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L’unificazione tedesca e quella europea: il punto di vista dei partiti italiani

Gli avvenimenti politici italiani si svolsero anche sotto l’incalzare vertiginoso della situazione nell’Est europeo: gli stati dell’ex blocco comunista si apprestavano a vivere una delicata transizione verso nuovi assetti democratici. Era evidente che i maggiori interrogativi provenivano dalle due repubbliche tedesche: lo “scambio politico” che si era avuto al Consiglio europeo di Strasburgo doveva concretizzarsi attraverso un iter del quale non era facilmente definibile né il cammino né l’esito, a causa dei soggetti e degli interessi coinvolti. Inoltre, Berlino era ancora sottoposta al controllo congiunto di USA, Gran Bretagna e Francia per l’Ovest e dell’URSS ad Est: non era semplice ed immediato stabilire chi e in base a quale titolo potesse negoziare la fine della divisione in zone d’influenza.

Il problema, in sostanza, era che ad una situazione politica nuova ed ancora magmatica, non corrispondevano strumenti politici internazionali altrettanto adeguati.

45

Ibidem.

46 A quella di Ingrao andò il 27% e alla terza di Cossutta il 3%.

47 Sulla figura di Achille Occhetto e sul suo ruolo svolto nella fase di trasformazione del PCI, Giorgio

Napolitano ricorda: “tutti noi che ne fummo protagonisti attraversammo momenti di profonda emozione (…) Il primo a sentire tutto questo fu Achille Occhetto, e desidero – al di là dei tanti motivi di dissenso – dargliene ancora oggi atto: la svolta, la scelta che egli così bruscamente annunciò, benché tardiva, richiese un’estrema determinazione, un non comune coraggio”, G. Napolitano, Dal Pci al socialismo europeo, cit., p. 247. Diversamente, Emanuele Macaluso era dell’opinione che “tutto avrei pensato fuorché le sorti del PCI, per molti versi, potessero essere decise da Achille; e, altrettanto onestamente, credo proprio che non lo avrebbe pensato nessuno. Non perché gli mancassero intelligenza, esperienza e storia politica, ma perché non aveva, almeno questa è la mia opinione, le doti politiche complessive, l’affidabilità e l’autorevolezza necessarie per guidare un grande partito”, E. Macaluso, 50 anni nel Pci, Soveria Mannelli-Catanzaro, Rubbettino, 2003, p. 135.

48 Si veda ad esempio, A. Panebianco, Processo al Pci, in “Corriere della Sera”, 3 gennaio 1990. Anche il

democristiano Franco Maria Malfatti sosteneva che “Il passaggio dalla ‘cosa’ a entità politica definita, con una chiara identità e con programmi precisi, non sarà un’operazione facile”, F. M. Malfatti, Pci, il limite dell’‘ultimo’ congresso, in “la Discussione”, n. 11, a. XXXVIII, 17 marzo 1990.

Si tornava a parlare di potenze vincitrici. Questo non poteva che esser valutato negativamente da parte di quei paesi, come l’Italia, che risultavano esclusi o comunque posti in secondo piano rispetto ad un più marcato ruolo delle “quattro potenze”, proprio nel momento in cui all’Est si guardava come una vasta area nella quale sarebbe stato possibile ridisegnare spazi e strategie nuove per le politiche estere dei paesi dell’Europa occidentale. Il problema della ricostruzione politica e sociale dell’Est, ma soprattutto della RDT, si svelò in tutta la sua problematicità, stemperando in parte gli entusiasmi che avevano salutato la fine della cortina di ferro.

