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Un buon progetto si conferma come tale soprattutto quando è in grado di ri- calibrarsi e reagire positivamente agli stimoli, esogeni ed endogeni, che finiscono per alterare la situazione d’origine: così, la validità del percorso verso l’UEM che i Dodici avevano approvato al Consiglio europeo di Madrid, già nell’estate ‘89 era messa a dura prova dagli eventi che nel volger di pochi mesi, avrebbero segnato la fine del blocco comunista in Europa. Infatti, nonostante le profonde crepe che già da qualche anno si erano manifestate in vari paesi dell’Est, la dissoluzione si intensificò tra luglio ed agosto, nel momento in cui alcuni paesi dell’Est avevano aperto le proprie frontiere, facendo in modo che ingenti masse di cittadini potessero cercare una via di accesso verso l’Europa occidentale. Il fenomeno divenne così tumultuoso e inarrestabile, che il 9 novembre anche la RDT aprì le frontiere verso la RFT: a Berlino, suscitando profonda emozione in tutto il mondo e specialmente in Europa, i tedeschi distruggevano il muro che li aveva tenuti separati per quasi trent’anni.

dell’europeismo ed affrettarsi ad essere compiutamente Europa; per altro verso, la consapevolezza della fragilità del nostro sistema istituzionale”, On. A. Zaniboni, Ibidem, p. 36427.

189 On. B. Craxi, ALeg, CADE, X Leg., Assemblea, Discussioni, 28 luglio 1989, p. 36112.

190 A nome del PCI, Antonio Minnucci evidenziava come “la serie dei ‘se’ con cui l’onorevole Craxi ha

aperto il suo intervento, dettando le condizioni di un consenso difficile, in ogni caso non scontato, dei socialisti al nuovo Governo è cosa assai pesante e insolita (…) tanto più che i ‘se’ anticipavano un giudizio assai severo sul bilancio complessivo della maggioranza di pentapartito in questa legislatura ed erano rafforzati dall’annuncio che un nuovo inciampo della coalizione ne segnerebbe la fine senza appello”, On. A. Minnucci, ALeg, CADE, X Leg., Discussioni, Assemblea, 30 luglio 1989, p. 36425.

Per la CEE ed i singoli stati membri si aprivano due scottanti problemi politici191: 1) che fare delle due repubbliche tedesche; 2) quale futuro per i paesi dell’Est europeo, per i quali l’Europa occidentale e la CEE costituivano una vera e propria speranza192. La divisione dell’Europa era un’evidenza politica da così tanto tempo, da rendere non facile l’elaborazione di ipotesi alternative alla cortina di ferro193: l’Europa dall’Atlantico agli Urali aveva rappresentato più uno slogan piuttosto che un reale progetto politico. Lo stesso De Mita, al consiglio nazionale DC di fine agosto, aveva affermato che

“se ognuno di noi si interrogasse, scoprirebbe sorprendentemente che anche noi avevamo abbastanza memorizzato la convinzione che l’Europa finiva a Berlino; che l’Europa che noi stiamo costruendo, l’Europa che abbiamo costruito, era l’Europa occidentale; che al di là c’era un altro mondo (…) Non so se ci siamo resi conto che la cancellazione di questo confine ideale, non geografico, sta aprendo all’interno delle nostre realtà problemi complessi”194.

L’esigenza di dare risposte ai due problemi appena citati, interrogava le classi politiche di tutta Europa: per quanto avessero salutato con entusiasmo la fine della cortina di ferro, non erano né psicologicamente nè politicamente pronte a rispondere

191 Jacques Delors, nel discorso pronunciato in occasione dell’apertura dell’anno accademico del College

d’Europe di Bruges, passato alla storia quale risposta a quello pronunciato dalla Thatcher l’anno precedente, aveva affermato: “Come assumere le nostre responsabilità (…) se non mediante un approfondimento accelerato della costruzione comunitaria? (…) La storia accelera, dobbiamo accelerare anche noi”, “Europe. Agence internationale”, 21/10/1989, n. 1576, riprodotto in L. Levi, U. Morelli, L’unificazione europea. Cinquant’anni di storia, cit., p. 339. Nel dibattito che si svolse al PE pochi giorni dopo il discorso di Delors, Napolitano ammoniva: “Presidente Delors, lei ha parlato a Bruges della necessità (…) di un salto di qualità, di un nuovo shock politico nella vita della nostra Comunità. Ma ciò non può che significare una svolta verso l’unione politica (…) una nuova configurazione dei poteri della Comunità e di ciascuna delle sue istituzioni in risposta ad un’esigenza di interventi e di controlli democratici che non si può più ignorare” On. G. Napolitano, Discussioni del Parlamento europeo, 25 ottobre 1989, supplemento al Bollettino CEE, n. 3-382/137. Anche Forlani confermava questa linea, affermando che “la risposta democratica all’espansione dei poteri economici deve trovare ora forme ragionate e moderne capaci di conservare il significato profondo della responsabilità politica come funzione primaria e dirigente”, Ibidem, /145.

