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Le accademie nobiliari negli scritti di Nicolas Pasquier

Capitolo 3. Progetto e realtà delle accademie tra Parigi e la provincia

I.3.3 Le accademie nobiliari negli scritti di Nicolas Pasquier

A denunciare a più riprese la necessità dell’erezione di nuove scuole per gentiluomini è, nei primi anni del Seicento, l’erede di una celebre famiglia di robins umanisti, di orientamento spiccatamente gallicano. Nato nel 1561, secondogenito di Françoise Belin, appartenente all’antica famiglia dei du Tillet, e del celebre avvocato, saggista e storico Etienne, noto politique, Nicolas Pasquier ottiene, nel 1590, la carica di luogotenente generale del siniscalcato d’Angoumois, vicino a Cognac; acquistato in seguito l’ufficio di maître de requêtes

ordinaire de l’hôtel du roi, a partire dal 1613 si ritira in campagna,

nelle terre di Balanzac, dove muore nel 1631420.

Vent’anni prima egli ha dato alle stampe un trattato di pedagogia nobiliare, intitolato Le gentilhomme, assai vicino, nei contenuti, a La nourriture de la noblesse di Thomas Pelletier. Tematica ricorrente nel testo è quella della vocazione guerriera dei membri del secondo Stato: numerose sono le pagine volte all’illustrazione della scienza militare e degli esercizi bellici cui il

tutti i macchinari più curiosi utilizzati nella guerra, nelle arti, nei mestieri, ed in ogni sorta di attività nobile, liberale e meccanica, affinché tutti coloro che aspirassero alla perfezione, potessero venire agevolmente ad istruirsi in questa scuola silenziosa; la parte bassa sarebbe servita a collocare gli apparecchi più pesanti, quella alta i più leggeri; un inventario preciso degli uni e degli altri sarebbe stato in una delle stanze della sala in questione […].

[l’inventario di tutti gli uomini di Chiesa del regno] era il modello di un altro riguardante l’amministrazione civile, grazie al quale sarebbe stato possibile conoscere, uno più uno meno, il numero dei gentiluomini di tutto il regno, divisi per categorie, e distinti in base alle differenze dei loro titoli, delle loro terre, ecc. Idea gradita al re, tanto più che egli aveva concepito da tempo il progetto di un nuovo ordine cavalleresco, così come quello di un’accademia, di un collegio e di un ospedale regio, aperti soltanto alla nobiltà, senza che queste fondazioni, tanto utili e tanto lodevoli, pesassero a carico del popolo e dell’erario […]». Su questo progetto vedi anche, brevemente, P.-J. Brillon, Dictionnaire de jurisprudence et des arrêts, ou nouvelle édition du dictionnaire de Brillon

[…]. Par M. Prost de Royer, Lyon 1781, tomo I, p. 563.

420 N. Pasquier, Le gentilhomme, a cura di D. Carabin, Paris 2003, pp. 11-15. Su Etienne Pasquier

rampollo è chiamato a consacrarsi. Egli dovrà conoscere e «sçavoir bien manier toutes sortes d’armes, à pied et à cheval», quali la picca, la partigiana, la spada ed il pugnale, l’archibugio e la pistola; si perfezionerà nella lotta, «pour ce que cela accompagne toutes les armes qu’on manie à pied»; praticherà l’equitazione, con le diverse arie e tutti i virtuosismi che si richiedono ad un abile cavallerizzo; combatterà con la lancia, alla barrière; si addestrerà nella corsa, nella danza, nel salto, nel lancio della pietra, nel gioco della pallacorda, nel nuoto, nel volteggio; il tutto, ancora una volta, sotto la guida di una «vaillance» moderata dalla prudenza, da quella «discretion» che il magistrato definisce «la plus belle richesse du monde», senza la quale l’individuo non può che agire sotto l’impulso delle proprie «affections» e risultare inetto al compimento di ciò che è degno di lode421.

Ad arricchire l’animo del discente di finezza di analisi, rendendolo atto a «decider toutes grandes affaires» ed a «tracer de beaux et glorieux desseins», sono le «lettres»: Pasquier, erudito intellettuale formato dal padre all’amore per la cultura, non trascura certo, nell’ideale programma di studi qui delineato, le materie di natura teorica. Al contrario, criticata l’opinione corrente secondo la quale l’ignoranza rappresenta un motivo di gloria nelle file dei blasonati, il trattatista definisce il rapporto di «sympatie» che lega la pratica bellica all’apprendimento di discipline intellettuali: esse mostrano le azioni dei più valorosi condottieri del passato e sono indispensabili a chiunque voglia essere annoverato tra i più grandi uomini d’armi; il nobiluomo illetterato è insomma simile «à l’arbre sans fruict: ou bien est comme l’homme mort qui est privé de vie naturelle422».

