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2. LE ORIGINI STORICHE DELLA LIRICA

2.4 Clona

Nel discutere le origini mitiche della lirica abbiamo individuato due filoni musicali fondamentali, quello auletico e aulodico da un lato, e quello citaristico e citarodico dall’altro. Questa distinzione della lirica in due rami permane nel trattato, almeno fino a un certo punto, anche per quel che riguarda i poeti realmente esistiti. Infatti, se nella figura di Terpandro delineata all’interno del trattato si può individuare l’iniziatore di una tradizione storica della citarodia, pressappoco lo stesso si può dire della figura di Clona (14.), che è presentato così dallo Pseudo-Plutarco:

Mus. 3, 1132c (manca in Campbell)

ὁμοίως δὲ Τερπάνδρῳ Κλονᾶν, τὸν πρῶτον συστησάμενον τοὺς αὐλῳδικοὺς νόμους καὶ τὰ προσόδια, ἐλεγείων τε καὶ ἐπῶν ποιητὴν γεγονέναι.

Come Terpandro, Clona, il primo compositore di nomoi aulodici e canti processionali, fu autore di versi epici ed elegiaci.

Anche se il senso della frase non è espresso chiaramente, è verosimile che il trattatista intendesse fare un parallelo tra i due lirici, e sottolineare che Clona rivestì, nell’aulodia, un ruolo speculare a quello che ebbe Terpandro nel campo della citarodia307.

Ma, al di là di questa piccola oscurità iniziale, il passo merita di essere preso in considerazione perché definisce l’ambito dell’attività poetica di Clona: si dice esplicitamente che egli compose nomoi aulodici e canti processionali e che fu autore di versi epici ed elegiaci.

Gostoli, sulla base di questa affermazione e di poche altre relative all’elegia eseguita dai poeti antichi, ha ritenuto che la maggior parte dell’aulodia si fondasse su distici elegiaci308. Non credo, tuttavia, che sia prudente assegnare qui una così grande importanza all’elegia, perché, in questo come in altri passi, essa sembra essere menzionata piuttosto come uno dei vari generi musicali praticati dai poeti antichi, quali i nomoi, i ditirambi, i peani, i canti

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Gostoli 1990, 104. Avremo modo di vedere in che modo si realizzi questa connessione nella sezione dedicata a Saffo (§ 3.4).

307 West 1974, 13. 308 Gostoli 2011, 35.

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processionali e gli stessi versi epici, spesso nominati accanto a quelli elegiaci. Ritengo dunque che, più che dimostrare la preminenza dell’elegia nella musica antica, questo passo, insieme ad altri che saranno analizzati successivamente, sia semplicemente un ulteriore indizio del fatto che l’elegia delle origini (plausibilmente fino a Sacada) era posta in musica.

Il secondo dei quattro passi su Clona, all’interno del De Musica, contiene per lo più informazioni di ordine cronologico e ci permette di collocare il nostro poeta poco dopo Terpandro e Ardalo di Trezene, ma prima di Archiloco. Mentre, per quel che riguarda la provenienza di Clona, due sono le località chiamate in causa, Tegea secondo gli Arcadi, Tebe secondo i Beoti. Se ci sia della verità in quanto è riferito, non possiamo saperlo con certezza, dal momento che era diffusa l’abitudine, da parte dei popoli greci, di identificare la patria di illustri poeti antichi con la propria.

Mus. 5, 1133a-b (manca in Campbell)

Κλονᾶς δ' ὁ τῶν αὐλῳδικῶν νόμων ποιητής, ὁ ὀλίγῳ ὕστερον Τερπάνδρου γενόμενος, ὡς μὲν Ἀρκάδες λέγουσι, Τεγεάτης ἦν, ὡς δὲ Βοιωτοί, Θηβαῖος. μετὰ δὲ Τέρπανδρον καὶ Κλονᾶν Ἀρχίλοχος παραδίδοται γενέσθαι. ἄλλοι δέ τινες τῶν συγγραφέων Ἄρδαλόν φασι Τροιζήνιον πρότερον Κλονᾶ τὴν αὐλῳδικὴν συστήσασθαι μοῦσαν.

Clona, compositore di nomoi aulodici, vissuto poco tempo dopo Terpandro, era di Tegea, come dicono gli Arcadi, o, come affermano invece i Beoti, di Tebe. Si tramanda che Archiloco visse dopo Terpandro e Clona. Altri autori riferiscono che Ardalo di Trezene compose musica aulodica prima di Clona.

