LO STATUTO DEGLI ENTI LOCALI TERRITORIALI COME NUOVA FONTE DEL DIRITTO
9. Il rapporto tra fonte statutaria e fonte regolamentare Il riconoscimento costituzionale del potere regolamentare 100
agli enti locali minori, oltre ad essere una delle novità più signi-ficative caratterizzanti la riforma costituzionale del Titolo V, ri-propone in uno scenario completamente diverso l’interessante rapporto che si viene ad istaurare tra i nuovi regolamenti e la carta statutaria dell’ente, e tra quest’ultimi e le fonti statali e re-gionali. Oramai è noto che la legge costituzionale n.3/2001 po-tenzia notevolmente la potestà regolamentare dei Comuni e Pro-vince ribaltando l’oramai obsoleta tesi secondo la quale tale fon-te fosse limitata alla mera disciplina di soli alcuni oggetti speci-fici quali l’organizzazione e funzionamento delle istituzioni e degli organismi di partecipazione, il funzionamento degli uffici ed or-gani, l’esercizio delle funzioni101.
In altri termini, il disposto costituzionale di cui agli artt. 114, 2°c., 117,6°c. e 118, 1° e 2° c. privilegia considerare questa
po-100 Vastissima è la letteratura in materia, da segnalare: Angiolini Regola-menti degli enti locali ,in Enc. Giur. XXVI, 1991; D’Angelo, Gli statuti a gli altri atti di autonomia normativa degli enti locali, Torino 1991; Fenucci, I Regolamenti di autonomia locale, Milano, 1994; T. Groppi, Autonomia costitu-zionale e potestà regolamentare degli enti locali, Milano, 1994, p.68 e ss; V. Italia, L’interpretazione sistematica degli statuti e dei regolamenti, Milano, 1993; Id, I regolamenti dell’ente locale, Milano, 2000; Vandelli, Ordinamento dell’au-tonomie locali, Rimini, 1991; Zagrebelsky, Il sistema costituzionale, cit. 1990. Di contra cfr. TAR- Lazio, sez II° ordinanza n. 4066/2002.
101 In realtà sia il precedente articolo 5 della legge n.142/90 che il vi-gente art.7 del D.lgs n. 267/2000 confermano il principio, oramai in eviden-te contrasto con gli artt.114, 2°c. e 117, 6°c., secondo cui gli atti regolamen-tari degli enti locali minori sono subordinati alla fonte legge. A tal proposito si cfr. Corte Cost. sent. n. 376/2002; in tema di recente giurisprudenza am-ministrativa si v. C.d.S., parere n. 1794/2002 e l’interessante sentenza n° 450 del 14.02.2005, IV sez.
testà quale fonte capace di pervadere l’intera struttura ammini-strativa e di contribuire a quella forma di autogoverno indispen-sabile per l’effettiva realizzazione dei principi del decentramen-to e di sussidiarietà. Sulla base di tali considerazioni sembra lo-gico affermare che la Carta costituzionale eleva la potestà nor-mativa locale a rango primario, dato che il nuovo rapporto deli-neato con le fonti statali e regionali si definisce attualmente nei soli termini di una netta separazione di competenza. Tralascian-do l’effettiva portata dei regolamenti nell’ambito dell’organizza-zione e delle funzioni non perché non si traggono da essi spunti di estremo interesse102 (soprattutto alla luce della legge n.131/ 2003) ma solo perché svieremo dalla trattazione oggetto di stu-dio, è da annotare che i commi 3 e 4 della ‘articolo 4 della leg-ge “La Loggia” prevedono che i regolamenti degli enti locali devono rispettare le norme statutarie e con una formula alquan-to discutibile sotalquan-tostare alla legislazione statale e regionale “nel-la disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzio-ni”. Passando ad esaminare il primo caso, la legge “La Loggia” del 5 giugno del 2003 nonostante preveda, mediante il c.2 e 4 dell’art. 4, che entrambe le fonti disciplinano l’apparato organiz-zativo e le funzioni dell’ente comunale e provinciale, non confe-risce ad esse un ruolo paritario nell’ambito delle fonti legali.103
Lo statuto comunale e provinciale rappresenta la carta fondamen-tale dell’ente, dalla quale si evincono i principi cardini dell’orga-nizzazione locale e delle rispettive competenze; esso si pone nel sistema delle fonti del diritto quale norma primaria disciplinante l’organizzazione del governo locale, istaurando, altresì, un rappor-to di netta separazione di competenze con altre tipo di fonti primarie (leggi e atti aventi forza di leggi statali, leggi regionali). La creazione, quindi, di un nuovo sistema ordinamentale locale che si oppone a quello centrale e regionale impone, nel suo
inter-102 A. Zucchetti, Commento all’art. 4 della legge n.131/2003, (a cura di V. Italia), Milano 2003, p. 295
103 Soricelli, Lo statuto e il regolamento, cit.2001, 3395 e ss. Cfr. inoltre gli interessanti spunti che si colgono in F. Sorrentino, Le fonti del diritto amministrativo, Padova 2004, 30 e ss.