In questo contesto, i partiti italiani si preoccuparono di fare dell’unificazione tedesca una questione europea49, cercando di svincolarla dai rapporti bilaterali, che vedevano l’Italia sfavorita, e, per altri più ovvi motivi, dalla logica delle potenze vincitrici50. La DC, auspicando una “chiara ed energica iniziativa” dei popolari europei51, nel documento della direzione del 16 gennaio 1990, ribadiva:

“la crisi della ideologia e della concreta esperienza dei regimi comunisti apre nell’Europa dell’Est prospettive nuove di libertà e di democrazia in un orizzonte di più sicura cooperazione internazionale (…) di fronte ai fatti sconvolgenti che investono la scena politica internazionale, caratterizzata da grandi speranze ma anche da rischi e da forti tensioni, è più che mai necessaria una consapevole e solidale iniziativa dei paesi democratici e in particolare della Comunità europea a sostegno del processo di democratizzazione”52.

Gianfranco Fini, dalla tribuna del congresso del MSI, sostenne che si sarebbe potuto realizzare il sogno di una “grande Europa” solo se si fosse accelerata “la riunificazione del popolo tedesco e si affermeranno nei vari stati europei quei movimenti e partiti che credono per davvero in una Patria europea che superi per sempre la logica di Yalta e

49 Ad esempio, già alla direzione di metà novembre, Occhetto affermava: “la questione tedesca andrà

affrontata in un contesto del tutto nuovo. Molto probabilmente solo nel quadro di una intensificazione del processo di integrazione europea”, A. Occhetto, “Un nuovo inizio davanti a noi”, cit.

50 L’esponente della DC Vincenzo Scotti, si esprimeva in senso favorevole ad “un incontro al massimo

livello europeo per ragionare insieme nell’Europa senza muro”, V. Scotti, Ragioniamo dell’Europa senza muro, in “la Discussione”, n. 11, a. XXXVIII, 17 marzo 1990.

51

F. Piccoli, Direzione nazionale, 29 gennaio 1990, in ASLS, Fondo DC, Direzione Nazionale, Scatola 53, fascicolo 753.

52 Direzione nazionale DC, 16 giugno 1990, in ASLS, Fondo DC, Direzione Nazionale, Scatola 53,

fascicolo 752. Anche in altre occasioni, la direzione del partito sottolineava che “la democrazia cristiana nella evoluzione della situazione del continente europeo trova ragione di conferma del processo di integrazione portata avanti in tutti questi anni dalla Comunità Europea, processo che ora va accelerato con la convocazione della Conferenza intergovernativa già in progetto e mediante il conferimento di accresciuti poteri al Parlamento europeo”, Consiglio nazionale, 19-20 febbraio 1990, cit.

torni ad essere artefice del proprio destino”53. Anche Occhetto riteneva che sull’unificazione della Germania due fossero i punti decisivi: “1) l’aggancio della questione tedesca a un’accelerazione del processo di integrazione economico-monetaria e soprattutto di unione politica della Comunità europea; 2) lo stretto collegamento tra unificazione tedesca e processo di larga unità europea”54. La già citata risoluzione sulla politica estera del congresso comunista si esprimeva nettamente sul ruolo che la Germania unita avrebbe dovuto avere: nel documento si chiedeva “la riduzione delle forze armate tedesche a livelli strettamente difensivi (…) lo sviluppo dell’integrazione non solo economica, ma anche politica della Germania nella CEE”55.

Negli ambienti del PSI, in un articolo di Gianpiero Orsello su “Critica Sociale”, si riteneva che la strada da seguire,

“non è quella di un ritorno all’unità tedesca – che potrebbe far risuscitare gli incubi del passato – e nemmeno quella da alcuni sostenuta, di un’autonoma adesione della RDT alla CEE, bensì ci sembra quella di una sorta di confederazione tedesca nel quadro comunitario che allarghi alla RDT la presenza della RFT nella CEE senza turbarne e modificarne gli equilibri”. A tal fine, tra le priorità che i socialisti avrebbero dovuto seguire, Orsello indicava: “urgente rafforzamento della Comunità economica europea sul piano sia economico-sociale, sia nella direzione della costituzione dell’Unione europea; (…) soluzione del problema dell’unità tedesca nell’ambito della unità europea senza rinvii e senza diluizioni; l’unità tedesca non è rinviabile, essa deve avvenire (…) come conclusione di un processo unitario cui è interessata l’intera Comunità europea e sulla base di precise garanzie di intangibilità delle frontiere orientali”56.

