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Gli storici e le testimonianze dei contemporane

Capitolo 2. L’accademia di Pluvinel

I.2.7 Gli storici e le testimonianze dei contemporane

A definire con maggior chiarezza il ventaglio delle discipline insegnate all’accademia di Pluvinel non contribuiscono certo gli scritti lasciatici dagli storici settecenteschi: tanto Henri Sauval nel 1724

333 Ibidem, f. 96: «La Francia non è oggigiorno inferiore all’Italia in ciò che riguarda la buona

istruzione dei nostri nobili in tutti gli esercizi nei quali quest’ultima un tempo vantava la propria superiorità sugli altri popoli d’Europa. Il primo progetto dell’accademia che monsieur de Pluvinel eresse a Parigi per la comune utilità di tutto questo regno, ha così ben servito da esempio agli altri che, sul modello di questo primo istituto, tale scuola è ancora oggi operante […]. Non è dunque un Italiano che bisogna educare. È un gentiluomo francese che desideriamo avere, dai costumi, dai modi, dall’eleganza veramente francesi e non stranieri. Solo in Francia egli apprenderà pertanto ad andare a cavallo, a correre all’anello, a danzare, a vestirsi secondo la nostra propria foggia, senza essere considerato, al suo ritorno, più italiano che francese e risparmiando in questo il tempo ed il denaro che si dovrebbero nuovamente impiegare per cancellare il tutto e restituirgli l’aria di un Francese».

quanto François-Alexandre de la Chesnaye nel 1767334, nel rammentare il manège parigino come il più antico di Francia, si limitano a citare, tra le materie complementari all’equitazione, il volteggio, la scherma, l’uso della picca, la danza, la pratica del liuto, il disegno e le matematiche, accennando infine ad ulteriori, non meglio specificati, insegnamenti convenienti a persone di alto rango. Il primo dei due eruditi non dimentica poi di denunciare il processo di progressivo rilassamento della disciplina, che, nel corso degli anni, ha investito le académies nobiliari, allontanandole dal rispetto dei buoni costumi un tempo vigente nella scuola del Delfinate:

«[Pluvinel] est le premier qui ait tenu un Manege à Paris, & mis à Cheval les Gentils hommes. […] & afin de rendre ses Ecoliers adroits en tout & leur procurer tous les avantages qui sont necessaires à un homme de guerre, il prit chés lui des Maîtres pour leur apprendre à voltiger, à faire des armes, à manier la pique, à danser, à jouer du Luth, à dessiner; & de plus, les Mathematiques & beaucoup d’autres choses bienseantes à des personnes de qualité. Or ces Maîtres ici n’étoient pas seulement les plus experts qu’il y eût alors; mais gens sages & de bon exemple, & plus capables de détourner la jeunesse du vice, que de l’y porter. […] plusieurs autres Ecuyers, ont exercé & exercent encore la même profession; & si ce n’est pas avec tant de fruit que Pluvinel & Benjamin, c’est que nos mœurs se corrompent tous les jours, & que tous les Créats voulant aussi tenir Academie, se relâchent des bonnes coutumes de Pluvinel & de Benjamin, afin d’attirer chés eux plus d’Ecoliers335».

Mancano dunque riferimenti espliciti a materie quali la «scrittura», con tutta probabilità epistolare, segnalata da Crispin de Passe nell’introduzione de La luce del dipingere e disegnare336 così come dallo storico Baptiste Legrain, attivo negli stessi anni. Nella sua

Decade contenant la vie et gestes de Henry le Grand, pubblicata nel

334

Sauval, cit., tomo II, p. 498; F.-A. Aubert de la Chesnaye Des Bois, Dictionnaire historique des

mœurs, usages et coutumes des François, Paris 1767, tomo I, p. 16.

