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Alcune osservazioni di sintesi

Nel documento Lo jus variandi (pagine 28-33)

Brevissime note sui recenti provvedimenti legislativi

3. Alcune osservazioni di sintesi

Infine, desidero sviluppare alcune note conclusive, seppure a fronte di una prima lettura “a caldo”.

La prima osservazione riguarda la frequente, notevole genericità dell’oggetto, dei principi e dei criteri direttivi contenuti nella delega, tanto che tra i primi commentatori non è mancato chi ha parlato di “delega in bianco”, paventando un possibile contrasto con il dettato dell’art. 76 Cost.12.

La seconda considerazione riguarda le coperture economiche con le quali conseguire alcuni degli ambiziosi obiettivi della legge delega (per esempio, in materia di universalizzazione delle tutele in caso di disoccupazione

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A.BELLAVISTA, Il mito del salario minimo, in questo volume; S.BELLOMO, Il compenso

orario minimo: incertezze ed ostacoli attuativi dell’ipotizzata alternativa “leggera” al salario minimo legale, in G.ZILIO GRANDI, M.BIASI (a cura di), op. cit., 805 ss.; V.BAVARO, Il salario minimo legale e le relazioni industriali, in Il Diario del Lavoro, 22 ottobre 2014.

12 Cfr. C. cost. 14 marzo 2014, n. 50, e C. cost. 19 luglio 2013, n. 219, entrambe in

involontaria o di sostegno alla genitorialità). Presenza fissa di ogni intervento riformatore degli ultimi anni, con il che spesso si depotenziano i possibili effetti benefici, è la disposizione per effetto della quale dagli interventi «non [debbano] derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica», insieme con quella secondo cui, per gli adempimenti dei decreti attuativi della delega, si prevede che le amministrazioni competenti vi provvedano «attraverso una diversa allocazione delle ordinarie risorse umane, finanziarie e strumentali, allo stato in dotazioni alle medesime amministrazioni»13. Una previsione normativa, questa, fin troppo “miope”, che rischia di relegare nell’alveo di mere dichiarazioni di principio, senza alcuna effettiva applicazione, buona parte degli obiettivi contenuti nella delega.

In realtà, non è da escludere che non vi siano «nuovi e maggiori oneri», ma questi ultimi sono rimessi ad altri provvedimenti. Infatti, la legge di stabilità 2015 va in questo senso, prevedendo «un apposito fondo, con una dotazione di 2.200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016 e di 2.000 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2017»14, per fronteggiare le maggiori risorse occorrenti per l’attuazione dei nuovi interventi. Peraltro, è appena il caso di ricordare che una parte consistente del finanziamento in proposito (3,5 miliardi di euro) è stata prelevata da un capitolo di spesa destinato al Sud, con un impiego, perciò, al di là dell’originario campo di applicazione del suddetto capitolo.

La terza considerazione, la più importante per gli effetti di sistema, riguarda un profilo di politica del diritto. Nel riscrivere alcune importanti regole della materia, il legislatore sembra aver scelto di attribuire maggiore rilievo alle ragioni dell’impresa rispetto a quelle dei lavoratori.

Nelle produzione lavoristica del biennio 2014/2015, sono radicalmente mutate le tecniche normative finora utilizzate nel diritto del lavoro. A differenza del passato, il fulcro è ora rappresentato da una maggiore flessibilità nella gestione del rapporto di lavoro individuale (tra cui, lo jus variandi, i controlli sul lavoratore), ma soprattutto da una rilevante flessibilità in uscita, compensata da un favor nell’incentivare i rapporti di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti rispetto a forme di lavoro temporaneo/precario.

Cambia l’impostazione di fondo del legislatore: la finalità non è più tutelare il lavoratore nel rapporto individuale di lavoro, quanto garantirgli un efficace sostegno nel mercato del lavoro15. Infatti, il legislatore ha ritenuto opportuno intervenire con nuove politiche attive, per ricollocare il lavoratore in altri

13 Art. 1, comma 12, l. n. 183/2014.

14 Art. 1, comma 107, l. n. 190/2014.

impieghi a tempo indeterminato, la cui diffusione dovrebbe essere incentivata anche dalla previsione di una decontribuzione robusta, seppur caratterizzata da un regime transitorio.

