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Accenni sulla rappresentanza degli interessi privati negli accordi di natura consensuale

4 Caso (NC – NC): entrambi i giocatori decidono di non collaborare, non ottenendo nessun guadagno e nessuna perdita Il gruppo decide di fornire

5.6 Accenni sulla rappresentanza degli interessi privati negli accordi di natura consensuale

All’interno delle attività amministrative consensuali possono essere inseriti gli accordi della pubblica amministrazione, conclusi sia con altre amministrazioni sia con soggetti privati. Alla metà del ‘900, tali accordi aumentano notevolmente ed iniziano a rappresentare una sorta di strumento attraverso il quale le amministrazioni cercano di aumentare il consenso nei riguardi delle proprie azioni436. L’accordo tra pubblica amministrazione e privati si presenta da subito con forti problematiche di inquadramento giuridico, che impediscono una chiara definizione dell’accordo come “contratto di diritto pubblico”437. La natura giuridica differente dei soggetti pubblico e privato conduce alla stipula di un accordo che, producendo obblighi reciproci per entrambe le parti, si troverebbe a coordinare la potestà autoritativa del pubblico con la situazione giuridica soggettiva del privato.

435 Dello stesso avviso la posizione espressa da S. Grassi, P. Lombardi, L’esperienza del comune di

Alessandria, in Procedimento amministrativo e partecipazione, problemi, prospettive ed esperienze a cura di

A. Corsetti e F. Fracchia, Giuffrè, 2002, pag. 267

436 S. Cassese, Il sistema amministrativo italiano, Il Mulino, 1988, pag. 778

437 Il problema della definizione di tale contratto è stato affrontato sotto differenti punti di vista, in relazione

alla definizione di “contratto di diritto pubblico” si veda in particolare G.Falcon, Le convenzioni

L’idea di una convenzione di natura pubblicistica tra tali soggetti di natura diversa si risolve progressivamente considerando l’accordo sia come atto unilaterale dell’amministrazione, tenuta a rispettare il carattere di imperatività dell’atto, sia come atto bilaterale per quanto attiene la produzione di effetti giuridici nella sfera pubblica ed in quella privata438. La caduta dei caratteri indiscussi di imperatività e unilateralità dell’atto amministrativo, all’interno dei modelli consensuali della pubblica amministrazione, si produce nel momento in cui il pubblico riconosce che la tutela dell’interesse pubblico sia meglio realizzabile attraverso il ricorso agli accordi negoziali piuttosto che attraverso la completa disponibilità giuridica della fattispecie da regolare439. L’amministrazione sposta il proprio modello organizzativo dalla preminenza del carattere di autorità a quello di legalità440, per il quale i poteri amministrativi operano nel rispetto dei fini indicati dalla legge senza escludere il ricorso a soggetti esterni per realizzare la tutela dell’interesse pubblico. Il progressivo utilizzo degli atti di natura consensuale inizia con gli accordi tra amministrazioni, attraverso i quali si modifica lo stesso modo di amministrare, che da dominio pubblicistico immodificabile si trasforma prima in una ricerca di consenso dei destinatari attraverso la negoziazione441 e poi in un tentativo di tutelare contemporaneamente molteplici interessi, sia pubblici sia privati. Gli accordi tra amministrazioni vengono disciplinati dall’art. 15 della legge 241 del 1990, “accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune”. Oltre agli interessi pubblici coinvolti, gli interessi privati entrano nella valutazione dell’amministrazione nelle situazioni nelle quali il pubblico deve necessariamente ricorrere alla volontà privata nell’esercizio di tutela dell’interesse pubblico.

Uno di questi casi è rappresentato dal ricorso agli accordi di programmazione negoziata442, disciplinati dall’art. 27 della legge 142 del 1990 e dall’art. 2 comma

