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L’accademia del borgo di Richelieu

royales d’équitation (1640 circa-

Capitolo 1. I progetti del cardinale di Richelieu

II.1.3 L’accademia del borgo di Richelieu

Se alcune delle fonti concernenti l’accademia delle rue Vieille du Temple collocano la redazione dell’atto ad essa attinente nel settembre 1640 è perché tale data figura sui documenti che ufficializzano l’apertura di un altro istituto nobiliare, anch’esso patrocinato dal cardinale ed effettivamente fondato nel suo borgo natale, la cittadina di Richelieu, nell’attuale dipartimento dell’Indre- et-Loire.

522 Oraison funebre de monseigneur l’éminentissime cardinal duc de Richelieu. Prononcée en

l’academie de Castres en Languedoc, par G. de B., Paris 1643, p. 12: «Parlerò di quest’altra

accademia che egli ha fondato per l’istruzione della nobiltà, nella quale venti gentiluomini poveri possono trovare ciò che è indispensabile per divenire uomini virtuosi e riparare alla mancanza di beni della fortuna per mezzo dei vantaggi che quelli della virtù offrono? Sì, signori, e non sarà fuori luogo sottolineare qui come […] egli voglia, con quest’ultimo [provvedimento], formare dei sudditi in vista del servizio allo Stato. Prevedeva, a ragione, che la tranquillità di cui la Francia godeva non sarebbe stata eterna, a causa dell’ambizione dei suoi vicini, e la sua previdenza non lo trasse in inganno, poiché poco dopo gli oltraggi che i nemici del re fecero ai suoi alleati lo costrinsero a dichiarare loro guerra». L’autore si riferisce con tutta probabilità alla fase francese della guerra dei Trent’anni (1635-1637). Come si è già avuto modo di constatare a proposito di un testo di Flurance, anche qui l’aggettivo honnête è sinonimo di vertueux. Un esemplare a stampa della pièce, identico a quello consultato, si trova in ms. B.n.F., pièces originales 2303, ff. 268 r- 277 v; una versione manoscritta può essere consultata in ms. B.n.F., manuscrits français 23067, ff. 90 v-95 v.

Promotore dell’iniziativa è Nicolas le Gras, personaggio poco noto ma interessante, sul quale vale la pena di soffermarsi prima di analizzare nel dettaglio il suo progetto di scuola nobiliare. Medico e sacerdote originario del villaggio di Chancueil, non lontano da Parigi, muore, con tutta probabilità, durante gli anni della propria detenzione in un convento, a Siviglia o in Sudamerica, alla fine degli anni Sessanta del Seicento, dopo la condanna all’ergastolo emessa dal

Tribunal de la Inquisicion di Lima: è proprio attraverso lo studio della

deposizione rilasciata dal Francese in Perù che M. Bataillon ha potuto ricostruire la sua biografia523. Alla fine di un processo terminatosi nel settembre 1667, il prete, scomunicato, privato dei propri beni e costretto alla pubblica abiura, è giudicato apostata, eretico e seguace della legge «perversa de Epicuro»: portatore di una sensibilità religiosa ispirata al naturalismo, le Gras, stando alle dichiarazioni rilasciate dai testimoni, ha a più riprese elogiato la pratica musulmana della poligamia e stretto rapporti di amicizia con Lucilio Vanini. In America il sacerdote ha lavorato dal 1661 presso il viceré, in veste di dottore e precettore di suo figlio; ma a condurlo nel nuovo continente è stato il proposito, destinato a rimanere lettera morta a causa del rifiuto delle autorità romane, di fondare un ordine di natura settaria, «que habia de llamar de los christianos», composto da soli medici e del quale egli ha preparato gli statuti. I suoi membri, sull’esempio di Cristo e degli apostoli, avrebbero dovuto impegnarsi a fornire gratuitamente le proprie cure a tutti gli infermi, «gentiles, judíos y moros, hereges, católicos, y en especial a los pobres», nella speranza di pervenire a convertirli; l’accusato fa presente come la Chiesa cattolica manchi d’istituzioni caritative volte all’assistenza dei più indigenti e spiega che i numerosi viaggi compiuti e le esperienze vissute a contatto con i popoli più diversi lo hanno reso consapevole di quanto considerevole sia, su individui spesso diffidenti nei confronti della predicazione e dei religiosi che la praticano, la forza di persuasione di un guaritore o di un chirurgo524.