L’importanza dei temi in gioco trovò una sponda naturale nel dibattito parlamentare: il 15 febbraio, l’on. Aristide Gonnella, repubblicano, effettuando un ampio ragionamento sulle possibilità della politica estera italiana, anche in considerazione delle iniziative intraprese da Francia e Germania Ovest, sosteneva che,

“abbiamo tentato di contrapporre la cosiddetta politica quadrangolare (Austria, Jugoslavia, Ungheria, Cecoslovacchia), ma ritengo che tutto ciò sia insufficiente perché il discorso non è stato impostato nell’ambito di una dimensione economica, istituzionale e politica e non sono state coinvolte rilevanti forze finanziarie, come è avvenuto invece per le iniziative francesi e tedesche. Tutte queste azioni sono attualmente scoordinate ed è quindi necessario individuare i punti di raccordo della

53

G. Fini, Il discorso del segretario, cit.

54 A. Occhetto, “Un nuovo inizio: la fase costituente di una nuova formazione politica”, cit. 55 La risoluzione sulla politica estera dell’Italia, cit.

56 G. P. Orsello, Un’azione socialista per l’Europa, in “Critica Sociale”, a. IC, n. 4-5/90, pp. 35-37.

nostra politica comunitaria nei confronti di quella con i paesi dell’Est. Per tale motivo il potenziamento dell’Europa diventa la condizione per evitare che si verifichi una sorta di frazionismo dei paesi europei”57.

Anche il ministro per il Coordinamento delle politiche comunitarie, Pier Luigi Romita, insisteva: “Parlare ancora di quattro potenze vincitrici ed occupanti significa ritornare al secolo scorso (…) Ormai vanno considerati vincitori anche altri paesi, come quelli che hanno costruito l’Europa”58. Su queste posizioni non poteva che ritrovarsi anche l’MSI, che per bocca di Mirko Tremaglia confermava:

“Abbiamo apprezzato l’impostazione contraria al ‘due più quattro’, proprio perché non possiamo più accettare le conseguenze di quella guerra; deve invece trionfare l’Europa come tale, che non può più essere collocata in una situazione di sudditanza rispetto a quelle che ancora oggi si chiamano ‘le potenze vincitrici’”59.

Intorno alla metà di marzo, nella RDT si tennero le prime elezioni politiche libere che, di fatto, costituirono una sorta di referendum sulla riunificazione: il partito cristiano democratico dell’Est otteneva una schiacciante vittoria elettorale, amplificata da una significativa sconfitta per la sinistra, socialdemocratica e comunista60. L’affermazione politica, seppur indiretta, di Kohl, portava con sé un’accelerazione del processo di unificazione; Sergio Segre, che nel governo ombra del PCI ricopriva il ruolo di ministro per le politiche comunitarie, chiosò su “l’Unità”:

57 On. A. Gunnella, ALeg, CADE, X Leg., BC, III Comm., 15 febbraio 1990, p. 149. 58 On. P. L. Romita, Ibidem, p. 156.

59

On. M. Tremaglia, ALeg, CADE, X Leg., Assemblea, Discussioni, 20 marzo 1990, p. 51227. Anche Giuliano Amato si pronunciava contro “il due più quattro”: secondo l’esponente del PSI, l’obiezione a tale formula non era da vedersi “come l’espressione del disappunto del solito italiano di una volta tenuto fuori dalla porta, ma come legittima manifestazione del disappunto di uno dei partners europei per un atteggiamento che sembrava affermarsi, tendente ad escludere tali partners da una riunificazione rivolta al futuro e non al passato e dalla comune considerazione di aspetti che nell’Europa integrata di oggi sono di comune interesse”, On. G. Amato, Ibidem, p. 51265.

