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Le innovazioni di Terpandro

2. LE ORIGINI STORICHE DELLA LIRICA

2.3 Le innovazioni di Terpandro

Mus. 12 1135c = Terpander T 22 Campbell (II p. 310)

προτέρα μὲν γὰρ ἡ Τερπάνδρου καινοτομία καλόν τινα τρόπον εἰς τὴν μουσικὴν εἰσήγαγε. Terpandro, grazie all’apporto innovativo della sua opera, fu il primo a introdurre nella musica uno stile nobile.

La testimonianza è in linea con l’idea di fondo che caratterizza l’opera, ossia la convinzione che la musica antica, pure interessata da innovazioni, fosse di gran lunga migliore rispetto alla musica “nuova”, le cui innovazioni vennero considerate del tutto prive di buon gusto292.

Il concetto di musica nobile, qui espresso in modo molto generico, è ripreso in più luoghi del trattato. Quelli relativi alla figura di Terpandro sono tre e contribuiscono in varia misura a definire gli elementi che caratterizzarono le innovazioni musicali che la tradizione antica gli attribuiva.

290

Gostoli 1990, XXXVIII.

291 Vetta 1983, XXIV.

292 È sempre bene ricordare che le fonti di riferimento del trattatista risalgono al V-IV sec. a.C. e che quindi per

“musica nuova” si intende la musica praticata nel V sec. a.C.

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Mus. 30 1141c-d = Terpander T 16 Campbell (II p. 306)

οὗτος γάρ (sc. Timoteo), ἑπταφθόγγου τῆς λύρας ὑπαρχούσης ἕως εἰς Τέρπανδρον τὸν Ἀντισσαῖον, διέρριψεν εἰς πλείονας φθόγγους.

Questi (sc. Timoteo), infatti, mentre la lira era tradizionalmente a sette corde, a risalire nel tempo fino a Terpandro di Antissa, la frammentò in più suoni293.

Il passo testimonia quella che forse è la più nota delle innovazioni musicali di Terpandro: l’invenzione di una lira a sette corde. Ma il testo greco, così come si presenta, ha suscitato alcune perplessità negli studiosi, i quali hanno proposto emendamenti o traduzioni differenti. La frase ἑπταφθόγγου τῆς λύρας ὑπαρχούσης ἕως εἰς Τέρπανδρον, infatti, data la presenza della locuzione temporale ἕως εἰς, parrebbe doversi tradurre come segue: “essendo la lira tradizionalmente a sette corde fino a Terpandro”. Tuttavia, questa traduzione è in contrasto con quanto affermato dalla tradizione musicologica antica che, come si è detto, individua in Terpandro l’inventore della lira a sette corde294 che restò inalterata fino ai tempi del nuovo ditirambo. Alcuni studiosi hanno provato ad emendare il testo, come Westphal che propone di sostituire il nome di Terpandro con <Ἀριστοκλείδην> Τερπάνδρειον, o come Volkmann che suggerisce di espungere l’intera espressione da ἕως ad Ἀντισσαῖον.

Weil e Reinach hanno ritenuto che tutto il periodo da οὗτος γάρ a διέρριψεν εἰς πλείονας φθόγγους non desse un senso soddisfacente e, più in particolare, che l’espressione ἕως εἰς fosse un latinismo introdotto “da un greco barbaro”. Di qui, poi, i due editori sono giunti alla conclusione che l’intera espressione fosse una glossa che mirava a spiegare un’affermazione di poco precedente, a detta loro un po’ oscura, sulla rivoluzione musicale messa in atto da Laso di Ermione295.

Prima di tutto, per quanto concerne la locuzione temporale ἕως εἰς, Gostoli sottolinea che essa può significare ‘fino a’ non solo dal prima al poi, ma anche risalendo indietro nel tempo.

293 Per questo passo, alla traduzione di Ballerio ho preferito quella di Gostoli, che affronta e risolve un problema

testuale che sarà trattato a breve.

