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Un’educazione completa e non confessionale: le accademie nobiliari ed i gentiluomini ugonott

Di poco antecedenti all’apertura della prima accademia equestre di Francia, i tre progetti presi in esame, ovviamente eredi dell’ideale pedagogico umanistico-rinascimentale172, propongono dunque, per i blasonati transalpini, un’istruzione completa. Le scuole qui vagheggiate presentano, è vero, curricula molto differenziati: si passa da un istituto volto ad accogliere la totalità dei membri delle élites, siano essi nobili o roturiers, lungo tutto l’arco del loro percorso formativo ad un’accademia liberamente istituita al fine di educare, per sei anni, tre rappresentanti della noblesse d’épée attraverso lo studio della storia e della filosofia; l’ultima proposta prospetta infine la nascita di una rete di centri nei quali i blasonati, a partire dai quattordici anni di età, possano portare a compimento un cursus formativo cominciato altrove. Nondimeno, nei tre scritti, i rampolli d’illustre casato, lungi dal doversi dedicare unicamente all’esercizio delle armi, sono chiamati a dotarsi di competenze nuove, attraverso lo studio di discipline teoriche. E l’educazione letteraria è adattata ai bisogni di un membro del secondo Stato, destinato, essenzialmente, ad una carriera militare o politica: fondato sulla lettura della storia moderna, che tanta importanza riveste nelle accademie prospettate da La Primaudaye e da La Noue, e sullo studio della filosofia morale, il programma qui delineato, riducendo gli insegnamenti matematici alle necessità della pratica bellica, introduce la geografia e, nel caso del nobile bretone, dei corsi di educazione musicale ed artistica, nonché, con le dovute riserve, delle lezioni di danza. Quanto al latino ed al

172 Vedi, per esempio, le pagine del Libro del cortegiano dedicate alla disputa tra Ludovico da

Canossa e Pietro Bembo sulla superiorità delle armi o delle lettere: il primo, che non manca, per altro, di criticare la diffidenza tradizionalmente nutrita dai gentiluomini francesi verso l’istruzione letteraria, sottolinea l’utilità degli «studi […] d’umanità» per il nobile, destinato comunque a fare delle armi la propria principale professione. Vedi B. Castiglione, Il libro del cortegiano, a cura di W. Barberis, Torino 1998, libro I, capp. XLII-XLVI, pp. 89-99.

greco antico, presenti tra le materie del primo ciclo del collège immaginato, secondo d’Origny, da Francesco I, nell’Academie

françoise l’insegnamento delle due lingue classiche si limita ad una

semplice infarinatura, per scomparire del tutto nel progetto di François de La Noue.

I tre personaggi in esame, appartenenti ai ranghi dei gentiluomini di spada, si rivolgono infatti ai rappresentanti del loro stesso ceto in vista di una vera e propria opera di rigenerazione del secondo Stato, nel difficile periodo degli scontri intestini: il regno ha adesso bisogno di una nobiltà rinnovata, fedele alla corona e capace di svolgere al meglio le proprie funzioni, al di là delle spaccature e delle rivalità confessionali; e, come si è visto, la problematica pedagogica si affianca spesso all’esigenza di prendere parte attiva nella risoluzione dei problemi che attanagliano la Francia. Gli istituti di cui i tre personaggi ventilano la fondazione non sono presentati, beninteso, come mezzo diretto di risoluzione delle controversie religiose e degli scontri bellici; tuttavia, ugonotti moderati, interessati al bene della corona e vicini, almeno per quanto riguarda gli ultimi due, all’ideologia politique, d’Origny, La Primaudaye e La Noue, che stendono i rispettivi trattati negli anni delle guerre di religione, si astengono, nel presentare progetti relativi all’apertura di centri per l’educazione dei giovani titolati d’Oltralpe, da qualsiasi allusione polemica alle divisioni tra cattolici e protestanti, delineando delle

académies implicitamente transconfessionali. I veri nemici della

cristianità sono i turchi, gli atei, gli epicurei: se di cattolici e protestanti si parla, è perché, in misura più o meno esplicita, gli autori immaginano istituti aperti ai seguaci di Calvino come a quelli del papa.

Ma perché l’idea delle accademie per la nobiltà trova da principio consensi nell’ambito della nobiltà protestante? Da una parte, la creazione delle istituzioni in questione permetterebbe ai giovani nobili di ricevere in Francia la formazione che essi sono soliti cercare altrove; e la paura dei rischi morali che il viaggio all’estero, ed in special modo nella cattolica Italia, implica è tipicamente, seppur non unicamente, ugonotta173.

Dall’altra, se l’élite riformata reclama più prontamente la necessità di centri specificamente concepiti per l’istruzione dei propri

