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Implicazioni dell’assenza di discipline nazionali in materia di relazioni istituzional

4 Caso (NC – NC): entrambi i giocatori decidono di non collaborare, non ottenendo nessun guadagno e nessuna perdita Il gruppo decide di fornire

4.5 Implicazioni dell’assenza di discipline nazionali in materia di relazioni istituzional

Dall’analisi svolta risulta chiaro come In Italia ancora non esista una disciplina giuridica precisa che regoli il comportamento e l’azione di influenza dei gruppi di interesse. L’assenza di regolazione non implica l’inesistenza di canali di accesso alle Istituzioni o l’impossibilità per i gruppi di costruire contatti formali o informali

con i decisori pubblici, attraverso una rappresentanza che è stata definita “semi- diretta”332.

L’esistenza di tali contatti in assenza di riferimenti normativi precisi, i continui tentativi di regolare la materia e lo sviluppo di alcuni indipendenti ambiti regionali di questo tipo di disciplina, conducono a chiedersi se l’intervento normativo nazionale sia effettivamente utile ad aumentare i benefici della rappresentanza e della promozione degli interessi particolari, rendendo più trasparente il dialogo tra i soggetti pubblici ed i gruppi di interesse. L’esempio degli Stati Uniti, che hanno reso il lobbying un’attività disciplinata giuridicamente e quindi codificata in comportamenti precisi, si basa sul collegamento tra l’esercizio dell’attività ed un diritto costituzionale, che si concretizza nella possibilità di rivolgere petizioni al governo per riparare ai torti subiti dai cittadini. Nella pratica tale diritto di petizione si attua attraverso l’esercizio del lobbying e dello strumento delle audizioni del Congresso. L’audizione viene richiesta direttamente dalla lobby che chiede alla commissione di essere ascoltata su determinate materie. Il rapporto tra il gruppo di pressione ed i soggetti pubblici può essere tale da permettere al primo di redigere il testo della legge o di inserire determinati emendamenti333.

Anche tra le commissioni parlamentari italiane e determinati gruppi di interesse possono esserci occasioni di dialogo, ma i limiti della mancanza di una disciplina così strutturata rendono le audizioni un mezzo di raccolta di informazioni guidato univocamente dal decisore pubblico sia per quanto riguarda il tema sia per quanto riguarda la provenienza delle informazioni. Inoltre, le informazioni trasmesse vengono mediate dal procedimento di valutazione delle commissioni per la redazione della documentazione finale, in base alla quale probabilmente verrà avviato un eventuale procedimento legislativo.

332 A. Predieri, Il processo legislativo, in Processo allo Stato, Atti del convegno sulla riforma dello Stato del

1969, 28-30 Maggio, 1971, pag.74: (nel processo legislativo che) “…vuole coinvolti i gruppi di interesse, la burocrazia, il governo, i partiti, o parlamentari, constatiamo che i gruppi di interesse e la burocrazia assumono un peso particolare in relazione alle materie di cui si discute, appunto perché in gran parte sono quelle sezionali, terreno proprio della burocrazia e dei gruppi di interesse, i quali sono strettamente correlati funzionalmente e organizzativamente nella rete di commissioni, processi semi-istituzionalizzati e consultazioni, che introduce una nuova forma di rappresentanza di interessi, semi-diretta. E’ chiaro che tutte le figure implicate nel processo sono collegate da continui intrecci di rapporti e scambi di posizioni e di ruoli

Come risulta dai contenuti dei progetti di legge, il principale ruolo riconosciuto ai gruppi di interesse non istituzionali è quello informativo e l’unica azione di influenza riconosciuta dai disegni di legge e avvallata dalle discipline regionali è quella informativa. La stessa necessità di adottare una decisione pubblica corrispondente alle reali esigenze della società, cioè in grado di soddisfare un interesse generale, in una determinata materia, dovrebbe portare a stabilire un preciso controllo sulla qualità e sulla provenienza dei flussi di informazione derivanti dall’esterno. Nei progetti di legge sull’attività di relazioni pubbliche e di relazioni istituzionali, a volte carenti sotto il profilo delle modalità di partecipazione dei gruppi di interesse al processo decisionale pubblico, soprattutto prima della X legislatura, è chiara questa intenzione del legislatore di garantire la provenienza e la trasparenza delle informazioni provenienti dai gruppi di interesse e rivolte agli organi pubblici. L’elemento al quale rivolgono particolare attenzione tutti i disegni di legge è infatti la trasparenza, come necessità di assicurare che le informazioni fornite avvengano nel “…rispetto della regola del gioco, che è nel caso specifico la chiarezza delle posizioni e degli intenti perseguiti da ciascuno, senza inutili infingimenti o assurde mascherature: la democrazia teme ciò che non si conosce, l’occulto, il clandestino, non quanto avviene pubblicamente, sotto gli occhi di tutti.”334. Dalla X legislatura in poi l’attività informativa delle relazioni pubbliche inizia ad essere considerata più come un’attività di rappresentanza e di promozione degli interessi335, definibile prima come attività di relazioni istituzionali e poi come attività di lobbying e di relazioni istituzionali, che può diventare un’attività oggetto di riforma istituzionale336.