294 Una delle testimonianze più importanti è quella di Strabone il quale sottolinea che fu Terpandro in persona ad

attribuire a sé questa scoperta: καὶ Τέρπανδρον δὲ τῆς αὐτῆς μουσικῆς τεχνίτην γεγονέναι φασὶ καὶ τῆς αὐτῆς νήσου, τὸν πρῶτον ἀντὶ τῆς τετραχόρδου λύρας ἑπταχόρδῳ χρησάμενον, καθάπερ καὶ ἐν τοῖς ἀναφερομένοις ἔπεσιν εἰς αὐτὸν λέγεται ‘σοὶ δ' ἡμεῖς τετράγηρυν ἀποστρέψαντες ἀοιδὴν ἑπτατόνῳ φόρμιγγι νέους κελαδήσομεν ὕμνους’ (Strab. XIII, 2, 4 = Terp. fr. 4 Gostoli). “Si dice che anche Terpandro sia stato esperto nello stesso tipo di musica e originario della medesima isola, il primo che fece uso della lira a sette corde al posto di quella a quattro corde, come si afferma nei versi a lui attribuiti ‘rifiutando il canto dai quattro suoni nuovi inni per te intoneremo sulla lira dalle sette note’”. Per altre testimonianze cf. Gostoli 1990, testt. 11, 24, 48 e relativi commenti.

295 Weil-Reinach 1900, 117-118 n. 299. Sui problemi relativi all’innovazione musicale apportata da Laso di

Ermione torneremo in un secondo momento.

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Infatti, Einarson e De Lacy traducono il passo pseudo-plutarcheo nel seguente modo: “the seven notes which the lyre had had as far back as the time of Terpander of Antissa”296. Anche Barker intende la locuzione temporale in questo senso: “thus the notes of lyra, of which there had been seven as far back as Terpander of Antissa”297. Se si interpreta in questo modo la locuzione temporale, allora non occorrerà alcun tipo di intervento sul testo.

Per quel che riguarda, invece, l’ipotesi della presenza di una glossa inglobata nel testo, la motivazione fornita da Weil e Reinach non mi sembra del tutto convincente, se non altro perché non ravviso, nell’affermazione su Laso, l’oscurità di cui essi hanno parlato. Infatti, non è la prima volta, nel testo, che lo Pseudo-Plutarco mette in evidenza la differenza tra una musica antica “nobile” – la musica di Olimpo e Terpandro, appunto – caratterizzata dall’impiego di poche note (oligochordia), ed una musica “nuova” caratterizzata invece da un numero molteplice di note (polychordia) e da uno stile complesso:

Mus. 18, 1137a-b = Olympus T 7 Campbell (II p. 278)

οὐ γὰρ ἡ ἄγνοια τῆς τοιαύτης στενοχωρίας καὶ ὀλιγοχορδίας αὐτοῖς αἰτία γεγένηται, οὐδὲ δι' ἄγνοιαν οἱ περὶ Ὄλυμπον καὶ Τέρπανδρον καὶ οἱ ἀκολουθήσαντες τῇ τούτων προαιρέσει περιεῖλον τὴν πολυχορδίαν τε καὶ ποικιλίαν. μαρτυρεῖ γοῦν τὰ Ὀλύμπου τε καὶ Τερπάνδρου ποιήματα καὶ τῶν τούτοις ὁμοιοτρόπων πάντων· τρίχορδα γὰρ ὄντα καὶ ἁπλᾶ, διαφέρει τῶν ποικίλων καὶ πολυχόρδων.

Non fu a causa di una conoscenza limitata che si attennero a una estensione ridotta e a un numero ristretto di note, né per questo motivo Olimpo, Terpandro e quelli che condivisero le loro scelte musicali evitarono l’uso di un numero molteplice di note e di uno stile compositivo improntato alla complessità. Sono testimoni di ciò le composizioni di Olimpo, Terpandro e di quanti impiegarono il loro stesso stile. Benché implichino solo tre note e siano semplici, queste composizioni sono migliori di quelle complesse e intessute di molte note.

(Trad. A. Gostoli)

Alla luce di questo passo, ci troviamo, almeno apparentemente, di fronte ad un’incongruenza. Da un lato, Terpandro è annoverato insieme ad Olimpo tra quei poeti che rispettarono il canone dell’oligochordia. Dall’altro, però, egli è noto alla tradizione per aver aumentato a sette il numero di note della cetra.

296 Gostoli 1990, 118 ed Einarson-De Lacy 1967, 419. 297 Barker 1984, 236.

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Di recente, Pernigotti ha osservato che a partire da Strabone la tradizione ha interpretato il passo sulle sette corde della lira come pura e semplice modifica tecnica, e in questo senso lo intende anche Gostoli, contrariamente ad altri, come West298, che vi leggono un riferimento più indiretto e profondo alla tecnica compositiva che Terpandro intendeva applicare ai suoi componimenti, non basati più su strutture scalari di quattro suoni299.