Indicazioni più dettagliate sul piano di studi che il titolato dovrebbe compiere sono fornite nel paragrafo relativo ai compiti del precettore, preposto all’educazione letteraria del giovane. Dopo avergli impartito una preliminare e basilare formazione ai principî religiosi, l’insegnante valuterà le inclinazioni naturali dell’allievo, commisurerà l’attività didattica alle sue capacità ed individuerà i campi del sapere nei quali questi potrà, con il minimo sforzo, ottenere i migliori risultati. Eviterà così metodi grossolani o troppo severi, optando per un «temperé assaisonnement» che desterà nel gentiluomo interesse per le lettere; è essenziale che egli le ami e che lo studio divenga per lui un passatempo ed una passione. Facendo della

421 Pasquier, cit., pp. 181-183, 196, 160. 422 Ibidem, pp. 158-159.

memoria dell’alunno il principale strumento di acquisizione dei contenuti, una sorta di «archif» dal quale trarre, come da un «thresor», «toutes choses utilles et honnestes», i corsi dell’aio affronteranno in primo luogo le problematiche relative alla dottrina delle «mœurs»: la filosofia morale guida chi la coltiva verso la virtù, lo induce ad adottare una condotta di vita irreprensibile e «force son esprit à devenir volontairement sage». Un’ora sarà riservata quotidianamente alle lezioni di matematica, che non solo, grazie al rigore delle sue dimostrazioni, rende l’intelletto pronto e vivo, ma si traduce anche in abilità indispensabili alla conduzione di una guerra: è infatti grazie alla scienza del calcolo che il condottiero riesce ad organizzare un accampamento o a schierare correttamente le truppe sul campo di battaglia, a prevedere le spese richieste dal mantenimento di un esercito, ad applicare le tecniche di fortificazione di una piazza ed individuarne la forza o la debolezza, a valutare l’opportunità di un attacco diretto o di un assedio in base ai rilievi ed agli avvallamenti che attraversano il territorio nemico, «en egalant et rapportant ce qui est du plain au montueux, et du montueux au plain». Alla morale ed alla matematica seguirà la politica, con tutto ciò che riguarda il governo della «chose publique»: come «mesnager les volontez d’un Peuple contraire à soy-mesme», in che modo reggere una città o una provincia e gestire con accortezza gli affari di un Paese in pace così come in guerra, riportando all’armonia le discordanti opinioni dei membri della comunità da amministrare. La lettura dei libri di storia, «allambic ou magazin» della vita, capace di illustrare, in poche pagine, l’esperienza accumulata dalle generazioni succedutesi nel corso dei secoli, costituirà infine il «comble et accomplissement» del

curriculum qui prospettato: la conoscenza degli avvenimenti del

passato svilupperà nel gentiluomo un «prudent jugement», che, mostrandogli quanto ingloriosa sia stata la fine di chi ha scelto di abbandonarsi al vizio, si farà principio-guida tanto della sua esistenza quanto del suo operato. Non gli sarà così difficile comprendere come le buone leggi ed i costumi virtuosi abbiano preservato gli «Estats» dalla rovina in cui sono incorsi altri popoli423.

La giovane età del discepolo non gli permetterà, beninteso, di porre immediatamente in atto l’insieme dei precetti assimilati con l’aiuto del precettore. Ma Pasquier insiste sull’importanza dell’acquisizione di nozioni teoriche in vista della loro efficacia sul piano operativo: delle «sciences» l’allievo dovrà valersi «non pour discourir, mais pour les mettre en œuvre», non come «d’une estude

