LO STATUTO DEGLI ENTI LOCALI TERRITORIALI COME NUOVA FONTE DEL DIRITTO
2. I problemi relativi all’attuazione della norma statutaria Il fenomeno innanzi trattato è molto più ampio di quanto
ge-neralmente si ritiene, in quanto abbraccia problemi spinosi quali i rapporti che si instaurano tra normazione statale e disposizioni sta-tutarie, ovvero, il processo di integrazione e di attuazione della norma organizzatoria nell’ordinamento generale.
La dimostrazione di quanto detto sembra ricavarsi proprio da uno di quei principi che apparentemente sembrano essere maggior-mente limitativi della riconosciuta autonomia statutaria. Ci riferia-mo al “contenuto vincolato” di cui all’art. 4, 2° c. della l. n. 131/ 2003. Si è parlato, a tal proposito, di attività statutaria orientata dalla legge allorché si prescrive che lo statuto in armonia con la Costitu-zione e con i principi di organizzaCostitu-zione pubblica, nel rispetto di quanto stabilito dalla legge statale in attuazione dell’art. 117, stabi-lisce i principi di organizzazione e funzionamento dell’ente. A ben vedere, l’eccezione “contenuto vincolato” non deve essere intesa nel senso che lo statuto si limiti a contenere solo le norme essenziali relative all’organizzazione dell’ente; l’inciso “principi di organizzazione pubblica” sembra, in primis, riferirsi a norme di principio statuta-rie, che dovrebbero trovare piena applicazione da parte di norme statutarie di altri Comuni e Province13. Senonchè, il momento di maggior crisi della norma statutaria dal punto di vista della sua efficacia resta proprio quello relativo alla sua attuazione14.
13 D’altro canto la norma organizzatoria non può essere il risultato di una norma arbitraria o di inesatta valutazione di carattere politico. Le norme fonda-mentali qui intese, attengono agli aspetti basilari, essenziali della struttura ammi-nistrativa, mancando le quali questa struttura si presenta disorganica. Ciò rende fondato il principio secondo cui la legge nell’indicare un contenuto vincolato, non può assolutamente predeterminare in tutto il contenuto dello statuto.
14 Vale a dire della sua collocazione ed attuazione in un ordinamento già esistente ed operante. Si v. A. Barbera, L’assetto complessivo dell’ordinamen-to repubblicano nel nuovo Tesdell’ordinamen-to dell’articolo 114 Costituzione, in C. Bottari, La riforma del titolo V, parte II della Costituzione, p. 377 ss. 2003.
Non deve stupire il fatto che qualsiasi ordinamento preesi-stente opponga resistenza all’efficacia e alla conseguente attua-zione della nuova norma statutaria, fonte innovatrice. Nonostan-te le norme statutarie, infatti, soddisfino innanzitutto una esigenza naturale di ogni ordinamento che consiste nel raggiungimento di una serie di finalità che l’ente minore si è proposto di consegui-re, sono ancora rimasti irrisolti i problemi relativi alla creazione di nuovi equilibri che devono instaurarsi tra ordinamento gene-rale e normazione statutaria15. In effetti, l’art. 4 della legge “La Loggia” non precludendo definitivamente la possibilità a leggi statali e regionali di incidere in materia di organizzazione inter-na degli enti in parola, svuota il valore inter-naturale dell’autonomia locale consistente nella libera facoltà da parte dell’ente di orga-nizzarsi come crede più opportuno.
A nostro avviso, tali problemi si risolverebbero se solo la legge “La Loggia” avesse impostato diversamente la ricerca del soggetto detentore del potere organizzatorio attribuito agli enti locali minori.
L’attribuzione di un potere organizzativo da parte dell’ordi-namento generale, in effetti, non può non risentire direttamente dell’influenza dell’ordinamento costituzionale che nel nostro caso è dichiaratamente per il potenziamento dell’autonomia politica amministrativa delle realtà locali (artt. 5, 114,C.). Il riconoscimen-to di una potestà auriconoscimen-torganizzariconoscimen-toria attribuita a Comuni e Pro-vince costituisce una grande novità nel nostro sistema istituzio-nale se è vero che la sua principale funzione consiste nel rende-re meno brusco il passaggio tra lo Stato - amministrazione e gli enti locali minori. D’altro canto tale disposizione coglie il suo massimo valore normativo proprio in quell’intreccio di relazioni
15 Si è già accennato che la Carta fondamentale, manifesta la sua dina-micità giuridica nel riconoscere le attività sempre più numerose degli ordi-namenti particolari, quasi il suo equilibrio interno sia fondato sul crescente intreccio di relazioni con i diversi centri di potere dell’ordinamento. A tal proposito cfr. R. Bin,Due passi verso la restaurazione della gerarchia forma-le delforma-le fonti?, in Regioni, 1989, 1523 e ss. Contra, Staiano, Gli Statuti co-munali, Napoli, 1992; V. Italia, Gli statuti coco-munali, 2000, p. 171 ss.
