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La musica di Stesicoro

3. I POETI “CANONICI” E LASO DI ERMIONE

3.3 Stesicoro

3.3.2 La musica di Stesicoro

Il secondo dei tre capitoli in cui si fa menzione di Stesicoro è una fonte molto preziosa per le informazioni veicolate riguardo al tipo di musica praticato dall’Imerese. Si tratta di Mus. 7, 1133f, la cui fonte dichiarata è la Συγγραφὴ ὑπὲρ τῶν ἀρχαίων ποιητῶν di Glauco di Reggio (fr. 2 Lanata):

Mus. 7, 1133f = Stesichorus Tb20 Ercoles

Στησίχορος ὁ Ἱμεραῖος οὔτ' Ὀρφέα οὔτε Τέρπανδρον οὔτ' Ἀρχίλοχον οὔτε Θαλήταν ἐμιμήσατο, ἀλλ' Ὄλυμπον, χρησάμενος τῷ Ἁρματείῳ νόμῳ καὶ τῷ κατὰ δάκτυλον εἴδει.

Stesicoro l’Imerese non imitò né Orfeo, né Terpandro, né Archiloco, né Taleta, ma Olimpo, impiegando il nomos Harmatios e il ritmo dattilico.

Il passo, ad una prima lettura, risulta piuttosto generico, ma offre due interessanti spunti di riflessione, il primo legato ad un aspetto tecnico-musicale e il secondo, con tutta probabilità, ad un aspetto metrico-ritmico.

Il primo spunto di riflessione scaturisce da un’affermazione quasi spiazzante: si legge, infatti, che il modello dal quale Stesicoro mutuò il suo modo di fare musica non fu nessuno dei citarodi a noi noti, bensì l’auleta Olimpo, dal quale egli riprese, nello specifico, il nomos

Harmatios. Di questa composizione abbiamo già avuto modo di parlare nel paragrafo relativo

ai nomoi di Olimpo458, nel quale si è detto che West, sulla base di due testimonianze attestate in uno scolio ad Euripide (schol. Eur. Or. 1384)459, tentava di dimostrare, probabilmente con ragione, che il nomos Harmatios era una composizione sia auletica che citarodica in stile frigio, caratterizzata da una tonalità piuttosto acuta e che si poteva identificare, dunque, con il

nomos di Atena. Ercoles ha avanzato l’ipotesi che, dal momento che la versione originaria di

tale nomos era auletica, Stesicoro sia stato il primo, o comunque uno dei primi, ad averne adattato la melodia alla cetra460.

458 Cf. § 1.2.3. 459Ἀρμάτειον μέλος· […]οἱ δὲ ἁρμάτειον τὸ σύντονον, ἐπεὶ συντόνῳ φωνῇ κέχρηται. ἄλλως· νόμον Ἀθηνᾶς. 460 Ercoles 2013, 549. 153

A tal proposito, è interessante la ricostruzione, ad opera di Barker, dell’ipotetico nucleo della struttura scalare utilizzata da Stesicoro. Il merito dello studioso, infatti, consiste nell’avere ricavato tale struttura da un’analogia con le scale attribuite ad Olimpo e descritte più o meno dettagliatamente all’interno del trattato, e nell’averla, poi, confrontata con il tipo di scala introdotto da Terpandro, di modo da metterne in luce le differenze461.

Il primo passo di Barker è stato quello di enucleare la scala di base dalla quale si sono sviluppate tutte le scale attribuite ad Olimpo462 attraverso il paragone tra le loro strutture. Il risultato cui Barker approda è una scala, da lui considerata una “unità indissolubile”, che copre una quinta giusta e quindi un intervallo che, convenzionalmente, va dal SI al MI e che comprende le seguenti note, SI-LA-FA-MI463, con l’assenza, quindi, della nota intermedia (SOL).

A ben vedere, si tratta di una struttura in genere protoenarmonico che presenta un intervallo di un ditono LA-FA e un intervallo di un semitono indiviso FA-MI che non è altro se non la forma germinale dei due quarti di tono caratteristici del genere enarmonico (FA- MI+-MI); l’intervallo all’acuto SI-LA, invece, è il tono di disgiunzione che funge da ponte tra due tetracordi che generalmente formano una scala. Dalla forma di base, che restava invariata, infatti, potevano essere composte scale che presentavano delle sensibili variazioni, soprattutto all’acuto, come lo Spondeiasmòs che aggiungeva alla quinta giusta un intervallo all’acuto di tre quarti di tono (DO+-SI-LA-FA-MI), oppure le melodie frigie che presentavano il semitono inferiore diviso in due quarti di tono e al di sopra della quinta giusta aggiungevano un intevallo (RE-DO-SI-LA-FA-MI+-MI).

A quale di queste varianti possa essere accostata l’ipotetica forma scalare adoperata da Stesicoro lo lascia intuire lo stesso Barker, sempre sulla base dell’affermazione di Glauco: se, infatti, è vero che Stesicoro prese come modello il nomos Harmatios di Olimpo, e se è vero che questo nomos equivale al nomos di Atena la cui caratteristica essenziale, stando a quanto è detto all’interno del trattato, era l’armonia frigia, allora è possibile supporre che anche Stesicoro utilizzasse una forma scalare basata su tale armonia. Ad ogni modo, le caratteristiche certe che si possono individuare sono la struttura enarmonica del tetracordo (e

461 Barker 2001, 11-18.

462 Mi riferisco in particolare allo Spondeion e al relativo Spondeiasmòs (Mus. 11, 1134f-1135c) e, inoltre, alla

scala di tipo frigio (Mus. 19, 1137c).

