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I risultati delle elezioni europee: implicazioni e conseguenze per l’Italia e la

Il voto del 18 giugno fu destinato ad avere risvolti politici sia all’interno delle singole realtà politiche nazionali, sia sul piano europeo. Viste da Bruxelles, le posizioni espresse nella campagna elettorale si caratterizzavano per “una maggiore sensibilità alle questioni comunitarie, in particolare per quanto riguarda il completamento del mercato

e infine, A. Colombo, Ma c’è anche un referendum: la CEE come gli USA?, in “Corriere della Sera”, 18 giugno 1989. Negli stessi appelli agli elettori da parte del vari segretari di partito, il tema del referendum non veniva mai neppure sfiorato: solo Forlani per la DC, ricordava che “coloro che voteranno Dc il 18 giugno diranno anche sì al referendum abbinato con l’elezione (…) per preparare un progetto di costituzione (…) andiamo a votare perché vogliamo un parlamento europeo con poteri legislativi”, A. Forlani, Appello agli elettori, cit.

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Si vedano, A. Colombo, Gli italiani sono più che mai popolo di europeisti. Quasi in nove su dieci approvano una Cee più forte, in “Corriere della Sera”, 20 giugno 1989, Un plebiscito in nome dell’Europa, in “la Repubblica”, 21 giugno 1989, G. Malagodi, Per Strasburgo mandato politico, in “il Sole 24 ore”, 20 giugno 1989 e, a otto giorni dal voto, F. Orlando, Più poteri all’Europarlamento? Sì quasi unanime, in “il Giornale”, 26 giugno 1989.

unico interno, la dimensione sociale e la protezione dell’ambiente”155; tuttavia, la Commissione evidenziò il calo della partecipazione elettorale, scesa sotto il muro del 60%156. Il dato politico principale fu costituito dal fatto che per la prima volta in diversi paesi, ad una sconfitta dei partiti al governo, divenuta ormai una consuetudine in questo genere di elezioni, non corrispondeva una vittoria delle tradizionali forze di opposizione. Le vere vincitrici risultarono essere diverse formazioni politiche particolari, tra le quali si segnalavano i Verdi e l’estrema destra: quest’ultima otteneva significativi quanto preoccupanti successi157, soprattutto in Francia e Germania, dove il Front National con l’11,7% e i Repubblikaner con il 7,2%, guadagnavano sostanziosi consensi elettorali inviando a Strasburgo una nutrita truppa di deputati. La rappresentanza politica all’interno del nuovo PE segnava comunque un avanzamento dell’area di sinistra soprattutto grazie alla vittoria del Labour inglese, ottenuta per merito del sistema uninominale che rendeva vano un sorprendente 15% registrato dai Greens, che, secondo la Commissione, “consente di presagire una maggiore sensibilità per taluni temi, fra cui la dimensione sociale e l’ambiente”158.

In Italia il voto smentì completamente le previsioni159. Il PCI, nonostante la campagna elettorale condotta quasi interamente sulla difensiva a causa del maggio cinese, che scardinò l’impostazione che i comunisti volevano dare al voto europeo, subì certamente un calo, se si consideravano le precedenti europee, quelle del “sorpasso” sulla DC, ma aumentò di un punto percentuale i propri consensi rispetto alle più recenti elezioni politiche. Il principale sconfitto, a causa di un risultato elettorale appena superiore rispetto a quello registrato alle ultime politiche, risultò essere il PSI e il suo segretario, che vedeva così sfumare la possibilità di risolvere in proprio favore quella crisi di governo volutamente aperta proprio in vista di una vittoria elettorale data come molto probabile. Il partito guidato da Occhetto continuò ad avere quasi il doppio dei voti rispetto ai socialisti, colpiti anche alla loro destra da una piccola affermazione del PSDI: uno dei principali temi che aveva animato la campagna elettorale si risolveva così

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Commissione europea, Elezioni europee 1989: i risultati, in Bollettino CE, 6-1989, p. 17. Per un’analisi più specifica del voto si veda anche, Le elezioni per il Parlamento europeo, in “Quaderni dell’Osservatorio elettorale”, n. 23 luglio-dicembre 1989.

