IL FONDAMENTO DELLA POTESTÀ STATUTARIA
2. I Comuni e le Province quali ordinamenti originari e particolari
Autonomia statutaria, quindi, quale elemento essenziale del-l’autonomia locale, nonchè principio accolto dal Testo costituzio-nale. Sostenere il contrario equivarrebbe a correre il rischio di rendere arido il momento essenziale dell’amministrazione locale; di ricomprimere la sua attività a mera espressione statica e for-male; in altri termini, di riproporre le amministrazioni locali quali soggetti dotati di personalità giuridica16 e subordinati all’ammini-strazione statale-centrale, nonostante la nostra Carta fondamen-tale manifesta apertamente la volontà di considerarle reali centri di potere, ossia quali “ordinamenti”.17
Quanto detto sembra avere una valenza di notevole portata: gli enti Comuni e Province sono riconosciuti dal riformato arti-colo 114 della Costituzione quali ordinamenti particolari ed ori-ginari, espressione di un potere obiettivo. Com’è noto, l’innova-zione accolta dalla nostra Costitul’innova-zione ha dovuto assistere, in tutti questi anni, ad una sorta di inerzia da parte del legislatore18. La dottrina tradizionale, in effetti, ha sempre manifestato una certa diffidenza nel configurare la potestà auto-organizzatoria dei po-teri locali minori quale valorizzazione e concretizzazione della loro autonomia, arrivando addirittura a sostenere che tale
riconosci-15 Sul valore del decentramento quale criterio atto a disciplinare un momento organizzativo -Roversi- Monaco, Profili giuridici del decentramento nell’organizzazione amministrativa, Padova, 1970, p. 125.
16 G. Berti, La pubblica amministrazione, cit. p.8.
17 v. C. Mortati, Istituzioni di diritto pubblico, IX ed., Padova 1965 p. 99; A. Pubusa, Sovranità popolare e autonomie locali, Milano, 1983, p. 18.
mento potesse essere lesivo del principio di unità e di indivisibilità espresso dal Testo costituzionale19.
Pare invece che non si possa cogliere il reale ruolo degli enti lo-cali, se non si valorizzano appieno i criteri auto-organizzativi che tali realtà esprimono.In verità già con il 1° e 2° c. dell’art. 4 della legge 142/90, e poi con l’art. 6,2° c. del Tuel n. 267/2000, che hanno ricono-sciuto a Comuni e a Province la facoltà di dettare le norme fonda-mentali per la propria organizzazione, dimostrano come il legislatore il statale si decise ad intraprendere quel percorso di profondo rinnova-mento che la Carta fondamentale gli aveva chiaramente delineato20.
Non bisogna dimenticare, infatti, che la Carta repubblicana ha da sempre posto, tra i suoi obiettivi principali, il riassetto delle autonomie locali, dimostrandosi chiaramente a favore del superamento del tradi-zionale rapporto esistente tra enti locali e Stato-amministrazione che si concretizzava, com’è noto, in un semplice rapporto tra soggetti dotati di personalità giuridica. Il solenne principio secondo il quale il legisla-tore statale deve adeguare la sua attività legislativa ai metodi ed ai criteri delle autonomie locali, significa principalmente che il Testo fondamen-tale si è ispirato al criterio di un rapporto tra ordinamenti21, nel quale Stato e realtà locali esprimono entrambi la loro originarietà e la loro indipendenza.
Da ciò si evince che il carattere auto-organizzativo delle autono-mie in esame viene dalla Costituzione non solo definito rilevante, ben-sì addirittura essenziale ai fini della concreta attuazione dell’autonomia locale22; gli articoli 5 e 114, dimostrano che la nostra Carta fondamen-19 Gueli, Concezione dello Stato e del diritto e tecnica giuridica, in Riv. Trim. Dir. Pubbl., 1956, p. 946 ss.
20 v. Italia, Lo statuto dell’ente locale, dopo la l. 265/99, cit., p.7; AA.VV. Autonomia e ordinamento degli enti locali, cit., p. 19 ss.; Vigneri , Riccio (a cura di) Nuovo ordinamento e status degli amministratori, cit., p. 20 ss. 21 Con ciò si vuole indicare la distinzione che la nostra Carta fonda-mentale opera in seno allo Stato fra ordinamento generale ed ordinamenti particolari, ciascuno dei quali ha un proprio fondamento che ne assicura la vigenza. In tal guisa, consegue che non pare azzardata la tesi secondo la quale si istaurerebbe tra gli ordinamenti in esame un rapporto di effettiva equiardinazione, nel quale il carattere dinamico risulterebbe principalmente dalla attività oggettiva degli ordinamenti particolari, i quali, così, si porreb-bero quali parti costituenti lo stesso ordinamento generale complessivo.
22 In questo senso, Esposito, Autonomia locale, cit. pag. 89 più note; C. Corsi, L’autonomia statutaria dei Comuni e delle Province, Milano 1995,pp.94
tale si è ispirata ad un sistema pluralistico di centri di potere23, i quali traendo il proprio esistere da comunità diverse da quella statale, possono essere portatori anche di un proprio indirizzo politico-amministrativo24. Il principio secondo cui il nostro ordi-namento giuridico complessivo riconosce la presenza di ordina-menti territoriali, particolari ed originari, pur rimanendo sempre dell’avviso che la sovranità risiede nel solo ordinamento comples-sivamente inteso25, acquista sempre maggior credito.
In altri termini, il nostro Testo costituzionale ha decisamen-te abbandonato la decisamen-teoria secondo la quale nell’ordinamento generale complessivo era possibile solo riscontrare una pluralità di soggetti rappresentata dagli uffici dello Stato e dagli enti pub-blici strumentali, per valorizzare, viceversa, una pluralità di po-teri indipendenti, capaci, attraverso la loro normazione, di con-dizionare le stesse direttive statali.