192 Nel documento che concludeva i lavori del consiglio nazionale della DC, si sottolineava che “le novità

dell’est europeo confermano la permanente funzione della cooperazione occidentale e delle istituzioni comunitarie come fattore di pace e di progresso in Europa”. Durante i lavori del consiglio, lo stesso Andreotti aveva affermato come fosse stato “il fascino dell’Europa unita che ha aiutato le trasformazioni in corso (…) è un fascino che deve continuare, proprio rafforzando questa Europa e non lasciandosi prendere dai dubbi”, Consiglio nazionale DC, 17-18 novembre 1989, ASLS, Fondo DC, Consiglio nazionale, scatola 75, fascicolo 192. Anche Napolitano, in una seduta plenaria della Camera dei Deputati, interrogava se stesso e gli altri deputati domandando: “Saprà la democrazia europea essere all’altezza delle aspettative che ha suscitato?”, On. G. Napolitano, ALeg, CADE, X Leg., Assemblea, Discussioni, 14 novembre 1989, p. 40489.

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Nella relazione che Napolitano tenne nel maggio al comitato centrale in vista della campagna elettorale per le europee, sullo stato dell’Europa, l’esponente PCI affermava: “Non si tratta di coltivare ambigui e irrealistici progetti di riunificazione tedesca o di vaga, globale riunificazione europea”, G. Napolitano, La relazione di Napolitano, cit.

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alle problematiche che tale crollo portava con sé. Nella seconda metà di novembre ad aumentare questo senso di smarrimento politico, contribuì il progetto di riunificazione tedesca presentato da Helmut Kohl al parlamento di Bonn. L’iniziativa del cancelliere della RFT era avvenuta senza una consultazione preventiva con i partners europei. Il presidente francese Mitterrand, contrario alla riunificazione, aveva reagito cercando il sostegno del presidente sovietico Gorbaciov e, quanto alla posizione italiana, lo stesso governo Andreotti fece dichiarazioni ambigue, ora in favore della riunificazione, ora auspicando cautela o prospettive di realizzazione nel medio termine. L’Europa, ancora una volta, si scopriva impaurita dinanzi all’ipotesi della ricostituzione di un solido e popoloso stato unitario tedesco nel suo cuore, cerniera tra Est ed Ovest.

Il rischio più grande, ammonì Bruno Orsini della DC, era “quello che i paesi europei, che hanno tutti alle spalle una lunga storia nazionale, conoscano la tentazione di svolgere iniziative in modi e in forme tali da oltrepassare le esigenze legate all’intesa e alla solidarietà comunitarie”195. In altre parole, il rischio segnalato da Orsini riguardava la possibilità che il crollo del Muro rappresentasse un impedimento per la costruzione comunitaria: era lo stesso segretario Forlani a far propria questa preoccupazione, all’interno della relazione che introdusse i lavori del consiglio nazionale della DC del 17-18 novembre ‘89, al quale partecipavano, per la prima volta, anche delegazioni ufficiali di partiti democristiani risorti nei vari paesi dell’est europeo:

“sarebbe un grave errore”, ricordava Forlani, “ritenere che il processo in atto, simbolizzato dalla rimozione del muro di Berlino, tolga valore al processo della costruzione comunitaria. Al contrario, sono gli stessi avvenimenti che hanno segnato le ultime settimane della vita del continente europeo, ad imporci di accelerare il passo della costruzione comunitaria”196. In quest’ottica, proseguiva il segretario DC, “riteniamo indispensabile che il prossimo vertice di Strasburgo assuma la decisione di convocare per il periodo della nostra presidenza di turno una conferenza intergovernativa che proceda all’adeguamento dei trattati (…) questa trasformazione della Comunità dovrà procedere comunque, quali che possano essere le esitazioni o peggio le eventuali ostilità di qualche nostro partner (…) È venuto il momento, in altri termini, di non affidare ad un indefinito futuro il traguardo finale della costruzione politica dell’Europa: occorre accelerarne i tempi precisando finalità, competenze, istituzioni e metodi”197.