La vita di le Gras è in effetti segnata da continui spostamenti: nato intorno al 1600 da una famiglia di proprietari terrieri, Nicolas è inviato dal padre, all’età di otto anni, in Provenza, dove termina gli studi in humanités; dopo i corsi di retorica e poesia al collegio gesuitico di Reims, egli si reca a Parigi, dove assiste alle lezioni di

523 M. Bataillon, L’Académie de Richelieu, Indre-et-Loire, in “Pédagogues et juristes”, Congrès du

Centre d’Études Supérieures de la Renaissance de Tours. Eté 1960, Paris 1963, pp. 255-270; J. T. Medina, Historia del Tribunal de la Inquisicion de Lima (1569-1820), Santiago de Chile 1956, tomo II, “Appendice documental”, pp. 170-184.

filosofia, teologia e medicina, disciplina nella quale ottiene il titolo di

docteur. Passa in seguito a Roma per espletare le funzioni di datario

del papa, per intraprendere, a vent’anni, una lunga peregrinazione attraverso l’Europa settentrionale lacerata dalla guerra dei Trent’anni: egli soggiorna in Germania, in Boemia, in Austria, in Russia, in Svezia, in Danimarca ed in Olanda; rientrato in patria, vi riceve l’ordine sacerdotale. Egli visita successivamente i principali centri dell’Africa del nord (Marrakech, Algeri, Tunisi), svolgendo la professione medica nelle corti dei diversi sovrani, per raggiungere poi l’Arabia e l’Estremo Oriente; ritornato in Francia intorno al 1635, impiega parte del patrimonio nel frattempo accumulato nell’acquisto della carica di cappellano di Gastone I di Borbone, duca d’Orléans, a servizio del quale resterà sei anni. Gli anni Quaranta e Cinquanta lo vedono di nuovo in viaggio: a Marsiglia il sacerdote s’imbarca per Alessandria d’Egitto; trattenutosi qualche anno al Cairo presso il console francese, parte per Gerusalemme, si sposta a Damasco e fa, per un triennio, di Costantinopoli la propria residenza. Un incidente occorso al largo di Lisbona durante la traversata in mare che lo riconduce in Europa comporta la perdita del suo diploma di dottore in medicina e dei suoi titoli religiosi, nonché di tutte le sue fortune e di una trentina di volumi manoscritti contenenti le sue osservazioni sui segreti, sui governi, sulle leggi, sui costumi e sui medicinali in uso presso i popoli che egli ha conosciuto; tra i pochi libri scampati al naufragio, «el de los rudimentos de la lengua francesa y la academia ruchiliana525».

Del suo progetto di fondazione di una speciale «Academia francesa» per l’istruzione dei gentiluomini tanto transalpini quanto stranieri le Gras, stando alla deposizione da lui rilasciata a Lima poco prima di morire, parla dapprima al duca d’Orléans, che, favorevole alla proposta, ne perorerà la causa al conseil d’Etat; ma, malgrado le approvazioni riscosse, «no hubo efecto para fundar las cátedras y escuelas»: il disegno è per il momento destinato a rimanere sulla carta. Ad accoglierlo con entusiasmo, fino a prorompere in lacrime per la gioia, e ad operare immediatamente in vista della sua realizzazione è invece Richelieu; il medico gli suggerisce, come sede del nuovo istituto, la città di cui il cardinale ha promosso la fondazione intorno al castello «de su patrimonio, nombrado Rochileu» ed al vicino villaggio: si tratta infatti di una cittadina in piena espansione, nella quale i grands ed i principi di Francia stanno facendo costruire

525 Ibidem, pp. 174-179.

sontuosi palazzi e che la scuola immaginata da le Gras potrebbe rendere ancora più illustre526.

Quest’ultimo è d’altronde al corrente degli sforzi che «[son] Eminence» ha compiuto in favore dell’istruzione della nobiltà. La richiesta del sacerdote, che risale verosimilmente ai primi mesi del 1640 ed assume la forma di una lettera-saggio, pubblicata due anni più tardi in una raccolta di pièces attinenti alla nascita dell’académie, non manca di ricordare «les Academies publiques» di recente erette ed i sussidi versati per permettere agli «enfans qui se trouvent avoir une naissance heureuse avec peu de facultez» di frequentare i collegi, assimilando tutte le competenze necessarie a servire il sovrano e la patria, «chacun selon son genie, & sa profession»; ma è solo attraverso la realizzazione del centro proposto dall’autore che la liberalità di Richelieu, della quale soltanto pochi gentiluomini hanno per il momento potuto beneficiare, si renderà proficua per la totalità dei blasonati di Francia. Questo «établissement» tornerà d’altronde a vantaggio del cardinale stesso, che vi troverà un mezzo per guadagnare la fedeltà dei membri del secondo Stato: da una parte, coloro ai quali la troppo giovane età impedisce di imitare la grandezza del mecenate potranno trarre profitto dal suo zelo e dalla sua sollecitudine; dall’altra i padri, «qui n’ont point ordinairement de plus fortes passions, que de bien instituer leurs enfans», non potranno che plaudire il suo operato e maturare nei suoi confronti un sentimento di perpetua riconoscenza527. Di che genere di scuola Nicolas le Gras prospetta dunque la creazione?

