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Le deroghe apportate dallo strumento convenzionale alla legislazione statale

Nel documento COMUNI, PROVINCE EAUTONOMIA STATUTARIA (pagine 94-98)

LO STATUTO DEGLI ENTI LOCALI TERRITORIALI COME NUOVA FONTE DEL DIRITTO

7. Le deroghe apportate dallo strumento convenzionale alla legislazione statale

Dalle pagine precedenti sembra desumersi che il criterio ispiratore che sostanzia l’intera attività dei Comuni e delle Pro-vince resta il soddisfacimento dei bisogni della comunità territo-riale80. Tal fine diventerebbe irraggiungibile se si consentisse ad una o più volontà normative prestabilite di valutare le esigenze locali, svuotando così di contenuti l’attività dei poteri locali in esame. La ricorrenza sempre più frequente del fenomeno asso-ciativo va spiegata sulla base delle considerazioni appena svilup-pate; d’altro canto, sembra non vi siano più dubbi sul fatto che il problema dell’autonomia locale sia anche legato alle forme di collaborazione strutturale81 (ci riferiamo soprattutto a quelle

for-80 Ancora una volta sembra evidente l’interesse verso una sintetizzazio-ne del rapporto tra legge e amministraziosintetizzazio-ne che porti ad una conceziosintetizzazio-ne del-l’amministrazione non quale momento essenzialmente esecutivo della fonte-legge, ma bensì quale espressione di un potere amministrativo autonomo.

81 Riferimenti storici che contribuiscono a rafforzare la convinzione del-l’effettiva importanza di tali forme associative anche in tempi non sospetti in cui regnava sicuramente una forte tendenza verso la centralizzazione dell’ap-parato Stato, sono da ricercare già nella famosa relazione di Rattazzi al Re, che seguì il disegno della legge comunale e provinciale del 1859, nella quale il relatore profetizzava l’ente Provincia quale grande associazione di Comuni, capace di tutelare gli interessi di ciascuno di essi.

me di tipo non facoltativo che paiono realizzare un fatto organizzati-vo del tutto dominato dagli ordinamenti territoriali).

In effetti, ai sensi dell’art. 30, 1° comma della D. lgs. in que-stione, si prevede una convenzione di tipo facoltativo che sembra porre in evidenza sia una cooperazione nei servizi che nella organizzazio-ne82. Diventa chiara, a questo punto, la ragione per cui la disciplina statutaria opti per una cooperazione funzionale tra i poteri in esame, capace non solo di essere rivolta a criteri di effettiva utilità, ma di contenere in sé, altresì, il presupposto della responsabilità83. L’intro-duzione nelle organizzazioni amministrative locali della facoltà di in-dividuare libere forme di congiungimento84 allo scopo di creare un dato di dinamicità nei rapporti tra le medesime85, dimostra eviden-temente che si è resa matura l’idea del definitivo abbandono del modello accentratore dell’amministrazione statale86. Il fatto

82 Nonostante il D.lgs n. 267/2000 riproponga nell’art. 31 la figura del consorzio quale possibile forma per una effettiva cooperazione non sembra che tale istituto susciti grande entusiasmo sulla base anche delle non esal-tanti esperienze del passato. Anzi, a dire il vero, pare che si possa cogliere una decisa avversione verso il consorzio da parte del legislatore dato che il medesimo ha specificamente optato per forme più concrete di accordo o con-venzioni capaci di realizzare una cooperazione funzionale ed organizzativa. Cfr. Cons. di Stato, adunanza del 10 febbraio 2003, n.335/2003, nonché - V sez.-11/03/2005.

83 Il punto è di particolare importanza poichè l’accordo deve essere connotato dal requisito della trasparenza, onde evitare forme di consociativi-smo che risulterebbero fatali per l’effettiva realizzazione dell’autonomia loca-le. Bisogna, in altri termini, valutare l’attività dell’amministrazione per ciò che effettivamente essa ha prodotto in quanto solo così facendo si può dare at-tuazione al principio della responsabilità dell’amministrazione pubblica ex art. 28 Cost.

84 Rispetto alla formulazione originaria dell’art. 24 l. 142/90, l’art. 6 della legge n. 265/99 ha introdotto il nuovo comma 3-bis, il quale prevede la pos-sibilità per Comuni e Province di utilizzare lo strumento delle convenzioni per creare uffici comuni a più enti locali. A. Vigneri in Nuovo ordinamento degli enti locali e status degli amministratori, cit. 1999, p. 50, osserva che si tratta di una possibilità già implicita nel sistema, e che tuttavia è stata giu-stamente esplicitata dalle norme, in quanto in assenza di una norma espres-sa espres-sarebbe potuto dubitare che gli uffici comuni potessero esercitare anche pubbliche funzioni, come per il rilascio di concessioni, restando tali funzioni esercitabili solo dagli organi effettivi dei singoli comuni.

85 Nonostante qualche perplessità, funzioni prevalentemente organizza-torie e durature sono da ricercare negli accordi di programma. Quest’ultimi

che oggi Comuni e Province disciplinano le linee fondamentali della propria struttura e attività mediante uno statuto che è di-retta espressione della volontà dei propri consociati è un princi-pio che pervade tutta la legislazione statale87. Si è dinnanzi ad una profonda trasformazione dei rapporti tra amministrazione sta-tale e amministrazioni territoriali locali. La possibilità che una realtà quale quella comunale o provinciale, portatrice di interes-si collettivi primari, possa svolgere la propria attività nell’ambito di una ampia discrezionalità che trova il suo principale parame-tro di riferimento nell’atto-statuto prefigura una profonda trasfor-mazione dell’amministrazione locale della quale il legislatore non è più capace di incidere autoritativamente. In questo disegno lo spirito di cooperazione che pervade l’intera amministrazione lo-cale e che trova il suo fondamento nella Carta fondamentale si rileva maggiormente88.

