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I gruppi di interesse e la distribuzione di poteri fra le Istituzion

La presenza di azioni mirate di lobbying in un contesto di asimmetria informativa tra i differenti gruppi e tra questi e le Istituzioni potrebbe attribuire ad alcuni decisori pubblici un potere politico maggiore rispetto agli altri decisori, indipendentemente dalla divisione di poteri prevista dalla Costituzione del paese. La stessa esistenza dei gruppi di interesse potrebbe determinare una distribuzione differente di poteri, condizionando il sistema istituzionale150. Nel modello descritto da S. Falconieri151, si analizza proprio l’impatto che il lobbying produce sulla scelta dell’organizzazione delle Istituzioni politiche; tale assetto potrebbe essere condizionato dalla presenza di fenomeni di pressione da parte dei gruppi di interesse.

Tale analisi studia l’organizzazione politica assumendo un Congresso formato solo da due corpi, il governo (floor) ed il comitato informativo che è un agente del governo. Il governo ed il comitato possono scegliere un’azione in uno spazio di politiche, senza conoscerne in anticipo l’esito futuro. Anche se la posizione del governo è comunque decisiva per la scelta della politica finale, il comitato è in grado di acquisire informazioni circa l’esito finale dell’azione. Da qui il modello di

149 P.Aghion e J.Tirole, Formal and real authority in organizations, Journal of political economy, fasc.:1,

vol.:105, 1997, pp. 1-29

150 S. Falconieri, The impact of Lobbying on the allocation of political Authority, Ente per gli studi monetari,

bancari e finanziari Luigi Einaudi, Temi di ricerca numero 17, 2000

Falconieri valuta l’allocazione ottimale dell’autorità politica, sotto forma di agenda

control, cioè il controllo dell’agenda politica, tra il governo ed il comitato in

presenza di una lobby che può offrire pagamenti in denaro ad entrambi. In ogni situazione ipotizzata la lobby è in grado di rivolgere un’offerta sia al comitato sia al

floor; l’offerta al comitato consiste in un contributo monetario e in un’indicazione

sulla politica da trasmettere al floor, mentre un’offerta diretta al floor consiste in un contributo monetario e in una specifica politica da implementare.

L’allocazione dell’autorità politica viene descritta attraverso due alternative procedure legislative: regole aperte e regole chiuse. Sotto regole restrittive o chiuse il comitato rivolge al governo un’offerta del tipo “prendere o lasciare”, nel senso che il rifiuto del floor ad adottare la proposta del comitato implica che lo status quo rimane quello che è, non cambia nulla in quanto la proposta non viene adottata. Sotto regole aperte o non restrittive il floor può correggere la proposta del comitato ad adottare una certa politica e scegliere ogni alternativa possibile tra un set di politiche realizzabili eliminando qualsiasi controllo del comitato sull’agenda politica. Il modello ipotizza che la scelta tra regole restrittive ed aperte sia influenzata anche dalla presenza di gruppi di interesse nel gioco politico: in presenza di lobbying le regole chiuse diventano troppo costose per il floor e quindi difficilmente saranno adottate al posto delle regole aperte. Questo perché, se sono presenti i gruppi di interesse, sono tre gli attori ad essere coinvolti: il governo, il comitato informativo ed una lobby. Grazie ai suoi diritti acquisiti come rappresentante di interessi, la lobby può essere disposta a pagare il comitato e/o il

floor per influenzare le loro decisioni e comprarsi una politica in suo favore. Si

suppone che i decisori siano corruttibili, nel senso che la loro politica è basata sul

trade-off tra il costo privato o morale del cattivo comportamento152 ed i contributi offerti dalla lobby.

Le scelte del comitato riguardano il livello di impegno da impiegare per ottenere le informazioni che gli servono e la conseguente indicazione di una determinata politica al governo, mentre le scelte del floor riguardano la procedura

