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Nel corso del 1993 si concluse quel lungo processo di logoramento del sistema partitico che, acuitosi a causa delle contraddizioni maturate nel corso degli anni ’80, aveva ricevuto dal crollo del Muro di Berlino e dal Trattato di Maastricht, per quanto riguarda gli aspetti internazionali ed europei, dalle inchieste giudiziarie e dall’attacco frontale sferrato della mafia, per quanto concerne i principali fattori interni, i colpi decisivi. Già durante il 1992 i vertici della DC erano stati decimati a causa di mani pulite e delle inchieste relative alle collusioni tra politica e criminalità organizzata. Lo stesso Forlani era stato costretto alle dimissioni: al termine dell’agitato consiglio nazionale del 12 ottobre 1992 a rilevarne il posto fu chiamato Martinazzoli155. A quest’ultimo spettava l’arduo compito di rilanciare una DC che, per paradosso, sembrava il partito a pagare maggiormente dazio al nuovo quadro storico post 1989156:

“Non conosciamo mai la nostra altezza se non quando siamo chiamati a misurarla nell’ora più grave. Adesso, dunque, è la prova e qui possiamo dimostrare la nostra statura, la capacità che ancora ci appartenga di paragonare le nostre idee, la nostra storia, i nostri comportamenti, sullo specchio tagliente di una condizione politica in

ogni modo rischiosa (…) per l’avvenire stesso della Repubblica”157.

154 L. Verzichelli, N. Conti, La dimensione europea del discorso politico in Italia: un’analisi diacronica

delle preferenze partitiche (1950-2001), in M. Cotta. P. Isernia, L. Verzichelli, (a cura di), L’Europa in Italia, cit., pp. 102 -104.

155 Nel primo editoriale sul quotidiano DC scritto come segretario, Martinazzoli ammetteva amaramente

che “una lunga consuetudine con il potere ha contribuito (…) ad indebolire i nostri gesti, a renderli, talvolta, addirittura irriconoscibili rispetto alla nostra ispirazione cristiana e di partito popolare”, M. Martinazzoli, Un ideale da riscattare, in “il Popolo”, 15 ottobre 1992.

156 Tanto è vero che Colombo affermava: “La svolta della Dc verso il nuovo sarebbe dovuta avvenire nel

1989, dopo il crollo del comunismo”, ASLS, Fondo Gruppo Parlamentare DC al Senato della Repubblica, Serie 1, Verbali, UA 25, Verbale dell’assemblea del gruppo del 21 luglio 1993.

157

M. Martinazzoli, intervento al Consiglio nazionale DC, 23 marzo 1993, in ASLS, Fondo DC, Consiglio nazionale, Scatola 75, fascicolo 203. I senatori della DC, all’interno di un documento approvato dall’assemblea del gruppo, chiedevano alla direzione del partito di convocare il prima possibile una conferenza programmatica di rifondazione del partito e affermavano: “la Dc deve caratterizzarsi piuttosto per la proposta di un programma che interpreti le esigenze di solidarietà tra le classi ed i ceti sociali, che porti il paese fuori dalla crisi economica e che alimenti un nuovo senso dello stato e di attaccamento alle istituzioni da parte dei cittadini. Punti qualificanti per una definizione di un progetto della dc sono”, tra l’altro, “il rilancio dell’unità europea”, Assemblea del gruppo del 24 giugno 1993, ASLS, Fondo Gruppo Parlamentare DC al Senato della Repubblica, Serie 1, Verbali, UA 25.

Un ulteriore colpo al sistema partitico venne inferto il 18 aprile 1993 dagli italiani chiamati ad esprimersi su alcuni referendum riguardanti, tra l’altro, il finanziamento pubblico dei partiti e la legge elettorale: quanto a quest’ultima, il quesito referendario proponeva l’abrogazione della legge per l’elezione del Senato della Repubblica.

Tabella 5.1

I risultati di alcuni referendum del 18 aprile 1993

Quesito referendario % “Sì” % “No”

Abolizione del finanziamenti pubblico ai partiti 90,30 9,70

Abrogazione della legge che istituisce il Ministero delle Partecipazioni Statali 90,10 9,90

Abrogazione della legge elettorale del Senato della Repubblica 82,70 17,30

Abrogazione della legge che istituisce il Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste 70,20 29,80 Abrogazione della legge che istituisce il Ministero del Turismo e dello Spettacolo 82,30 17,70

Il terremoto politico che seguì i risultati dei referendum sancì la fine del governo Amato, già in precedenza stravolto nella sua composizione dalle inchieste sulla corruzione: il presidente Scalfaro affidò il mandato di formare il nuovo esecutivo a Carlo Azeglio Ciampi, con il dichiarato compito di proseguire nell’opera di risanamento economico e finanziario al fine di rafforzare la convergenza verso i parametri di Maastricht. Anche il PDS e la LN sostenevano politicamente il nuovo governo attraverso l’astensione sul voto di fiducia. Particolare il caso del PDS. Ciampi aveva chiamato a far parte dell’esecutivo anche autorevoli membri dell’ex PCI, come l’economista Luigi Spaventa: tuttavia, la decisione della Camera dei Deputati di negare alla magistratura di Milano l’autorizzazione a procedere contro Bettino Craxi, per i capi d’imputazione più gravi a lui mossi, portò Achille Occhetto alla controversa decisione di ritirare la delegazione dal governo. In un tale caos politico l’attacco della mafia proseguiva incessante, anche in risposta agli arresti dei più importanti boss della criminalità organizzata siciliana: l’estate del 1993 vide quindi attentati contro personalità del giornalismo televisivo, l’esplosione di una serie di ordigni a Roma, Firenze e Milano aventi per obiettivi siti d’arte e una mancata strage - non funzionò l’impulso elettrico che avrebbe dovuto innescare la bomba - fuori dallo stadio Olimpico di Roma al termine di un’affollata partita di calcio.

Infine, nell’autunno del 1993 si svolse un’importante tornata di elezioni amministrative con in palio la poltrona di sindaco di alcune città di primo piano: l’affermazione dei candidati sostenuti principalmente dal PDS a Roma, Trieste, Napoli

e Venezia, unita all’ascesa della LN – Marco Formentini era eletto sindaco a Milano - e del MSI, fornirono il segnale definitivo che la gran parte dell’elettorato aveva voltato le spalle a quelli che erano stati per decenni i classici punti di riferimento dell’area di governo, ovvero la DC e il PSI. Anche l’ampio sostegno che avevano ricevuto, al primo turno come al ballottaggio, Gianfranco Fini a Roma ed Alessandra Mussolini a Napoli, costituirono forse uno dei dati politici più significativi: il MSI, politicamente rafforzato attraverso la legittimazione diretta degli elettori, uscì definitivamente dal ghetto nel quale si era ed era stato relegato sin dalla sua fondazione, e si candidava a costituire il fulcro di una futura aggregazione puramente di destra. In seguito agli avvenimenti ora accennati, Scalfaro decise di sciogliere le camere e di indire le elezioni per il marzo 1994158. La crisi del biennio 1992-1993 è stata spesso definita come una rivoluzione zoppa159 in quanto la classe politica non seppe, o non volle, approfittare delle inchieste giudiziarie e dello stato generale dell’Italia per avviare una nuova stagione politica: in tal senso Lucio Caracciolo ha sottolineato l’impossibilità e l’incapacità di altri soggetti non politici, come la magistratura e il movimento d’opinione che ne sosteneva l’azione, “di far seguire alla pars destruens una pars construens”160.