LO STATUTO DEGLI ENTI LOCALI TERRITORIALI COME NUOVA FONTE DEL DIRITTO
4. L’affermazione del criterio di competenza nei rapporti tra normazione statutaria e disposizioni legislative
suc-cessive
È evidente che un’applicazione rigida del criterio gerarchico nei rapporti tra fonte statale, regionale e quella statutaria potreb-be condurci a risultati tutt’altro che soddisfacenti38. È noto, in-fatti, che il criterio gerarchico cronologico comporta una relazio-ne di condizionamento-condizionato tra due fonti, relazio-nel senso “che le norme prodotte dall’una (fonte sovraordinata) condizionano la validità sostanziale di quelle prodotte dall’altra (fonte sottordina-ta)”39. A ben vedere, il rapporto di gerarchia finisce col ridursi ad una serie di relazioni tra le norme prodotte dalle diversi fon-ti, di modo che la validità materiale delle prime è sganciata da qualsiasi rapporto con le seconde. Seguendo questa impostazio-ne, si fa poco sforzo a capire che l’applicazione rigida del crite-rio gerarchico condurrebbe ad una seria limitazione dell’attività della fonte statuto e della conseguente capacità innovativa della norma statutaria40.
La questione dell’autonomia statutaria, alla luce della rifor-ma costituzionale, al contrario, si prospetta nel seguente modo: è palese che l’ente locale sia attualmente titolare esclusivo del potere di disciplinare la propria organizzazione; quest’ultima gra-zie anche all’intervento rappresentato dalla legge di attuazione del 5 giugno 2003 n.131, non può prescindere dalla previsione di forme di garanzia e partecipazione delle minoranze, nonché di forme di partecipazione popolare, di decentramento e di con-trollo anche sostitutivo.
38 Coltelli, Enti e statuti nel diritto pubblico, Milano, 1965, p. 54 e ss. 39 Amato-Barbera, Manuale cit. 1991, p. 120.
40 AA.VV. Commento alla legge “La Loggia” del 5 giugno 2003 n.131, (a cura di F. Pizzetti), San Marino, 2003, p. 93 e ss.; Piraino, La funzione normativa, cit., 2002, p.13 e ss.
In codesta affermazione, il criterio della competenza finisce per caratterizzare il rapporto tra la fonte-statuto e qualsiasi altro atto normativo, finanche di efficacia primaria, ma non caratte-rizzato dalla c.d. “copertura costituzionale”.
In altre parole, il rapporto tra norma statutaria comunale o provinciale e successivi atti primari non andrebbe risolto mediante il principio della relazione di forza tra le fonti, ma secondo quello della legittimità costituzionale. Su questo punto la legge “La Log-gia” non è stata del tutto esaustiva alimentando numerosi punti interrogativi in ordine ai rapporti tra le fonti statali e regionali da una parte e le fonti locali (statuti e regolamenti) dall’altra. È evidente il riferimento al nodo costituito dal concetto “funzioni fondamentali” di cui agli artt. 1 e 2 della legge del 5 giugno 2003 n° 131; cosa si intende per esempio per “funzioni fondamentali” e quali sono i limiti oltre i quali è preclusa qualsiasi intervento della fonte statale e regionale nell’organizzazione statutaria degli enti in esame? Purtroppo bisogna sottolineare che il provvedi-mento legislativo in esame oltre a manifestare ancora l’inten-zione di interpretare in senso tecnico il termine funl’inten-zione rievo-cando così un sistema nel quale l’attività degli enti locali resta limitata alle sole attività amministrative in senso stretto, non chiarisce fino in fondo nemmeno se l’autonomia degli enti locali minori debba consistere essenzialmente in manifestazioni di atti-vità libere da interferenze esterne. A nostro avviso pare che si voglia depauperare lo spirito profondamente innovativo della leg-ge costituzionale n° 3/2001; quest’ultima, mediante l’art. 114, costituzionalizza l’autonomia statutaria, chiarendo una volta per tutte, la non ingerenza della legislazione statale e regionale nel-l’attività statutaria. Ne consegue l’inattendibilità delle opinioni secondo le quali nel nuovo contesto costituzionale la fonte sta-tutaria locale debba considerarsi quale fonte secondaria in quan-to subordinata (e condizionata) dalla legge statale che l’ha rico-nosciuta41. In un siffatto ordine di considerazioni si rimane
an-41 Di contra, autorevole dottrina V. Italia, Testo Unico degli enti locali , Milano, Giuffrè 2001, p. 47; F. Staderini, Diritto degli enti locali, cit. 2000, pp. 76- 77; G. Rolla, Diritto regionale degli enti locali, Milano, 2002, p.90.
