ammontare di credito che si può espandere in condizioni di sufficiente stabilità in un certo paese? Come è noto, questo è un delicato problema anche per i paesi sviluppati. Vi sono i monetaristi, alla Friedman, i quali affermano che la Banca centrale dovrebbe aumentare l'offerta di moneta ogni anno di una certa percentuale fissa, molto vicina al saggio di aumento del reddito mone-tario di quell'anno. Essi vorrebbero un politica della Banca centrale il più possibile neutrale sotto questo profilo. Vi sono, invece, altri economisti i quali ritengono che spetti alla Banca centrale regolare l'ammontare e la velocità del flusso di espansione monetaria in funzione degli obiettivi che la classe politica si propone di raggiungere attraverso la politica economica in genere e la politica monetaria in particolare. È questo un problema ancora ap2rto. Può interessare notare che in questo periodo negli Stati Uniti sembra sia prevalente una impostazione alla Friedman, mentre qualche anno fa, con la precedente amministrazione, l'impostazione che era seguita dalla Riserva Federale era alquanto diversa.

(19)

dello sviluppo economico, che spingono all'au-mento dell'offerta di moneta.

Successivamente negli stadi più avanzati del processo di sviluppo economico, si richiede una quantità di moneta anche come attività. Gli individui tengono moneta cosi come ten-gono in portafoglio titoli di debito pubblico e azioni. Un'ulteriore aggiunta di moneta è ri-chiesta dai bisogni di precauzione e di specu-lazione, in quanto gli individui tengono in forma liquida una parte delle proprie ricchezze, sia per i bisogni imprevisti, sia perché atten-dono il momento favorevole per investirle. La domanda di moneta come « attività » cresce al crescere dello sviluppo.

Accanto alle forze che spingono verso l'espan-sione monetaria, altre agiscono in senso op-posto. La principale di queste è la maggiore efficienza che l'aumento nella quantità di vo-lume degli scambi implica nell'uso della moneta. È un po' lo stesso principio che si ha quando si fondono due piccole banche: la quantità di depositi che si deve a garanzia, quando le due banche sono fuse, è minore della somma dei depositi che ciascuna delle due banche doveva tenere prima della fusione. All'aumen-tare del volume degli scambi delle imprese e delle famiglie, si realizzano delle economie di scala nell'impiego della moneta. Anche questa forza diviene importante oltre una certa fase di sviluppo; nelle fasi iniziali dello sviluppo è possibile trascurarla.

L'offerta di moneta può, dunque, essere espansa senza provocare effetti sul livello gene-rale dei prezzi. Il problema è di determinare qual e l'aumento di moneta richiesto dal sistema che non è inflazionistico. Un aumento nella offerta di moneta pari all'aumento prevedibile del prodotto nazionale in termini monetari cer-tamente non è inflazionistico. Ma le richieste di aumento dell offerta di moneta spesso ecce-dono ampiamente tale aumento. Si t r a t t a allora di vedere qual'è la dose aggiuntiva di espansione monetaria « ammissibile ». In generale una dose aggiuntiva di moneta è giustificata dall'au-mento di importanza del settore capitalista dell'economia e, in misura minore, dalla cre-scente domanda di liquidità da parte delle imprese e delle famiglie. Il tutto, eventual-mente, è compensato dalla maggiore efficienza nell uso della moneta man mano che la scala degli scambi delle imprese e delle famiglie aumenta. È, quindi, necessario stimare l'am-montare di tale dose aggiuntiva; si t r a t t a di un compito difficile che potrà essere agevolato dall'esperienza passata. Poniamo che si ri-tenga che un ulteriore aumento, ad esempio del .5%, sia compatibile con la stabilità.

