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Il programma della presidenza italiana era stato già frutto di un intenso dibattito al PE; Rosy Bindi, dopo aver udito le dichiarazioni della presidenza del Consiglio e della Commissione, si dichiarò preoccupata:

“La preoccupazione nasce dalla constatazione di trovare nelle dichiarazioni del Presidente del Consiglio la conferma di una linea politica, da lui stesso annunciata all’inizio di questo semestre, consistente sostanzialmente nelle prevedibili conclusioni delle Conferenze intergovernative, nell’adozione cioè di un secondo Atto unico. Ascoltando il discorso del Presidente del Consiglio nonostante l’atteggiamento difensivo che prendiamo nei confronti delle realizzazioni di questo primo periodo della Presidenza italiana e nonostante l’accelerazione della storia di questi ultimi mesi ci viene la conferma che questa linea politica, una linea politica dei piccoli passi, tutto sommato non è stata cambiata”147.

146

On. G. Galderisi, ALeg, CADE, X Leg., BC, Comm. speciale per le politiche comunitarie, 25 ottobre 1990, p. 9. Anche Rosy Bindi evidenziava che “al fine di dare maggior peso alla voce italiana, dobbiamo intraprendere la battaglia istituzionale perché è nella misura in cui si cambiano le regole del gioco che la dignità dei paesi cresce. Se l’Europa si misura solo sulla potenza economica, siamo destinati a diventare per più della metà un paese a trattamento fondostrutturale”, On. R. Bindi, ALeg, CADE, X Leg., BC, Comm. speciale per le politiche comunitarie, 6 novembre 1990, p. 13.

147 On. R. Bindi, Discussioni del Parlamento europeo, 23 ottobre 1990, supplemento al bollettino CEE, n.

Il PE, affermò l’eurodeputata DC, aveva già indicato la via, la risposta all’accelerazione presa dalla storia dopo il crollo del Muro, “con l’adozione della relazione Colombo e, quindi, con la richiesta di un vero e proprio mandato costituente al fine di porre le basi dell’Unione europea”148. Anche Luigi Colajanni, del PCI, incalzava:

“Può darsi che noi siamo irrealistici, ma rimaniamo convinti (…) che è il momento di accelerare la costruzione dell’Unione europea e che questa unione deve essere fondata non su un Atto unico bis (…) ma secondo noi, su un Trattato dell’unione che contenga le grandi scelte di unità europea che riguardano la politica estera, le istituzioni comuni, la democrazia, la sicurezza”149.

Il Consiglio europeo di Roma del 27-28 ottobre riuscì ad ottenere dei risultati positivi, il che rappresentò anche un apprezzamento per il lavoro svolto dalla presidenza italiana150 nella sua componente politica e tecnica – per i risultati ottenuti in materia di UEM, decisivo si rivelò il lavoro preparatorio svolto per conto della Banca d’Italia da Tommaso Padoa-Schioppa. La soddisfazione per l’operato italiano era palpabile soprattutto in area DC; Flaminio Piccoli, in un editoriale su “il Popolo”, scriveva:

“Proprio le trasformazioni avvenute imponevano invece ad Andreotti di creare le condizioni per una nuova grande stagione europea che sapesse vincere le nostre pigrizie, i nostri stessi ritardo e fosse capace di ritrovare una fantasia creatrice per l’Europa unita: facendo tornare l’Europa al centro della politica in tutti i suoi paesi (…) Il contributo italiano di questi giorni (…) ha dimostrato a ciascuno di noi che sarebbe ora e tempo di riflettere, dopo tante polemiche, sulla linearità, sulla coerenza, sulla lungimiranza delle grandi forze politiche italiane lungo i sentieri dell’Europa unita da De Gasperi a oggi”151.