Le parole di Forlani costituivano la sintesi di un’intensa attività parlamentare che aveva dedicato ampio spazio ed energie alla politica europea, soprattutto dopo che

195 Consiglio nazionale DC, 17-18 novembre 1989, cit. 196 Ibidem.

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Mitterrand aveva convocato una sessione straordinaria del Consiglio europeo, per affrontare le complesse tematiche dell’UEM e della riunificazione tedesca. Già in una riunione della commissione Affari Esteri e Comunitari della Camera del 10 novembre, Napolitano aveva sostenuto, riprendendo un’intervista di Willy Brandt al “Der Spiegel”, che “di fronte a quanto sta accadendo nei paesi dell’Est, anche noi avremmo bisogno di individuare nuove parole e, soprattutto, di esprimere nuove idee e soluzioni”198. L’esponente del PCI, dopo aver sottolineato il ruolo di Gorbaciov nei cambiamenti in atto199, segnalava l’esigenza di accelerare il processo d’integrazione, dove per accelerazione, non si doveva intendere “asserragliarsi”: secondo Napolitano era infatti necessario “consolidare soprattutto le fondamenta politiche dell’Europa dei dodici, affinché la Comunità possa, con più autorevolezza, con più sicurezza e con più efficacia, gettare nuovi ponti verso il resto dell’Europa”200.

Il 14 e 15 novembre alla Camera dei Deputati, le varie formazioni politiche furono impegnate a discutere una mozione di indirizzo per indicare al governo italiano la posizione da tenere al Consiglio europeo di Strasburgo: la mozione era stata presentata da tutti i gruppi parlamentari, di maggioranza come di opposizione, primo firmatario Scotti per la DC. Il testo, dopo aver ripercorso i vari documenti che il parlamento italiano aveva approvato a sostegno dell’unione politica, impegnava il governo a: 1) iscrivere all’ordine del giorno del Consiglio europeo un esame sull’attuazione dell’AUE; 2) presentare un memorandum che rispecchiasse la volontà politica espressa dagli italiani nel referendum d’indirizzo; 3) chiedere al Consiglio europeo di istituire un comitato ad hoc, presieduto da Delors, al fine di studiare il funzionamento delle istituzioni comunitarie e le cause del deficit democratico; 4) sostenere la convocazione della CIG e l’associazione ai lavori di quest’ultima del PE. Pur occupandosi del Consiglio europeo, la discussione in aula fu incentrata sull’evoluzione della situazione politica nella Germania dell’Est, dove da pochi giorni era caduto il muro; in tal senso, Napolitano citava un documento approvato dalla direzione della SPD che, sulla riunificazione tedesca, così si esprimeva: “Le porte della casa europea sono aperte; non dovranno mai più chiudersi (…) I due Stati tedeschi debbono non intralciare ma favorire

198

On. G. Napolitano, ALeg, CADE, X Leg., BC, III Comm., 10 novembre 1989, p. 99.

199 “Dobbiamo avere la consapevolezza del fatto che quanto sta accadendo all’Est non sarebbe stato e non

sarebbe pensabile senza l’impulso sconvolgente impresso dalla nuova leadership sovietica, che si è ispirata ad una revisione profonda delle posizioni dottrinarie, introducendo nuove visioni politiche sia in ordine al governo della società ed alla sua trasformazione, sia in riferimento all’attività internazionale”, Ibidem. A nome della DC, Sarti invitava ad avere più cautela nel valutare l’azione del presidente sovietico, pur apprezzando quanto fatto finora.

200

l’integrazione europea; l’unione dei tedeschi deve essere raggiunta di pari passo con l’unione dell’Europa”201. L’intervento, di ampio respiro sui vari temi della politica estera, aveva suscitato la viva approvazione da parte della DC e di altre forze politiche, ma anche la veemente replica da parte del missino Francesco Servello:

“Quando la forza politica per la quale ho in questo momento l’onore di intervenire (…) votava a favore dell’adozione di determinati strumenti di politica europea (…) non solo il partito comunista ma anche qualche forza politica di Governo votava contro. Bisogna ricordare queste verità e chiarire i possibili equivoci. Altrimenti, nell’ovattata atmosfera italica, nell’aria ovattata che si respira in quest’aula, si può registrare un singolare spettacolo: quello di un rappresentante del partito comunista che impartisce indirizzi di politica estera”202.

Ad integrare e rafforzare la mozione, concorse anche una risoluzione, primo firmatario il sempre attivo Giuseppe Calderisi, presentata dal gruppo Federalista Europeo e da quello Verde, con il sostegno di Diego Novelli del PCI, nella quale si impegnò il governo, in sede di Consiglio europeo, “a sostenere con la massima determinazione (…) l’esigenza di affidare immediatamente al Parlamento europeo il compito di redigere il nuovo trattato, vera e propria Carta costituzionale dell’unione europea o Stati uniti d’Europa”203. La Camera approvò quasi all’unanimità, la mozione (429 sì e 2 astenuti) e l’ordine del giorno Calderisi (424 Sì e 4 astenuti).