438 G. Falcon, op. cit., 1984 pag. 255

439 M. Nigro, Il governo locale: lezioni di diritto amministrativo : anno accademico 1979-1980, Bulzoni,

1980

440 G. Guarino, Atti e poteri amministrativi, in Dizionario amministrativo, Giuffrè, 1983, pp. 101 e ss 441 In base all’impostazione fornita da M.S Giannini, L’amministrazione pubblica dello Stato contemporaneo,

in Trattato di diritto amministrativo, Cedam 1988, pag.126

442 In realtà la normativa per la programmazione negoziata era già stata prevista per l'attuazione degli

203 della legge 662 del 1996443. Tali strumenti di provenienza privata, in quanto si basano sul contratto, ma di forma e di utilizzo pubblico, in quanto formalizzano volontà principalmente pubbliche, sono stati definiti “compromessi tra provvedimento e contratto”444, che, attraverso la negoziazione aumentano partecipazione e consenso dei destinatari degli atti amministrativi. Nell’art. 34 del decreto legislativo n. 267 del 2000, cioè il Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali – nel quale è stata inserita la legge 142 - viene definito l’accordo di programma, come un atto negoziale con cui due o più amministrazioni assumono l’impegno a collaborare per la realizzazione di opere, interventi o programmi di intervento di comune interesse, finalizzato a regolare gli obblighi assunti da ciascuna amministrazione. Successivamente la legge 662, all’articolo 2 commi 203 – 207, 209, 214, prevede gli strumenti di programmazione negoziata, posti a disciplina di interventi che coinvolgono una molteplicità di soggetti pubblici e privati, servendosi di una gestione unitaria di risorse finanziarie. Appartengono a tali strumenti gli accordi di programma quadro, le intese istituzionali di programma, i patti territoriali, i contratti di programma e contratti d'area, che attengono a decisioni pubbliche e risorse finanziarie delle amministrazioni statali, regionali, delle province autonome, e degli enti locali445.

In riferimento a tali accordi locali, è la legislazione regionale a specificare ulteriormente le caratteristiche della negoziazione della propria amministrazione. In particolare, la legge regionale dell’Emilia Romagna, n. 20 del 2000, in riferimento all’accordo di programma in variante agli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, specifica che questi possano essere promossi da enti regionali, provinciali, comunali, su propria iniziativa o su iniziativa di un privato, che può anche partecipare direttamente alla stipula dell’accordo, nel caso in cui assuma obblighi per la sua attuazione. L’art. 40 della suddetta legge ai commi 1 e 5 prevede infatti il coinvolgimento dei soggetti privati sia a livello di iniziativa sia a livello di

443 Integrata dal d. l. n. 6 del 1998, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 61 del 1998 444 G. Manfredi, Accordi ed azione amministrativa, Giappichelli, 2000, pag. 64

445 La delibera CIPE del 21 marzo 1997 individua gli strumenti generali di programmazione negoziata,

partecipazione, specificando che l’amministrazione a cui viene presentata la proposta è tenuta a valutare l’esistenza di un rilevante interesse pubblico alla realizzazione dell’intervento. Tale previsione normativa trasforma l’accordo di programma in uno strumento negoziale diretto a coordinare la realizzazione di un intervento di rilevante interesse pubblico, la cui attuazione può richiedere oltre all’impegno diretto di una pluralità di amministrazioni anche l’intervento dei soggetti privati. In questo caso il gruppo in rappresentanza di interessi privati, potrebbe evitare il percorso dell’influenza informativa, accedendo direttamente alla partecipazione nel processo decisionale, che costituisce quasi interamente l’accordo di programma446. Di nuovo la relazione pubblico – privato, approfondita a livello regionale, si instaura attraverso una ponderazione di interessi che assegna al primo una posizione di supremazia rispetto al secondo, ma in questo caso invece di esercitare solo un’influenza passiva sulle successive decisioni autonome del pubblico, il privato entra direttamente nella decisione finale tutelando direttamente il proprio interesse ed influenzando il risultato finale dell’accordo consensuale.

In relazione ai giochi analizzati nel secondo capitolo, l’accordo pubblico – privati configurerebbe un’ulteriore situazione rispetto ai due casi di assenza o di presenza di normative sulla rappresentanza di interessi nei confronti delle Istituzioni. Mentre nei due casi analizzati il decisore è sempre libero di decidere, valutando costi e benefici della sua scelta, se inserire o meno le richieste dei gruppi nelle proprie decisioni pubbliche, qui, nel caso valuti la coesistenza di un rilevante interesse pubblico e stipuli un preciso accordo, è sempre obbligato a permettere l’accesso temporaneo del gruppo al suo processo decisionale.

vengono poi precisati dall’atto di indirizzo del CIPE del 4 aprile 2001 e dalla successiva delibera CIPE del 25 luglio 2003

446 N. Bassi, Gli accordi di programma dopo un decennio abbondante di esperienza (parte II), in Diritto

5.7 Osservazioni conclusive sul rapporto dei gruppi di interesse con il Governo

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