no, la presenza di un sistema gerarchico di norme, nel quale al-cuni atti (i regolamenti) dettano norme di dettaglio e di sviluppo dei principi statutari. Si configura, così, un sistema normativo nel quale tra gli statuti e i regolamenti104 s’instaura un rapporto di su-premazia dei primi sui secondi. Del resto, che la potestà regola-mentare sia di tipo residuale rispetto alla primaria disciplina dello statuto ci viene anche confermato dall’articolo 4,3°c. della legge n. 131 del 2003 secondo cui le norme regolamentari nella disci-plina dell’organizzazione degli enti locali devono rispettare rigo-rosamente quanto indicano le norme statutarie. L’articolo in esa-me sembra aver colto in pieno la lezione che si evince dal dispo-sto costituzionale di cui agli artt. 114, 2°c. 117, 6°c.; in effetti, esso omettendo il riferimento “ai principi fissati dalla legge “con-ferma il principio della subordinazione del potere regolamentare al solo statuto, privilegiando, così, la tesi secondo la quale even-tuali deroghe al rapporto suddetto debbano trovare specifico fon-damento costituzionale (art.114, 2°c. Cost.).
In un siffatto ordine di considerazioni si é dell’avviso che nel nuovo sistema ordinamentale comunale e provinciale lo sta-tuto rappresenta la piccola “costituzione” atta a delineare le li-nee guida dell’ente, mentre il potere regolamentare disciplina la fase funzionale dell’organizzazione (talvolta anche in via esclusi-va) ma sempre nel rispetto del principio di statutarietà.105 In via conclusiva, di è dell’opinione che quanto riferisce l’articolo 2 e 3 della legge n.131/2003 debba essere inquadrata in una chiave di lettura puramente ricognitiva della disposizione costituzionale (art.114), onde evitare che in futuro potrebbero sollevarsi que-stioni di legittimità costituzionale che investirebbero la legge in esame106.
Diverso e molto complicato resta la problematica relativa alle relazioni che s’istaurano tra regolamenti locali e leggi statali e
104 C.d.S.-V- sent. n° 148 del 25/01/2005.
105 Su questo punto, Soricelli, Lo statuto e il regolamento, cit., p. 2002, p. 3397. Si v. anche, A. Lucarelli, Il fondamento del potere regolamentare dei Comuni, in Quad. cost., 2003, p. 367 e ss.
regionali. In questo caso la legge n.131 del 5 giugno del 2003, mediante l’articolo 4, 4° comma, propone una disposizione che mal si concilia col dettato costituzionale; infatti, si prevede che la disciplina dell’organizzazione, dello svolgimento e della gestione delle funzioni dei Comuni, delle Province e delle Città metro-politane è riservata alla potestà regolamentare dell’ente locale, che ne assicura i requisiti minimi di uniformità, secondo le rispetti-ve competenze, conformemente a quanto previsto dagli articoli 114, 117, 6° c., e 118 della Costituzione. E’ da aggiungere che nel suo complesso il comma in esame oltre a far suscitare seri dubbi di legittimità costituzionale appare in chiara contraddizio-ne con l’espressiocontraddizio-ne di cui al 3° comma dell’articolo 4 secondo cui il limite della potestà regolamentare va individuato solo nel rispetto delle norme statutarie. Resta pacifico che quindi i re-quisiti minimi di uniformità disegnati dalla legislazione statale e regionale non debbono coinvolgere anche l’organizzazione degli enti locali in quanto la Costituzione conferisce ad essa una attri-buzione di carattere generale scevra da puntuali e specifiche previsioni legislative (art.117, 6° comma).107
Alla luce di tali considerazioni sembra escludersi la possibi-lità che i suddetti criteri di uniformità indicati dall’articolo in esa-me della legge n.131/2003 consentono alle leggi statali e regio-nali di incidere in futuro profondamente nella potestà regolamen-tare degli enti territoriali in questione. Dal che consegue che appare difficilmente percorribile la tesi secondo cui ancora esi-stono limiti sostanziali per i regolamenti nella legislazione in vi-gore108 (si pensi al D. lgs 267/2000). Non può non essere ag-giunto che nelle nuove relazioni intercorrenti tra fonti non omo-genee al rigido criterio di gerarchia si è sovrapposto quello di competenza; in altri termini, dal nuovo impianto costituzionale si evince che sarà il regolamento comunale o provinciale a farsi preferire rispetto ad eventuali leggi statali o regionali nella
di-107 Falcon, Le funzioni legislative e regolamentari, in AA.VV., Diritto re-gionale, 2002 p. 170; di contra, R. Tosi, Sui rapporti tra fonti regionali e fonti locali, in Le Regioni, 2002, p. 963 e ss.
sciplina dell’attività organizzativa. Del resto lo stesso articolo 4 3°comma, della legge “La Loggia” indica che i regolamenti co-munali e provinciali derogano oramai i limiti imposti dalla legge(art. 7 del T.U. n.267/2000) per osservare solo le disposi-zioni statutarie.109 In via conclusiva e alla luce di tali considera-zioni è possibile trarre un principio di carattere generale se-condo cui, in virtù del riconoscimento costituzionale, qualsiasi legge statale o regionale che incida nella disciplina dell’organiz-zazione interna e dello svolgimento delle funzioni dell’ente Co-mune o Provincia potrebbe essere investito da una censura d’in-costituzionalità.
109 In questo senso, F. Pizzetti, in AA.VV., cit. 2003 pp 94-95. Su que-sto punto si segnala C.d.S., sez. V, 27/09/2004, n° 6317, in Foro amm.- Cons st., 2004, 2611.