423 Ibidem, pp. 166-169.

fetarde et nonchalante», ma per conformare il proprio comportamento al bene ed espletare al meglio gli incarichi politico-militari che gli saranno affidati424. Non solo: il rifiuto di ogni forma d’inutile pedantismo porta Pasquier, gentiluomo di toga cresciuto nel gusto delle lettere antiche, a criticare l’uso delle lingue classiche in quanto strumenti di trasmissione dei contenuti didattici; un piano di studi finalizzato all’azione non può prevedere il lungo periodo tradizionalmente dedicato allo studio ed al perfezionamento nel latino e nel greco. Ancor più esplicitamente di quanto non avvenga in Jacques Bourgoing, il Gentilhomme racchiude così una precoce rivalutazione del francese in quanto idioma d’insegnamento: cammino rapido e sicuro per pervenire in breve tempo all’eccellenza in ogni campo del sapere, il volgare consentirà la comunicazione di «toute doctrine». Da un lato, infatti, tutti i codici linguistici, forgiati dall’«opinion des hommes […] pour faire entendre les conceptions de l’esprit», hanno lo stesso valore, la stessa origine ed un medesimo fine; dall’altro non esiste materia adatta ad un gentiluomo che non sia o non possa essere trattata con eloquenza nella «langue maternelle» dell’allievo, come provano le numerose traduzioni di testi ereditati dal mondo classico: la forza di un idioma dipende unicamente dagli sforzi compiuti per arricchirlo e valorizzarlo in quanto strumento d’espressione. Il francese, in virtù della dolcezza che lo caratterizza, si è rivelato «propre à porter toutes sortes de conceptions» e fruttuosi sono stati i tentativi compiuti al fine di «l[e] cultiver»: perché, dunque, non imitare gli antichi Egizi, gli Arabi, i Greci ed i Romani, che hanno utilizzato la propria lingua per spiegare ed imparare le scienze e sono pervenuti, in breve tempo, a risultati eccellenti? Nulla vieta di naturalizzare, attraverso la traduzione, le «belles sentences» che gli Ellenici hanno a loro volta preso in prestito dagli stranieri o di fare proprio ciò che di più bello può offrire la lingua dell’antica Roma: la conservazione della dignità del proprio idioma è un obbligo imposto dalla stessa natura425.

Luogo deputato all’insegnamento di tutte le dottrine non è necessariamente l’ambito domestico: i precettori ed i maestri dei giovani di casato illustre, così come quelli dei chierici e dei roturiers, devono essere, a giudizio del magistrato, impiegati in speciali seminari ed accademie di cui il discepolo di Pasquier è chiamato, una volta raggiunti i più alti gradi nell’amministrazione della cosa

424 Ibidem, pp. 160, 168.

425 Ibidem, pp. 160-163. Tali tematiche compaiono anche in alcune delle lettere di Pasquier: vedi

pubblica, a promuovere la creazione nelle diverse province. La fondazione di varie tipologie di scuole, garanti di un’istruzione specifica per ognuno dei tre ordini, concorre ad assicurare la conservazione del regno : dall’istruzione della gioventù dipende la futura gestione del corpo politico, che potrà perpetuarsi solo allorché i sudditi, formati a tutto ciò che è onesto, collaboreranno in amicizia in vista del bene dell’«Estat».

«Il n’y a chose où il doive avoir tant l’œil qu’en l’instruction de la jeunesse, de laquelle depend le bon ou mauvais gouvernement, la durée ou decadence d’un Royaume […]. C’est pourquoy il doit faire nourrir les Ecclesiastics, la Noblesse et le reste de son Peuple à embrasser estroittement les choses honnestes, et fuit [sic] diligemment les salles et ordes: Et pour les mettre dans le train de ce faire, establir des seminaires et academies par les Provinces remplies de bons precepteurs et Maistres en toutes sortes de sciences et exercices qui pour les Ecclesiastics, qui pour la Noblesse, qui pour ceux du commun peuple, et à fin pour toutes sortes de mestiers: l’utilité qu’il en tire est d’un merveilleux proffit pour le general de son Estat: car tout ce peuple instruict en une mutuelle et fraternelle amitié, n’a autre object que la conservation de la chose publique426».

