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I gruppi che esercitano le attività di relazioni istituzionali: organizzazioni semplici e complesse

La disciplina statunitense, attraverso la sua definizione professionale dell’attività di lobbying, permette di individuare giuridicamente i soggetti che la esercitano92. In Italia l’assenza di una tale normativa porta a definire i gruppi di interesse che esercitano attività di relazioni istituzionali in base ai disegni di legge ed in base ai riferimenti giuridici presenti in altre normative. L’A.C. 6325 XIV Leg. all’art. 1 co. 2 annovera tra i gruppi di interesse “gruppi, associazioni, enti, società o imprese”, comprendendo un insieme di organizzazioni alquanto numerose e differenti tra loro. Considerando la definizione che lo stesso articolo offre sulle relazioni istituzionali e non sui soggetti idonei a svolgere tale attività, l’individuazione dei gruppi di interesse può avvenire attraverso l’esclusione dei gruppi che esercitano attività non rientranti nella definizione delle relazioni istituzionali. Non sono considerate attività di lobbying e relazioni istituzionali le attività realizzate con obiettivi di carattere istituzionale, di interesse pubblico o di carattere generale, sociale o umanitario; le attività delle organizzazioni sindacali o di categoria orientate alla rappresentanza di interessi pubblici; le comunicazioni scritte ed orali rivolte al pubblico, anche attraverso mezzi di comunicazione di massa; le dichiarazioni rese nel corso di incontri o di audizioni pubblici a rappresentanti del governo, alle commissioni o ai comitati parlamentari. Il disegno della Camera esclude quindi esplicitamente i sindacati e le associazioni di categoria,

quando svolgono azioni in rappresentanza di interessi collettivi, le organizzazioni che promuovono interessi pubblici o le organizzazioni dirette a perseguire fini generali, sociali o umanitari.

Appartengono invece alla definizione di gruppi di interesse che esercitano l’attività disciplinata dal progetto, quelle organizzazioni che “rappresentano e perseguono” interessi propri o di terzi. Considerando anche i precedenti progetti di legge che definiscono l’attività di relazioni pubbliche, le organizzazioni di interesse che svolgono attività di lobbying e relazioni istituzionali possono essere quei gruppi, associazioni, enti, società o imprese orientatati a rappresentare e a perseguire determinati interessi propri o di terzi nei confronti dei componenti del Parlamento, del governo, di consigli o giunte regionali, provinciali o comunali o di singoli membri di tali organi collegiali o di organi amministrativi territoriali, attraverso proposte, richieste, suggerimenti, studi, ricerche, analisi o qualsiasi altra iniziativa o comunicazione93.

Per utilizzare una definizione unica di tali gruppi, sembra si tratti di “autorganizzazioni degli interessi”94 della società civile, attraverso le quali i

cittadini esercitano la propria libertà di associazione o di esercizio dell’attività economica. Il diritto di associazione, al quale l’art. 18 della Costituzione pone unicamente due limiti: associazioni segrete e militari, non si esaurisce in una facoltà individuale in quanto accanto all’associazione vanno considerate le associazioni di associazioni, così come accanto alle imprese vanno considerati i gruppi di imprese, che superano i confini dell’attività dei singoli cittadini. L’associazione di individui, prevista dalla Costituzione, è un’organizzazione che prevede un vincolo giuridico tra i membri, derivante dall’ordinamento interno del gruppo e non da quello statale.

92 Come verrà affrontato nel terzo capitolo, la disciplina, tra le differenti condizioni di applicazione, individua

come “lobbista” il soggetto che per più del 20% della sua occupazione professionale svolge l’azione di

lobbying

93 Tale definizione è stata ricavata dalla composizione di differenti progetti di legge italiani sulla materia, che

si sono espressi diversamente in merito ai destinatari dell’azione: A.C. 6325 Leg.XIV art. 1 co. 2 solo in riferimento al Parlamento; art. 5 A.C. 3200, Leg.VIII in riferimento alla rappresentanza di interessi privati nei confronti di organi legislativi e amministrativi; art. 11 del testo unificato dell’A.C. 3200 approvato dalla Commissione Lavoro (XIII) della Camera dei Deputati nella seduta del 7 maggio 1986 che aggiunge “…o di organi amministrativi territoriali”

Per quanto riguarda le modalità di azione di tali gruppi, può essere utile considerare la distinzione tra organizzazioni semplici e complesse95, che attiene proprio alla struttura organizzativa del gruppo. Per organizzazione semplice, s’intende un’aggregazione di individui accomunati da un interesse comune ma privi di una struttura in grado di promuovere in modo stabile e permanente tale interesse. La loro attività, difficilmente promuovibile all’esterno, consiste nel rappresentare l’interesse dei membri temporaneamente, attraverso i mezzi propri dei singoli e non della struttura organizzata. La semplicità della loro organizzazione sta proprio nella volontà del gruppo di non creare una struttura operativa che unifichi gli apporti di ciascuno, ma di esercitare il proprio diritto di associarsi con altri soggetti e di condividere con loro, all’interno dell’associazione, il comune interesse. Possono rientrare in tale definizione, per esempio, i circoli privati di ogni genere – sportivi, religiosi, ricreativi – e le riunioni pacifiche di cittadini previste dall’art. 17 della Costituzione. L’organizzazione complessa possiede invece una struttura stabile, dotata di risorse proprie ed in grado di interagire all’esterno come soggetto unico. Le risorse, materiali, finanziarie ed umane, messe a disposizione dai singoli servono per costituire una struttura autonoma, in grado di assegnare sia ai membri sia a personale esterno, determinati ruoli.