legislativa e la politica finale. In questo contesto il floor ed il comitato competono per i contributi della lobby. La lobby intuitivamente offre contributi maggiori a chi possiede maggiore controllo sull’agenda politica, cioè il comitato sotto regole chiuse ed il floor sotto regole aperte. Per il floor, in un contesto a regole chiuse, la perdita dei pagamenti della lobby costituisce un notevole costo insieme alla perdita di potere decisionale; tale costo viene preso in considerazione dal floor quando deve scegliere se adottare regole aperte o chiuse nell’organizzazione decisionale. Inoltre, in presenza di lobbying, in un contesto a regole chiuse, l’incentivo offerto al comitato diventa significativo, in quanto il gruppo di interesse deve fare in modo che il comitato scelga la sua indicazione politica principalmente sulle basi dei pagamenti offerti dalla lobby più che sulla base dell’informazione acquisita. Questo aumenta, sempre in regole chiuse, la deviazione della decisione finale, dato che, essendo il comitato il più suscettibile ad essere raggiunto dai contributi della lobby, la sua proposta legislativa sarà deviata in favore del gruppo di interessi. Si tratta dello stesso tipo di deviazione previsto da Aghion e Tirole153, quando sostengono che i maggiori poteri decisionali attribuiti all’agente – il comitato informativo in questo caso – rischiano di modificare le decisioni finali in suo favore e quindi in favore del gruppo di interesse che su di lui ha esercitato influenza.

In conclusione, per Falconieri, in presenza di lobbying, i benefici delle procedure restrittive in termini di trasmissione di informazioni sono molto indeboliti mentre i loro costi sono alti, a causa della perdita dei pagamenti da parte dei gruppi di pressione. L’alternativa migliore sembra essere quella delle regole aperte in cui il

floor può intervenire sulle politiche proposte dal comitato. Applicando tali risultati

al caso italiano, l’incentivo del floor, che potrebbe essere il Parlamento, a mantenere regole aperte, cioè la possibilità di apporre emendamenti ai progetti di legge del Comitato, che potrebbe essere la commissione parlamentare incaricata, non è espresso in pagamenti in denaro da parte dei gruppi ma in termini di informazioni rilevanti, consenso politico e sostegno alla rielezione dei membri del legislativo. Il

152 Scegliendo una politica diversa dall’ottimo sociale, il costo per il floor può essere la non rielezione e per il

comitato la perdita di credibilità e di reputazione

dialogo diretto con le lobbies, in un sistema di regole aperte, permette ai decisori pubblici, siano essi membri del Parlamento o delle Commissioni, di sfruttare i benefici propri della relazione con i privati, che rappresentano gli interessi della società civile.

Una volta stabilita l’alternativa migliore in presenza di lobbying l’analisi si sposta su considerazioni del benessere sociale, sostenendo che, da un punto di vista sociale sono le regole chiuse a rappresentare la scelta ottimale. L’implicazione di tale risultato del modello è difficilmente applicabile al caso italiano, dove i compromessi assunti nelle decisioni pubbliche sembrano essere una condizione radicata nel sistema democratico. La preferenza del modello per le regole chiuse risiede nel fatto che sotto regole aperte la politica finale è sempre la politica ottimale della lobby, che si presume sia la più dannosa per la società. Sotto regole chiuse, nel caso il floor decida di rifiutare la proposta, lo status quo è mantenuto, e quindi si presume che il benessere non peggiori. Conseguentemente se la scelta di regole fosse assegnata ad un agente superiore benevolo che si preoccupa solo del benessere sociale, dovrebbero essere istituite solo regole chiuse.

Avvallando tali conclusioni, si è deciso di escludere dalla valutazione dei benefici che il gruppo di interesse può apportare al processo decisionale pubblico, la corruzione in termini di pagamenti diretti alle cariche costituzionali. La corruzione verrà, quindi, sempre considerata come un fattore esterno, non conciliabile con l’influenza esercitata dai gruppi. Si presume che solo così il decisore pubblico sia in grado di valutare i benefici del dialogo con i gruppi di interesse in base al miglioramento della politica pubblica da adottare e non in termini dell’aumento del proprio benessere personale. Inoltre l’incentivo a rispettare l’interesse generale non verrà considerato in termini di negazione della collaborazione con i gruppi titolari di interessi particolari, ma al contrario in termini di considerazione delle loro posizioni particolari al fine di soddisfare al meglio l’interesse pubblico154.

154 Questa impostazione è coerente con il nuovo orientamento della pubblica amministrazione – si veda cap. 5

§ 5.2 – rivolto alla tutela dell’interesse pubblico, come composizione di differenti interessi pubblici e privati. La stessa impostazione è visibile nei progetti di legge in materia di relazioni istituzionali e nelle loro relazioni di accompagnamento – cap. 4 § 4.2 – rivolti a considerare le richieste dei gruppi di interesse al fine di

2.4 I “beni di accesso” dei gruppi di interesse al processo decisionale pubblico

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