173 J. Dewald, Aristocratic experience and the origins of modern culture: France 1570-1715,

eredi e capaci di superare il quadro delle istituzioni tradizionali, quali i

collèges e le università, è forse anche a causa del carattere

profondamente religioso del sistema educativo messo a punto dai correligionari a partire dalla seconda metà del Cinquecento. Almeno a decorrere dai primi decenni del XVII secolo, le scuole cattoliche si dotano di maestri di equitazione, di armes e di danza preposti all’educazione degli studenti non destinati al commercio, alla Chiesa o alle professioni curiali; e veri e propri pensionati per nobili sorgono a La-Flèche ed in taluni istituti parigini174. Nei collegi calvinisti, al contrario, i programmi risultano incentrati unicamente sullo studio degli autori latini e greci e dei testi religiosi; quanto alle università dei fedeli della religion, fondate sul modello dell’accademia eretta a Ginevra da Calvino e pertanto analogamente chiamate académies, esse non sono che scuole superiori di teologia175. Molto più integrata nella vita religiosa della comunità di quanto non lo sia la rete scolastica gesuitica176, quella voluta dalla minoranza riformata è infatti finalizzata a sopperire alla mancanza di ministri della nuova confessione177: se i futuri medici, magistrati, uomini di lettere o d’armi, per quanto seguaci della Chiesa ginevrina, possono eventualmente trovare nelle università cattoliche un’istruzione sufficiente, ciò non accade nel caso degli aspiranti teologi e pastori protestanti178. E non è tutto: le accademie ugonotte nascono anche in vista della difesa del nuovo credo e devono formare controversisti abbastanza abili per confutare gli insidiosi argomenti dei papisti: è quanto afferma lo scrittore e capitano calvinista Agrippa d’Aubigné in una lettera, non datata, scritta al precettore dei propri figli. Nell’università riformata che l’autore ha visitato la filosofia morale, la fisica e tutte le materie indispensabili a studenti destinati ad amministrare il culto sono impartite con la massima cura; ma gli allievi sembrano essere poco preparati nelle tecniche di disputa

174 F. de Dainville, L’exercice physique dans les collèges de l’ancien régime, in “L’éducation des

jésuites: XVIe-XVIIIe siècles”, a cura di M.-M. Compère, Paris 1991, pp. 521-524; Brizzi, cit., p. 122. Per insegnamenti analoghi nei collegi gesuitici italiani vedi soprattutto Idem, La formazione

della classe dirigente nel Sei-Settecento: i “seminaria nobilium” nell’Italia centro-settentrionale,

Bologna 1976.

175 La più importante opera di sintesi sui collèges e sulle académies protestanti di Francia resta

quella di D. Bourchenin, Etude sur les académies protestantes en France au XVIe et au XVIIe

siècle, Paris 1882. A partire dagli anni Cinquanta e Sessanta del XVI secolo la Francia conosce la

fondazione di almeno una trentina di collegi calvinisti e di nove accademie teologiche.

176 J. Fouilleron, A. Blanchard, En conclusion: Réforme et éducation. Positions et propositions, in

“La Réforme et l’éducation”, Actes du troisième colloque du Centre d’histoire de la Réforme et du Protestantisme, Université Paul Valéry-Montpellier, a cura di J. Boisset, Toulouse 1974, p. 189.

177 J. Garrisson, L’homme protestant, Bruxelles 1986, pp. 167-168; D. Boisson, H. Daussy, Les

protestants dans la France moderne, Paris 2006, pp. 99-101.

dottrinale, tanto più necessarie quanto più i rivali risultano agguerriti e competenti:

«Je vous prie que nostre jeunesse soit instruitte à se deffendre plus qu’à enseigner les autres en un siècle où nos adversaires ne pechent point faulte de cognoissance, mais deffendent leur gloire & leurs richesses par l’acier de la suptilité. […] Rendons nous pareils à nos adversaires en l’art de la dispute, & le subject de nos controverses est si avantageux pour nous qu’il nous donnera la palme infailliblement. Mais si nous montrons aux auditeurs de nos disputes de l’imparité à la science, il n’y en a plus guere qui escoutent avec conscience […]: la plus part, dis-je, seront bien aisés de donner la honte à la verité simple & le prix à la vaine suptilité179».

Molte scuole secondarie sono aperte e funzionano per iniziativa di prestigiosi rappresentanti dell’aristocrazia ugonotta: il collegio d’Orange è sovvenzionato da Guglielmo d’Orange, quello di Orthez è fondato e finanziato da Jeanne d’Albret, Gaspard de Coligny patrocina quello di Châtillon-sur-Loire, Enrico di Navarra versa annualmente duecento lire a favore delle scuole di Montauban180, il duca di Bouillon è protettore dell’Accademia di Sedan181. I gentiluomini della

religion prétendue réformée disertano tuttavia i collegi e le accademie

protestanti, i cui curricula risultano poco adeguati alle esigenze di un titolato, optando il più delle volte per l’educazione domestica o per quella assicurata dagli istituti gesuitici; e non trascurabile è il ruolo giocato dai collèges della Compagnia nel processo di conversione al cattolicesimo che interessa, nel corso del Seicento, buona parte dei

grands di religione riformata182.

Così, se non sorprende che alla nobiltà calvinista appartengano i primi trattatisti desiderosi di veder sorgere delle scuole pensate per l’istituzione dei membri del secondo Stato, è verosimile, nonostante le fonti non lo assicurino, che il primo, concreto tentativo di erezione di

179 A. d’Aubigné, Œuvres complètes, a cura di E. Réaume e F. de Caussade, Paris 1873-1892

(=Genève 1967), tomo I, p. 422: «Vi prego di fare in modo che la nostra gioventù sia istruita a difendersi più che ad insegnare agli altri in un’epoca in cui i nostri avversari non mancano di conoscenza, ma difendono la loro gloria e le loro ricchezze con l’acciaio delle loro sottigliezze. […] Rendiamoci pari ai nostri avversari nell’arte della disputa, e l’argomento delle nostre controversie è per noi così vantaggioso che inesorabilmente ci darà la palma della vittoria. Ma se noi mostriamo agli uditori delle nostre dispute delle lacune in questa scienza, nessuno di loro ascolta più secondo coscienza […]: la maggior parte, voglio dire, non esiterà a conferire biasimo alla verità semplice e diretta ed il premio alle vane sottigliezze».

180

J. Garrisson, Les protestants au XVIe siècle, Paris 1988, pp. 114-115; Idem, L’homme

protestant, cit., p. 166.

181Motley, cit., p. 127. 182 Ibidem, p. 99.

un’accademia nobiliare – per certi aspetti assai lontano dalle proposte finora analizzate – provenga da uno dei più illustri seguaci della Chiesa ginevrina.

I.1.5 Philippe Duplessis-Mornay: una proposta