• Non ci sono risultati.

Il costo degli ammortizzatori sociali a carico delle imprese

Nel documento Lo jus variandi (pagine 130-135)

PARTE I: IL RIORIENTAMENTO DELLE POLITICHE PASSIVE

13. Il costo degli ammortizzatori sociali a carico delle imprese

Il Jobs Act 2, proseguendo sulla strada già intrapresa dalla riforma Fornero, accentua la partecipazione finanziaria delle imprese al costo degli ammortizzatori sociali, con una, non rilevante, differenza tra quelli in costanza di rapporto di lavoro e quelli a sostegno della disoccupazione involontaria, rappresentata dalla enunciazione di questo coinvolgimento tra i principi direttivi per la riforma della CIG146 e non anche per la riforma dei trattamenti di disoccupazione involontaria, in ragione delle previsioni a riguardo già introdotte dalla legge Fornero.

Quindi, alla creazione di disoccupazione, totale o parziale che sia, consegue un costo addossato alle imprese, diversificato a seconda dei casi.

Al di là della misura di tale onere finanziario, è importante sul piano sistematico la generalizzazione di una contribuzione addizionale, prima circoscritta alla sola indennità di mobilità.

13.1. Il costo della CIG

Partendo dal primo profilo, il d.lgs. n. 148/2015, provvede ad introdurre per entrambe le tipologie di intervento CIG un contributo addizionale (c.d. contributo d’uso), incrementato attraverso il suo meccanismo di calcolo e gradualizzato in base alla durata dell’intervento CIG.

Sotto il primo aspetto, viene presa come base di calcolo la retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate e non più l’integrazione salariale corrisposta. Sotto il secondo aspetto, il contributo cresce al maturare delle settimane nel quinquennio mobile, prevedendosi il 9% per le prime 52 settimane, il 12% per le seconde 52 settimane e il 15% a partire dalla 105a settimana147.

144 Si veda l’art. 10, comma 2, lett. b, del d.lgs. n. 150/2015.

145 Si veda l’art. 11, comma 1, lett. b, del d.lgs. n. 150/2015.

146 Si veda l’art. 1, comma 2, lett. a, n. 5, della l. n. 183/2014.

Sono escluse dal contributo addizionale: le imprese assoggettate a procedure concorsuali, anche con continuazione dell’attività aziendale rilevando la concorsualità; quelle ammesse all’amministrazione straordinaria; ed infine, quelle che fanno ricorso alla CIGO per eventi oggettivamente non evitabili148. Con un emanando decreto ministeriale verrà definito l’incremento della contribuzione addizionale a titolo di sanzione per la mancata rotazione149. A parziale compensazione dell’incremento della contribuzione addizionale, v’è un alleggerimento del contributo ordinario per CIGO150

e la conferma di quello per CIGS151.

A tali costi contributivi si aggiunge l’accollo al datore di lavoro della quota di TFR relativa al periodo di sospensione o riduzione dell’orario di lavoro, con abrogazione della l. n. 464/1972, che l’accollava all’Inps ove alla CIGS avesse fatto seguito il licenziamento dei lavoratori. L’unica eccezione in cui permane l’accollo all’Inps è prevista per il contratto di solidarietà difensivo, come ulteriore incentivo all’utilizzo di quest’ultimo, ma a condizione che il lavoratore non venga licenziato per riduzione di personale o per giustificato motivo oggettivo entro i 90 giorni dal termine di fruizione del trattamento, ovvero di un ulteriore trattamento concesso entro i 120 giorni dal termine del precedente152.

Sempre in tema di partecipazione finanziaria dell’impresa al costo dell’intervento di sostegno al reddito in costanza di lavoro, va richiamata la contribuzione ai fondi bilaterali, ovvero al FIS, che è estremamente diversificata a seconda del fondo e della prestazione erogata, dovendosi comunque ribadire il deciso ampliamento dell’area dell’obbligo, esteso ai datori di lavoro che occupano più di cinque dipendenti.

Restringendo il discorso al FIS (già fondo residuale Inps), per il quale la contribuzione è già operativa, è previsto un contributo ordinario distinto per classi dimensionali, a carico del datore per due terzi e del lavoratore per un terzo, che dal 1o gennaio 2016 è dello 0,45% per i datori che occupano fino a 15 dipendenti, elevato allo 0,65% per gli altri. È poi previsto un contributo addizionale, questa volta a carico del solo datore di lavoro, pari al 4% della retribuzione persa, per l’utilizzo delle prestazioni.

Tutte le aliquote innanzi richiamate sono modificabili per esigenze di bilancio.