corato alla tradizionale concezione secondo la quale l’attività sta-tutaria degli enti locali minori consiste nella sola funzione am-ministrativa attuattiva della volontà legislativa statale. Viceversa, occorre sottolineare che anche la mera previsione degli statuti in parola nel Testo costituzionale suggerisce la creazione di un modello istituzionale secondo cui alla fonte statutaria si ricono-sce una riservata sfera di competenza42 che incide profondamen-te nelle principali scelprofondamen-te organizzative riducendo così drasticamen-te l’ambito operativo delle fonti statali e regionali in madrasticamen-teria.43
Sembra a questo punto agevole affermare che nell’ambito dei rapporti che si vanno ad instaurare tra norme statutarie e suc-cessive leggi ordinarie il principio della separazione delle com-petenze si presenta nella sua forma più pura. In effetti, il fatto che la disciplina dell’organizzazione comunale e provinciale sia riservata alla competenza dell’atto-statuto esclude che successivi interventi legislativi possano discrezionalmente modificare la com-petenza degli statuti. La conferma che una semplice e risicata maggioranza nel Parlamento non potrebbe a suo arbitrio restrin-gere (o anche allargare) il contenuto dello statuto locale si chia-risce ulteriormente per il fatto che la Costituzione accomuna le esigenze dell’autonomia (organizzatoria) e del decentramento quali valori ai quali si debbano adeguare i principi e i metodi della legislazione della Repubblica (art. 5 Cost.)44.
L’idea dello statuto quale fonte stabile va ad assumere con-notati rilevanti, dato che l’irrigidimento dello stesso rispetto a 42 L. Pegoraro – F. Gipponi, L’autonomia normativa degli enti locali nella riforma del titolo V della Costituzione, in U. De Siervo, Osservatorio sulle fonti, 2001, p. 293.
43 T. Miele, Commento all’art.1 della legge del 5 giugno 2003 n. 131, in AA.VV., La Repubblica delle autonomie, cit, 2003, pp. 154-155.
44 Sebbene a queste conclusioni si potesse già arrivare quando era an-cora vigente la l. 142/90 nella sua formulazione originaria e nelle modifiche poi apportate ad essa dalla l.n. 265/99 e poi dal D. lgs. N. 267/2000. Infatti, forte in questo senso fu la posizione assunta dal legislatore, che, introducen-do l’art. 2-bis alla l. 142/90, dispose che la legislazione in materia di Comuni e Province doveva “enunciare espressamente” i principi che costituiscono li-mite inderogabile per l’autonomia normativa degli enti locali, sul punto v. Vigneri-Riccio, Nuovo ordinamento degli enti locali e status degli amministra-tori, cit. 1999, 40 ss.
successivi adeguamenti di nuove leggi non deve essere interpre-tato quale ostacolo al continuo evolversi delle esigenze della co-munità locale45.
Si è dell’opinione, invece, che l’autonomia, soprattutto quel-la fondata su chiari criteri organizzatori, resta una qualità delquel-la vita della comunità. Il principale risvolto giuridico che si evince da quanto detto sta in ciò: che gli ordinamenti locali non deb-bono essere più considerati quali ordinamenti gerarchicamente subordinati e dipendenti dagli ordinamenti superiori46. Il princi-pio secondo cui gli statuti degli enti locali minori costituiscono atti di normazione secondaria47, magari evocandosi quella prospet-tiva che assumeva l’ente locale quale organo indiretto dello Sta-to, ha perso di fondatezza48. Oggi, invece, può affermarsi che l’in-serimento dello statuto comunale e provinciale nel sistema delle fonti statali non solo significa che le regole statutarie, in deter-minati settori di competenza, innovano l’ordinamento generale, ma che valgono quali norme giuridiche primarie49.
In effetti, già la legge n. 142/90, nelle linee ispiratrici di fondo chiaramente dispose, che il contenuto essenziale dello sta-tuto doveva essere rappresentato dal corpo di norme che orga-nizzano l’ente, preordinando la composizione e la competenza degli apparati, ed escludendo, in principio, la possibile interfe-renza di nuove fonti in quelle materie che a stretto rigore rien-travano nel suo contenuto essenziale. In tale contesto si
inseri-45 Di tale avviso è L. Pegoraro, Gli statuti degli enti locali, cit. 1993, p. 68, il quale individua nei rapporti tra gli statuti e leggi statali una evidente sottoposizione gerarchica dei primi rispetto alle seconde.