Il maître de requêtes non si preoccupa, qui, di fornire, riguardo alle accademie nobiliari, indicazioni più particolareggiate sui programmi e le discipline che le caratterizzerebbero; ma Pasquier immagina, con tutta probabilità, istituti molto diversi dal manège di Pluvinel, cui le pagine del trattato non fanno allusione malgrado la fama nel frattempo acquisita dal Delfinate. Il trattatista nutre d’altronde ammirazione per il famoso scudiero e conosce ed approva l’insegnamento dell’arte equestre dispensato nelle académies. In una lettera non datata, ma attribuibile, sulla base di taluni riferimenti interni, agli anni immediatamente successivi alla pubblicazione del volume, l’autore, rivolgendosi a «Dessé & Gimeaux ses enfants», racconta di essersi impegnato ad insegnare ai figli, per più di due anni, «l’institution du Gentil-homme», secondo un percorso formativo elaborato appositamente per loro: la scherma, la danza, la matematica

426 Ibidem, pp. 299-300: «Non vi è cosa cui egli deve avere maggior riguardo che l’istruzione della

gioventù, dalla quale dipendono il buon o il mal governo, la durata o la decadenza di un regno […]. Ecco perché deve far educare i chierici, la nobiltà ed il resto dei suoi sudditi all’amore ed all’attaccamento a tutte le cose oneste, ed al rifiuto di ciò che è sozzo e ripugnante. E per dare inizio all’opera, dovrebbe organizzare dei seminari e delle accademie qua e là nelle province, riempiendoli di abili precettori e maestri in ogni scienza ed esercizio, gli uni per i chierici, gli altri per la nobiltà, gli altri ancora per la gente comune, insomma per qualsiasi mestiere: il vantaggio che ne trae è meravigliosamente proficuo per la totalità del corpo politico, poiché tutti questi sudditi, istruiti in reciproca e fraterna amicizia, non hanno altro fine che la conservazione della cosa pubblica».

e la musica sono le materie che i rampolli hanno appreso a casa. Essi hanno in seguito prestato servizio militare nelle guarnigioni del duca d’Epernon e nel «Regiment des gardes», per essere infine inviati presso «Belle-Ville, Escuyer de la grande escurie du Roy, tenant Academie à Paris», nella quale, da quindici mesi, i due fratelli si stanno esercitando nell’equitazione. Il padre li esorta ad applicarsi seriamente a tale attività, ricordando loro quanto importante sia, per divenire «bons cavallerisses» ed ottenere piena obbedienza dalla cavalcatura, conoscere la natura del destriero e guidarlo «par patience, invention, force, & bon jugement». E, tra gli uomini che, grazie alla loro capacità di dominare la volontà del cavallo, hanno meritato un posto tra gli istruttori dei principi, Pasquier ricorda Pluvinel, «à present […] l’un des deux Gentils-hommes qui assistent […] Souveray Gouverneur du Roy427».

È nelle successive lettres che l’autore delinea con maggior ricchezza di dettagli l’idea d’istituto per titolati della quale il

Gentilhomme non presenta che un primo, rapido accenno. Nel 1616 il maître de requêtes illustra a «Monseigneur [Guillaume] du Vair,

Garde des Seaux [sic] de France428», i mali di cui il Paese è vittima, così come i rimedi più indicati per salvarlo dalla rovina: se il regno si trova sull’orlo del precipizio è, secondo il giurista, a causa della «mauvaise institution de la jeunesse» tanto nel mestiere delle armi quanto nella «police». Si ritrovano qui le argomentazioni avanzate nel trattato del 1611: la forza indispensabile per garantire la pubblica felicità e la perpetuità del «Royaume» può essere tratta solo dalla buona «nourriture» delle nuove generazioni. Queste, dotate così, sin dalla più tenera età, di una «bonne nature» e predisposte ad agire nel rispetto delle leggi, sapranno seguire il bene e fuggire il vizio quando, venuto il momento, svolgeranno compiti di responsabilità nella conduzione della guerra o nell’amministrazione degli affari politici. La nobiltà, in particolare, perse le tradizionali funzioni militari, appare «abastardie», noncurante ed inattiva, mentre 60000 livres, ricavabili da tagli alle spese inutili, sarebbero sufficienti per il mantenimento di cinque «Academies» destinate all’istruzione dei gentiluomini in tutti gli esercizi bellici, quali l’equitazione, la scherma, l’uso della picca e la matematica. Solo la realizzazione di tali disegni, da proporre immediatamente al re, riuscirà a risollevare le sorti delle compagnie

427

N. Pasquier, Les lettres de Nicolas Pasquier, fils d’Estienne, in “Les œuvres d’Estienne Pasquier […]”, Amsterdam 1723, tomo II, libro IV, lettera IV, coll. 1181-1184.