156 Precisamente al 58,4% contro il 61% del 1984 e il 62% del 1979. Nella stessa Italia la partecipazione

al voto era stata dell’81,5%, contro l’83,9% del 1984 e l’85,5% registrato alla prima tornata.

157 Si veda, Nel nuovo parlamento più forza all’area delle destre, in “il Secolo d’Italia”, 21 giugno 1989. 158 Commissione europea, Elezioni europee 1989: i risultati, cit., p. 17.

159 Per una sintesi sul voto italiano si veda, A. Agosta, Le elezioni in Italia, in “Quaderni

in favore del PCI, la cui dirigenza fu la prima ad essere colta in contropiede dall’inaspettato rafforzamento elettorale160.

Tabella 6.1

I risultati delle elezioni europee 1989 in Italia

Europee 1984 Politiche 1987* Europee 1989

Partiti

% Seggi % seggi % Seggi

Democrazia Cristiana 32,97 26 34,31 234 32,91 26

Partito Comunista Italiano 33,33 27 26,57 177 27,57 22

Partito Socialista Italiano 11,21 9 14,27 94 14,80 12

Movimento Sociale Italiano – dn 6,48 5 5,91 35 5,52 4

Lega Lombarda – Alleanza Nord 0,47 0 0,48 1 1,83 2

* I dati relativi alle politiche del 1987 fanno riferimento alla sola Camera dei Deputati.

Le altre chiavi di lettura furono fornite da una buona tenuta della DC, il cui calo elettorale era stato in parte previsto, pur non avendo avuto il partito di Forlani un ruolo attivo nell’aprire la crisi di governo, e una sostanziale sconfitta politica per il MSI-dn, unico partito di estrema destra nella CEE che non solo non riscosse un successo elettorale, diversamente da quanto aveva previsto, ma registrò addirittura un arretramento rispetto alle precedenti consultazioni sia nazionali che europee. Anche in Italia il voto premiò i Verdi, e soprattutto la Lega Lombarda che riuscì ad eleggere due eurodeputati, Francesco Enrico Speroni e, in seguito alla rinuncia di Bossi, Luigi Moretti. Un’ultima nota riguardo agli eletti; le possibilità date dalla nuova legge elettorale furono sfruttate solo dal PCI che riusciva a far eleggere Duverger: altri candidati, a causa della posizione ricoperta in lista e al voto di preferenza, non riuscirono a replicare lo stesso risultato, confermando come in alcuni casi, tali candidature non fossero state sostenute in modo adeguato e convinto dai rispettivi proponenti. L’Italia era il primo paese della CEE che mandava a Strasburgo un eurodeputato di nazionalità diversa rispetto a quella dei cittadini che lo avevano votato.

Per la DC il voto significava soprattutto ribaltare a proprio favore le trattative che si sarebbero instaurate con il PSI sul nuovo governo: il calo elettorale non era un tracollo ed era possibile persino leggerlo in chiave positiva alla luce del magro bottino incassato da Craxi. Infatti, sin dalle prime ore post-risultati, da parte di vari esponenti DC si iniziò a far circolare con insistenza il nome di De Mita, insieme a quello di Goria, il candidato più votato dopo Craxi e Occhetto. La direzione nazionale che si riunì per

160 Significativo è lo stesso titolo d’apertura de “l’Unità” del 19 giugno: “Pci a sorpresa: avanza”. In

discutere l’esito del voto si svolse in un clima piuttosto sereno e molto dello spazio fu dedicato, più che al Psi, al successo della Lega Lombarda ed alla tenuta dei comunisti: il documento finale approvato all’unanimità, dopo aver rilevato l’importanza della vittoria del Sì al referendum161, dedicava ampio spazio alla soluzione dei vari doppi mandati162.