335 Sauval, cit., tomo II, p. 498: «[Pluvinel] fu il primo a dirigere un maneggio a Parigi, e ad

insegnare ai gentiluomini ad andare a cavallo. […] Ed allo scopo di rendere i propri allievi abili in tutto e di dotarli di tutte le qualità che sono necessarie ad un uomo d’armi, accolse nella sua accademia dei maestri per insegnare loro il volteggio, la scherma, l’uso della picca, a danzare, a suonare il liuto, a disegnare; ed inoltre la matematica e molte altre cose che si addicono a delle persone di alta estrazione. Ora questi maestri non erano soltanto i più esperti che allora si potessero trovare, ma anche persone sagge ed in grado di dare il buon esempio, e capaci di distogliere la gioventù dal vizio più che di spingerla ad esso. […] molti altri scudieri hanno esercitato ed esercitano ancora la stessa professione, e se non lo fanno con risultati buoni quanto quelli di Pluvinel e Benjamin, è perché i nostri costumi si corrompono di giorno in giorno e tutti i créats che vogliono anch’essi dirigere un’accademia si allontanano dai buoni costumi di Pluvinel e Benjamin, per attirare a sé più allievi». I créats (dall’italiano creato) delle accademie sono i sous-

écuyers incaricati di assistere lo scudiero nell’insegnamento dell’arte equestre.

1633, questi, alludendo verosimilmente all’istituto di Pluvinel, si sofferma infatti sulla compagine di maestri, tanto sapienti quanto intemerati, che Enrico IV ha chiamato a corte per instaurarvi «les Academies d’Athenes, & de Marseille» ed ai quali ha affidato l’istruzione della nobiltà d’Oltralpe in ogni «honneste exercice»: il termine, ancora una volta impiegato per designare anche studi di natura puramente intellettuale, incorpora qui, come l’autore spiega, non solo le «armes» e l’equitazione, ma anche le «Lettres», l’«Escriture», «la Musique» e «les instrumens» (probabilmente la teoria musicale associata alla pratica degli strumenti), la danza337.

La presenza di discipline letterarie nel curriculum seguito dagli allievi dell’accademia della capitale è d’altronde attestata anche da documenti di carattere meno celebrativo: Lord Henry Clifford, gentiluomo inglese, racconta di aver soggiornato, tra il 1609 ed il 1610, in una delle camere dell’istituto per seguirvi, oltre ai corsi di equitazione, scherma, danza, liuto e matematica, delle lezioni di filosofia; per le lingue latina e francese e per la storia il nobile si trova invece costretto a cercare professori esterni alla scuola338. L’internato e la lettura dei grandi pensatori non sono però praticati da tutti i discepoli del maneggio: il duca de La Force, Jacques-Nompar de Caumont, da una parte, in una lettera alla moglie datata proprio 1610, rileva come l’unico vantaggio riservato ai blasonati durante i mesi di permanenza all’accademia sia l’accesso gratuito «à la table que tient M. de Pluvinel339»; dall’altra il famoso maréchal ugonotto affiderà al Delfinate i suoi due figli, di diciotto e sedici anni, solo dopo averli dotati di una formazione completa nelle lettere340.

L’istituzione voluta dall’illustre cavallerizzo non offre insomma la possibilità di un percorso pedagogico alternativo a quello tradizionale ed il cursus previsto non può che essere complementare ad un’educazione eventualmente ricevuta sotto la tutela di un istitutore privato o nelle aule dei collegi e delle università. Il già ricordato François Le Clerc du Tremblay, futuro frate cappuccino Joseph de Paris e futura éminence grise di Richelieu, terminati gli studi al collegio parigino di Boncour, nel 1594, all’età di diciassette anni,

337 B. Legrain, Decade contenant la vie et gestes de Henry le Grand roy de France et de Navarre

IIII. du nom, Rouen 1633, p. 877.

338 Stoye, cit., p. 31. 339

J.-N. de Caumont, duc de La Force, Mémoires authentiques […] par le marquis de La Grange, Paris 1843, tomo II, p. 309.

340 A. de Caumont, duc de La Force, Le maréchal de La Force (1558-1652), Paris 1924, pp. 154-

prende dimora nell’università, al fine di perfezionare la propria conoscenza del greco e di dedicarsi ad alcune lingue straniere moderne, quali l’italiano e lo spagnolo; ed è solo perché il giovane acquisisca la grazia ed impari, a completamento della sua formazione, gli esercizi confacenti ad un gentiluomo che i tutori lo introducono nel nuovo manège:

«On avoit dessein de le rendre scavant, mais non d’une science de college, on en vouloit faire un personnage accompli, et le mettre en etat de pouvoir utilement servir son prince en quelque bon emploi. Ce fut pourquoy il fut mis a l’Academie chez le Sieur Pluvinel, premier ecuier de son tems, ou etoient lors Messieur de Rohan et autres de grande maison. Il donna un an a cet exercice, ou il prenoit grand plaisir, comme une marque de la generosité de son courage, et de vrai il aimoit avec passion les beaus chevaux, et en avoit selon sa condition des meilleurs. Il apprît aussi a dancer, faire des armes, les Mathematiques341».