60 Sulla pesante sconfitta del socialismo nelle elezioni della Germania dell’Est, Giorgio Napolitano

constatava che “le forze della sinistra europea occidentale sono innanzitutto chiamate ad una riflessione: sul ‘vento’ che soffia in tutto l’est di rigetto delle stesse idee del socialismo (oltre che dei regimi comunisti) di rilancio delle identità nazionali, di avvicinamento ai ‘modelli’ dell’Ovest. Da questa riflessione esse debbono trarre una ulteriore messa a punto della piattaforma politica e culturale da opporre alle nuove spinte di destra che stanno emergendo in Europa. Intanto, concretamente e con urgenza, si dovrebbe esprimere un impegno comune su due punti: l’accelerazione del processo di integrazione nella Comunità e la caratterizzazione di tale processo in chiave sociale e politica democratica”, G. Capelli, intervista a G. Napolitano, “Un vento di rigetto del socialismo soffia in tutta l’Europa dell’Est”, in “l’Unità”, 20 marzo 1989.

“la vittoria di Kohl (…) rischia di imprimere al treno dell’unità tedesca una velocità troppo alta. Superiore cioè a quella oggi sopportabile da un’Europa che, dopo il crollo drammatico dei regimi dell’Est, è ancora alla ricerca di assetti capaci di darle, in futuro, una maggiore e non una minore sicurezza di quella assicuratale per quarant’anni dalla divisione in blocchi contrapposti”61.

L’esito delle elezioni tedesche riportò prepotentemente l’attenzione anche sul tema dell’allargamento, ora che la più vicina unificazione tedesca, inevitabilmente, lo pose al centro dell’agenda politica delle classi politiche europee. Tremaglia ricordava che “la prima conseguenza della vittoria del popolo tedesco, della vittoria dell’Europa, è l’anacronismo, tuttora persistente dello statuto di Berlino”62. Il deputato missino chiese quindi che il governo italiano si adoperasse affinché fosse cancellato lo statuto che sanciva la divisione della città: “Se ciò non avvenisse”, ammoniva, “non avrebbe senso il discorso dell’Europa politicamente ed economicamente unita, nell’ambito di un grande processo finalizzato all’espansione dell’integrazione europea”63. L’esponente del MSI si dichiarò a favore dei cerchi concentrici, al fine di garantire un piano di allargamento progressivo della CEE verso l’Est, con l’obiettivo di dare vita non ad una federazione in quanto, spiegò Tommaso Staiti di Cuddia delle Chiuse,

“sarebbe quindi assurdo, oggi, pensare (…) ad una federazione europea, a Stati uniti d’Europa, perché le particolarità, le peculiarità di quei popoli, di quelle etnie, di quelle situazioni continuano ad esistere e devono trovare una loro maturazione (…) che può essere offerta soltanto da una confederazione europea che tenga conto delle diversità, delle specificità, della storia, dell’evoluzione diversa, dei contenuti culturali, economici e sociali di ogni singolo popolo, di ogni singola realtà, per tentare di trovare quel codice unificante che possa poi dar luogo a questa più grande, più ampia, più vasta, più nobile realtà che è l’Europa”64.

Il socialista Giuliano Amato, intervenendo nel dibattito, ricordò come fosse prioritario, prima di fissare eventuali calendari per l’adesione, adeguare la CEE alla nuova situazione europea ed internazionale: “È opinione del gruppo che rappresento (…) che l’approfondimento della integrazione sia una premessa essenziale perché l’allargamento abbia successo”65. Per questo era fondamentale, proseguiva Amato, il ruolo che avrebbe rivestito la futura Germania unificata: “È responsabilità della Germania fare in modo