148

Ibidem. A non condividere l’impostazione e il contenuto della relazione Colombo era l’eurodeputato leghista Speroni che, intervenendo nel dibattito, affermava: “Innanzitutto manca l’iniziativa legislativa del Parlamento europeo; abbiamo poi le regioni, poste in un ruolo subalterno; e va infine detto che, se gli Stati che comporranno l’Unione non saranno federali, riprodurremo a livello continentale il centralismo, e noi non vogliamo un’Europa centralista. Come Lega Lombarda-Alleanza Nord, la nostra proposta è di ripartire le competenze dell’Unione europea su quattro livelli: il livello europeo, il livello statale, il livello delle macroregioni e, infine, il livello regionale. Manca, nella proposta del collega Colombo, una rappresentanza dei popoli, una rappresentanza delle regioni, in quanto non è prevista una Camera delle regioni. Permane invece il Comitato economico e sociale, un organismo nascosto e sospetto, espressione corporativa di occulti manovratori economici”, On. F. E. Speroni, Discussioni al Parlamento europeo, 11 dicembre 1990, supplemento al bollettino CEE, n. 3-397/105-106.

149

On. L. Colajanni, Discussioni del Parlamento europeo, 23 ottobre 1990, supplemento al Bollettino CEE, n. 3-395/87.

150 Scriveva l’editorialista di “la Repubblica”, Mario Pirani: “Merita una valutazione positiva l’azione

svolta dalla presidenza italiana. Irrisa fino alla vigilia, essa vede, di contro, premiato un impegno tenace e accorto, non certo menomato da una vena di fantasia e di ottimismo, che era parso a taluni osservatori velleitario quanto vacuo. Il presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri (…) meritano la riconoscenza degli europeisti”, M. Pirani, Finalmente va la barca Europa, in “la Repubblica”, 30 ottobre 1990.

151

I risultati del vertice erano però ottenuti nuovamente sotto la forma “undici contro uno”: Margaret Thatcher caratterizzò infatti la sua presenza al Consiglio europeo per un’opposizione dura e senza aperture in materia di unione politica, concedendo lievi spiragli sulla moneta unica152 – solo relativamente al controllo della stabilità dei prezzi – ed esprimendo un profondo disaccordo con la presidenza italiana, accusata di non aver dato la necessaria importanza alle tematiche interenti il GATT153. Le decisioni del Consiglio europeo, importanti anche se non rivoluzionarie, sembravano segnare la sconfitta di quelli che la giornalista de “il Sole 24 ore”, Adriana Cerretelli, definiva “‘oscurantismi’ dei coriacei mininazionalismi comunitari”154.

Il lavoro svolto dal Consiglio sull’unione politica, risentì in modo evidente del ritardo col quale si era iniziato a lavorare su questo tema rispetto all’UEM. Proprio nel campo economico-monetario, infatti, si prendevano le decisioni più rilevanti, anche se raggiunte solo grazie all’autoesclusione della Gran Bretagna: “onze Etats membres”155, stabilivano che il 1 gennaio 1994, si sarebbe avviata la seconda fase dell’UEM. Quanto agli aspetti economici di quest’ultima, gli “Undici” ritenevano che dovevano caratterizzarsi per un sistema di mercato che coniugasse la stabilità dei prezzi con la crescita economica,che tenesse conto dell’occupazione e del rispetto dell’ambiente: per raggiungere tali risultati sarebbe stato fondamentale avere delle condizioni economico- finanziarie “saines et équilibrées”156. Relativamente agli elementi monetari, si decideva di creare una nuova istituzione, formata dalle varie banche centrali nazionali e da un organo centrale europeo, che sarebbe stato responsabile della politica monetaria della CEE: tale istituzione, si evidenziava, doveva individuare nella stabilità dei prezzi l’obiettivo primario. Con la realizzazione della fase finale dell’unione monetaria, si

152 Infatti, dopo aver polemicamente dichiarato che “Non si è ancora deciso che cosa sarà la fase due

dell’Uem ma gli altri hanno deciso che volevano decidere la sua data d’inizio”, Margaret Thatcher affermava: “Sono pronta a considerare e negoziare il progressivo sviluppo dell’Ecu in moneta comune ma mai in moneta unica”. Le dichiarazioni sono riportate in A. Cerretelli, In nome dell’Uem per Roma rivincita sui Dodici, in “il Sole 24 ore”, 30 ottobre 1990.