Note sono le osservazioni dell’ambasciatore veneziano Pietro Duodo, che, in visita a Parigi nel 1598, sottolinea quanto la nobiltà di Enrico IV, seppur decimata dalle guerre civili, «nel suo mestiero dell’armi» resti valorosa, temibile «e molto ben montata», non curandosi di «spender gran quantità di denaro in un bello e bravo cavallo». Sua maestà, desiderosa di «allevar i suoi gentiluomini quanto più virtuosamente le fosse possibile», ha dotato la capitale di un’accademia nella quale, con una spesa che può variare dai 700 ai 1000 scudi l’anno, i rampolli vengono istruiti nella scherma, nella danza, nella musica e nella matematica. Ma l’attività più rilevante, cui quotidianamente gli allievi si applicano sotto la direzione del «cavallerizzo maggiore del re» ed in sella ai destrieri della grande

écurie, è la pratica del «cavalcare» e di «ogni altro esercizio da questo

dipendente». L’apertura della scuola di Pluvinel, così come degli istituti sorti sul suo modello a Rouen ed a Tolosa, rischia di comportare, a giudizio dell’ambasciatore, una notevole diminuzione del numero di titolati francesi in soggiorno a Padova, che ha da sempre offerto loro i migliori insegnanti in molte materie; e se

341 Ms. Bibliothèque du Couvent des Capucins, Paris, manuscrit 22, “La vie du R. Pere Joseph de

Paris…, cit.”, pp. 17, 30-31: «Ci si proponeva di renderlo colto, ma non di una dottrina da collegio, se ne voleva fare un uomo completo, e metterlo in condizione di poter utilmente servire il suo sovrano in qualche buon impiego. Ecco perché fu messo in accademia da monsieur Pluvinel, il più grande scudiero della sua epoca, dove si trovavano allora monsieur de Rohan ed altri rappresentanti di casati illustri. Dedicò un anno a questo esercizio, da cui traeva grande diletto, come un segno della grandezza del suo coraggio, e per davvero amava con passione i bei cavalli, e, in base al suo rango, aveva a propria disposizione i migliori. Imparò anche a danzare, a maneggiare le armi, la matematica».

d’altronde la presenza di Transalpini ha già conosciuto, nella città veneta, un sensibile decremento è proprio perché essa risulta ormai priva d’illustri scudieri capaci di trasmettere al meglio i principî della disciplina equestre342, che i blasonati d’Oltralpe, interessati adesso alle sole «arti cavalleresche», mostrano di avere a cuore più di ogni altra.

Non diversi sono i toni del racconto di viaggio steso dal già menzionato Thomas Platter il giovane (1574-1628), figlio dell’omonimo stampatore e direttore del ginnasio di Basilea e che, partito dalla sua città natale alla volta di Montpellier nel 1595, compie, fino al 1600, delle lunghe peregrinazioni attraverso la Francia, la Spagna, l’Inghilterra e l’Olanda343. Nel 1599 il viaggiatore svizzero rileva l’assenza di corsi a carattere intellettuale in seno alle «académies», «selon le terme qu’emploient les Français». Essa è dovuta, a suo avviso, all’eccessiva durata degli scontri intestini ed alla conseguente decadenza degli studi letterari, che ha portato i Transalpini ad identificare il latino con una lingua adatta ai soli chierici:

«On y [nelle accademie] tient les études intellectuelles pour fort peu de chose. On s’y livre bien davantage aux exercices divers. Il faut dire que les guerres, en France, ont duré tellement longtemps! Du coup, ils ont laissé filer les études en complète décadence; au point qu’ils ont même honte de parler latin. Ils prétendent que quiconque discourt en latin ne peut être qu’un curé. Et donc, en lieu et place de la formation intellectuelle, ils ont érigé ces académies344».