tra Stato e realtà locali che proprio gli statuti comunali e pro-vinciali vanno a potenziare16. In corrispondenza di tutto ciò, ap-pare evidente che il valore giuridico oggettivo del potere orga-nizzatorio delle autonomie locali minori dipenderà molto proba-bilmente dal modo di porsi e di contattare l’ordinamento gene-rale17; a tal proposito, va riproposto un principio già delineato in precedenza: siccome l’organizzazione rappresenta il momento giuridico essenziale di un ordinamento, essa, una volta originata-si, vive di vita propria, staccandosi dalla propria fonte (quale essa sia) e producendo nell’ambito dell’ordinamento giuridico gene-rale la propria attività.
Nell’ambito di tale impostazione l’atto-statuto e le sue suc-cessive norme assumono un valore giuridico particolarmente si-gnificativo, comprendente anche una accentuata forza innovativa dell’ordinamento generale. In questo nuovo quadro di rapporti tra i diversi livelli di governo e le loro rispettive fonti, il ricono-scimento della fonte statutaria da parte della Costituzione fa si che tra la norma organizzativa e le norme primarie (statali e re-gionali) si instaura un rapporto di equiordinazione.
Ciò, tuttavia, non vuol dire che lo statuto in esame nello sta-bilire le norme fondamentali relative all’organizzazione dell’ente, non debba subire un condizionamento ad opera dell’ordinamento generale18. Ma qui è il nocciolo della questione: il condizionamento
16 Iannotta, Pugliese, Marrana, Profili dell’autonomia nella riforma degli ordinamenti locali, Napoli, 1991; cfr. inoltre Bonelli, Funzione amministrati-va e sistema autonomistico dopo la riforma del titolo V della Costituzione, in TAR, 2002 n. 11, 2°, pp.495 e ss..
17 Il dibattito circa la fonte soggettiva del potere organizzatorio risale al disaccordo istauratosi tra la prevalente dottrina tedesca e quella austriaca; la prima sostenitrice di un potere organizzatorio che trovava immediato e diretto fondamento nel sistema istituzionale, senza la mediazione della legge (o quan-tomeno limitata al rispetto dei criteri organizzativi); la seconda, invece, più rigorosamente ancorata ai criteri dell’adeguazione dell’amministrazione alla legge (peraltro in armonia con i principi Kelseniani). Si v. Bin, La funzione ammini-strativa nel nuovo Titolo V della Costituzione, in Le Regioni, 2002, 374e ss.
18 Piterà, Commento all’articolo 6 del T.U.E.L. del 18/08/2000 n.267, p. 50 e ss., in La riforma degli enti locali (a cura di F. Piterà e R.Vigotti), To-rino, 2002. Cfr. Corte Cost. sent. n. 274/2003.
deve operare tenendo conto dei criteri organizzativi che ispirano la nostra Carta fondamentale (art. 97 Cost.) e non essere oggetto di pure scelte di opportunità di indirizzo politico di maggioran-za19. Ecco perchè si rimane dell’idea che la legge del 5/6/2003 n. 131 non abbia del tutto colto l’intera lezione che si desume dal disposto costituzionale (artt. 5 e 114) che opera al contrario per l’affermazione definitiva dei principi organizzativi; dall’altro canto tale qualificazione permetterebbe di superare positivamente il pro-blema se l’autonomia statutaria possa o meno spingersi al punto di derogare la legge attuativa in esame.