148 Si veda l’art. 13, comma 3, del d.lgs. n. 148/2015.

149 Si veda l’art. 24, comma 6, del d.lgs. n. 148/2015.

150 Si veda l’art. 13 del d.lgs. n. 148/2015.

151 Si veda l’art. 23 del d.lgs. n. 148/2015.

Non è viceversa previsto il contributo straordinario, operante per i fondi bilaterali di sostegno al reddito e pari all’ammontare delle prestazioni e della contribuzione erogate, in quanto non v’è a carico del FIS l’assegno straordinario.

Per l’effetto che ha sulla tutela della disoccupazione parziale, va detto che è previsto un tetto alle prestazioni in misura pari a quattro volte l’ammontare dei contributi ordinari dovuti dal datore di lavoro, tenuto conto delle prestazioni già deliberate in favore di esso153.

13.2. Il costo della tutela contro la disoccupazione involontaria

La l. n. 92/2012 richiama la disciplina previgente in tema di contribuzione obbligatoria per la disoccupazione involontaria154, confermandola per l’aspi; il d.lgs. n. 22/2015 dichiara, per parte sua, applicabile alla Naspi ogni disposizione sull’Aspi «in quanto compatibile» (art. 14), sicché nulla è cambiato in materia di contribuzione obbligatoria per la disoccupazione involontaria.

Le novità riguardano, viceversa, la contribuzione addizionale; ed infatti, la l. n. 92/2012 pur prevendendo la scomparsa dell’indennità di mobilità al termine del quadriennio transitorio (ormai prossimo alla scadenza, prevista per il 31 dicembre 2016), ne ha mutuato il principio secondo cui il datore di lavoro deve compartecipare al costo del trattamento di disoccupazione, introducendo il c.d. ticket licenziamento155.

Per ogni anno di anzianità aziendale e per un massimo di tre, è, infatti, dovuto il 41% del massimale mensile di Aspi, in ogni caso di cessazione del rapporto «che darebbe diritto all’ASpI»156

.

153 Il tetto diverrà operativo a partire dal 2022, con una neutralizzazione dello stesso per l’anno

2016 e una misura superiore, ma decrescente per gli anni 2017 (10 volte), 2018 (8 volte), 2019 (7 volte), 2020 (6 volte), 2021 (5 volte) (art. 44, comma 5, d.lgs. n. 148/2015).

154 Si veda l’art. 2, comma 25, della l. n. 92/2012, che richiama gli artt. 12, comma 6, e 28,

comma 1, della l. n. 160/1975.

155 Ma sul punto si veda l’art. 2-quater, d.l. 30 dicembre 2015, n. 210, conv. con modif. in l.

25 febbraio 2016, n. 21, che ha modificato l’art. 2, comma 34, l. n. 92/2012, estendendo al 31

dicembre 2016 l’esenzione dal ticket per i licenziamenti dei lavoratori in caso di cessazione

del rapporto per cambio di appalto con assunzione del personale da parte del nuovo appaltatore.

156 Si veda l’art. 2, comma 31, della l. n. 92/2012; per il 2015, il contributo annuo ammonta ad

euro 490,10. Per un’interpretazione di tale disposizione cfr. int. Min. lav. 23 ottobre 2013, n. 29, in relazione all’obbligo del contributo addizionale per l’ipotesi di licenziamento disciplinare.

Il contributo di licenziamento, non obbligatorio ove ancora operante quello di mobilità, è dovuto anche per la disdetta del contratto di apprendistato, in ragione della estensione agli apprendisti della tutela contro la disoccupazione involontaria, e a partire dal 1o gennaio 2016, scaduto il triennio transitorio, per i licenziamenti connessi a cambio appalto con immediata riassunzione dei lavoratori da parte del nuovo appaltatore e per quelli connessi a completamento di attività e chiusura di cantiere nel settore delle costruzioni edili.

Quest’ultima ipotesi finisce con l’equiparare il licenziamento per fine cantiere a quello per riduzione di personale, nonostante la contraria previsione contenuta nell’art. 24 della l. n. 223/1991; la prima ipotesi, finito l’effetto della “narcotizzazione” ad arte posta in essere con la norma transitoria, sta suscitando enormi discussioni in quanto nel cambio appalto la disciplina autonoma prevede il diritto dei lavoratori ad essere riassunti senza soluzione di continuità alle dipendenze del nuovo appaltatore, con prevedibile mancata fruizione della Naspi.

