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L’origine dei nomoi

2. LE ORIGINI STORICHE DELLA LIRICA

2.2 I generi di Terpandro

2.2.1 L’origine dei nomoi

In un paragrafo su Olimpo (1.2.3) abbiamo affrontato la questione della concettualizzazione e della canonizzazione teorica del genere del nomos. Con Terpandro si prospetta, adesso, una nuova riflessione sulla nascita di questo genere, così come ci è

presentata dallo Pseudo-Plutarco, a prescindere dal contesto e dal periodo storico in cui è stata coniata la sua denominazione.

Tale argomento va di pari passo con la riflessione sulle orgini della citarodia e dell’aulodia. Per tanto, è opportuno fare qualche considerazione in merito, come abbiamo fatto per le origini mitiche della citarodia e dell’aulodia228.

Nel capitolo 4 si afferma che i nomoi citarodici nacquero prima di quelli aulodici, ai tempi di Terpandro. Poco dopo, nel riportare la tradizione alternativa sull’anteriorità della nascita dell’aulodia, lo Pseudo-Plutarco afferma che prima di Orfeo esistevano solo οἱ τῶν αὐλῳδικῶν ποιηταί. Ballerio traduce, in modo generico (e certamente prudente), “compositori di canti accompagnati dall’aulo”, traduzione, questa, che non è assolutamente errata. Ad ogni modo, mi sentirei, se non di inserire in traduzione, almeno di intendere tale espressione nel senso di compositori di nomoi aulodici 229, dal momento che in questi capitoli si sta parlando proprio di nomoi, e poche righe dopo nel testo è menzionato Clona in qualità di ὁ τῶν αὐλῳδικῶν νόμων ποιητής.

Come già detto, però, è impossibile rintracciare una sistematicità in questo discorso. Dobbiamo, dunque, limitarci ad annotare le varie tradizioni tenute in considerazione dal trattatista.

La prima risale, almeno in parte, ad Eraclide ed afferma esplicitamente la precedenza dell’invenzione del nomos citarodico su quello aulodico, così come era stata affermata l’anteriorità della citarodia sull’aulodia (capitoli 3-4). La seconda, risalente quasi sicuramente a Glauco di Reggio, suffraga, se non certamente, almeno probabilmente, l’anteriorità dei

nomoi aulodici (o comunque dell’aulodia) rispetto a quelli citarodici: tutto dipende, appunto,

da come si interpreta l’espressione οἱ τῶν αὐλῳδικῶν ποιηταί.

Per quel che riguarda i passi relativi alle origini del nomos citarodico (capitoli 3-4, 1131f- 1132e), nel testo greco che ho riportato, l’espressione οἱ δὲ τῆς κιθαρῳδίας νόμοι πρότερον <οὐ> πολλῷ χρόνῳ τῶν αὐλῳδικῶν κατεστάθησαν ἐπὶ Τερπάνδρου presenta l’integrazione <οὐ>, che è stata proposta da Weil e Reinach. Ballerio, sulla scorta di Barker, nella sua traduzione sceglie di non tenerne conto.

Tale integrazione è uno dei tentativi, a tratti estremi, di trovare una coerenza logica nel discorso pseudo-plutarcheo sulle origini dei nomoi, che ha addirittura spinto Weil e Reinach a spostare, anticipando o posticipando, notevoli porzioni di testo. Il loro intervento è motivato nel seguente modo: “La correction <οὐ> πολλῷ χρόνῳ s’impose en présence du §52 où il est

228 Cf. il capitolo 1 di questo lavoro.

229Bergk proponeva la congettura αὐλητικῶν νόμων al posto di αὐλῳδικῶν.

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dit de Clonas (créateur des nomes aulodiques) ὁ ὀλίγῳ ὕστερον Τερπάνδρου γενόμενος: l’emploi de l’article ὁ prouve que dans un passage antérieur Plutarque avait déjà indiqué cet ordre de succession. La prétendue contradiction dont les critiques ont fait un reproche à Plutarque n’est donc que le fait d’un copiste négligent”.

L’integrazione <οὐ> non è da rifiutare a priori, perché è possibile che un copista, magari ad un livello cronologico alto, e cioè in un manoscritto precedente all’archetipo a noi giunto, abbia omesso per errore la negazione 230. Non convince, però, il modo in cui tale integrazione è motivata dai due studiosi, in quanto l’articolo ὁ dell’espressione ὁ ὀλίγῳ ὕστερον Τερπάνδρου γενόμενος non prova necessariamente un richiamo ad un passo precedente del testo, in cui Clona era già stato menzionato in relazione a Terpandro.