61

S. Segre, Germania, il grande rischio, in “l’Unità”, 19 marzo 1990.

62 On. M. Tremaglia, , ALeg, CADE, X Leg., Assemblea, Discussioni, 20 marzo 1990, p. 51227. 63 Ibidem.

64 On. T. Staiti di Cuddia delle Chiuse, Ibidem, p. 51247. 65

che il tessuto necessario della integrazione europea proceda senza i tentennamenti ed i parziali ripensamenti che su alcuni terreni la stessa Germania ha manifestato nell’ultimo

anno”66. Amato introduceva uno degli elementi che avrebbero progressivamente

caratterizzato il dibattito sull’allargamento: sarebbe stato preferibile adeguare le strutture della CEE per renderla efficace anche aumentandone sensibilmente il numero degli stati, oppure era da ritenersi prioritario procedere subito all’inclusione di nuovi membri, rinviando l’approfondimento ad una seconda fase? Anche la DC chiedeva di

“accelerare il passo nei prossimi mesi, trasformando con la massima rapidità consentita la Comunità dei dodici in unione economica e monetaria (…) non lasciando infine l’Unione europea come un vago obiettivo che non si sa come e quando si realizzerà, ma al contrario ponendola ormai all’ordine del giorno delle cose da fare”67.

Sulla questione tedesca le forze politiche non riuscirono a convergere verso un documento unitario: furono presentate un consistente numero di risoluzioni che spesso differivano per poche parole, nella speranza che attraverso un consenso generalizzato che poteva essere dato al testo nel suo insieme, si potesse anche far passare qualche ulteriore e significativo inciso politico. La risoluzione presentata dalla maggioranza impegnava il governo, alla luce dei cambiamenti prodotti nell’est europeo, ad avviare “una trattativa sulle riforme istituzionali che si rendono necessarie, nel momento in cui la Comunità intende realizzare l’Unione economica e monetaria, per accelerare il cammino verso gli Stati Uniti d’Europa”68. Nel documento elaborato dal PCI si auspicava anche un “progressivo superamento”69 della NATO e del Patto di Varsavia, in

66 Ibidem. 67

F. M. Malfatti, In una Europa senza muro. Per una seconda Helsinki: quale comunità, quale D.C., in “la Discussione”, n. 12, a. XXXVIII, 24 marzo 1990. Quello di Malfatti non era un articolo, ma lo stralcio di una relazione fatta ad un seminario organizzato dai gruppi DC del parlamento italiano e del PE con il sostegno del dipartimento esteri, su iniziativa di Bruno Orsini e Gerardo Bianco ed avente per titolo lo stesso usato dalla redazione del settimanale DC per l’articolo di Malfatti. Il seminario venne deciso durante la direzione nazionale del gennaio 1990 con la motivazione, sosteneva Sandro Fontana, che “gli avvenimenti epocali che si sono verificati nell’Est europeo sono tali che rivoluzioneranno le linee di politica estera ed anche nazionale”. Come Fontana, anche Bruno Tabacci asseriva che gli avvenimenti dell’Est, “sono destinati a ripercuotersi nello schieramento politico italiano”. Pierluigi Castagnetti riteneva pertanto che fosse necessario “preparare una precisa proposta politica della D.C. che, più che rivendicare il nostro operato negli ultimi quarant’anni di lotto al comunismo, indichi la strada della solidarietà politica concreta verso i partiti democratici che si richiamano ai valori della democrazia e della libertà”, Direzione Nazionale,16 gennaio 1990, ASLS, Fondo DC, Direzione nazionale, scatola 53, fascicolo 752.

68 Risoluzione (6-00121), ALeg, CADE, X Leg., Assemblea, Discussioni, 21 marzo 1990, p. 51426. 69 Risoluzione (6-00122), Ibidem, p. 51427. Nelle dichiarazioni di voto, Giulio Quercini affermava che

un’ottica di disarmo e denuclearizzazione dell’Europa e in special modo della futura Germania unita. A proposito del superamento della Nato e della smilitarizzazione dello stato unitario tedesco proposta dal PCI, Franco Maria Malfatti riaffermò:

“Noi siamo chiaramente contrari a queste pericolose prospettive. Nel cuore dell’Europa una potenza del peso economico e demografico della Germania unificata costretta in una condizione di smilitarizzazione e di neutralizzazione non è immaginabile e sarebbe, solo, un fattore assai grave di instabilità e di precarietà per tutto il continente europeo”70.

