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I limiti all’autonomia statutaria

Nel documento COMUNI, PROVINCE EAUTONOMIA STATUTARIA (pagine 117-121)

L’AUTONOMIA STATUTARIA DEI COMUNI E DELLE PROVINCE

2. I limiti all’autonomia statutaria

Il tema relativo alle competenze degli statuti comunali e provinciali non può dirsi del tutto esaminato se non si trattano i limiti entro i quali tale potestà dovrà incorrere. L’articolo 4, 2°

comma della legge del 5 giugno n.131/2003 espressamente sot-tolinea che gli statuti degli enti in questione dovranno confor-marsi ai seguenti limiti:

a) “in armonia con la Costituzione”

b) “ai principi generali in materia di organizzazione pubblica” c) “nel rispetto delle legislazione statale in materia elettora-le, di organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane”. Quanto al rispetto del primo

limite previsto dal testo legislativo a tal riguardo il giudice del-le del-leggi, con la sentenza n. 304 del 2002, ha fissato un tassello fondamentale ai fini di una concreta individuazione dei limiti nell’ambito dei quali deve svolgersi l’attività statutaria degli enti locali minori11. Infatti, la Consulta, in coerenza con la ratio che ha ispirato la riforma del Titolo V° della Carta fondamentale, ha sottolineato che il limite “in armonia con la Costituzione” deve riferirsi alle scelte di fondo che ispirano il Testo costituzionale e non già in singole e puntuali disposizioni formali che restringe-rebbero di molto l’ambito di discrezionalità del normatore statu-tario. Ne consegue che gli statuti oggetto di studio non possono contenere norme in materia penale, ne tantomeno imporre pre-stazioni personali o patrimoniali, ovvero contrastare il codice ci-vile nella disciplina dei rapporti privati. Ciò ci induce a preferi-re la tesi che il limite ppreferi-redetto vada ricercato nel rispetto so-prattutto materiale del Testo costituzionale che essendo in con-tinua evoluzione non può che ampliare il valore della potestà sta-tutaria secondo quanto stabiliscono i principi e le esigenze di una democrazia pluralistica e solidale. La principale conseguen-za che si evince da quanto riferito risiede nel fatto che anche la Consulta ha colto in pieno la grande portata innovativa dell’arti-colo 114 della Costituzione consistente nel riconoscere i Comu-ni e le Province quali ordinamenti particolari con una propria organizzazione fondamentale e necessaria12. E’ quindi è allo sta-tuto dei Comuni e delle Province, e non già più a fonti prima-rie legislative, il compito di far rispettare i principi di buon an-damento ed imparzialità in materia di organizzazione di cui al-l’articolo 97 del Testo costituzionale. Sulla base di quanto

affer-11 Si v. Olivieri, Sulla permanenza di un ordinamento omogeneo degli enti locali dopo la legge costituzionale n.3/2001, in www.giust.it/articoli/Oli-vieri p. 3 e ss; Miele, La riforma costituzionale del Titolo V° della seconda parte della Costituzione: gli effetti sull’ordinamento, in www.giust.it/articoli/ Miele p. 15 e ss. Inoltre, S.Grassi, Gli statuti tra armonia e continuità nella Costituzione, in federalismi.it, Editoriale n.2/2004.

12 Cfr. Berti, Il principio organizzativo, cit. p. 26 e ss.; Amorth, La Co-stituzione come norma giuridica, Milano, 1951, p. 26; Mortati, La Costitu-zione in senso materiale, Milano, 1940, p.181 e ss.

mato, a questo punto, è più semplice anche chiarire cosa s’in-tenda col discusso disposto “armonia con i principi generali in materia di organizzazione pubblica” di cui ai sensi dell’articolo 4, 2° c., della legge n.131/2003 che ha suscitato, tra gli autori, non poche perplessità.13 Si è dell’opinione che il limite suddetto che ha anche valore di principio sostanziale e che rappresenta il terreno fertile sul quale si delinea finalmente quel rapporto pri-vilegiato e diretto del fenomeno organizzazione con la Costitu-zione, vada ricercato nei principi contenuti dagli articoli 97 e 98 della Costituzione (si pensi al principio di legalità o di buon andamento ovvero alle limitazioni del diritto di iscriversi ai par-titi politici per determinate categorie). D’altro canto sarebbe im-pensabile che il concreto sviluppo dell’autonomia statutaria con-ferita agli enti locali minori dal riformato Testo costituzionale ri-sulterebbe essere disgiunto dalla realizzazione di principi quali quelli dell’efficienza e dell’imparzialità. La disposizione contenu-ta nel 2° comma dell’articolo 4 della legge “La Loggia”, quindi esprime un vincolo costituzionale di portata generale che non può condizionare minimamente l’attività organizzativa dell’ente locale se non imporle un modello strutturale che sia garante della le-galità dell’amministrazione.