Come si è rilevato, paradigmatiche sono state alcune delle scelte compiute: si prenda, ad esempio, l’introduzione del contratto c.d. “a tutele crescenti” e la correlata modifica dell’art. 18 Stat. lav.16 o, ancora, la revisione della disciplina delle mansioni, di cui all’art. 2103 c.c.17, nonché quella dei controlli per gli impianti audiovisivi18.

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A.PERULLI, Le modifiche al contratto di lavoro, in questo volume, e ivi S.BELLOMO, La

“forma comune” tra il Jobs Act e i principi costituzionali; C.CESTER, I licenziamenti nel Jobs

Act, Working Paper CSDLE “Massimo D’Antona” – IT, 2015, n. 273; S.B. CARUSO, Il

Contratto a tutele crescenti tra politica e diritto: variazioni sul tema, Working Paper CSDLE

“Massimo D’Antona” – IT, 2015, n. 265; A.ZOPPOLI, Legittimità costituzionale del contratto

di lavoro a tutele crescenti, tutela reale per il licenziamento ingiustificato, tecnica del bilanciamento, Working Paper CSDLE “Massimo D’Antona” – IT, 2015, n. 260; M. MAGNANI, Correzioni e persistenti aporie del regime sanzionatorio dei licenziamenti: il cd. contratto a tutele crescenti, Working Paper CSDLE “Massimo D’Antona” – IT, 2015, n. 256; V.SPEZIALE, Il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti tra law and economics e vincoli costituzionali, Working Paper CSDLE “Massimo D’Antona” – IT, 2015, n. 259; F. SCARPELLI, La disciplina dei licenziamenti per i nuovi assunti: impianto ed effetti di sistema del d.lgs. n. 23/2015, Working Paper CSDLE “Massimo D’Antona” – IT, 2015, n. 252; A. GARILLI, Nuova disciplina dei licenziamenti e tecniche di prevenzione del conflitto, Working

Paper CSDLE “Massimo D’Antona” – IT, 2015, n. 245; M. MARAZZA, Il regime

sanzionatorio dei licenziamenti nel jobs act, in ADL, 2015, n. 2, I, 310 ss.; R.ROMEI, La

nuova disciplina del licenziamento: qualche spunto di riflessione, in DLRI, 2015, n. 148, 557

ss., e ivi R.VOZA, Licenziamenti illegittimi e reintegrazione: le nuove mappe del Jobs Act,

575 ss. Tra i commentari, cfr. F.CARINCI, C.CESTER (a cura di), Il licenziamento all’indomani

del d.lgs. n. 23/2015 (contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti), ADAPT University

Press, 2015; G.FERRARO (a cura di), I licenziamenti nel contratto «a tutele crescenti», Cedam,

2015; L. FIORILLO, A. PERULLI (a cura di), Contratto a tutela crescenti e Naspi. Decreti

legislativi 4 marzo 2015, n. 22 e n. 23, Giappichelli, 2015; E.GHERA, D.GAROFALO (a cura di), Le tutele per i licenziamenti e per la disoccupazione involontaria nel Jobs Act 2, Cacucci,

2015; R.PESSI, C.PISANI, G.PROIA, A.VALLEBONA, Jobs Act e licenziamento, Giappichelli,

2015.

17 M. BROLLO, Lo ius variandi, in questo volume; C. PISANI, La nuova disciplina del

mutamento di mansioni, Giappichelli, 2015; U.GARGIULO, Lo jus variandi nel “nuovo” art. 2103 cod. civ., Working Paper CSDLE “Massimo D’Antona” – IT, 2015, n. 268, L. DE

ANGELIS, Note sulla nuova disciplina delle mansioni ed i suoi (difficilissimi) rapporti con la delega, Working Paper CSDLE “Massimo D’Antona” – IT, 2015, n. 263; R. VOZA,

Autonomia privata e norma inderogabile nella nuova disciplina del mutamento di mansioni,

Working Paper CSDLE “Massimo D’Antona” – IT, 2015, n. 262; F.LISO, Brevi osservazioni

sulla revisione della disciplina delle mansioni contenuta nel decreto legislativo n. 81/2015 e su alcune recenti tendenze di politica legislativa in materia di rapporto di lavoro, Working

Con la prima si è reso più flessibile il recesso dei lavoratori, misura, questa, che dovrebbe essere compensata dalla generalizzazione del contratto a tutele crescenti, con la contemporanea riduzione di alcuni dei rapporti di lavoro flessibili, per incrementare l’occupazione stabile anche attraverso la decontribuzione per le nuove assunzioni.