L'of-ferta di moneta potrà allora aumentare di un tasso pari alla somma di tale incremento e di quello del reddito nazionale in termini mone-tari. A questo punto, secondo alcuni, sarebbe bene aggiungere un'ulteriore iniezione di liqui-dità per spingere gli individui a risparmiare e, quindi, per dare impulso al processo di sviluppo economico. È la tesi che vede nel-l'inflazione moderata un mezzo per accelerare lo sviluppo economico su cui ci siamo soffer-mati. Poiché questa ulteriore iniezione di mo-neta nella generalità dei casi va a favore del bilancio pubblico, essa costituisce una entrata gratuita per l'operatore pubblico ed, è perciò, di assai difficile controllo, anche perché spesso essa è diretta a finanziare una espansione della spesa per investimenti di tipo sociale. Si aggiunga che, in genere, i responsabili della politica monetaria dei paesi sottosviluppati si trovano ad essere fortemente condizionati dalle deci-sioni già prese da settore pubblico. Il settore pubblico si trova di fronte a richieste di spese crescenti nel campo economico e nel campo sociale di elevata priorità; è, perciò, necessario trovare mezzi di finanziamento. Poiché il set-tore pubblico è incapace (questo è uno dei problemi strutturali fondamentali dei paesi sottosviluppati) di finanziare queste spese pub-bliche mediante le imposte, si ricorre al debito nei confronti dell'istituto di emissione. Le au-torità monetarie devono subire il vincolo delle decisioni già prese dai responsabili della poli-tica di bilancio, le quali da sole richiederebbero spesso una espansione monetaria che già rag-giunge il livello di guardia, lasciando spesso poco o nulla per i privati. Si deve allora cer-care di rendere consistenti le richieste dello Stato con quelle dei privati, ma molto spesso l'autorità monetaria non ha, nei paesi in via di sviluppo, la forza politica per fare questa opera di compromesso fra le esigenze del bi-lancio pubblico e quelle del settore privato. Per-tanto l'offerta di moneta spesso viene espansa oltre il livello di guardia provocando un processo che ha cause strutturali e monetarie. In con-clusione, sembra semplicistico chiedersi se l'in-flazione ha cause strutturali o cause monetarie.

(20)

che producono a costi fortemente e lievemente decrescenti e settori che, invece, realizzano eosti costanti o crescenti (principalmente alcuni dei settori dei servizi, l'agricoltura, la P.A.). I lavoratori nei settori ad alto incremento di produttività ottengono aumenti adeguati dei salari, ma la contrattazione collettiva fa si che questi aumenti di salari vengano a diffon-dersi anche negli altri settori che realizzano scarsi o nulli incrementi di produttività, prin-cipalmente nel settore delle P.A., provocando, quindi, aumenti nei prezzi.

Una seconda causa di inflazione strutturale nei paesi sviluppati proviene dal lato della domanda. Esistono indivisibilità nei consumi; taluni consumi si realizzano solo quando il livello dei redditi fa « scattare » un certo livello critico. A questo punto l'offerta dovrebbe espandersi in misura rilevante; spesso però essa non è in grado di espandersi nel breve periodo e, perciò, i prezzi aumentano oppure si ricorre alle importazioni con effetti negativi sulla bilan-cia dei pagamenti. È questo il caso, per esempio, della domanda di automobili in Italia nel 196.3. In tale anno essa è aumentata del 60-70%; poi-ché l'offerta nazionale non era in grado, imme-diatamente, di far fronte a un aumento di do-manda cosi inatteso, si è dovuto ricorrere a mag-giori importazioni nel breve periodo, che hanno provocato una crisi nella bilancia dei pagamenti. Aumenti nei prezzi provocati da fenomeni che stanno sul lato della domanda possono prove-nire anche da cambiamenti dei gusti, in con-nessione con strozzature esistenti nell'offerta.

Inflazione e ripresa economica in Italia.

I fattori di inflazione strutturale caratte-ristici dei paesi sviluppati (rigidità nel mercato dei salari, strozzature nell'offerta, settori a diverso incremento di produttività, indivisibilità nei consumi e cambiamenti nei gusti) possono essere ritrovati tutti nella recente esperienza ita-liana insieme ad altri, tra i quali appaiono impor-tanti lo straordinario aumento nei prezzi delle materie prime e del petrolio, l'introduzione del-l'imposta sul valore aggiunto e gli effetti della svalutazione di fatto della lira. Soltanto il secon-do fattore, l'introduzione dell'I.V.A., in gran parte dovrebbe avere quasi esaurito la propria azione sui prezzi; gli altri due fattori non si sono ancora clic in piccola parte «scaricati» sui prezzi al consumo. L'introduzione dell'I.V.A. ha giu-stificato da sola un aumento che si è stimato intorno al 4%; se al tasso normale di aumento dei prezzi nei tre mesi precedenti e successivi all'introduzione dell'imposta si aggiunge l'au-mento dovuto al tributo, si spiega la maggior parte dell'aumento eccezionale che si è avuto.

