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Alcmane e un riferimento a Corinna

3. I POETI “CANONICI” E LASO DI ERMIONE

3.1 Alcmane e un riferimento a Corinna

Il caso di Alcmane (23.) esemplifica bene quanto si è detto su testimonianze e citazioni nel

De Musica. Per quel che riguarda le testimonianze, si tratta essenzialmente di informazioni in

merito alle innovazioni ritmiche – come in Mus. 12, 1135c – e a quelle più propriamente musicali.

Mus. 12, 1135c = Alcman T 21 Campbell (II p. 352)

καὶ γὰρ οὗτοι κατά γε τὰς ῥυθμοποιίας καινοί, οὐκ ἐκβαίνοντες μέν<τοι> τοῦ καλοῦ τύπου. ἔστι δὲ <καί> τις Ἀλκμανικὴ καινοτομία καὶ Στησιχόρειος, καὶ αὗται οὐκ ἀφεστῶσαι τοῦ καλοῦ. Costoro (Taleta e Sacada), pur introducendo delle novità, non si allontanarono dalla nobiltà di stile. Ci furono anche le innovazioni di Alcmane e di Stesicoro, ma anch’esse non abbandonarono il carattere nobile.

Ercoles fa notare che l’asserzione è molto generica e non è possibile rilevare dei dati che ci permettano di capire nel dettaglio quali siano state queste innovazioni406. Lasserre ipotizza che il riferimento del trattatista fosse all’introduzione di ritmi non esametrici: del resto, la maggior parte dei versi di Alcmane a noi pervenuta è caratterizzata da dimetri e trimetri trocaici, o da tetrametri dattilici407.

Una seconda testimonianza, che riguarda più nello specifico l’aspetto musicale, proviene da Platone, il quale sapeva che da Alcmane furono composti molti parteni, in armonia dorica, ma anche in questo caso non ci è dato sapere di più.

Mus. 17, 1136f = Alcman T 15 Campbell (II p. 348)

οὐκ ἠγνόει δ'ὅτι πολλὰ Δώρια Παρθένεια [ἄλλα]408 Ἀλκμᾶνι καὶ Πινδάρῳ καὶ Σιμωνίδῃ καὶ Βακχυλίδῃ πεποίηται, ἀλλὰ μὴν καὶ ὅτι προσόδια καὶ παιᾶνες.

(Platone) sapeva che molti partenii furono composti da Alcmane, Pindaro, Bacchilide nell’harmonia dorica, nonché canti processionali e peani.

Le citazioni di Alcmane all’interno del trattato sono due. Una è al capitolo 5, dove il lirico funge da fonte per testimoniare, insieme a Pindaro, l’esistenza di Polimnesto:

Mus. 5, 1133a = Alcman PMGF 145 = fr. 225 Calame

τοῦ δὲ Πολυμνήστου καὶ Πίνδαρος (fr. 188 Sn.-M.) καὶ Ἀλκμὰν οἱ τῶν μελῶν ποιηταὶ ἐμνημόνευσαν.

Anche Pindaro e Alcmane, poeti di canti lirici, menzionarono Polimnesto409.

Weil e Reinach consideravano questo dato molto importante, poiché ritenevano che la menzione di Polimnesto da parte di Alcmane consentisse di abbassare sensibilmente la datazione di quest’ultimo, che già molti antichi facevano risalire ad un periodo alto nel VII sec. a.C. Dall’edizione critica di Ziegler si evince che Müller, invece, ha espunto il nome

406 Ercoles 2009b, 163. 407

Lasserre 1954, 162.

408 [ἄλλα] è espunto da Burette.

409 Ballerio traduce più liberamente “Polimnesto è menzionato anche dai poeti lirici Pindaro e Alcmane”. In

questa sede ho preferito una traduzione più fedele alla struttura grammaticale.

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Ἀλκμὰν, sostituendolo con la congettura Ἀλκαῖος410

. In realtà, la menzione di Polimnesto di Colofone da parte di Alcmane non induce necessariamente a ritenere che quest’ultimo sia vissuto dopo Polimnesto. I due poeti potrebbero essere stati pressappoco contemporanei, dal momento che Polimnesto è considerato uno degli esponenti della seconda katastasis musicale che, come abbiamo avuto modo di vedere, si è sviluppata verso la fine della prima metà del VII sec. a.C.

La seconda e ultima citazione di Alcmane, invece, riguarda il dio Apollo:

Mus. 14, 1136b = Alcman PMGF 51 = fr. 219 Calame

ἄλλοι δὲ καὶ αὐτὸν τὸν θεόν φασιν αὐλῆσαι, καθάπερ ἱστορεῖ ὁ ἄριστος μελῶν ποιητὴς Ἀλκμάν. Altri affermano che il dio stesso suonò l’aulo, come racconta Alcmane, il migliore dei poeti lirici.

Questa affermazione, in realtà, è solo la parte conclusiva di un tema più ampio: si tratta del capitolo 14, che coincide con la sezione iniziale del discorso di Soterico, il secondo interlocutore del dialogo.