46 Italia, Bassani (a cura di ), Le autonomie locali, cit., p. 75
47 Su questo argomento si veda Sandulli, Fonti del diritto, in Novissimo Digesto italiano, vol. VII, Torino 1961, sulla qualificazione, invece, di fonte terziaria P. Barile, Corso di diritto costituzionale, Padova 1957, p. 182;.Pizzo-russo, Fonti, in Dig.disc.pubbl. vol. VI 1991, p. 421.
48 A tal proposito va aggiunto che in un sistema riferito agli enti e non alle comunità, l’autonomia resta un mero attributo di un particolare tipo di struttura organizzativa dove gli ordinamenti locali sono completamente deri-vati e dipendenti.
49 T. Miele, Commento all’art. 4 della legge n. 131/2003, cit., 2003, p. 37 e ss. Contra F. De Marco, Statuti comunali e provinciali, in Enc. Dir. IV, Milano 2000, p. 1143 e ss.
sce oggi la legge “La Loggia” che si sovrappone alla precedente legislazione e lascia (preferendo tuttavia una elencazione di ma-terie alquanto succinta) comunque ampio spazio allo statuto co-munale e provinciale, destinato obbligatoriamente a disciplinare tutti i rapporti regolati dalle disposizioni pregresse abrogate e non sostituiti con legge statale di principi50.
Del resto, come si è rilevato, la fonte-statuto sembra desti-nata anche ad intervenire in altri settori non previsti dalla legge in esame, in quanto essa pone “i contenuti costituzionali delle leggi regionali applicative dello statuto, per cui anche da un punto di vista materiale e contenutistico ci troviamo di fronte ad ela-borati intensi e corposi e come tali destinati a muoversi nelle pieghe della nostra legislazione amministrativa”51.
Al dato appena chiarito va, tuttavia, aggiunto che la fonte-statuto trae la sua capacità innovativa e, al contempo, la sua re-sistenza passiva all’effetto abrogativo ad opera di successivi atti normativi primari, dalla funzione che ad essa è ora assegnata dalla Carta costituzionale. Il Testo costituzionale, invero, tende a far riscoprire nei poteri locali minori - preesistenti alla stessa Costi-tuzione repubblicana - quel sostrato di originaria struttura orga-nizzativa rimasta paradossalmente compressa negli ultimi 50 anni, e a cui, invece, già la dottrina civilistica ottocentesca attribuiva piena rilevanza, in quanto considerava gli enti territoriali locali quali organi corporativi52. Ed è proprio la restituzione di questo sostrato sociale, per certi versi originari rispetto allo Stato, l’ele-mento maggiormente qualificante della potestà organizzatoria ri-conosciuta a Comuni e Province dalla riforma del Titolo V della Costituzione.
50 Sul punto Staderini, Diritto degli enti locali, cit. p. 180; Italia, Lo sta-tuto dell’ente locale, cit., p. 30 ss; del medesimo autore si cfr, Le disposizioni di principio stabilite dal legislatore, Milano, 1970, p.79 e ss.
51 In tempi non sospetti, G.Morbidelli, Audizione del 4 luglio 1990 pres-so la 1° commissione affari costituzionali della Camera dei deputati.
52 Sul punto la letteratura è vastissima, si ricorda F. Calasso, (Comune) cit.; Ghisalberti: Storia delle amministrazioni preunitarie, Milano 1962; G. Galasso, Potere ed istituzioni in Italia, Torino, 1974; G. Cassandro, Comune (cenni storici), in Noviss. digesto it. vol. III, Torino, 1959.
Questa prospettiva conferma due cose: in primo luogo, la presenza di caratteristiche differenziali tra i vari ordinamenti lo-cali minori ha accelerato lo svolgimento del concetto di autono-mia organizzativa sorta sulla base di relazioni che s’intrecciano tra ordinamento complessivo e poteri locali; in secondo luogo, non sembra che possano esistere seri dubbi sulla collocazione degli statuti comunali e provinciali tra le fonti primarie53 alla stre-gua di quelli regionali di diritto comune.
5. Prime considerazioni sul valore giuridico primario