Un rapido ritorno alla situazione precedente appare difficile, perché non pare possibile impe-dire lo scaricamento a valle dell'aumento dei prezzi delle maj^grie prime e gli effetti della sva-lutazione della lira. Il processo di scaricamento dovrebbe però essere controllato attenuando il processo cumulativo di scaricamento sui prezzi di vendita dei maggiori costi con oppor-tuni provvedimenti di politica economica. In tal senso si potrebbe accogliere la proposta recentemente avanzata dal prof. Andreatta di fiscalizzare parte della scala mobile.

La lotta all'inflazione nel nostro paese è agevolata dall'esistenza del doppio mercato della lira che offre alle autorità monetarie la possibilità di agire in modo da evitare sostan-zialmente il vincolo della bilancia dei pagamenti. Sotto questo profilo, almeno nei prossimi mesi, se non si realizzeranno fenomeni speculativi incontrollabili, non si dovrebbe presentare alle nostre autorità monetarie la necessità di ri-correre ad una stretta monetaria per impe-dire una insostenibile e continuativa erosione delle riserve. Uno degli effetti negativi dell'in-flazione, tanto pericoloso, si è visto, per lo sviluppo dei paesi arretrati, può essere neutra-lizzato.

(21)

scala mobile in modo da aumentare la quota di recupero di potere d'acquisto per i salari più bassi e di diminuirla per quelli più elevati. A parità di costo per le imprese (o per la collet-tività, nel caso in cui si aderisse alla proposta di fiscalizzare la scala mobile), una parte degli effetti negativi dell'inflazione sotto il profilo distributivo sarebbe compensata.

Nell'ipotesi che l'eccesso inflazionistico venga ad esaurirsi, gli effetti da esso prodotti do-vrebbero risultare nel complesso positivi per la ripresa dell'economia e, quindi, per lo svi-luppo economico. È ovvio che gli aumenti di prezzo sono la via attraverso cui le imprese ricostituiscono i margini di profitto raggiun-gendo di nuovo l'equilibrio costi-ricavi che è considerato la condizione la ripresa degli investimenti. Certamente la decisione di poli-tica economica di non contrastare il processo inflazionistico seguita dal giugno 1972 era di-retta a raggiungere tale obiettivo, anche se con costi sociali che forse si potevano almeno in parte attenuare con una diversa strategia di politica economica. D'altro canto, gli aumenti di prezzo conducono ad una riduzione della domanda per consumi in termini reali da parte delle famiglie e, quindi, della produzione delle imprese, che può agire in senso opposto a quello desiderato per la ripresa produttiva; tuttavia, tale riduzione può essere compensata dall'andamento delle espor-tazioni e dalla domanda di investimenti, oltre che da un maggior livello della spesa corrente. E difficile prevedere l'intensità delle due forze contrapposte; accurate indagini sull'ela-sticità ai prezzi della domanda per consumi fornirebbero elementi per valutare la diminu-zione della domanda per consumi in termini reali, ma in ogni caso resterebbero da valutare la domanda per investimenti e le esportazioni. Xei prossimi mesi una certa ripresa della do-manda di investimenti dovrebbe seguire all'au-mentato margine di utilizzazione degli impianti ed al miglioramento dei conti economici delle imprese; la ripresa produttiva in atto negli altri paesi industrializzati e la riacquistata competitività dei prodotti italiani sui mercati esteri, grazie al recupero di competitività con-sentito dalla svalutazione, consentono un certo ottimismo sull'andamento delle esportazioni italiane nei prossimi mesi, che pare trovare già i primi segni di conferma nell'accresciuta spinta proveniente dalla domanda estera. La riduzione dei consumi reali dipendente dall'inflazione può, poi, trovare compensazione nell'aumento della spesa corrente privata e pubblica connessa agli aumenti salariali e alla scala mobile. La ripresa, comunque, passa attraverso l'aumentò della do-manda di in vestimenti piuttosto che di consumi,

perche un impulso eccessivo della domanda di consumi, specialmente in alcuni settori e nei con-fronti delle grandi imprese, potrebbe incontrare presto strozzature nell'offerta, a causa delle rigi-dità dell'organizzazione della produzione e nello sfruttamento degli impianti connesse ai nuovi rapporti di lavoro.