Mus. 14, 1135e-f ὑπομνήσω δὲ τοῦθ' ὅτι τοῖς ἀναγεγραμμένοις μόνον κατακολουθήσας πεποίηται τὴν δεῖξιν. ἡμεῖς δ' οὐκ ἄνθρωπόν τινα παρελάβομεν εὑρετὴν τῶν τῆς μουσικῆς ἀγαθῶν, ἀλλὰ τὸν πάσαις ταῖς ἀρεταῖς κεκοσμημένον θεὸν Ἀπόλλωνα. οὐ[τε] γὰρ Μαρσύου ἢ Ὀλύμπου ἢ Ὑάγνιδος, ὥς τινες οἴονται, εὕρημα ὁ αὐλός, μόνη δὲ κιθάρα Ἀπόλλωνος, ἀλλὰ καὶ αὐλητικῆς καὶ κιθαριστικῆς εὑρετὴς ὁ θεός.

Tuttavia voglio ricordarvi che egli (Lisia) nella sua esposizione si è attenuto soltanto alle testimonianze scritte, mentre la tradizione insegna che non un uomo fu lo scopritore dei doni benefici della musica, ma Apollo, la divinità dotata di ogni perfezione. Non è vero che soltanto la cetra appartiene ad Apollo, come alcuni pensano attribuendo l’invenzione dell’aulo a Marsia, Olimpo o Iagni: Apollo è lo scopritore di entrambe le arti, sia quella di suonare l’aulo sia quella di suonare la cetra.

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Ziegler-Pohlenz 19663, 5. Si potrebbe ipotizzare, forse, che la scelta di questo critico fosse legata proprio a questioni cronologiche, dal momento che Alceo è vissuto sicuramente successivamente, anche se di poco, a Polimnesto. Ad ogni modo, questa resta una proposta isolata. Nessuno studioso ha attribuito ad Alceo un frammento in cui sia menzionato Polimnesto.

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La sezione iniziale del capitolo introduce una tradizione orale, alternativa alle testimonianze scritte proposte da Lisia nella prima parte del dialogo (Mus. 5, 1132f), secondo la quale il dio Apollo sarebbe stato lo scopritore, oltre che dell’arte citaristica, anche di quella auletica411.

Per sostenere questa tradizione alternativa, lo Pseudo-Plutarco, nella seconda parte del capitolo, menziona, da un lato, alcune testimonianze che attestavano l’utilizzo dell’aulo durante alcune cerimonie rituali in onore del dio, e, dall’altro, una testimonianza iconografica, ossia una statua di Apollo Delio che, secondo la descrizione proposta nel trattato, aveva nella mano destra l’arco e nella sinistra le Cariti provviste ognuna di uno strumento musicale: una la lira, un’altra la syrinx e un’altra ancora gli auli.

Mus. 14, 1136a καὶ ἡ ἐν Δήλῳ δὲ τοῦ ἀγάλματος αὐτοῦ ἀφίδρυσις ἔχει ἐν μὲν τῇ δεξιᾷ τόξον, ἐν δὲ τῇ ἀριστερᾷ Χάριτας, τῶν τῆς μουσικῆς ὀργάνων ἑκάστην τι ἔχουσαν· ἡ μὲν γὰρ λύραν κρατεῖ, ἡ δ' αὐλούς, ἡ δ' ἐν μέσῳ προσκειμένην ἔχει τῷ στόματι σύριγγα· ὅτι δ' οὗτος οὐκ ἐμὸς ὁ λόγος (Eurip. fr. 484 Kannicht) *** Ἀντικλείδης <ἐν τοῖς Δηλιακοῖς> (FGrH 334 F 52) καὶ Ἴστρος ἐν ταῖς Ἐπιφανείαις (FGrH 140 F 14) περὶ τούτων ἀφηγήσαντο.

Anche la statua di Apollo eretta a Delo ha nella mano destra l’arco e nella sinistra le Grazie, ciascuna con uno strumento musicale: una tiene la lira, l’altra gli auli e quella che sta in mezzo ha alla bocca la syrinx. Il fatto che questa non sia una storia inventata da me, è dimostrato da quanto affermano sull’argomento Anticlide e Istro nelle Epifanie.

Partendo da un problema relativo al modo in cui questa statua è descritta da varie fonti412, Manuela Giordano ha analizzato il capitolo, incentrando l’attenzione sul rapporto del dio Apollo con i vari strumenti, quale emerge dalla tradizione letteraria413. Le osservazioni della studiosa sono interessanti e offrono uno spunto di riflessione anche per l’individuazione della fonte impiegata per questo capitolo.