L’epistola, manifesto programmatico dell’accademia, si apre con l’elogio del patrono dell’Académie française, che promuove il miglioramento e l’arricchimento della lingua volgare: un idioma compiuto in tutte le sue parti, precisa l’autore, conduce «les Republiques» alla pace, alla prosperità ed alla grandezza, poiché «le reglement de la parole» introduce in ogni provincia la «conformité du

526

Ibidem, p. 177. Sull’ampliamento seicentesco del borgo natale del cardinale vedi Ch. Jouhaud,

La main de Richelieu ou le pouvoir cardinal, Paris 1991, pp. 157 e sgg.

527 L’académie royale de Richelieu, a son Eminence, s.l. 1642, pp. 109-110. Si tratta

dell’esemplare B.n.F. Arsenal 4-H-8289; l’esemplare RES 8-LK7-8276 è incompleto. Altre copie sono conservate alla Bibliothèque Sainte-Geneviève (4Q 1019 INV 553 RES), alla Bibliothèque municipale di Poitiers (CP421 Fonds Ancien) ed alla Bibliothèque municipale de La Rochelle (18315C Fonds Ancien). Su questa accademia vedi L.-A. Bossebœuf (l’abbé), Richelieu.

Monuments et souvenirs, Richelieu 1888 (=Richelieu 2000), pp. 41-45; Chartier, Compère, Julia, cit., pp. 183-184; Elliott, cit., pp. 133-134; Brockliss, French higher education…, cit., p. 450; R.

Mousnier, Richelieu et l’enseignement. Le cardinal précurseur de la Convention, in “Richelieu et la culture”, Actes du Colloque international en Sorbonne, sous la direction de Roland Mousnier, Paris 1987, pp. 17-27.

langage», efficace strumento di unione di tutti i popoli. In seguito alla corruzione della «premiere langue du Monde», invariabile ed universale, taluni popoli dell’Antichità, quali i Caldei, i Galli, i Greci ed i Latini, hanno costantemente coltivato la loro e si sono adoperati per la sua diffusione; non diversa la linea di condotta poi seguita dagli Arabi, dai Turchi e dagli Spagnoli. Il francese, al contrario, è rimasto a lungo «difforme» ed irregolare: dopo l’arrivo di Giulio Cesare, la cacciata dei Druidi e la conseguente imposizione della lingua degli antichi Romani, le invasioni barbariche hanno generato la confusione ancora regnante e la formazione dei dialetti; e nonostante l’impegno di alcuni sovrani, di fronte ad un idioma materno povero e confuso, il latino ha conservato la propria assoluta preminenza fino al XV secolo. Il cardinale, con la fondazione dell’Académie française, ha trovato il proprio posto al culmine di un processo di rivalutazione del francese cominciato con Luigi XI, Francesco I, che ha imposto l’uso del

vernaculaire nei tribunali, ed i grandi letterati del Cinquecento528. Gli idiomi dell’Antichità risultano utili in quanto codici di comunicazione tra le diverse nazioni, ma non costituiscono, a questo scopo, la soluzione ideale: si potrebbe, a giudizio di le Gras, aderire piuttosto, per convenzione, ad «un organe» di rappresentazione di «toutes choses» che risultasse universalmente comprensibile, così come lo è il sistema di cifre che consente la scrittura dei numeri e delle date. Ma gli insuccessi cui i «peuples sçavans» che hanno tentato questa strada sono andati incontro a causa delle numerose difficoltà pratiche riscontrate incoraggiano piuttosto ad agire in direzione della valorizzazione del volgare. Molteplici sono gli espedienti cui far ricorso al fine di stabilizzare un dato codice linguistico e di assicurarne la grandezza ed il prestigio: le armi, che permettono ai conquistatori di ingiungere alle comunità sottomesse l’adozione della propria lingua utilizzandola nella redazione di atti pubblici o inviando colonie nei nuovi territori; la traduzione, che dà occasione di accrescere le potenzialità di un idioma ed alla quale il medico invita i membri dell’Académie française a dedicarsi «aux heures commodes», «par forme de relâche, & de divertissement»; la grammatica, volta a regolare e purificare i codici linguistici attraverso la normalizzazione delle declinazioni, delle coniugazioni, della lettura e della pronuncia.