La prevedibile obiezione dell’Inps è incentrata sul collegamento del ticket ad ogni caso di cessazione del rapporto che «darebbe diritto all’ASPI», ipotesi che non si può escludere nel cambio appalto. Invero, il mancato passaggio del lavoratore alle dipendenze dell’appaltatore subentrante può verificarsi o per rifiuto di quest’ultimo di assumere il lavoratore ovvero per il rifiuto da parte del dipendente al passaggio. In quest’ultimo caso il diritto alla Naspi verrebbe meno non sussistendo un’ipotesi di disoccupazione involontaria; nel primo caso, il lavoratore, ove percepita la Naspi ed ottenuto giudizialmente il posto di lavoro alle dipendenze del subentrante, dovrebbe restituirlo; come si vede in entrambi i casi non è affatto scontato che il lavoratore abbia astrattamente diritto alla Naspi.

A partire dal 1o gennaio 2017, per tutti i licenziamenti collettivi per riduzione di personale, in assenza di accordo sindacale, il contributo introdotto dalla l. n. 92/2012 è triplicato (art. 2, comma 35); poiché questa previsione entrerà in vigore il 1o gennaio 2017, quindi al venir meno dell’indennità di mobilità, non può che essere ricondotta ai licenziamenti collettivi per riduzione di personale, attuati da datori di lavoro rientranti nel campo di applicazione della CIGS; ove accolta tale opzione interpretativa, ne consegue un deciso alleggerimento del contributo addizionale rispetto a quello ora previsto dalla l. n. 223/1991, dovendosi mettere a confronto l’attuale contributo pari ad euro 8745,39, ridotto ad euro 2915,13, in caso di accordo sindacale, con quello in vigore dal 1o gennaio 2017, pari ad euro 1470,30, elevato ad euro 4410,90, in caso di mancato accordo sindacale.

Come si vede, a partire dal 1o gennaio 2017 si avrà quasi il dimezzamento del contributo addizionale in entrambe le ipotesi, cioè sia di accordo sia di mancato accordo sindacale.

In simmetria col contributo di licenziamento per i rapporti a tempo indeterminato, la l. n. 92/2012 ha introdotto per quelli «non a tempo indeterminato» un contributo addizionale pari all’1,40% della retribuzione imponibile, prevedendo alcune esclusioni (in primis i lavoratori stagionali)157 e il rimborso totale in caso di stabilizzazione del rapporto158.

La ratio del contributo è evidente e cioè chiamare i datori di lavoro che si avvalgono della flessibilità a partecipare ai costi ad essa connessi.

Volendo fare una valutazione conclusiva sulla compartecipazione finanziaria agli ammortizzatori sociali da parte dei datori di lavoro che ingenerano il ricorso agli stessi, sia in costanza sia alla cessazione del rapporto di lavoro, può richiamarsi la posizione espressa, in un suo recente contributo, dall’economista Paola Potestio, che ragionando di protezione dell’impiego e di assicurazione contro la disoccupazione ha messo in parallelo il modello teorizzato da Blanchard e Tirole con quello sotteso al Jobs Act159.

Nel primo, lo strumento di protezione dell’impiego e di assicurazione contro la disoccupazione è la Layoff Tax o tassa sui licenziamenti, attraverso cui l’impresa è chiamata a tener conto dei costi sociali del licenziamento; nel secondo, questo modello viene recepito, ma solo in parte, a differenza del codice semplificato del lavoro di Ichino-Tiraboschi.

Invero, tutto il ragionamento della Potestio ruota intorno al d.lgs. n. 23/2015, il che spiega il giudizio formulato dalla stessa, ma al contempo ne mostra la decisa limitatezza, venendo da domandarsi perché sui datori di lavoro dovrebbe permanere un obbligo contributivo ove debbano accollarsi l’intero costo degli ammortizzatori sociali!

157 Giova ricordare che, ai sensi dell’art. 2, comma 29, lett. b, della l. n. 92/2012, per le attività

stagionali, definite dagli avvisi comuni e dai contratti collettivi nazionali stipulati entro il 31 dicembre 2011 dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più

rappresentative, l’esonero aveva una durata limitata al periodo dal 1o

gennaio 2013 al 31

dicembre 2015, sicché dal 1o gennaio 2016 anche tali contratti soggiacciono al contributo

addizionale.

158 Si veda l’art. 2, commi 28, 29 e 30, della l. n. 92/2012.

159 Si veda P.POTESTIO, Employment protection e assicurazione contro la disoccupazione: dal

PARTE II: IL RIORDINO DELLA NORMATIVA IN MATERIA DI

Nel documento Lo jus variandi (pagine 130-135)

Documenti correlati