Per il PCI il risultato delle urne segnò la fine della grande paura. I continui attacchi della campagna elettorale, quasi un assedio, tendenti ad accreditare agli occhi degli elettori una similitudine politica tra il maggio cinese e i comunisti italiani, avevano prodotto uno scatto d’orgoglio da parte dell’elettorato comunista. I primi tentativi di approccio tra il PCI e l’area socialdemocratica europea, per la prima volta esplicitati, uscivano rafforzati dal voto163. Il PCI si congratulò per il successo elettorale conseguito dai vari partiti socialisti, esprimendo “fiducia nella possibilità di un buon lavoro comune tra le forze della sinistra europeistica nel parlamento di Strasburgo”164. Sullo stesso tono era l’intervista rilasciata al giornalista Gad Lerner de “l’Espresso” da Piero Fassino nella quale l’esponente della direzione comunista, affermava:

“Il PCI è da tempo un partito socialista e riformatore. Per questo oggi sarebbero maturi i tempi di una sua presenza nell’Internazionale Socialista. L’ingresso dei comunisti italiani nel gruppo socialista al Parlamento europeo di Strasburgo, può rappresentare la prima, più realistica e praticabile tappa in vista dell’ingresso nell’Internazionale Socialista”165.

161 “Il Sì al referendum, che la Dc ha votato, porterà ad un rafforzamento di questa istituzione”, ASLS,

Fondo DC, Direzione Nazionale, Riunione del 20 giugno 1989, scatola 52, fascicolo 748.

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Stabilendo che entro la prima seduta del nuovo PE, tutti gli eletti che avessero avuto un doppio incarico, dovevano comunicare al segretario politico quale dei due mandati intendessero mantenere e a quale rinunciare.

163 Anche in ambienti DC si sottolineava il positivo risultato positivo del PCI anche alla luce della

campagna elettorale svolta: Mariano Rumor, in consiglio nazionale, affermò che “la modesta marginalità del tema europeo nel dibattito elettorale e la prevalenza dominante della polemica congiunturale tra i partiti hanno dato il segno di quanto fosse introversa la loro visione politica. Solo il PCI si è impegnato a cercare nei raccordi europei l’alternativa al fallimento delle sue scelte storiche e dei suoi miti (…) ma gli altri partiti hanno commesso l’errore (…) di ritenere che gli italiani siano più interessati alla loro dialettica conflittuale e concorrenziale che ai grandi temi dei tempi nuovi. Errore tanto più grave in una congiuntura storica ricca di così rilevanti novità, di drammatiche vicende, di orizzonti così aperti all’iniziativa di un’Europa unita”. L’intervento di Rumor contrastava con la relazione tenuta dal segretario Forlani che, sui rapporti tra PCI ed Europa, aveva sostenuto che la vera anomalia in Italia sarebbe stata rappresentata “da partiti che apparissero attardati entro schemi superati dalla storia e prigionieri di luoghi comuni”, Consiglio nazionale DC 29-31 agosto 1989, ASLS, Fondo DC, Consiglio nazionale, scatola 75, fascicolo 192.

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Nello stesso articolo era riportata una dichiarazione di Napolitano che affermava come a Strasburgo, “Non ci potrà essere un gruppo comunista come quello di prima, in cui c’erano partiti comunisti con i quali le nostre posizioni sono inconciliabili”, La dichiarazione è riportata in M. Caprara, Eurocomunismo addio, Occhetto vuol stare nell’eurosinistra, in “Corriere della Sera”, 21 giugno 1989.

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Il paradosso fu che tale sintonia registrata a livello europeo non si rispecchiasse in Italia: anzi, la sconfitta di Craxi e del PSI, sembravano porre la “pietra tombale”166 su quel rapporto che si era intensificato nelle prime fasi della campagna elettorale, prima che il maggio cinese, il successo del congresso del PSI e quello personale del suo segretario, portassero Craxi a scommettere sulla disfatta elettorale comunista. Complice il rinnovato dialogo tra PSI e DC al fine di risolvere la crisi di governo, tramontò nuovamente l’ipotesi di un’alternativa a sinistra. La dirigenza del PCI sembrava farsi cogliere dalla stessa tentazione che aveva intrigato i socialisti durante la campagna elettorale: chiudere il dialogo con l’altro partito nella sicurezza di riuscire a svuotarlo dall’esterno ed assurgere al ruolo di unico partito della sinistra italiana167.