Anche il registro, come elenco dei soggetti che entrano in contatto con le Istituzioni, è uno strumento ritenuto utile a garantire il raggiungimento della trasparenza, rendendo pubblici i nomi di quelli che svolgono l’attività di relazioni

333 G. Pasquino, Rappresentanza degli interessi, attività di lobby e processi decisionali: il caso italiano di

istituzioni permeabili in Stato e mercato, vol.: 21, 1987, pp. 403 e ss.

334 Relazione di accompagnamento del 1989 del citato A.C. 4144 Leg. X “Regolamentazioni delle attività

professionali di relazioni pubbliche”

335 Art. 5 del citato A.C. 1124 Leg. X del 1987

336 B. Facchetti, Lobby, una riforma istituzionale, in “Biblioteca della libertà”, luglio-sett. vol.:110, 1999,

istituzionali. Tale elenco pubblico dovrebbe però contenere tutti i soggetti che svolgono l’attività, individuando con esattezza quali siano i soggetti da inserire e per quali precise attività. La difficoltà di creare un tipo di registro così ampio e complesso, come quello adottato negli Stati Uniti o come quello inglese sugli agenti parlamentari, sta quindi nel riuscire ad individuare sia “chi” è il rappresentante di interessi che svolge l’attività regolata sia “quale” è l’attività che in il legislatore italiano vuole riconoscere come lobbying. Forse sarebbe anche utile individuare con maggior chiarezza gli obiettivi dei gruppi inseriti nel circuito del dialogo con le Istituzioni, superando i timori relativi ai potenziali danni dell’attività di influenza di tali gruppi: “l’attività di lobbying, in realtà, punta a volte ad ottenere leggi, provvedimenti, decisioni, che prevedano risorse capaci di determinare rendite artificiose a vantaggio di dati gruppi sociali ma anche politici […] quasi sempre attraverso spostamenti di risorse da un settore ad un altro della spesa pubblica. E come tali spostamenti comportino notevoli costi per la collettività…”337. Sembra infatti che un forte freno all’approvazione della normativa italiana sia l’assenza di una reale convinzione sui benefici che tale attività possa apportare sia al rapporto tra i decisori pubblici ed i destinatari delle decisioni sia ai contenuti concreti delle decisioni pubbliche, destinate di principio a tutelare interessi generali. Il pericolo di una predominanza degli interessi particolari su quello generale è particolarmente rilevante in relazione alla spesa di denaro pubblico, che in base alle politiche fiscali adottate può favorire alcuni gruppi della società e danneggiarne altri. Lo scontro di interessi avviene quindi in modo più accentuato quando il successo dell’influenza di alcuni può sottrarre risorse ad altri338. Tali fenomeni però non dipendono dalla presenza o dall’assenza di una disciplina in materia di relazioni istituzionali, che non è in grado – data anche la semplicità dei disegni di legge analizzati – di aumentare la presenza dei gruppi di interesse nei differenti processi decisionali pubblici. Una disciplina, impostata sulla trasparenza delle informazioni e dei soggetti che le forniscono, può però ulteriormente legittimare la rappresentanza e la

promozione di interessi privati e diffusi, che già si manifesta attraverso i canali esistenti. Tale legittimazione potrebbe prima di tutto incentivare il decisore pubblico a tenere maggiormente in considerazione nelle proprie decisioni le richieste dei gruppi, supportate dalle informazioni trasmesse in maniera trasparente. In secondo luogo potrebbe offrire maggiori opportunità di ascolto ai gruppi di interessi collettivi privati e diffusi, in considerazione della continua preferenza attribuita dall’ordinamento italiano all’attività di rappresentanza degli enti pubblici che promuovono interessi pubblici339.