Ad ogni modo, la constatazione che Terpandro, come Olimpo, impiegava solo tre note – o meglio corde – nelle sue composizioni non deve essere avvertita come contrastante rispetto a quanto è poi affermato nel capitolo 30, sull’invenzione delle sette corde, perché l’espressione τρίχορδα γὰρ ὄντα καὶ ἁπλᾶ, molto probabilmente, indica il numero di corde utilizzate per la composizione della melodia prendendo in considerazione ciascuno dei due tetracordi, quindi sei in tutto300.

La struttura di uno dei primi brani enarmonici attribuiti ad Olimpo, lo Spondeion, così come è stata ricostruita da Winnington-Ingram, sembrerebbe grosso modo confermare questa ipotesi. Abbiamo già avuto modo di osservare, infatti, che lo studioso descrive lo Spondeion come una scala di genere protoenarmonico – senza la suddivisione del pyknòn in due quarti di tono – basata sulla scala dorica301, caratterizzata dalla sequenza di note Mi-Fa-La-Si-Do- (Mi)302. La struttura sembra rispecchiare l’idea di una composizione basata sull’impiego di tre note nel tetracordo inferiore, Mi-Fa-La, e di tre nel tetracordo superiore Si-Do-(Mi). La scelta di porre il Mi dell’ottava più alta tra parentesi dipende dal fatto che plausibilmente tale nota corrisponde, in questo caso, alla nete della scala dorica che, come tiene a sottolineare Winnington-Ingram, in realtà sarebbe stata introdotta da Terpandro, in un periodo successivo ad Olimpo.

Quest’ultima informazione è relativa ad un’altra delle innovazioni attribuite a Terpandro, di cui ci informa il De Musica:

Mus. 28, 1140e-f = Terpander T 13 Campbell (II p. 304)

φημὶ καὶ αὐτὸς ὅτι προσεξεύρηται, ἀλλὰ μετὰ τοῦ σεμνοῦ καὶ πρέποντος. οἱ γὰρ ἱστορήσαντες τὰ τοιαῦτα Τερπάνδρῳ μὲν τήν τε Δώριον νήτην προσετίθεσαν, οὐ χρησαμένων αὐτῇ τῶν

298 West 1992, 330. 299

Pernigotti 2014, 758. Un’alternativa è stata proposta anche da Franklin, il quale sulla base di un frammento terpandreo in cui è citata la heptatonos phorminx, ritiene che l’innovazione di Terpandro consista non tanto nell’aver aumentato il numero di corde, quanto nell’aver inventato l’accordatura diatonica (Franklin 2002, 674 ss.).

300

Cf. Pisani 2017, 2993 n. 79.

301 La scala dorica, stando alla ricostruzione proposta da West, comprendeva nove note: Re-Mi-Mi+-Fa-La-Si-

Si+-Do-Mi (West 1992, 174).

302 Winnington-Ingram 1928, 84.

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ἔμπροσθεν κατὰ τὸ μέλος, καὶ τὸν Μιξολύδιον δὲ τόνον ὅλον προσεξεύρασθαι λέγεται, καὶ τὸν τῆς ὀρθίου μελῳδίας τρόπον τὸν κατὰ τοὺς ὀρθίους πρός <τε> τῷ ὀρθίῳ <καὶ τὸν> σημαντὸν τροχαῖον. εἰ δέ, καθάπερ Πίνδαρός φησι (fr. 125 Sn.-M.), καὶ τῶν σκολιῶν μελῶν Τέρπανδρος εὑρετὴς ἦν.

Anche io riconosco che le invenzioni non mancarono, ma furono realizzate nel rispetto del decoro e della convenienza. Chi compì studi a tale riguardo, infatti, attribuì a Terpandro l’introduzione della nete dorica, in quanto i suoi predecessori non la usarono nella melodia. Si dice, inoltre, che abbia inventato per intero il modo misolidio e il tipo della melodia orzia che impiega il piede orzio e, oltre all’orzio, il trocheo semanto. Secondo Pindaro, Terpandro fu anche l’iniziatore dei canti chiamati Skolià.

Il trattatista si sofferma interamente sulle innovazioni terpandree, tra le quali menziona anche l’introduzione della nete dorica, nota che i predecessori di Terpandro non avevano mai impiegato nel melos. Questo passo presenta alcuni punti di contatto con un altro capitolo del

De Musica, già analizzato in precedenza, ossia il passo relativo allo Spondeiakòs tropos (Mus.