Del resto, questa espressione si trova nel capitolo 5, la cui fonte (diretta o indiretta che sia), come abbiamo avuto modo di verificare, è Glauco di Reggio. Quanto affermato all’inizio del capitolo 4 potrebbe provenire da una fonte differente, tanto dal pensiero di Glauco quanto da quello di Eraclide231: mi spinge a crederlo il fatto che in questo capitolo sono ripetuti concetti molto simili a quelli espressi alla fine del capitolo 3 e, inoltre, il fatto che, mentre in questo capitolo vige ancora il discorso indiretto, con i verbi di dire (λέγει, ἔφη) riferiti ad Eraclide seguiti da infiniti, nel capitolo 4 non si riscontra più questa costruzione:

Mus. 3, 1132c = Terpander T 18 Campbell (II p. 308)

Infatti, come riferisce Eraclide, Terpandro, poeta di nomoi citarodici, applicava ai suoi esametri e a quelli di Omero la musica appropriata a ciascun nomos e li cantava agli agoni; Eraclide afferma che costui fu il primo a dare ai nomoi citarodici la loro denominazione. Come Terpandro, Clona, il primo compositore di nomoi aulodici e canti processionali, fu autore di versi epici ed elegiaci; anche Polimnesto di Colofone, che visse in un periodo successivo a quello di Clona, impiegò le stesse forme poetiche.

Mus. 4, 1132d = Terpander T 19 Campbell (II p. 308)

I nomoi usati da costoro, nobile Onesicrate, erano aulodici: Apothetos, Elegoi, Komarchios, Schoinion, Kedeios, Trimeles. Più tardi furono inventati anche i cosiddetti Polymnastia. I nomoi citarodici furono stabiliti molto prima di quelli aulodici, all’epoca di Terpandro. Costui fu il

230 Nell’introduzione al testo pseudo-plutarcheo Weil e Reinach spiegano che la negazione οὐ potrebbe essere

stata omessa a causa della presenza del precedente πρότερον, perché ον e ου si possono facilmente confondere in minuscola. Cf. Weil-Reinach 1900, XXXV.

231

Ho spiegato precedentemente che, anche se si volesse considerare la Synagogè eraclidea la principale opera di riferimento per i primi dieci capitoli, dovremmo tenere sempre presente che il trattatista aveva davanti anche altre fonti al momento della stesura del trattato e che, del resto, lo stesso Eraclide, nella sua opera, quasi sicuramente riportava anche il pensiero di altri autori.

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primo a dare il nome ai nomoi citaredici, chiamandoli Beotico ed Eolico, Trochaios e Oxỳs, Kepion e Terpandreios e inoltre Tetraoidios. Da Terpandro furono compoti anche proemi citarodici in versi epici.

In definitiva, anche io mi sentirei di affermare, per coerenza logica, che, stando a questa fonte, i nomoi citarodici non nacquero molto prima di quelli aulodici, perché effettivamente la distanza cronologica che separa Terpandro e Clona non è ampia. Tuttavia, non si può essere del tutto certi che ciò fosse affermato anche all’inizio del capitolo 4: il De Musica ha una natura compilativa, e al suo interno non dobbiamo ricercare una coerenza di pensiero a tutti i costi, intervenendo, a volte in modo massiccio e arbitrario, sulla forma del testo.

Andiamo avanti con l’analisi del testo. In calce al capitolo 5 (1133b) lo Pseudo-Plutarco riporta anche la testimonianza di alcuni (τινὲς δέ) che individuavano in Filammone di Delfi l’autore antico di alcuni nomoi attribuiti a Terpandro. Si tratta, a quanto pare, di una anticipazione delle origini del nomos ad un’epoca mitica. Lo stesso discorso vale, credo, per l’attribuzione dei nomoi auletici ad un personaggio come Olimpo.

È ovvio che non si può dare un reale valore storico ad un’attribuzione del genere, dal momento che, come abbiamo avuto modo di verificare, Olimpo e Filammone, sono figure mitiche; tuttavia, mi sembra che sia almeno possibile affermare che le fonti dello Pseudo- Plutarco guardavano al genere del nomos come a qualcosa di molto antico.

Non è nemmeno consigliabile individuare in Terpandro il compositore effettivo di tutti i

nomoi a lui attribuiti, cosa che, del resto, emerge dalla lettura di due passi contigui del De Musica232. Infatti, come ha notato Power, nel primo dei due passi Terpandro sembra essere a tutti gli effetti il “compositore” (ποιητής) di nomoi citarodici, mentre nel secondo si usa una maggiore cautela nell’attribuirgliene la paternità. La plausibile conclusione cui giunge lo studioso è la seguente: “These nomoi did not exist as the closed-off, totalized creations of one individual author. Rather, they functioned more like open-ended structures that, despite the totalized regulation suggested by their name, allowed citharodes considerable leeway in their choice of texts to be sung as well as some room for improvisation and elaboration within the traditional musical guidelines” 233.

232 Mus. 3, 1132c = Heracl. Pont. fr. 157 Wehrli., Mus. 4, 1132d. 233 Power 2010, 226.

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