In conclusione, la ripresa dello sviluppo economico può trovare impulso nell'eccesso di inflazione, soprattutto perché il grado di libertà offerto dal doppio mercato consente di evitare un'azione deflazionistica da parte delle autorità monetarie. Tale conclusione non appare valida ove continui per lungo tempo un grado di inflazione « sudamericano », perché allora, come l'esperienza sudamericana insegna, gli squilibri indotti dal meccanismo inflazionistico arrestano lo sviluppo. Se si vuole tornare ad un sod-disfacente tasso di sviluppo economico è con-dizione necessaria arrestare l'eccesso di infla-zione con immediati provvedimenti di politica economica tra i quali attenzione particolare merita la proposta di fiscalizzazione della scala mobile (provvedimento che dovrebbe in ogni caso essere temporaneo). Dopo aver arrestato lo svolgersi della spirale inflazionistica si dovrà provvedere affinché l'inizio di ripresa si consolidi attraverso una efficace azione di ristrutturazione dell'offerta, diretta ad eliminare certe strozza-ture, particolarmente nei settori agricolo-alimen-tari e a correggere certe tendenze dello sviluppo spontaneo che aggraverebbero ulteriormente alcuni difetti del sistema economico italiano.

L'eccesso di tensioni sul sistema dei prezzi può costare alla comunità nazionale un prezzo elevato in termini di distorsioni negli investi-menti, perché le risorse umane si indirizzano ad attività speculative invece che ad impieghi rischiosi, sui cosiddetti « beni rifugio » (azioni, immobili). La ripresa della borsa può, tuttavia, dare ossigeno al processo di ripresa e, perciò, essere utile allo sviluppo, purché non sia ecces-siva e perciò destinata a sgonfiarsi improvvisa-mente. Il fenomeno deve essere attentamente controllato dalle autorità. D'altro canto, un rinnovato interesse all'investimento immobiliare può aiutare la ripresa del settore, se non sarà tale da provocare eccessivi aumenti dei valori immobiliari non sopportabili dalla domanda non speculativa potenziale. Se in ogni caso si saprà arrestare la v a m p a t a inflazionistica, il costo della distorsione negli investimenti potrà essere contenuto entro margini sopportabili.

(22)

Gioca fuori casa

l'economia del Piemonte

Giancarlo Biraghi

Il Piemonte è tra le regioni italiane più attive sotto il profilo degli scambi commerciali con l'estero: le sue importazioni si aggirano sul 9-10% di quelle nazionali, mentre le esporta-zioni rappresentano il 1 8 - 1 9 % .

Avremmo preferito usare una dizione più comprensiva, cioè « relazioni commerciali con l'esterno », se nella presente nota non conside-rassimo s o p r a t t u t t o i rapporti con gli altri Paesi, per i quali abbiamo una certa disponibilità di statistiche. Merita tuttavia, e lo faremo nella parte conclusiva, accennare anche alla posizione del Piemonte globalmente considerata dal p u n t o di vista degli scambi sia con i Paesi stranieri sia con le altre regioni italiane. Quest'ultimo angolo di osservazione non è meno interessante, per q u a n t o gli elementi conoscitivi siano oggi ancora molto ridotti, perché consente di con-frontare l'entità degli apporti provenienti da fuori alla formazione delle risorse della regione e il volume complessivo di quelle che la regione stessa reca sia alle economie straniere sia alle altre regioni del nostro Paese.