Ed in effetti, che la competenza statutaria sia costituzional-mente fondata di modo che gli statuti comunali e provinciali assumino una maggiore resistenza ad eventuali effetti abrogativi di successivi atti legislativi è da ritenersi oramai talmente pa-cifico che l’individuazione di eventuali limiti all’autonomia statu-taria da parte di una qualsiasi legge ordinaria presta il fianco a sicure censure di costituzionalità20. Ecco perché non è assoluta-mente casuale il fatto che si faccia attenzione alle cosiddette leggi generali della Repubblica, le sole in futuro a dover disciplinare in maniera esaustiva l’intera materia comunale e provinciale; ciò significa che non una qualsiasi legge è abilitata ad interferire nello statuto locale, ma solo quelle di rango costituzionale21. Con la
19 Palma, Indirizzo politico statale e autonomia comunale, cit., ivi. 20 In senso diverso, E. Rotelli, La riforma del governo locale e autono-mia statutaria e i principi unitari, in L’elezione diretta del Sindaco, Berga-mo, 1992, p. 33; Villone, Spunti su autonomia statutaria e forma di governo nella legge 142/90, in Reg. E Gov. Locale, 1991, p. 724; inoltre cfr. Piraino, La funzione normativa, cit. 2002, p. 118 ss. L. De Lucia, Le funzioni dei Comuni e delle Province, in Riv. Dir. Pubb. N°1/2005, 29.
21 La consapevolezza della difficoltà che un regime uniforme si adegui ai principi della Costituzione è diffusa: vedi Biscaretti di Ruffia, Introduzio-ne geIntroduzio-nerale, in P.Biscaretti di Ruffia ( a cura di) Problemi attuali del Gover-no locale in alcuni stati occidentali, MilaGover-no, 1977 p. 11.
Purtroppo c’è da considerare che la giurisprudenza amministrativa ha cercato addirittura di stravolgere il “naturale” ruolo assunto nella gerarchia delle fonti del diritto dagli statuti comunali e provinciali. In effetti il T.A.R. Piemonte con la sent. n. 364 del 19/11/92, in Trib. amm. Reg. 1993, p. 62 ss. ha degradato la fonte in nuce a livello secondario, dato che mediante una interpretazione discutibile quanto isolata ha precisato che il limite del
rispet-riformulazione dell’articolo 114, 2° c. unito all’articolo 5 della Costituzione si coglie più facilmente il fenomeno della interfe-renza della legislazione statale con l’autonomia statutaria. Quest’ulti-mo enuncerà espressamente i principi che costituiranno limite inde-rogabile per l’autonomia statutaria solo se la fissazione di tali principi siano direttamente riconducibili ai vincoli imposti dalla Costituzione. Dalla legge “La Loggia”, invece, si attendeva una maggiore serenità nel concretizzare tutte le potenzialità presenti nel nuovo articolo 114 Cost.. Il riconoscimento delle autonomie locali e la loro partecipazio-ne all’unità e all’indivisibilità della Repubblica (art. 5 Cost.) non può non passare mediante l’affermazione a pieno titolo del principio se-condo cui tra lo Statuto comunale e provinciale e le diverse fonti statali e regionali primarie vige oramai un rapporto di coordinamen-to funzionale. In altri termini, pur riconoscendo le innumerevoli dif-ficoltà che il legislatore statale ha dovuto senz’altro affrontare (si pensi alla pioggia di critiche provenienti dalle Regioni di sfacciata inclina-zione municipalista del testo di legge) nel formulare il provvedimen-to, ci saremmo aspettati ben altro spessore contenutistico dell’art. 4 nel quale non pare che l’ente locale minore si possa identificare col suo territorio nella piena discrezionalità di ampie scelte organizzative. Alla luce di tali considerazioni l’autonomia statutaria degli enti locali minori assume connotati alquanto incerti almeno sotto due di-stinti profili22: in primo luogo il criterio per cui la normazione locale può essere limitata da quella statale solo quando essa enuncia princi-pi, e non già quando si presenta come mera normazione di dettaglio viene messo in profonda crisi proprio dalla legge n. 131/2003 che tra qui a poco aprirà varchi nei quali si insedieranno innumerevoli de-creti delegati già oggetto di censura della Corte costituzionale. Inol-tre, non pare che il legislatore statale abbia mostrato estremo
inte-to dei principi fissati dalla legge ha per oggetinte-to anche disposizioni contenute in atti normativi statali non aventi forza o valore di legge, dirette, per il loro contenuto, a garantire un minimo di uniformità nella struttura degli enti in parola. Con sfumature diverse ma sostanzialmente identica è di recente Tar-Lombardia sez. III 6 maggio 2004, n°1622.
22 AA.VV., Il nuovo ordinamento delle autonomie locali. cit.,(a cura di V. Italia). Giuffré, 2003, p. 247 e ss.; inoltre Corte Cost. sent. n. 280/2004.
resse nel coniare una norma restrittiva e di sicurezza che impedisca a futuri provvedimenti di precisare ulteriori o diversi limiti inderoga-bili alla potestà statutaria locale23.