153

Su parte della stampa italiana si evidenziava che proprio la strenua opposizione britannica aveva permesso di utilizzare parole e concetti piuttosto chiari che non potessero dare adito, successivamente, a diverse, contrapposte, interpretazioni. Mario Pirani, annotava infatti: “Si può dire, anzi, che l’astensione britannica (…) ha giovato alla chiarezza e alla determinazione che, altrimenti, sarebbero state inficiate dalle ambiguità del compromesso e dal desiderio di cucire assieme posizioni troppo lontane e sovente opposte”, M. Pirani, Finalmente va la barca Europa, cit.

154 A. Cerretelli, In nome dell’Uem per Roma rivincita sui Dodici, cit.

155 Conclusions du Conseil Européen de Rome des 27/28 octobre 1990, Roma, 28 ottobre 1990. 156

sarebbe giunti ad un sistema di cambi fissi ed irrevocabili: “La Communauté aura une monnaie unique – un Ecu fort et stabile – expression de son identité et de son unité”157.

Parallelamente al dibattito sul futuro assetto comunitario, il 20 e 21 novembre si riunì a Parigi un’importante sessione della conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa - CSCE: si trattava di sancire la fine della divisione del continente in blocchi, iniziando a ridisegnare e ad ipotizzare nuovi percorsi per il sistema di sicurezza europeo158. De Michelis, in veste anche di presidente del consiglio dei ministri per gli affari esteri della CEE, poteva con soddisfazione ammettere che l’accordo firmato per la riduzione degli armamenti tradizionali,

“segna il superamento irreversibile della politica dei blocchi (…) apre le porte per un accordo fra la Nato e l’Unione Sovietica che sarà poi il famoso sistema di sicurezza europeo (…) Il Patto di Varsavia sta scomparendo e la Nato rimarrà il perno della futura sicurezza europea”159.

Dinanzi all’Europa e alla CEE sembravano ancora una volta aprirsi possibilità d’integrazione e di cooperazione del tutto nuove, che facevano lievitare le attese in vista dei lavori delle due CIG160. Nella prospettiva delle assise parlamentari di fine novembre, i federalisti italiani promossero un appello che, seppur diretto ai capi di stato e di governo, costituiva un incoraggiamento a tutta la classe politica europea, a non farsi sfuggire le occasioni di unità che anche con l’accordo di Parigi tornavano a manifestarsi:

“Nella vita delle nazioni la possibilità di trasferire un potere sopranazionale a un livello superiore si presenta solo in circostanze eccezionali, che oggi esistono in

157

Ibidem.

158 Al congresso di Dublino del PPE, così Arnaldo Forlani articolava il legame tra unità tedesca e nuovo

sistema di sicurezza: “Un elemento fondamentale di sviluppo del disegno europeo è rappresentato dall’unità tedesca. La Germania unita nasce in un momento in cui si delinea con precisi contorno una nuova configurazione della sicurezza e della stabilità in Europa, sulle cui possibilità di realizzazione essa stessa, grazie ai suoi costanti richiami alla solidarietà atlantica e comunitaria, ha esercitato un forte stimolo. Determinante sarà quindi il suo contributo per l’ordinato passaggio ad un nuovo equilibrio strategico de continente europeo fondato sulla cooperazione piuttosto che sulla contrapposizione, sulla progressiva riduzione degli armamenti e sull’accresciuto ruolo delle misure di fiducia e di trasparenza reciproca”, A. Forlani, L’Europa non è né sarà mai un’isola, in “il Popolo”, 17 novembre 1990.

159 La dichiarazione è riportata in F. Dragosei, Andreotti ricorda i meriti di Roma, in “Corriere della

Sera”, 20 novembre 1990. Per un commento agli accordi di Parigi, si veda, F. Rampini, Parigi, firmato il documento che cancella i due blocchi, in “il Sole 24 ore”, 22 novembre 1990.

160 Così su questo punto si esprimeva Rosy Bindi: “A fronte di una simile crescente rilevanza del

momento decisionale europeo corrisponde una povertà pressoché assoluta di strumenti di partecipazione politica”, R. Bindi, Il nostro valore: l’ispirazione cristiana, in “la Discussione”, a. XXXVIII, n. 42, 10 novembre 1990.