Nel corso degli ultimi nove anni la bilan-cia commerbilan-ciale delle regioni italiane con l'e-stero appare costantemente a t t i v a soltanto per sette, e cioè Piemonte, Toscana,

Emilia-Ro-Talella 1

MOVIMENTI VALUTARI DEL COMMERCIO CON L'ESTERO DEL PIEMONTE DAL 1964 AL 1971

(milioni di dollari USA)

ANNI ESPORTA-ZIONI IMPORTA-ZIONI SALDO ESPORTA-ZIONI IMPORTA-ZIONI /o 1 9 6 4 8 9 4 , 5 6 4 6 , 6 + 2 4 7 , 9 1 3 8 , 3 1 9 6 5 9 8 6 , 4 6 1 6 , 4 + 3 7 0 , 0 1 6 0 , 0 1 9 6 6 1 . 1 6 4 , 6 7 6 2 , 3

+

4 0 2 , 3 1 5 2 , 8 1 9 6 7 1 . 2 8 3 , 9 8 3 2 , 2 + 4 5 1 , 7 1 5 4 , 3 1 9 6 8 1 . 5 7 2 , 9 8 6 5 , 0 + 7 0 7 , 9 1 8 1 , 8 1 9 6 9 1 . 8 8 8 , 8 .1.088,5 + 8 0 0 , 3 1 7 3 , 5 1 9 7 0 2 . 1 8 1 , 2 1 . 2 6 9 , 9 + 9 1 1 , 3 1 7 1 , 8 1 9 7 1 2 . 3 8 0 , 8 1 . 2 8 1 , 1 -j-1.099,7 1 8 5 , 8

magna, Marche, Puglia, Calabria, Sicilia; per t u t t e le altre e per l'Italia nel suo insieme il saldo è sempre o spesso negativo. Ma le regioni con saldo positivo di apprezzabile consistenza sono soltanto tre, e cioè in ordine ascendente: Emilia-Romagna, Toscana, Piemonte. L'indice piemontese esportazioni/importazioni, eccezion f a t t a per il 1964, supera normalmente quota 150 (fatto il valore delle importazioni uguale a 100) e negli anni più recenti oscilla tra 170 e 180 (tab. 1).

Quali sono le aree geografiche verso cui pre-valentemente si dirigono gli scambi commerciali del Piemonte? Per rispondere alla domanda dovremmo distinguere importazioni da esporta-zioni. Il discorso può t u t t a v i a essere unificato, tenuto conto che pur variando le singole inci-denze, secondo che si tratti di vendite o di acquisti, il senso dei flussi si svolge con un certo parallelismo. Rimandiamo perciò per i vari par-ticolari alla tabella 2.

Limitiamoci dunque all'ultimo anno per il quale i dati sono completamente disponibili (1971) per constatare che il pezzo forte delle nostre relazioni d'affari con l'estero riguarda i Paesi della vecchia CEE (vale a dire la Comu-nità a sei). Oltre il 50% delle importazioni pro-viene dagli altri cinque Paesi della piccola Eu-ropa di ieri, e poco meno della metà delle espor-tazioni si dirige in quest'area. La Gran Bretagna costituisce a sua volta un contraente di notevole rilievo, mentre al di fuori dell'arca europea sono gli Stati Uniti a rappresentare il nostro cliente di maggior peso.

Riferimenti

Documenti correlati

Le modificazioni più rilevanti nella rete infrastrutturale sono state infatti quelle indotte dello sviluppo recente, dovute evidentemente alla crescente importanza del sistema

Le concessionarie creeranno un organo comune al quale conferiranno mandato di esercire per loro conto le opere e le installazioni concesse. Tale mandato riguar- derà tutto

Cosciani, Enrico Allorio, Francesco Forte, Aldo Scotto, Sergio Steve, Bruno Visentini e altri.. l'accertamento, della riscossione, delle sanzioni e del contenzioso;

21 della Convenzione qua- lora d a v a n t i un giudice di uno Stato-membro penda una causa avente il medesimo oggetto e il medesimo titolo ed intercorra fra le stesse parti, «

L'incessante evoluzione della vita economica porta con sé un ritmo fortemente aecellerato di cambiamenti e di innovazioni, tanto nel settore amministrativo e tecnicistico quanto

Discretamente ravvivate da un maggior af- flusso di ordini sono risultate invece le industrie dei co lori , delle vern i ci, dei prodotti di bell ezza, del l eg

Il presente volume è ispirato al criterio di trat- tare tutti i temi che attengono alla direzione strategica dell'impresa industriale dal punto di vista della direzione d'impresa

La Mostra d'arte sacra alla Esposizione del 1898 a Torino, mostrò forse per l'ultima volta in una grande manifesta- zione, l'antica storia delle antiche cor- porazioni o