Il punto forse più interessante sta nel fatto che lo statuto comunale e provinciale attua, mediante anche lo strumento con-venzionale, quella distinzione tra politica e gestione ritenuta oggi imprescindibile per l’effettiva realizzazione dell’autonomia

loca-possono individuarsi quali modelli atipici di cooperazione non solo perchè ad essi possono partecipare più soggetti pubblici, ma perché coinvolgono un sempre più vasto profilo funzionale.

86 La necessità oramai di spiegarsi il valore dell’autonomia dei poteri comunali e provinciali sulla base degli strumenti con i quali essi si ammini-strano dimostra che le relazioni intersoggettive si sono spostate su di un ter-reno che vede quali protagonisti Comuni e Province da una parte, l’ordi-namento complessivo e generale dall’altra.

87 In verità, problemi esistono anche in rapporto alle relazioni che in-tercorrono tra Regione ed enti territoriali minori. Spesso le Regioni sulla base del presupposto che solo ad esse la Costituzione avesse concesso una potestà legislativa, hanno imposto a Comuni e Province l’accettazione di determinati imposizioni.

88 Sia chiaro che il modello cooperativo verso cui propendiamo e me-diante il quale è possibile congiungere figure organizzative sulla base di una spiccata mobilità presente sia nelle strutture che nelle procedure delle am-ministrazione in esame, non va confuso con quella forma tradizionale del con-sorzio, di cui all’ultimo comma dell’art. della legge in esame che ancora ri-sente degli schemi tradizionali del passato. Su questo particolare tema si veda la sent. n. 817/1995 del T.A.R. Veneto, in il Foro amministrativo, 1995, pp. 2334-2335.

le89. La soddisfazione degli interessi dei gruppi locali viene an-cora una volta connotata quale principio prioritario, come prin-cipale scopo che, nel suo svolgimento, l’attività amministrativa deve porsi. Su queste premesse appare evidente che lo spirito cooperativo all’interno delle amministrazioni locali non va affron-tato su di un terreno sostanzialmente speculativo, dove il princi-pale e forse unico problema da risolvere resta quello relativo all’efficacia degli atti che risultano all’esito delle convenzioni90. Senonchè, come gia riferito in precedenza, l’attenzione che è stata rivolta dalla legge “La Loggia” alle forme associative tra gli enti locali appare superficiale e di mera conferma di quanto già pre-visto dal T.U. del 2000, sorvolando sulle enormi potenzialità rap-presentate dal comma 4 dell’articolo 118 della Costituzione che afferma il c.d. principio di sussidiarietà orizzontale secondo il quale, in determinate e favorevoli condizioni, vanno preferite forme privatistiche per l’esercizio di attività anche di carattere generale. Va aggiunto, inoltre, che il legislatore del 2003 non ha affatto chiarito i problemi inerenti alla natura del potere norma-tivo delle unioni di Comuni e Città montane e isolane, come, d’altro canto, ha assolutamente omesso di fare considerazioni sul rapporto che si andrà ad istaurare tra gli statuti e potere regola-mentare delle “forme associative” e le rispettive fonti normative dei Comuni, Province (e Città metropolitane).

Viceversa, il rinnovamento dell’amministrazione locale pas-sa attraverso la capacità degli statuti di dar vita ad una varietà di forme organizzative, specialmente quelle connotate da un loro spirito profondamente cooperativo. Si delinea, così, un potere organizzativo quale ordine dinamico in costante evoluzione, ca-pace, per raggiungere scopi e fini prefissati, di scegliere se

89 Cfr. V. Italia, Il nuovo ordinamento, in AA.VV.,cit., 2003, p.365 e ss,; F. Pizzetti, Legge La Loggia, in AA.VV. 2003, cit. p. 96.

90 Si è dell’opinione che si è dinnanzi ad uno pseudo problema dato che l’efficacia di tali accordi trova specifico riferimento nell’art. 6, 2° c. del D.lgs. n. 267/2000 che trae la sua legittimazione dai principi che si evincono dali artt. 5 e 114 della Carta Costituzionale. A tal proposito si v. la sent. n. 74 del 5/4/95 TAR Molise, in Trib. amm. reg. 1995 p. 2463 ss.

usufruire del diritto pubblico o del diritto privato91. Da questo stato di cose scaturisce l’opinione secondo cui l’identificazione delle norme statutarie nella normazione secondaria subordinata all’atto-legge appare una soluzione che difficilmente può essere accolta soprattutto alla luce di una evidente insufficienza del cri-terio gerarchico nella disciplina delle relazioni tra leggi, nell’am-bito dell’attuazione dei principi costituzionali riguardanti il pro-blema dell’autonomia locale.

Le ragioni che, al contrario, ci inducono ad attribuire alle norme statutarie comunali e provinciali un valore primario nel-l’ambito del sistema delle fonti di produzione possono riassumersi in due ordini di motivi:

a) la funzione principale delle norme in esame non è certa-mente di servire alla mera esecuzione delle disposizioni legislati-ve in quanto esse si pongono quali norme “praeter legem”92, b) le norme statutarie comunali e provinciali regolano materie non disciplinate dalla fonte-legge e si rapportano a tali fonti secondo un criterio di competenza93.

Da ciò si evince che lo statuto si configura quale fonte pri-maria94 nelle materie di propria attribuzione, dato che il livello statutario è diretta espressione del dettato costituzionale.

8. Conclusioni sul valore di fonte primaria dell’atto statuto

Nel documento COMUNI, PROVINCE EAUTONOMIA STATUTARIA (pagine 94-98)

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