428 La lettera non è datata, ma du Vair detiene la carica di guardasigilli, per breve tempo, a partire

d’ordinanza, che si riempiranno di blasonati coraggiosi e valenti. Quanto alla didattica delle lettere, Pasquier propone l’accentramento delle istituzioni universitarie a Parigi e la chiusura degli innumerevoli collegi di provincia, che, dispensatori di un’educazione di livello mediocre, hanno finito per sottrarre braccia all’agricoltura ed all’artigianato senza apportare alcun beneficio:

«[…] conseillez au Roy d’establir cinq Academies en France aux lieux les plus propres pour l’instruire [la nobiltà] aux exercices militaires, à monter à cheval, tirer des armes, joüer de la picque, apprendre les mathematiques & généralement tout ce qui sert au mestier de la guerre: 60000. livres suffiront pour les gages. Que de despences inutiles se font, qu’il seroit plus à propos d’employer à un si bon & louable effect, & de relever les compagnies d’ordonnance qui seront remplies de ceste brave & genereuse Noblesse! Quant à ce qui est de l’instruction de la jeunesse aux lettres, il seroit de besoin qu’il n’y eust qu’une Université en France, comme nous avons vu de nostre temps qu’il n’y avoit que Paris où abordoient […] trente ou quarante mille escholiers. De ce grand nombre de Colleges espandus par tout le Royaume, ne sort qu’une fourmiliere d’aprentifs presomptueux, qui affoiblissent […] les mestiers & mesme le forces du Royaume. […] Ceste commodité de Colleges fait que le laboureur quitte sa charruë, l’artysan son mestier pour estudier […]429».

In un’altra lettera, pubblicata in una raccolta risalente al 1623 e scritta questa volta a «A Monsieur de Bonnouvrier», governatore di Metz e capitano di una delle compagnie cui il magistrato ha inviato i figli430, Pasquier torna a prospettare come auspicabile la fondazione di scuole per blasonati. Felicitatosi con il condottiero per la sollecitudine di cui egli ha fatto prova nella «conservation de la santé» dei propri soldati, l’autore rileva l’opportunità di organizzare nella guarnigione, accanto al sistema di soccorso dei feriti di guerra già attivo ed efficace, una «èscole» che renda i giovani atti a servire, un giorno, il re ed il Paese e che valga al comandante la gratitudine del sovrano, dei

429 Ibidem, tomo II, libro VIII, lettera V, coll. 1337-1340: «[…] consigliate al re di fondare cinque

accademie in Francia nei luoghi più adatti per istruirla [la nobiltà] negli esercizi militari, nell’equitazione, nell’uso dell’arma bianca, della picca, nella matematica ed in generale in tutto ciò che serve nel mestiere della guerra: 60000 lire basteranno per le paghe. Quante spese inutili si fanno, che sarebbe più opportuno destinare ad uno scopo tanto buono e lodevole, ed a risollevare le compagnie d’ordinanza, che saranno piene di questi nobili coraggiosi e pronti a sacrificarsi! Per quanto riguarda l’istruzione della gioventù nelle lettere, vi sarebbe bisogno che vi fosse una sola università in Francia, come noi abbiamo visto, ai nostri tempi, che Parigi era la sola sede verso cui affluivano […] 30 o 40000 studenti. Da questa grande quantità di collegi diffusi per tutto il regno esce solo un formicaio di apprendisti presuntuosi, che indeboliscono […] i mestieri e persino le forze del regno. […] Questa vicinanza dei collegi fa sì che l’agricoltore lasci il suo aratro, l’artigiano la propria attività per studiare […]».

genitori e dei discenti; niente è infatti più importante dell’educazione alla virtù ed impagabile è l’attività di coloro che se ne occupano, considerato fino a qual punto essa si riveli vantaggiosa per la collettività. E l’iniziativa cui Pasquier esorta il destinatario della lettera non dovrebbe limitarsi ad un esperimento isolato: per evitare che i gentiluomini transalpini siano obbligati a recarsi all’estero per completare il loro corso di studi, bisognerebbe suggerire al monarca di erigere per essi, in Francia, quattro o cinque accademie. Il peso economico dei 20000 scudi preventivati per il pagamento dei maestri non sarebbe poi tanto esoso, poiché le città destinate ad ospitare le nuove istituzioni ne trarrebbero considerevoli introiti ed il denaro resterebbe nei confini del regno; gli allievi, per altro, restando a casa, cesserebbero di assimilare, a grave detrimento della patria, tratti culturali ed attitudini propri ai popoli stranieri; e sarebbero questi ultimi a spostarsi per poter completare nel regno la propria