Anche al PE, nonostante che all’interno delle conclusioni del vertice di Madrid la convocazione della CIG fosse stata inserita nel punto relativo all’UEM, alcuni eurodeputati italiani si batterono affinché al vertice di Strasburgo si discutesse soprattutto di unione politica, anche considerati gli avvenimenti nell’Est europeo: Biagio De Giovanni sostenne infatti “la necessità di legare l’Unione economia e monetaria a profonde modifiche istituzionali che riguardano la forma democratica della Comunità; ed è necessario che queste cose si muovano insieme, in maniera

sincronica”204. Maria Luisa Cassanmagnago Cerretti si dichiarava concorde;

l’eurodeputata DC, ricordava infatti che la vera sfida,

201

On. G. Napolitano, ALeg, CADE, X Leg., Assemblea, Discussioni, 14 novembre 1989, p. 40488.

202 On. F. Servello, Ibidem, p. 40495. Franco Russo, che aveva lasciato il gruppo DP, replicava

all’esponente del MSI dichiarando come sull’unità dell’Europa “c’è stato qualcuno che è arrivato prima ed altri che sono arrivati dopo, ma penso che leggere la storia europea in questi termini sia molto riduttivo”, On. F. Russo, Ibidem, p. 40501.

203 “Risoluzione 6-00109”, ALeg, CADE, X Leg., Assemblea, Discussioni, 15 novembre 1989, p. 40566. 204 On. B. De Giovanni, Discussioni del Parlamento europeo, 21 novembre 1989, supplemento al

“cui si trova innanzi il Parlamento europeo è quella, di più ampio respiro, della realizzazione dell’Unione europea (…) Noi dobbiamo indipendentemente, parallelamente all’impegno di contribuire ai lavori per il Trattato dell’unione economica e monetaria, continuare a perseguire il più ampio obiettivo dell’Unione politica”205.

L’esito del vertice di Strasburgo rimase in bilico fino all’ultimo a causa dell’opposizione di Kohl ad una eventuale convocazione della CIG in tempi brevi206. Il Consiglio europeo, che si dichiarò consapevole delle responsabilità che gravavano sulla CEE nella nuova situazione politica europea207, riuscì nonostante le notevoli difficoltà, a trovare un compromesso; l’accordo, che vide naturalmente la Thatcher fermamente contraria, ma nuovamente isolata, fu possibile grazie a quello che si palesava da subito come uno scambio eminentemente politico208: il Consiglio dava il via libera al cancelliere per la riunificazione della Germania, ottenendo in cambio il “sì” tedesco alla moneta unica europea e alla convocazione a breve, a discrezione della futura presidenza italiana, della CIG. Il successo della Francia e quello personale di Mitterrand erano enormi, considerato anche che undici membri sottoscrissero la Carta sociale, eludendo parzialmente la consueta opposizione britannica209.

Il 1989 si chiudeva dunque con grandi speranze per la CEE e per l’Europa e con notevoli attese verso la presidenza italiana che avrebbe dovuto aprire i lavori della CIG. Ancora una volta, una tappa importante del processo d’integrazione sarebbe dovuta passare per una presidenza italiana e il suo instabile sistema politico. Se le ripercussioni della caduta del Muro di Berlino sulla CEE potevano già essere imbrigliate con la moneta unica e la prospettiva, ancora piuttosto latente, di un allargamento ad Est, poco consapevole sembrava la classe politica italiana che uguali profonde ripercussioni, la rivoluzione politica del 1989 avrebbe potuto generarne anche a livello nazionale.

205 On. M. L. Cassanmagnago Cerretti, Ibidem, /88-89. 206

F. Galvano, Scompiglio al vertice dei dodici, in “la Stampa”, 8 dicembre 1989, A. Cerretelli, Moneta Cee, da Kohl arriva un alt, in “il Sole 24 ore”, 8 dicembre 1989, P. Sormani, Ora è Kohl a ostacolare il cammino dell’unione monetaria L’ombra della riunificazione sull’impegno comunitario, in “Corriere della Sera”, 8 dicembre 1989.

207

“Le Conseil européen est conscient des responsabilités qui incombent à la Communauté en cette période cruciale pour l'Europe. Les changements actuels et les perspectives d'évolution en Europe démontrent l'attrait qu'exerce sur de nombreux pays le modèle politique et économique de l'Europe communautaire”, Consiglio europeo, Conclusion de la Presidence sur le Conseil européen de Strasbourg, Strasburgo, 9 dicembre 1989.

208 Si veda la ricostruzione del vertice di Strasburgo, dal suo punto di vista, proposta in G. De Michelis,

La vera storia di Maastricht, in “LiMes”, n. 3/96, pp. 137-140.

209 Si sarebbe dovuto attendere il 1997, con la sconfitta dei conservatori e la vittoria alle elezioni politiche

LA DIFFICILE STRADA VERSO MAASTRICHT