528 L’académie royale de Richelieu…, cit, pp. 1-16. L’“ordonnance générale en matière de justice

et de police” emanata da Francesco I a Villers-Cotterêts nell’agosto 1539 impone, all’articolo 111, l’abbandono del latino e l’adozione del «langaige maternel françois» in tutti gli «arrestz» ed in «toutes autres procedures». Vedi Ordonnances des rois de France. Règne de François Ier, Paris 1983, tomo IX, parte III, p. 582.

Ma il mezzo più efficace per «regler les langues, & […] les rendre stables, & universelles» consiste nel trasformarle in strumento di espressione e trasmissione della conoscenza: «les constituer les interpretes des Sciences» significa infatti munirle di «tous les ornemens necessaires», rendendole immortali e permettendo loro di oltrepassare i propri confini d’origine. E ciò che si è verificato per gli idiomi gallico, egizio, greco ed arabo, che grazie alla filosofia «ont acquis tant d’honneur dans le Monde» e che, in quanto lingue di popoli «sçavans», si sono affermati dovunque nel corso dei secoli, dovrà presto realizzarsi per l’idioma dei francesi. Come ogni altro, anch’esso possiede le disposizioni essenziali per raggiungere la perfezione; sarà compito di «Messieurs de l’Academie Françoise» inventare i nuovi sostantivi che consentiranno di «expliquer les subtilitez des Sciences» in vernaculaire. Ma c’è di più. Codice linguistico e sapere sono legati da un rapporto dialettico e se è dalla

science che la langue trae la propria forza, l’uso della seconda è a sua

volta imprescindibile per la riflessione e la comunicazione dei contenuti della prima. La lingua greca è il miglior tramite di concezione ed estrinsecazione di un pensiero greco, mentre la pratica di un idioma straniero e lo sforzo che essa implica non possono che ostacolare «l’esprit» del filosofo nella sua attività di ricerca della verità; il ricorso al latino ed i lunghi anni di studio richiesti per assimilarlo hanno interrotto la tradizione di avvicinare i bambini alle diverse branche della conoscenza a partire dai sette o otto anni di età e ristretto la schiera dei grandi pensatori529.

Incapaci di contribuire al bene pubblico sono i giovani che si limitano all’apprendimento delle complesse regole della grammatica latina e greca. Tutte le parti del sapere, al contrario, «sont applicables à la necessité de la vie, & au bon-heur des Republiques» e pertanto indicate per l’educazione dei gentiluomini: la logica chiarifica e guida il ragionamento, indicando un metodo preciso per l’esposizione del pensiero; la morale, regolando le passioni, fa dei propri cultori dei buoni padri di famiglia e degli onesti cittadini; la fisica «nous donne des principes»; la matematica predispone «aux Arts de la Paix, & de la guerre», che rappresentano i fondamenti della vita in società. Ma la nobiltà di Francia, con grave danno per il regno e per la collettività dei sudditi, non potendo consacrarsi ad un percorso formativo tanto lungo quanto quello previsto dai piani di studio fino ad ora rispettati, ha finito per concepire «une haine mortelle des lettres», pur essendo ad esse naturalmente incline. Le Gras denuncia dunque, come Nicolas

Pasquier, la necessità di elaborare un programma educativo più breve e funzionale, basato sul principio dell’insegnamento dei saperi in lingua volgare, a sua volta codificato secondo regole ben definite.

Alla didattica della «Grammaire» e delle «Disciplines» per i blasonati non possono tuttavia attendere i dotti della prestigiosa associazione voluta dal cardinale: «ce sont des personnes qui ont de plus hautes occupations, que d’instruire la jeunesse» e dei risultati dei loro dibattiti hanno notizia soltanto «quelques curieux», pochi letterati «ou peut-estre quelques beaux esprits de la Cour». Per la massa dei giovani seigneurs che, all’oscuro dell’operato dell’Académie française ed usi a parlare il dialetto «Breton, Normand, ou Gascon», trascorrono la propria esistenza in campagna, lasciandola solo perché chiamati ai loro doveri di soldati, è pertanto auspicabile dotare il Paese di uno speciale istituto, in continuità con le proposte avanzate in passato dal «Chancelier de l’Hospital» e dal «Cardinal du Peron», che avrebbero desiderato l’apertura, a Parigi, di collegi per la trasmissione delle diverse materie nella lingua materna530.