338 Tale orientamento viene espresso soprattutto nella teoria politica del debito, nominata anche nel capitolo

2, che denuncia le difficoltà dello Stato a prendere decisioni economiche che si tramutano in ridistribuzioni del reddito all’interno dei differenti gruppi della società

339 Si pensi ad esempio alla continua legittimazione della rappresentanza degli interessi esercitata dagli

Ordini professionali. Il loro potere non è limitato alla rappresentanza e al controllo dei professionisti, ma si spinge nell’ambito dell’interpretazione stessa delle norme in modo da tutelare, quasi in modo autoritativo, i membri iscritti. A tale proposito si veda la circolare 22-C/2006 del Consiglio Nazionale forense che, interpretando il Dl 223/2006 – il cosiddetto Decreto Bersani sulle liberalizzazioni - convertito dalla legge 248/2006, comunica ai propri scritti che l’Ordine continuerà a vigilare sul rispetto delle tariffe, che devono continuare a garantire la correttezza e la professionalità della prestazione. Sembra quasi che l’abolizione delle tariffe minime attuata dal Decreto legislativo venga affievolita dall’interpretazione della sua applicazione da parte della circolare dell’Ordine

CAPITOLO 5

L’attività di rappresentanza e di promozione degli interessi nei confronti del governo e della pubblica amministrazione

L’analisi dei disegni di legge in materia di relazioni pubbliche e di relazioni istituzionali (§ 4.2), insieme alla descrizione dei numerosi destinatari (§ 1.5) dell’attività di rappresentanza dei gruppi di interessi privati e diffusi, hanno evidenziato come il governo (§ 5.1) e la pubblica amministrazione (§5.2, § 5.3) siano spesso considerati tra i destinatari di tali attività340. La ricerca di un dialogo pubblico - privati nell’elaborazione delle decisioni pubbliche di governo e pubblica amministrazione non sembra derivare solo dall’esigenza di promuovere gli interessi nei confronti di tali Istituzioni ma anche dall’intenzione pubblica di individuare i molteplici interessi privati e diffusi da tutelare341. Anche per il governo, come avviene per il Parlamento, l’ambito delle relazioni tra pubblico e gruppi di interessi appartiene soprattutto all’informalità, non esistendo norme giuridiche specifiche in materia di rappresentanza e di promozione degli interessi. I gruppi, intenzionati ad individuare un destinatario pubblico per rappresentare gli interessi propri o di terzi, possono rivolgersi ai membri del governo senza doversi attenere a precise regole di riconoscimento, anche attraverso la mediazione di partiti politici o di organizzazioni pubbliche che rappresentano interessi pubblici342.

Allo stesso modo per l’amministrazione pubblica l’incontro tra interessi particolari ed organi pubblici, in assenza di regole in materia di relazioni

340 Tra i disegni di legge analizzati, si ricorda l’art. 1 A.C. 3269 Leg. XII – in ripresa dell’art. 5, A.C. 3200

Leg. VIII - che tra i destinatari dell’azione di relazioni pubbliche e di rappresentanza di interessi annovera “[…]…Governo, […] consigli o giunte regionali, provinciali o comunali, o […] singoli membri di tali organi collegiali”; l’art. 9 dell’A.C. 4144, Leg,. X che parla di “istituzioni e di pubbliche amministrazioni”; l’art. 2 co. 1 del A.C. 1567 Leg. XIV che parla dell’azione di relazioni istituzionali nei confronti di: “[…] funzionari […] del Governo, dei dirigenti di cui all’articolo 15 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dei funzionari dei ruoli direttivi, del personale inquadrato nelle posizioni C2 e C3 del comparto Ministeri e posizioni corrispondenti degli altri comparti, della pubblica amministrazione, […]”.

341

Tale orientamento pluralista del sistema di governo italiano viene affrontato da numerosi autori, in particolare si veda P. Hirst, Dallo statalismo al pluralismo: saggi sulla democrazia associativa, Bollati Boringhieri, 1999, L. Morlino, Costruire la democrazia, Gruppi e partiti in Italia, Il Mulino 1991 pag. 380 e ss

342 Si vedano R. Ruffilli, Autonomie e pluralismo nelle posizioni dei partiti e delle parti, Il Mulino, 1981; P.

istituzionali, può avvenire informalmente oppure attraverso i canali formali di altre normative. In riferimento ai procedimenti amministrativi, un importante contributo alla rappresentanza e alla promozione di interessi deriva dall’istituto della partecipazione al procedimento amministrativo (§ 5.4) – l. 241/1990, Capo III. Le disposizioni di tale istituto, sebbene non rappresentino una generica modalità di esercizio delle relazioni istituzionali in quanto riguardano unicamente i procedimenti amministrativi nei quali gli interessi siano coinvolti, formalizzano l’accesso dei gruppi al processo decisionale amministrativo. Un ulteriore strumento della pubblica amministrazione in materia di negoziazione con gli interessi particolari è costituito dagli accordi di natura consensuale (§ 5.6); mentre una altro esempio dell’autonomia locale in materia di regolazione dell’attività di influenza dei gruppi di interesse, deriva dagli Statuti comunali di Torino e di Alessandria (§ 5.5), che promuovono la partecipazione dei gruppi di interesse ai processi decisionali comunali.

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