I gruppi di interesse, dei quali parla il disegno di legge citato, dovrebbero essere organizzazioni complesse, in quanto l’art. 3 co. 2 esclude dall’obbligo di registrazione nei registri dell’attività di relazioni istituzionali quei soggetti che si dedicano “solo marginalmente od occasionalmente all’attività di lobbying e relazioni istituzionali”. La struttura necessaria a svolgere relazioni istituzionali è quindi un’organizzazione in grado di rappresentare e perseguire in modo continuativo e non marginale il proprio interesse o quello di terzi nei confronti delle Istituzioni. Sono comprese in questo tipo di organizzazioni sia le associazioni, gli

94 Termine utilizzato da H. Krűger in Allgemeine Staatslehre, Kohlhammer, 1964 e richiamato da A. Scalone,

op. cit. pag. 163; lo stesso termine viene utilizzato da C. Mortati, Le forme di governo. Lezioni, Cedam, 1973

pag. 226

95 G. Colavitti, op.cit. pp. 40 e ss. L’autore distingue le organizzazioni in semplici e complesse, intendendo

per le prime una mera associazione di individui e per le seconde una struttura dotata di mezzi e risorse in grado di operare in maniera permanente e stabile. Per l’autore la rappresentanza di interessi inizia con la proliferazione e la crescita di organizzazioni complesse

enti, le imprese e le società con oggetto dell’attività differente dall’esercizio di relazioni istituzionali ma che rappresentano se stesse in modo continuativo e non marginale di fronte alle Istituzioni, sia le imprese e le società che hanno come oggetto della propria attività economica l’esercizio di relazioni istituzionali per altri soggetti96.

Se l’attività ordinaria del gruppo è differente dalle relazioni istituzionali, l’organizzazione può comunque decidere di affidare all’esterno la rappresentanza del proprio interesse nei confronti dei decisori pubblici. Tale rapporto potrebbe risultare difficilmente inquadrabile nel nostro ordinamento, data l’assenza di una disciplina giuridica che regoli non solo il rapporto tra il professionista ed il decisore pubblico destinatario della sua azione ma anche il rapporto tra l’organizzazione che affida all’esterno l’attività di relazioni istituzionali ed il professionista. Riguardo a questa seconda relazione, si è pensato all’istituto del mandato – così come regolato dagli artt. 1703 e ss. del Capo IX del Codice Civile – anche se risulterebbe difficile definire un contratto di questo tipo in riferimento ad alcuni aspetti. Prima di tutto, dato che l’azione di rappresentanza nei confronti del pubblico viene svolta al fine di esercitare pressione, l’oggetto dell’accordo tra rappresentante e rappresentato risulterebbe abbastanza impreciso e difficilmente potrebbe consistere in “uno o più atti giuridici” (art. 1703 c.c.). Dovrebbe infatti riguardare l’esercizio di un’azione di influenza sul decisore pubblico al fine di tutelare l’interesse del mandante in un determinato ambito. In secondo luogo la difficoltà consisterebbe nel quantificare il compenso per l’azione di influenza: se il compenso fosse assegnato in base all’esercizio della pressione, il mandante dovrebbe essere in grado di valutare la prestazione del mandatario ed i risultati raggiunti (art. 1709 c.c.). Tale verifica potrebbe risultare impossibile, a meno che non si osservi che il pubblico abbia

96 Si presume infatti che tale attività sia un’attività economica, esercitatile solo da un’organizzazione profit

dietro il corrispettivo di un prezzo. Sebbene in Italia tale professione ancora non esista giuridicamente, esistono comunque imprese che si definiscono imprese di relazioni istituzionali o di public affairs. Si tratta soprattutto di società straniere o di società di consulenza che offrono tale servizio. In particolare i segnala l’esistenza di una società italiana che si definisce società di lobbying: Reti SpA (www.retionline.it)

effettivamente assunto una determinata decisione in seguito alla pressione esercitata dal mandatario97.

Il gruppo di interesse, di cui parla il disegno di legge della Camera, viene definito gruppo di pressione e lobby nella relazione di accompagnamento, soprattutto a proposito dell’azione di influenza sul processo decisionale pubblico. L’organizzazione che realizza attività di relazioni istituzionali è un organizzazione che possiede gli strumenti per partecipare alle decisioni pubbliche ed influenzarle; tale considerazione è riconducibile al capoverso della relazione che parla di “attori collettivi che a vario titolo partecipano […] alla formazione delle decisioni pubbliche e parlamentari, influenzandone il percorso e gli esiti, mediante canali istituzionalizzati, quali le audizioni in sede parlamentare, e non”.

I gruppi di interesse che qui rilevano sono quindi gruppi di pressione in grado di esercitare influenza sul decisore pubblico per indurlo a adottare o non adottare una determinata posizione98. L’influenza presuppone un incontro con il pubblico ed una negoziazione99 con scambio di dati ed informazioni inerenti la materia nell’ambito della quale la decisione pubblica deve essere assunta. La regolazione delle relazioni istituzionali fornisce un canale istituzionale in più ma non si sostituisce a quelli già esistenti o a quelli informali.

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