411 La traduzione di Ballerio, peraltro piuttosto libera, segue l’edizione critica di Ziegler, che corregge le lezioni

dei codici in due luoghi: la prima è οὔτε che lo studioso sostituisce con la congettura οὐ; la seconda è οὐ μόνη δὲ κιθάρα, alla quale egli preferisce la congettura di Weil e Reinach, che espungono la negazione οὐ. A favore della lezione dei codici è, invece, Conti Bizzarro il quale preferisce mantenere intatto il testo (οὔτε γὰρ Μαρσύου ἢ Ὀλύμπου ἢ Ὑάγνιδος, ὥς τινες οἴονται, εὕρημα ὁ αὐλός, οὐ μόνη δὲ κιθάρα Ἀπόλλωνος, ἀλλὰ καὶ αὐλητικῆς καὶ κιθαριστικῆς εὑρετὴς ὁ θεός) individuando da parte dello Pseudo-Plutarco una volontà di ribadire che Apollo non inventò la sola cetra, ma l’aulo e la cetra a un tempo, per mezzo della correlazione tra οὔτε e οὐ, che darebbe un forte rilievo al secondo membro della frase (cf. Conti Bizzarro 1994, 260).

412 Tra queste ricordiamo Paus. 3, 23, 2-5. 413 Giordano 2011, 59-71.

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Prima di tutto, Giordano ha messo in evidenza il fatto che la descrizione della statua fatta dallo Pseudo-Plutarco è difforme rispetto ad altre pervenuteci per mezzo di fonti diverse, che non attestano la presenza di strumenti musicali nelle mani delle Cariti, eccezion fatta per una tessera plumbea di età tardo-ellenistica. Quest’ultimo dato ha indotto alcuni studiosi a ipotizzare un successivo intervento integrativo di età tardo-ellenistica, che avrebbe coinvolto proprio il gruppo delle Cariti414. Del resto, lo stesso Pseudo-Plutarco menziona come fonti di riferimento due autori del periodo tardo-classico ed ellenistico: Anticlide, di IV sec. a.C., e Istro, di III sec. a.C., autore delle Epifanie di Apollo.

Giordano, dopo avere analizzato prima il legame di Apollo con la lira e con l’arco e poi quello con il dio Pan e con la syrinx, si concentra su quello con il dio Dioniso e con l’aulo, definendo “decisamente sincretistico” l’assorbimento di questo strumento nella sfera di Apollo. L’aulo, infatti, è tradizionalmente considerato estraneo non solo agli ambienti apollinei ma addirittura agli ambienti greci, ed è avversario per eccellenza della lira, considerata invece di ambiente greco415.

Subito dopo, la studiosa distingue due fasi della tradizione e della genealogia relative all’aulo: una prima fase risalente al VI sec. a.C., da lei definita “eroico-leggendaria”, per la quale gli inventori dello strumento e dell’arte auletica sarebbero Iagni o Marsia oppure Olimpo416. Una seconda fase risalente, invece, al V sec. a.C. nella quale l’invenzione della tradizione si sposta dal mondo eroico-leggendario a quello degli dèi417.

A tal proposito, Giordano, da un lato, ribadisce un dato ben noto, e cioè che la divinità collegata per eccellenza all’aulo è Dioniso, che è il dio dei satiri come Marsia e, inoltre, è il dio straniero per antonomasia, legato alla sfera estatico-orgiastica. Dall’altro lato, invece, la studiosa ritiene che il De Musica si faccia portavoce della tendenza a fare di Apollo il protos

heuretès in tutti i campi della musica, una tendenza che sarebbe emersa già a partire dal IV

sec. a.C.418 Ciò rende plausibile, come del resto ipotizzavano già Weil e Reinach, che la fonte di questo passo fosse un autore di epoca alessandrina419.

In questo contesto, la menzione di Alcmane ha una sua specifica funzione, resa esplicita dall’aggettivo ἄριστος legato al nome del poeta: lo scopo è evidentemente quello di avvalorare la tradizione orale proposta da Soterico. Inoltre, l’espressione ὁ ἄριστος μελῶν

414 Micheli 1995, 14 e Giordano 2011, 60-61. 415 Giordano 2011, 66. 416 Cf. Mus. 5, 1132f. 417 Giordano 2011, 66-68. 418 Giordano 2011, 69. 419 Weil-Reinach 1900, XX. 141

ποιητής, legata al nome di Alcmane – e non al nome di Pindaro, come ci si aspetterebbe – potrebbe indurre a ritenere che, in questo caso, il significato dell’aggettivo ἄριστος si accosti al concetto di “antico”: probabilmente, il fatto che Alcmane sia il più antico dei poeti lirici canonici ha determinato, come conseguenza, che gli venisse attribuita da parte del trattatista – o da parte della fonte da lui consultata – anche la qualità di aristos.

Per integrare l’informazione sull’attività auletica del dio Apollo, ricavata da Alcmane, lo Pseudo-Plutarco riporta anche una notizia attribuita a Corinna (24.) secondo la quale il dio imparò da Atena a suonare l’aulo:

Mus. 14, 1136b = Corinna PMG 668

ἡ δὲ Κόριννα καὶ διδαχθῆναί φησι τὸν Ἀπόλλω ὑπ' Ἀθηνᾶς αὐλεῖν. Corinna riferisce che Apollo imparò da Atena a suonare l’aulo.

Putroppo, nulla di più è possibile ricavare sul conto di Corinna. Possiamo limitarci a segnalare che la notizia attribuita alla poetessa è diverge dalla più diffusa tradizione secondo la quale Atena avrebbe rifiutato l’aulo420.