Europa, nel contesto economico-monetario (…) Il destino dell’Europa è in gioco, e la decisione sta nelle mani di pochissime persone alle quali il Movimento Federalista Europeo rivolge questo appello invitandole a essere all’altezza delle responsabilità di cui sono state investite dalla storia”161.

Il 20 novembre 1990, la III commissione della Camera dei Deputati approvò la “Risoluzione Piccoli ed altri n. 7-00394”, nella quale, dopo aver ribadito “la necessità e l’urgenza di trasformare l’insieme delle relazioni fra gli Stati membri della Comunità europea in un’Unione su base federale”, si impegnava il governo “a dichiarare che, in ogni caso, l’atteggiamento del Governo italiano sulle conclusioni delle Conferenze intergovernative dovrà essere pienamente coerente con l’approvazione di tali conclusioni da parte del Parlamento europeo”162.

Nonostante che l’aria in Europa fosse in fermento, in questi mesi le forze politiche italiane erano alle prese con un’importante tornata di elezioni amministrative, il cui esito poteva gettare decisive ombre sulla maggioranza di governo e sulle leadership dei singoli partiti. La parziale distrazione delle forze politiche163 rese per alcuni aspetti più autonoma e libera l’azione del governo che, oltre all’importante apporto dato al Consiglio europeo di ottobre e alla conferenza di Parigi, aderì all’accordo di Schengen, stimolando sui mezzi di comunicazione un ampio dibattito relativo all’impatto che la firma dell’accordo avrebbe avuto sull’immigrazione nel paese164.

161

MFE, Appello a non tradire la storia d’Europa, in “il Sole 24 ore”, 22 novembre 1990. Infatti, il PE nella risoluzione relativa al Consiglio europeo, protestava per il suo mancato coinvolgimento nel lavoro delle due CIG: il PE, si affermava nel documento, “esprime la sua insoddisfazione per l’insufficiente associazione del Parlamento all’organizzazione e allo svolgimento di dette Conferenze”, Risoluzione del Parlamento europeo, 23 novembre 1990, ALeg, CADE, X Leg., Documenti, Doc. XII, n. 270.

162

“Risoluzione Piccoli ed altri (7-00394), ALeg, CADE, X Leg., BC, III Comm., 20 novembre 1990, pp. 13-14.

163 Su questo punto, intervenendo al consiglio nazionale della DC, lo stesso Andreotti ammetteva: “fa una

certa impressione stare tre giorni a Parigi – attorno al tavolo del rogito funebre della Guerra fredda, e dell’impegno solenne a costruire tutti insieme un’Europa autenticamente nuova – e ricevere la rassegna della stampa italiana dedicata quasi esclusivamente alle nostre questioni interne di partito e, ancor più, alle polemiche retrospettive sui momenti difficile del pericolo comunista internazionale”, Consiglio Nazionale DC, 23-25 novembre 1990, ASLS, Fondo DC, Consiglio Nazionale, Scatola 75, fascicolo 193. Anche sulla carta stampata si evidenziò la distanza fra l’azione della presidenza italiana e la partecipazione delle forze politiche: Aldo Rizzo, propose l’immagine di un paese che avesse da temere nei futuri meccanismi dell’integrazione europea, “per motivi economici: lo stato della finanza pubblica è incompatibile col progetto di unione monetaria. Per motivi politici: solo la presidenza comunitaria ha impedito lo scatenarsi di un’ennesima, insondabile, crisi di governo. E persino per motivi istituzionali, visto l’inquietante scontro fra i poteri”, A. Rizzo, L’ultimo paradosso italiano, in “la Stampa”, 14 dicembre 1990.

164

Sull’adesione italiana a Schengen si veda, ALeg, CADE, X Leg., BC, III Comm., 22 novembre 1990, pp. 19-24. Per il dibattito sulla stampa italiana si vedano, G. Pelosi, intervista a C. Martelli, Extra, l’equazione più difficile, in “il Sole 24 ore”, 22 novembre 1990, G. Santilli, “Piccola Europa unita” con l’accordo di Schenghen, in “il Sole 24 ore”, 28 novembre 1990 e, ancora, B. Tucci, Nasce un’Europa senza frontiere, in “Corriere della Sera”, 28 novembre 1990.