19, 1137b-d), composizione che deriva dallo Spondeion. Qui, infatti, si legge che “fu la bellezza del carattere prodotto dall’eliminazione della trite nello Spondeiakòs tropos che guidò il loro orecchio a passare oltre questa nota portando la melodia alla paranete. Il medesimo discorso vale per la nete: fu impiegata nell’accompagnamento (krousis) […], ma nella melodia non sembrò adatta allo Spondeiakòs tropos”.

La notizia sull’introduzione della nete da parte di Terpandro si legge, in via più generica, anche nei Problemata pseudo-aristotelici:

[Arist.]. Probl. 19, 32

Διὰ τί διὰ πασῶν καλεῖται, ἀλλ' οὐ κατὰ τὸν ἀριθμὸν δι' ὀκτώ, ὥσπερ καὶ διὰ τεττάρων καὶ διὰ πέντε; ἢ ὅτι ἑπτὰ ἦσαν αἱ χορδαὶ τὸ ἀρχαῖον, εἶτ' ἐξελὼν τὴν τρίτην Τέρπανδρος τὴν νήτην προσέθηκε, καὶ ἐπὶ τούτου ἐκλήθη διὰ πασῶν ἀλλ' οὐ δι' ὀκτώ· δι' ἑπτὰ γὰρ ἦν.

Perché si chiama dià pasòn, e non dià oktò sulla base del numero, similmente all’intervallo di quarta e di quinta? Perché le corde anticamente erano sette, e poi Terpandro, avendo rimosso la trite, aggiunse la nete e per questo fu chiamata dià pasòn ma non dià octò: infatti (le corde) erano sette.

Tuttavia, differentemente dal trattato pseudo-plutarcheo, l’interesse è qui incentrato sulla definizione di dià pasòn, sull’eptacordo e sull’intervento operato al suo interno da Terpandro.

Nei Problemata, dunque, l’eliminazione della trite e l’aggiunta della nete sono presentate in modo generico come innovazioni terpandree, mentre nel passo pseudo-plutarcheo relativo allo Spondeiakòs tropos si parla dell’eliminazione delle due note limitatamente al melos, dal momento che si afferma esplicitamente che esse furono impiegate nell’accompagnamento (krousis).

Nel capitolo 28 è assente qualsiasi riferimento all’eliminazione della trite, mentre per quel che riguarda la nete si possono fare due osservazioni. Prima di tutto, il trattatista sottolinea il fatto che l’innovazione di Terpandro consiste nell’avere inserito tale nota nel melos, laddove i suoi predecessori l’avevano esclusa. In secondo luogo, il fatto che essa sia definita come nete “dorica” lascia pensare che effettivamente si stia parlando di una innovazione della scala dorica.

Tutte queste informazioni, messe in relazione tra loro, hanno indotto parte della critica a supporre che quanto affermato dallo Pseudo-Plutarco nel capitolo 28 sulla nete dorica si riferisca, plausibilmente, ad una innovazione apportata alla struttura dello Spondeiakòs tropos (e quindi anche dello Spondeion), che pure si basava sulla scala dorica e presentava la nete solo nell’accompagnamento. In tale direzione si muoveva già Winnington-Ingram, il quale, basandosi sulle fonti sopra citate, poneva in una stretta relazione la struttura dello Spondeion e dello Spondeiakòs tropos con la scala innovativa di Terpandro303. Tuttavia, è plausibile pensare che si tratti di due sistemi diversi, e che quindi l’innovazione di Terpandro non abbia a che fare con lo Spondeiakòs tropos. Come ha fatto notare Barker, infatti, il sistema introdotto da Terpandro si distingue da quello di Olimpo, tra le altre cose, perché il genere impiegato per la scala di Terpandro era diatonico – come Barker arguisce dalla lettura del passo di Pseudo-Aristotele304– mentre quello utilizzato da Olimpo era enarmonico305.

All’interno dello stesso capitolo, a Terpandro è attribuita anche l’introduzione dell’armonia misolidia che, altrove nel trattato, è legata al nome di Saffo (Mus. 16, 1136d). Che tale invenzione sia da ascriversi all’uno o all’altra, importa relativamente poco, come vedremo nella sezione dedicata a Saffo. Ben più interessante è la constatazione che ne deriva: dati i

303 Cf. Winnington-Ingram 1928, 84-88. 304 Barker 2002, 33-34 n. 10.

305 Barker 2002, 34.

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nomi a cui è legata la sua origine, questo tipo di armonia risulta essere chiaramente connesso con la tradizione citarodica lesbica306.