In tale contesto di idee l’esercizio della potestà statutaria che è tipica ed originaria espressione dell’autonomia degli enti locali in esame disciplina la struttura organizzativa e il suo na-turale funzionamento avendo quali limiti il solo rispetto dei prin-cipi di fondo che ispirano il Testo costituzionale. Ciò ci induce a preferire la tesi secondo cui il legislatore costituzionale ha optato per un nuovo quadro costituzionale delle autonomie14, che si sostanzia nella pari dignità politica e costituzionale dei Comu-ni, delle Province e delle Regioni.La principale conseguenza di questo nuovo stato di cose che limita di fatto l’attività del legi-slatore statale è che i futuri statuti comunali e provinciali

deb-13 Tra gli altri, Cavleri P.- Lamarque E. (a cura di), L’attuazione del nuovo Titolo V°-commento alla legge “La Loggia, 2004.

14 In tempi lontani e non sospetti, Esposito, Autonomie e decentramen-to, cit., p. 73 e ss.

bano tassativamente disciplinare la forma di governo e le relati-ve funzioni fondamentali sulla falsariga dell’articolo 123 della Co-stituzione, pena sconfessare principi impressi nel tessuto costi-tuzionale (artt. 5, 97, 98 e 114, 2c. Cost.) quali “l’autorganizza-zione” degli enti locali e “l’amministrativizza“l’autorganizza-zione” della legge statale.15 In altri termini, il ruolo dello statuto si colloca nel nuovo disegno costituzionale non solo quale fonte normativa differen-ziata, ma bensì strumento capace di istaurare un più organico e funzionale rapporto con i diversi livelli di governo statale e re-gionale16. In questo quadro di riferimento, le specifiche e tassa-tive attribuzioni di funzioni e compiti imposte dal legislatore sta-tale in materia di legislazione elettorale, di organi di governo e funzioni fondamentali degli enti locali disciplinati dall’articolo 4 della legge n.131/2003, nonché dall’articolo 6 del T.U. degli enti locali n.267/2000, mal si conciliano con l’autonomia statutaria comunale e provinciale oramai garantita dalla stessa Carta costi-tuzionale (per esempio sarebbe ora che lo status degli ammini-stratori locali o le modalità di nomina o revoca dei membri del-la giunta diventasse materia di discplina statutaria). Ecco perché si è dell’opinione che nel prossimo futuro si attende dal norma-tore statutario, proprio in virtù della “riserva statutaria” prevista dalla Costituzione, un impegno preciso volto alla valorizzazione dei principi del decentramento e della sussidiarietà dell’attività amministrativa17; il ché implica, come è già stato accennato in precedenza, da una parte, ad un sicuro depauperamento dell’at-to-legge nella disciplina dei rapporti tra centro e periferia, dal-l’altra, ad un naturale e necessario potenziamento dell’autogover-no nelle diverse realtà locali18. D’altro canto sembra proprio

15 AA.VV., Il nuovo ordinamento, (a cura di Piraino), cit.2003, p. 287. 16 Soricelli, Lo statuto e il regolamento come fonti riservatarie del nuo-vo diritto locale tra “snuo-volte apparenti” e conferme costituzionali, in Foro amm., n. 12, 2001, p. 3384.

17 Rolla-Groppi, L’ordinamento dei Comuni e delle Province, Milano, 2° ed., 2000,118 e ss.

18 Cfr. Olivieri, Prime riflessioni sulle influenze della riforma costituzio-nale sull’ordinamento degli enti locali, in www.giust.it, n.11-2001, pp. 1-11. G. Sala, Sui caratteri dell’amministrazione comunale e provinciale dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, in Le Regioni, 2004, p. 38 e ss.

questo il reale senso della costituzionalizzazione degli statuti in parola: essi, ai sensi dell’articolo 114 della Costituzione, rappre-sentano la Carta fondamentale dell’ordinamento locale; la sede naturale nella quale si programmano le scelte fondamentali del-l’ente. Ne consegue che nulla vieta allo statuto di definire prin-cipi e regole che contribuiranno alla sostanziale trasformazione dell’amministrazione19 nel modo più efficiente, poiché i vincoli imposti dal legislatore costituzionale funzionano non già quali limiti alla libera attività statutaria, bensì come “cornice” che si frappone alle eventuali influenze del legislatore statale nella di-sciplina in esame20.

Nel documento COMUNI, PROVINCE EAUTONOMIA STATUTARIA (pagine 117-121)

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