463 Si ricorda che per descrivere le scale musicali, gli antichi greci partivano dalla nota più acuta per arrivare a

quella più grave. In questa sede è adoperato questo tipo di lettura e perciò il SI ed il MI sono rispettivamente la nota più acuta e la nota più grave della quinta giusta qui riportata.

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quindi la presenza di una terza maggiore, LA-FA, e di due intervalli da un quarto di tono ognuno, FA-MI+-MI) e una certa instabilità strutturale della porzione acuta della scala.

Il sistema terpandreo è diverso perché, come è stato già illustrato nella sezione pertinente al citarodo di Lesbo, il suo nucleo è un tetracordo di tipo diatonico (LA-SOL-FA-MI)464 o al massimo cromatico, se si considera la sua variante (SOL-FA#-FA-MI); inoltre, la scala copre un’ottava intera (MI-RE-DO-LA-SOL-FA-MI) e la struttura della parte acuta (MI-RE-DO) è ben più stabile rispetto a quella di Olimpo e Stesicoro.

In questo sistema terpandreo manca la nota che risulta essere l’elemento essenziale per l’esistenza della quinta giusta SI-MI che caratterizza il nucleo delle scale di Olimpo (e quindi anche di quelle di Stesicoro): si tratta della nota chiamata trite465, corrispondente a quella che convenzionalmente la critica ha identificato con il SI.

Una volta messe in chiaro le differenze tra questi sistemi, possiamo porre l’attenzione sul secondo spunto di riflessione, connesso all’espressione τῷ κατὰ δάκτυλον εἴδει. Data la presenza della parola δάκτυλον e dato che nel De Musica la trattazione degli aspetti melodici è spesso seguita da quella degli aspetti metrico-ritmici, sembra opportuno far rientrare l’espressione nell’ambito della metrica. In questa direzione si mosse West, che vi leggeva un riferimento al ritmo dattilico466, un ritmo che era effettivamente utilizzato da Stesicoro.

Del resto, Wegner prima e Comotti poi vi avevano individuato un “genere ritmico pari” in senso sia metrico che musicale467. Ercoles, ponendosi sulla stessa scia, osserva che l’espressione risale alla terminologia musicale di Damone (V sec. a.C.) e cerca di confermarne l’identificazione con il genere ritmico pari attraverso il confronto con alcune fonti antiche468.

Tuttavia, l’interpretazione in senso metrico-ritmico non è stata unanimamente accettata dalla critica. Già Hiller attribuiva al termine εἶδος un valore tecnico-strumentale di “modalità esecutiva”, intendendo il sintagma εἶδος κατὰ δάκτυλον come atto a indicare un preludio strumentale al nomos, sulla base di uno scolio alle Nuvole di Aristofane (Schol. Aristoph.

Nub. 651c)469: qui è attestato che questo εἶδος κατὰ δάκτυλον, proprio sia del ritmo (ῥυθμοῦ)

464 Modalità di accordatura tipica della cetra. 465

Cf. [Arist.] Probl. 19, 32 e § 2.3.

466 West 1992, 217 n. 65.

467 Wegner 1939, 322 e Comotti 1991, 24. Questo è possibile perché, come spiega Ercoles, ritmo metrico e ritmo

musicale “sono tra loro strettamente connessi nella prassi compositiva d’età arcaica e classica, sino alle innovazioni introdotte alla fine del V sec. a.C. […] che costringeranno anche i teorici – a partire da Aristosseno – a distinguere ritmo metrico e ritmo musicale” (Ercoles 2013, 550 n. 962).

468 Aristoph. Nub. 651; Plat. Resp.398c-400d; Damon fr. 16, 7-10 Lasserre. 469 Hiller 1886, 418-421.

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che dell’accompagnamento strumentale (κρούματος), era impiegato dai suonatori di aulo prima del nomos (πρὸ τοῦ νόμου).

In tempi più recenti, anche Barker si è discostato dalla consolidata interpretazione metrico- ritmica. Dopo aver premesso che Stesicoro fece certamente uso del metro katà daktylon, egli ha osservato che in questo capitolo del trattato pseudo-plutarcheo vengono enumerate le caratteristiche che distinguono la musica di Stesicoro da quella di Terpandro, non quelle che le accomunano: dunque, sostenere, in questa sede, che Stesicoro utilizzò il metro katà

daktylon, impiegato – a detta dello studioso – anche da Terpandro, significherebbe annullare

la differenza che qui si sta cercando di rimarcare. Di conseguenza, Barker avanza due proposte, in via del tutto ipotetica: la prima, che κατὰ δάκτυλον implichi un tipo di esecuzione caratteristica dell’auletica, effettuata con l’accompagnamento di daktylikoì auloì, cioè di auli specifici, utilizzati per accompagnare un determinato tipo di hyporchema; la seconda, che l’espressione indichi uno stile melodico particolarmente virtuoso e quindi collegato all’auletica470.

Ercoles ha però fatto notare che, in realtà, l’obiezione mossa da Barker non è cogente, in

primis perché per Glauco l’aulodia è nata storicamente prima e quindi Stesicoro avrebbe

potuto riprendere questo eidos katà daktylon da un modello ben più antico di Terpandro; inoltre, e questa osservazione è forse più stringente, perché per il citarodo di Lesbo non sono attestate composizioni in dattilo-anapesti (e quindi di genere pari)471. Non si dimentichi che Gostoli, per Terpandro, parla di metri kat’enoplion e kat’enoplion-epitriti472.

Condivido, dunque, la tendenza generale a interpretare in senso metrico l’espressione τῷ κατὰ δάκτυλον εἴδει, anche perché, come ho detto prima, spesso all’interno del trattato ad un’informazione di tipo strettamente musicale segue un’informazione di tipo metrico-ritmico.