Con la seconda, invece, si è assicurata una massiccia dose di flessibilità gestionale riguardo alle mansioni dei lavoratori, anche se è molto fondato il dubbio di un eccesso di delega da parte del legislatore delegato (supra). Infatti, quest’ultimo non si è limitato a intervenire con una parziale riscrittura della disposizione e la proposta di una nuova disciplina della mobilità interna «in caso di processi di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale individuati sulla base di parametri oggettivi», così come prescrive la legge delega19, ma è intervenuto con una quasi integrale riscrittura, ormai anche utile, dell’intero art. 2103 c.c.

Sempre finalizzata a recuperare un’intensa flessibilità gestionale è la modifica legislativa nei controlli a distanza sui lavoratori, con la radicale sostituzione sia dell’impostazione sia del contenuto della norma, divenuta ormai obsoleta a quasi cinquant’anni dalla sua approvazione.

Con la nuova disciplina vi è un netto ridimensionamento del fattore mediazione/controllo sindacale, prima garantito dal previgente art. 4 Stat. lav.; il potere dell’imprenditore è assoggettato ai soli limiti della normativa sulla protezione dei dati personali; né è più affermato un principio generale di divieto di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori. Anche se, va ricordato, il datore di lavoro ha sempre l’obbligo di informare il lavoratore su finalità e modalità con cui i dati saranno trattati. Questo adempimento è

condicio sine qua non per la legittimità della raccolta e il trattamento dei dati

personali acquisiti con strumenti telematici e, comunque, il datore di lavoro non può effettuare controlli in maniera indiscriminata, ma solo secondo i principi di liceità, pertinenza, trasparenza e compatibilità del trattamento. Seppur in presenza di alcune modifiche auspicabili, le scelte del legislatore sembrano aver determinato una significativa diminuzione dell’apparato protettivo del lavoratore e un rafforzamento dei poteri del datore di lavoro.

in L.FIORILLO, A.PERULLI (a cura di), Tipologie contrattuali e disciplina delle mansioni.

Decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, Giappichelli, 2015.

18 P.LAMBERTUCCI, La disciplina dei “controlli a distanza” dopo il Jobs Act: continuità e

discontinuità con lo Statuto dei lavoratori, in questo volume; A.BELLAVISTA, Il nuovo art. 4

dello Statuto dei lavoratori, in G.ZILIO GRANDI, M.BIASI (a cura di), op. cit., 717 ss.

Allo stato, il giudizio complessivo sull’intensa produzione legislativa dell’ultimo biennio non può che essere sospeso. Occorrerà aspettare un certo arco temporale, non influenzato neanche dalla decontribuzione triennale per i contratti a tutele crescenti, per valutare effettivamente se l’ambizioso progetto del legislatore avrà successo o no, traducendosi in minori tutele e diritti nel rapporto di lavoro in cambio di assunzioni non più precarie o temporanee e maggiori garanzie nel mercato del lavoro, attraverso politiche attive, che favoriscano una maggiore occupabilità dei disoccupati e degli inoccupati, nonché attraverso ammortizzatori sociali a sostegno del reddito.

In ogni caso potrebbe porsi un problema di scarsa tutela dei diritti dei lavoratori, al di là delle intenzioni dello stesso legislatore.

La ricetta è quella della flexicurity20 di matrice europea, fondata sulla flessibilità nel rapporto di lavoro e la contestuale tutela del reddito e delle opportunità di lavoro. La declinazione, però, sembra essere “all’italiana”, dove il primo ingrediente sembra essere preponderante rispetto al secondo. La scelta degli strumenti per la concretizzazione degli interventi, del resto, è sintomatica di questa impostazione: la decretazione d’urgenza, d’immediata applicazione, per la flessibilizzazione del rapporto di lavoro e la legge delega, di futura approvazione, per la sicurezza.

20 Sulla flexicurity, con differenti angolazioni, cfr. M.T. CARINCI, Il rapporto di lavoro al

tempo della crisi: modelli europei e flexicurity “all’italiana” a confronto, in DLRI, 2012, n.

136, 527 ss.; L. ZOPPOLI, La flexicurity dell’Unione europea: appunti per la riforma del

Nel documento Lo jus variandi (pagine 28-33)

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