Esercizi e giochi a cavallo sono le occupazioni che, insieme alla danza, alla scherma, alle fortificazioni, alla pratica della mandola e a «autres choses du même genre», caratterizzano l’orario degli allievi del centro di equitazione di Brouage; essi, di età compresa tra i quattordici ed i vent’anni, vi effettuano, evitando l’internato, soggiorni il più delle volte biennali, che li dispensano dall’obbligo di andare a formarsi in Italia prima di recarsi presso un «grand seigneur» o di prestare servizio nell’esercito. L’autore si sofferma sui dettagli relativi

342 P. Duodo, Relazione di Francia, in “Le relazioni degli ambasciatori veneti al Senato”, a cura di

E. Alberi, Firenze 1863, serie I, tomo 15, p. 103. Vedi anche Conrads, cit., p. 60; Motley, cit., p. 126; Boutier, Le Grand Tour…, cit., p. 241 n.

343 Th. Platter, Description de Paris (1599), a cura di L. Sieber, estratto dai “Mémoires de la

Société de l’Histoire de Paris et de l’Ile-de-France”, 23 (1896), s.l. s.d., p. 5.

344 Idem, Le voyage de Thomas Platter…, cit., p. 575: «Vi [nelle accademie] si tengono gli studi

intellettuali veramente in poco conto. Ci si dedica molto di più, in esse, ai vari esercizi. Bisogna dire che le guerre, in Francia, sono durate talmente tanto tempo! Quindi, hanno lasciato cadere gli studi in completo declino; al punto che hanno persino vergogna di parlare latino. Sono convinti che chiunque discorra in latino non possa essere che un prete. E dunque, al posto ed in sostituzione della formazione intellettuale, hanno eretto tali accademie».

all’organizzazione ed al finanziamento dell’istituto: il «recteur» o «chef», che provvede in prima persona alle paghe dei vari maestri ed al coordinamento delle lezioni da questi dispensate, riceve onorari dal «roi de France» così come dai discenti, tenuti a pagare, per un corso completo, 500 scudi345. E del tutto analoga a tale scuola è, a detta dello studente, quella cui egli dedica un rapido accenno nelle pagine dedicate alla descrizione di Parigi: anche nell’académie («car c’est ainsi qu’on la nomme») più celebre e prestigiosa del regno i gentiluomini imparano ad andare a cavallo, ad allevare i destrieri, a danzare, a combattere all’arma bianca346.

Una grande palestra nella quale 40 giovani rampolli sono iniziati alla danza, all’equitazione ed alle figure equestri, nonché all’uso della spada, sia a fini bellici, sia a fini estetici: è in questi termini che, una decina di anni più tardi, le Annuae litterae della Compagnia di Gesù, riammessa in Francia nel 1603, descrivono il

manège di Pluvinel.

«Quae Nobilium Academia hîc [in Francia] appellatur, ea domus ampla est, in quâ nobiles Adolescentes, facilè numero quadraginta, tamquam in gymnasio à Parentibus habentur, formanturque communibus exemplis & institutis ad ea studia, quae nobilitati vulgo honesta putantur. Qualia sunt; saltitare numerosè, librare se in equum habili corpore, scitè [?] in eo sedere, & eleganter tractare arma, tum ad utilitatem, tum ad venustatem347».

L’accademia di Pluvinel, a quanto risulta dalle fonti trattatistiche e memorialistiche sopra discusse, mira insomma ad assicurare ai blasonati che la frequentano un’istruzione prevalentemente fisica, incentrata sull’equitazione; ad essa si accompagnano discipline che, come la danza, la musica o gli esercizi di scrittura epistolare, possano concorrere all’educazione di un futuro uomo di mondo; la matematica insegnata ai discepoli dell’écuyer è, infine, volta allo svolgimento di operazioni militari. La configurazione per il momento ancora piuttosto fluida di questa istituzione permette però l’apertura a più o meno esplicite o radicali proposte di riforma, di

345 Ibidem, pp. 574-575.

346 Platter, Description de Paris…, cit., p. 30.

347 Annuae litterae Societatis Iesu, cit., p. 115: «Quella che qui [in Francia] chiamano accademia

della nobiltà è la grande scuola nella quale i genitori tengono, come in una palestra, i giovani nobili, almeno quaranta, che, secondo gli usi comuni, vi sono istruiti nelle discipline da tutti ritenute adatte alla condizione di gentiluomo. Esse sono danzare a ritmo di musica, montare con destrezza su un cavallo, saperlo [?] cavalcare, e maneggiare con eleganza le armi, sia a fini bellici, sia a fini estetici».

cui, per altro, cominciano a farsi portatori anche taluni rappresentanti della nobiltà cattolica.

I.2.8 La proposta di Jacques Bourgoing: un tentativo di