A questo punto sembra lecito domandarsi quali possano es-sere gli elementi necessari affinchè si individui un ordinamento. Prendendo in prestito la definizione che di ordinamento ha dato un nostro autorevole studioso, qual è M.S. Giannini, dicesi ordinamento “quel gruppo organizzato ed effettivamente produt-tore di norme26”. Ne consegue, che, qualora si volessero ricerca-re gli elementi27 costituenti un ordinamento, la ricerca ricadreb-be indiscutibilmente su tre componenti: l’organizzazione, la nor-mazione, un nucleo componente un gruppo. Ora, se si
ripercor-e ss; Di rripercor-ecripercor-entripercor-e, R.Lripercor-eonardi, Il govripercor-erno nripercor-el tripercor-erritorio nripercor-el “tiro alla funripercor-e” dripercor-ellripercor-e competenze tra Stato, Regione enti locali, in Foro amministrativo, n.12/2003 p. 213 e ss.
23 Berti, Il principio organizzativo, cit. pp. 123 e ss.
24 Giardini, Politica e amministrazione nello Stato fondato sul decentra-mento, Milano, 1981, p. 179.
25 In tema di relazioni tra il concetto di autonomia e quello di sovrani-tà, Romano S., Frammenti cit. p. 16 ss., il quale partendo dalla concezione dello stesso Stato quale persona giuridica, ha ritenuto che nell’orbita della sovranità rimanesse assorbita l’autonomia. In senso contrario, G.Berti, La pubblica amministrazione, cit., p. 61-62.
26 M.S Giannini, Diritto amministrativo, cit., p. 97.
27 M.S.Giannini, Gli elementi degli ordinamenti giuridici, in Riv. Trim. Dir. Pubbl. 1958.
re l’indirizzo seguito dal legislatore statale non pare che quest’ul-timo abbia osservato quanto disposto dal Testo costituzionale. In verità, lo Stato, soprattutto nella legislazione che va dal 1950 ad almeno il 1977 (anno in cui è stato emanato il DPR n.616), si è particolarmente adoperato a conferire agli enti locali minori una sempre più ampia potestà regolamentare che si è man mano concretizzata nel riconoscimento a Comuni e Province di una vasta gamma di attribuzioni28. Ciò ha provocato un equivoco di fondo: si è ritenuto che il solo conferimento di determinate fun-zioni a Comuni e Province bastasse per esprimere quella forma di autonomia locale che pur i padri della Costituente avevano, anni or sono, teorizzato. Il risultato conseguito è stato che, ben presto, le amministrazioni locali (soprattutto quelle più piccole) si sono trovate impreparate ad affrontare tutta una serie di pic-coli e grandi problemi, poichè non fornite di una valida quanto solida struttura organizzativa. Ciò ha, inoltre, influito negativa-mente sulla stessa nozione giuridica di autonomia locale29, la quale ha rappresentato spesso, per studiosi e giuristi, oggetto di difficile interpretazione30.
Infatti, da una parte si poneva la Costituzione che, median-te gli articoli 2,5,114,128, dichiaratamenmedian-te operava a favore di una autonomia locale che fosse essenzialmente indice di autonomia
28 Secondo Giannini, I Comuni, 1965, cit. p. 33-34, il trasferimento di nuove funzioni che il legislatore statale a mano a mano ha riconosciuto agli enti locali minori si è concretizzato poi effettivamente solo sul piano quan-titativo. D’altro canto un pieno rivolgimento dei rapporti tra ordinamento generale ed ordinamenti particolari si potrà ottenere solo a patto che la ri-forma del 2001 stimoli in tempi brevi l’attuazione di riforme costituzionali di ben più ampio respiro.
29 Sul concetto di autonomia si vedano: M.Nigro, Il Governo locale, cit., p. 59; Romano S., voce Autonomia, Frammenti, cit., 1947, p. 14 ss.; Zanobi-ni, Caratteri particolari dell’autonomia, in scritti vari, Milano, 1950; Esposi-to, Autonomia e decentramenEsposi-to, cit. 1954; Berti, La pubblica amministrazio-ne, cit., 1968, pp. 111-112-113-114-115-116-117 con relative note; Giannini, Autonomia pubblica, voce dell’enc. del dir., Milano, 1959, vol. IV°, P. 356.
30 Al riguardo, occorre sottolineare che ormai da tempo si avverte l’esi-genza di una unificazione concettuale del termine autonomia indipendente-mente dall’espressione che si adopera (autonomia normativa, politica, orga-nizzativa, ecc.).
politica; dall’altra, il legislatore statale che, influenzato anche da incomprensibili atteggiamenti di alcuni movimenti politici, coniava, mediante le sue scelte, l’equazione autonomia locale-potere norma-tivo. Questa che potrebbe definirsi in minimi termini una vera e propria contraddizione giuridica, com’è noto, ha provocato per ol-tre 40 anni non poche disfunzioni nel nostro sistema complessivo. La riforma dell’ordinamento delle autonomie locali, prima avvenuta mediante legislazione statale e poi potenziata dalla revisione del Titolo V della Costituzione, che ha riconosciuto a Comuni e Pro-vince la facoltà di dettare le norme fondamentali per la propria organizzazione, appaiono iniziative convincenti per ritenere che il legislatore statale in futuro opererà in favore di una concreta auto-nomia organizzativa degli enti locali in esame evitando, come si è verificato in passato, che s’istauri tra il dato costituzionale e leggi statali una frattura che penalizzerebbe di certo il nuovo ordinamento delle autonomie locali tracciato dalla riforma dell’ottobre del 2001.
3. I principali problemi relativi al ruolo che dovrà assumere