Le Gras ventila l’erezione di un’accademia che possa realizzare il sogno di una formazione letteraria e scientifica rispondente alle esigenze della nobiltà e favorire al contempo, tramite l’uso dell’idioma francese ed a completamento dell’operato dell’illustre consesso parigino, la diffusione delle norme e delle indicazioni da questo stabilite:

«Vostre Eminence, me permettra de luy dire s’il luy plâit [sic], que […] il étoit [sic] extrémement necessaire d’établir en ce Royaume une Academie, en laquelle on enseigne les sciences en nostre Langue à la Noblesse Françoise, & Etrangere, c’est un moyen infaillible pour introduire la reformation du langage dans toutes les Provinces les plus éloignées, pour accorder tous les peuples dans l’usage, & dans la prolation des termes, & de la diction, pour rendre nostre Langue celebre, & fameuse parmi les Etrangers, en fin pour faire observer par tout le Royaume les maximes de Messieurs de l’Academie, & reduire en pratique leurs belles observations. […] combien y a t’il de Gentils-hommes à la campagne qui […] ne sont pas capables de ces hautes reflexions […]. Ils n’ont jamais les dispositions necessaires pour lire utilement les livres […] & ce ne sont iamais que des chasseurs & que des laboureurs, au lieu qu’a cause de la commodité d’apprendre tout ensemble à peu de frais, & en peu de temps les Sciences [e] les Langues, […] les Peres peuvent envoyer de bonne heure les Enfans dans la Ville de Riche-lieu, au temps qu’il sera facile de leur oster le

530 Ibidem, pp. 34-35, 49, 54, 102, 104.

mauvais accent de leur païs, & de les accoûtumer insensiblement à la meilleure prononciation, au choix, & à la pureté des termes […].

[Ma] l’Estat en [dall’accademia] tirera des utilitez plus presentes, & des biens encore plus solides, c’est que les Gentils-hommes ne consommeront plus leur jeunesse a des choses inutiles, ils apprendront directement ce qui sera necessaire à la conduite de leur vie, les devoirs de la Societé, le service du Prince, l’amour de la Patrie, & la reconnoissance deuë a V. E.531».

Per quanto ispirato, probabilmente, ai tentativi di Jacques Bourgoing e David de Flurance, il disegno del sacerdote-chirurgo non si limita a tratteggiare un’associazione intellettuale riservata ai membri dell’élite, ma una vera e propria scuola che, da sola, offra alla

noblesse d’épée un ciclo di formazione completo: allo studio delle

discipline teoriche dovrà accompagnarsi la pratica dei tradizionali

exercices, quali il «Manege», la «Revolution Militare», la «Pique», la

«Danse», e le «autres perfections» convenienti ad un rampollo532.

Tali asserzioni finiscono per porre all’autore seri problemi di denominazione dell’istituzione da lui vagheggiata. Se nel 1598 e nel 1612 il termine académie in rapporto alla nobiltà può ancora essere applicato indifferentemente ad un centro equestre o ad un immaginario consesso di eruditi, nel 1640, dopo la nascita dell’Académie française ed in seguito alla diffusione dei manèges su tutto il territorio del regno, l’appellativo in questione, quando riferito ad una scuola per titolati, non può che suggerire l’idea di un istituto specializzato unicamente, o quasi, nella trasmissione delle regole dell’equitazione e di altre attività fisiche. Le Gras ne è conscio; ed a

531 Ibidem, pp. 17-18, 103-104, 106: «Vostra Eminenza mi permetterà di dirLe, con il suo

permesso, che […] sarebbe [?] estremamente necessario erigere in questo regno un’accademia, nella quale si insegnino le scienze nella nostra lingua alla nobiltà francese e straniera; è un metodo infallibile per introdurre la riforma della lingua in tutte le province più lontane, per mettere d’accordo tutti i popoli nell’impiego e nella prolazione dei termini e della pronuncia, per rendere la nostra lingua celebre ed illustre tra gli stranieri, infine per fare osservare in tutto il regno le norme di messieurs dell’Académie française e tradurre in pratica le loro belle osservazioni. […] Quanti sono i gentiluomini di campagna che […] non sono capaci di riflessioni tanto elevate […]! Non dispongono delle capacità necessarie per leggere i libri con utilità […] e rimangono sempre dei cacciatori e dei contadini, mentre, data la comodità di apprendere contemporaneamente, senza