I punti in comune tra le varie mozioni confermavano il tentativo da parte delle varie forze politiche, condiviso dal governo, di fare della riunificazione tedesca un problema europeo e non di rapporti bilaterali. In Italia si avviò pertanto un ampio e diffuso dibattito71, che sarebbe esploso negli anni successivi, e che si può così riassumere: l’unificazione tedesca, avrebbe dato vita ad una Germania europea o ad un’Europa tedesca? Se avesse prevalso la seconda possibilità, per una media potenza come l’Italia, con una situazione finanziaria al limite del collasso, le conseguenze politiche ed economiche potevano essere disastrose72. Per questo, ancora una volta, si sperava nella via europea.

della guerra fredda, e chi si colloca concettualmente e politicamente oltre gli orizzonti dei blocchi contrapposti”, On. G. Quercini, ALeg, CADE, X Leg., Assemblea, Discussioni, 21 marzo 1990, p. 51443.

70 F. M. Malfatti, Germania: le ambiguità del Pci, in “la Discussione”, n. 12, a. XXXVIII, 24 marzo

1990. Anche l’eurodeputata DC Maria Luisa Cassanmagnago Cerretti, dopo aver affermato che “L’unificazione tedesca consentirà non solo di superare l’innaturale divisione di un popolo, ma anche di ricomporre l’unità del continente europeo”, sui temi della sicurezza ribadiva: “Se è vero che l’unificazione tedesca comporta la messa in opera di nuove forme di cooperazione europea nel settore della sicurezza (…) è assolutamente indispensabile che la Comunità disponga delle strutture politiche e della sicurezza adeguate per affrontare questi ulteriori e necessari sviluppi”, M. L. Cassanmagnago Cerretti, Dall’unità tedesca la spinta per la coesione europea, in “il Popolo”, 26 aprile 1990.

71 Su MicroMega, Angelo Bolaffi scriveva: “La spinta, apparentemente irresistibile, che, nel contesto

della completa dissoluzione degli equilibri di Jalta, ha riportato all’ordine del giorno la possibilità di unificazione dei due Stati tedeschi, [ha] fatto risorgere nelle coscienze dei popoli europei antichi incubi e radicate diffidenze”. A tal fine, proseguiva Bolaffi, “L’idea federalista e la costruzione di una Europa unita sono le uniche risposte possibili alla minaccia di una regressione neo-nazionalista che rischia di essere pericolosamente accelerata da un’unificazione tedesca al di fuori e contro la collaborazione europea (…) La nascita degli Stati Uniti d’Europa basati su istituzioni e organizzazioni politiche transnazionali dev’essere un obiettivo prioritario della sinistra in quest’ultimo decennio del XX secolo. Ed è anche la sola soluzione razionalmente possibile per la questione tedesca”, A. Bolaffi, Solo l’Europa ci potrà salvare, in “MicroMega”, n. 2/90, p. 110 e pp. 116-117.

72 Il senatore del PSI Antonio Natali, intervenendo nel dibattito relativo alle comunicazioni del governo

sul semestre di presidenza, affermava: “La costituzione di una banca europea è, credo, allora l’elemento di fondo per impedire che la banca europea diventi la Bundesbank (…) Questo problema della Germania quindi (…) deve spingerci a fare in modo che la Germania sia europeizzata e non l’Europa germanizzata. È un pericolo che corriamo e che dobbiamo cercare di evitare”, Sen. A. Natali, ALeg, SERE, X Leg., Assemblea, 408a seduta, 4 luglio 1990, p. 23.