Gli ultimi due passi, invece, hanno a che fare con i nomoi attribuiti a Clona dalla tradizione:

Mus. 5, 1133b (manca in Campbell)

περὶ δὲ Κλονᾶ ὅτι τὸν Ἀπόθετον νόμον καὶ Σχοινίωνα πεποιηκὼς εἴη μνημονεύουσιν οἱ ἀναγεγραφότες.

Di Clona gli scrittori ricordano che fu autore dei nomoi Apothetos e Schoinion.

Mus. 8, 1134b (manca in Campbell)

ἐν δὲ τῇ ἐν Σικυῶνι ἀναγραφῇ τῇ περὶ τῶν ποιητῶν (FGrH 550 F 2) Κλονᾶς εὑρετὴς ἀναγέγραπται τοῦ Τριμεροῦς νόμου.

Nell’iscrizione di Sicione sui poeti, invece, Clona è menzionato come l’inventore del nomos Trimelès.

Nel primo dei due passi proposti si parla del nomos Apothetos e del nomos chiamato

Schoinion, già menzionati poco prima in Mus. 4, 1132d, ma le cui caratteristiche non sono

descritte dal trattatista. Gli studiosi si sono pronunciati sulla possibile etimologia di queste composizioni: Lasserre, ad esempio, poneva il nomos Apothetos in relazione con il luogo in cui venivano esposti i neonati malformati a Sparta, le Apothetai309, mentre Barker ritiene che il nome potrebbe derivare dal vanto di un poeta che celebra la sua opera come rivelazione di un canto nuovo, rimasto nascosto fino a quel momento310. Per lo Schoinion, invece, sono state avanzate due ipotesi da Barker che suggerisce di collegare questo nome a quello di un uccello (Ar. Hist. An. 610a 8) oppure di connetterlo all’aggettivo σχοινοτενής, che significa “teso come una corda”311. Lasserre, invece, interpretava questo nomos come un canto legato alla raccolta del giunco (σχοῖνος) lungo l’Eurota, per costruire giacigli ai ragazzi di Sparta al compimento del loro settimo anno312.

Nel secondo passo pseudo-plutarcheo, invece, è segnalata da parte del trattatista una tradizione alternativa, quella dell’epigrafe di Sicione, che assegna il nomos Trimelès a Clona piuttosto che a Sacada313.

Queste le notizie relative a Clona, che, pur essendo esigue, permettono tuttavia di ricostruire un quadro complessivo abbastanza coerente sul personaggio.

309 Lasserre 1954, 23. 310 Barker 1984, 252. 311

L’aggettivo è usato da Pindaro in riferimento agli antichi ditirambi: Π̣⌊ρὶν μὲν εἷρπε σχοινοτένειά τ' ἀοιδὰ / δ̣ι̣θ̣⌊υράμβων (fr. 70b, 1-2 Sn.-M.). L’espressione è stata variamente interpretata: West la riferisce alla monotonia degli antichi ditirambi (West 1992, 343-344); per Ballerio, se il nome Schoinion si ricollega all’aggettivo utilizzato da Pindaro, esso potrebbe alludere ad un canto “simile ad una corda” e quindi lineare, semplice (Ballerio 2000, 24 n. 23). In realtà, come ha fatto notare Lavecchia, l’aggettivo σχοινοτένεια presente nel frammento pindarico si riferisce alla lunghezza dell’emissione vocale del canto (ἀοιδὰ) piuttosto che alla monotonia e alla lunghezza del ditirambo in generale, ed è quindi probabile che esso designi un kolon o una

periodos che eccedono una determinata lunghezza (Lavecchia 2000, 125-127). Ancora diversa è

l’interpretazione, criticata dallo stesso Lavecchia (Lavecchia 2000, 126 n. 68), di D’Angour, il quale connette l’aggettivo con la disposizione lineare del coro, affermando che “the ἀοιδὰ proceeded in a straight line because the ἀοιδοί do so” (D’Angour 1997, 340). Infine, si osservi che il termine σχοῖνος compare, in un’accezione non positiva, anche nel celebre prologo degli Aitia di Callimaco, dove si legge: αὖθι δὲ τέχνῃ / κρίνετε,]⌊μὴ σχοίν⌋ῳ Περσίδι τὴ⌊ν⌋ σοφίην (Aitia fr. 1, 17-18 Pf. = Massimilla), “d’ora in poi giudicate la capacità poetica con l’arte, non con la pertica persiana” (trad. G. Massimilla). L’espressione σχοίν⌋ῳ Περσίδι indica la pertica persiana, un’unità di misura piuttosto lunga che andava dai trenta ai sessanta stadi, cioè dai cinque chilometri e mezzo agli undici chilometri (cf. Massimilla 1996, 216).

312 Lasserre 1954, 23.

313 Questo nomos sarà trattato nella sezione relativa a Sacada (§ 2.8.3).

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