Nel MSI il risultato fu accolto in modo ambivalente: se il segretario missino accettava piuttosto serenamente l’esito delle urne, giudicandolo anzi non negativo come primo test elettorale globale in seguito alla scomparsa di Almirante168 e di Pino Romualdi, Rauti evidenziò invece come stessero venendo meno “parecchie sponde che hanno dato per anni ruolo e motivazioni al Movimento sociale: l’anticomunismo e una politica di destra”169.

Di tutt’altro tenore era la situazione nel campo leghista: il successo “insperato e sorprendente”170, assegnava ormai al movimento di Bossi il ruolo di quarto partito nel Nord e specialmente in Lombardia, portandolo ad insidiare le altre forze politiche171 alle quali sottraeva sistematicamente elettori172, che sembravano ora votare Lega non tanto

166 Era stato lo stesso Occhetto ad usare l’espressione in una dichiarazione nella quale affermava: “questo

risultato elettorale (…) mette una pietra tombale su una questione che ha dominato in modo quasi angoscioso la vita politica degli ultimi anni, e cioè sull’ipotesi dello ‘sfondamento’ del Pci da parte del Psi”, F.I., E Occhetto ironizza sul mancato sorpasso del Psi, in “il Sole 24 ore”, 20 giugno 1989.

167 In una dichiarazione alla stampa, Antonio Bassolino sosteneva che Craxi “ha dimostrato di non essere

il vero antagonista della dc”, la dichiarazione è riportata in A. Rapisarda, Ora l’opposizione è più forte, in “la Stampa”, 20 giugno 1989.

168 Franco Ferraresi scriveva a proposito di Almirante e il suo ruolo nel MSI: “a lungo aveva avuto la

capacità di tenere unite le componenti molto eterogenee della destra italiana. ne era derivata una forte identificazione del partito con la sua figura più carismatica e un certo appiattimento su quest’ultima. La crisi di identità successiva alla sua scomparsa non è ancora stata superata ma sembra portare alla prevalenza dell’anima conservatrice-notabiliare rispetto a quella radicale-estremista”, F. Ferraresi, La destra va, l’Msi resta al palo, in “Corriere della Sera”, 26 giugno 1989.

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D. Vaiano, Fini: punita la litigiosità dei Cinque. Noi restiamo comunque il quarto partito, in “Corriere della Sera”, 19 giugno 1989.

170 F. Ferraresi, Lo schiaffo a Roma dei “lumbard”, in “Corriere della Sera”, 20 giugno 1989. Si veda

anche, g.c., Lega lombarda in marcia. Secondo posto a Bergamo, in “la Stampa”, 20 giugno 1989.

171

Si vedano i dati in R.I., Il Nord sorpreso dal fenomeno Lega Lombarda, in “il Sole 24 ore”, 20 giugno 1989.

172 Paolo Natale in una ricerca dedicata ai flussi elettorali diretti verso il leghismo tra la fine degli anni ’80

e l’inizio degli anni ’90, ha evidenziato come questi provenissero per la maggior parte da elettori della DC e del PSI mentre, “almeno fino al 1990, le zone tradizionalmente ‘rosse’ pongono (…) una barriere

perchè deluse dai partiti tradizionali, qui era il nuovo dato politico centrale, ma in quanto convinti sostenitori del Carroccio173. L’elezione dei due eurodeputati e l’alta percentuale di voti ricevuti costringevano, forse per la prima volta, tutte le forze politiche e gli italiani in generale, a confrontarsi con un fenomeno al quale avevano guardato fino a quel momento, con un atteggiamento di superiorità e velato sarcasmo. In un’intervista a Giorgio Bocca era lo stesso Bossi a spiegare come il successo delle europee non fosse da ritenersi una casualità, in quanto gli elettori avevano percepito le differenze programmatiche sull’Europa tra la Lega e le forze politiche tradizionali:

“Noi abbiamo chiesto agli elettori di votare per un’Europa diversa da quella centralistica che piace tanto ai nostri partiti”, spiegava il senatore leghista, “Noi non crediamo ad un europeismo governato da rappresentanze ideologiche o di classe (…) Noi crediamo che l’unico collante serio sia quello di tipo svizzero, regionale, cantonale, dove ogni comunità omogenea può far valere i suoi diritti e presentare i suoi interessi”174.