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Le politiche del lavoro nel Jobs Act

Nel documento Lo jus variandi (pagine 95-100)

di Domenico Garofalo

Sommario: 1. Introduzione. – PARTE I: IL RIORIENTAMENTO DELLE POLITICHE PASSIVE. – 2. I tratti caratteristici della riforma degli ammortizzatori sociali. – 3. La riforma della CIG. – 4. L’intervento sui fondi bilaterali di sostegno al reddito. – 5. La rivisitazione del contratto di solidarietà espansiva. – 5.1. La solidarietà espansiva per i lavoratori non pensionabili. – 5.2. La solidarietà espansiva per i lavoratori pensionabili. –

5.2.1. Nel contratto di solidarietà espansivo. – 5.2.2. La riduzione dell’orario di lavoro

fuori dal contratto di solidarietà espansiva. – 6. Un istituto duro a morire: gli ammortizzatori in deroga. – 7. Le modifiche all’art. 3 della l. n. 223/1991. – 8. La soppressione dell’Aspi per i lavoratori sospesi senza CIG. – 9. Il riordino della disciplina per il sostegno al reddito in caso di disoccupazione involontaria. – 10. La tutela della disoccupazione involontaria nei decreti di settembre 2015. – 10.1. Le modifiche ex d.lgs. n. 148/2015. – 10.2. Le modifiche ex l. n. 208/2015. – 11. Il raccordo con la riforma del mercato del lavoro ex d.lgs. n. 150/2015. – 11.1. La condizionalità. – 11.2. Nuova occupazione e obblighi di comunicazione. – 12. Riforma del mercato del lavoro e Naspi. – 13. Il costo degli ammortizzatori sociali a carico delle imprese. – 13.1. Il costo della CIG. – 13.2. Il costo della tutela contro la disoccupazione involontaria. – PARTE II: IL RIORDINO DELLA NORMATIVA IN MATERIA DI SERVIZI PER IL LAVORO E DI POLITICHE ATTIVE. – 14. La ricentralizzazione delle competenze. – 15. Le competenze del Ministero del lavoro. – 16. Segue: e dell’Anpal. – 17. Il passaggio dal vecchio al nuovo sistema. – 18. Il ruolo (residuo) delle Regioni. – 19. Il concorso delle agenzie per il lavoro e del bilateralismo: cooperazione o supplenza? – 20. Il Siupol. – 21. Servizi e misure di politica attiva del lavoro. – 22. Lo stato di disoccupazione. – 23. Il PSP. – 24. La congrua offerta di lavoro. – 25. La condizionalità. – 25.1. La condizionalità per i beneficiari di trattamenti di disoccupazione. – 25.2. La condizionalità per beneficiari di integrazioni salariali, anche a carico dei fondi bilaterali di sostegno al reddito. – 25.3. Lavoro accessorio e condizionalità. – 25.4. Lavoro sommerso e condizionalità. – 26. L’assegno di ricollocazione. – 27. Le attività di pubblica utilità. –

28. La formazione professionale nel d.lgs. n. 150/2015. – 29. Il modello di politica attiva

del lavoro nella riforma Renzi: occupabilità versus attivazione. – 30. La conformità del modello integrato di politica per il lavoro alla strategia Europa 2020.

1. Introduzione

La gran parte del c.d. Jobs Act 2, cioè la l. n. 183/20141 e 5 degli 8 decreti delegati emanati nel 2015 (n. 22, n. 148, n. 149, n. 150 e n. 151), riguardano gli strumenti di governo del mercato del lavoro; a ciò si aggiunga che anche la delega sul riordino dei contratti di lavoro vigenti è diretta a rendere questi «maggiormente coerenti con le attuali esigenze del contesto occupazionale e produttivo»2 nazionale e internazionale, e che persino la revisione della disciplina delle mansioni ha come obiettivo il contemperamento dell’interesse dell’impresa all’utile impiego del personale con quello del lavoratore alla tutela del posto di lavoro, della professionalità e delle condizioni di vita ed economiche3, in caso di processi di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale4, quindi una riforma, anche per la parte relativa al rapporto individuale di lavoro, interamente orientata verso il mercato del lavoro.

Si tratta di un intervento quantitativamente poderoso5 che da un lato, cioè sul versante delle politiche c.d. passive, ha riscritto l’intera disciplina degli ammortizzatori sociali (d.lgs. n. 22/2015 e d.lgs. n. 148/2015), mentre dall’altro, con riferimento alle politiche c.d. attive, è andato ben oltre la mera riscrittura della disciplina, avendo completamente travolto il sistema di gestione del mercato del lavoro, realizzato dalla doppia riforma federalista del 1997-2001, restituendo allo Stato le competenze trasferite circa 20 anni fa alle

1 Su cui v. F. CARINCI, Jobs Act, atto II: la legge delega sul mercato del lavoro, in ADL, 2015,

1 ss., ed ancor prima ID.(a cura di), La politica del lavoro del Governo Renzi – Atto II,

ADAPT University Press, 2014, n. 32.

2

Si veda l’art. 1, comma 7, della l. n. 183/2014.

3 A tal proposito R.DEL PUNTA, Le difficoltà del monitoraggio delle politiche del lavoro e il

contributo dei giuslavoristi, in M.BROLLO, M. MARAZZA (a cura di), Diritto del lavoro e

mercato. L’impatto delle riforme del lavoro nell’analisi giuridica dei dati sull’occupazione,

Cedam, 2015, 113 ss., spec. 115, invita i giuslavoristi a maggiore coerenza, poiché «Se il diritto del lavoro ha a cuore le condizioni dei lavoratori, anche disoccupati, deve preoccuparsi anche delle compatibilità economiche, e dunque dell’impatto reale delle proprie normative, insomma delle conseguenze delle regole».

4 Si veda l’art. 1, comma 7, lett. e, della l. n. 183/2014.

5 Ed, infatti, S.B.CARUSO, M.CUTTONE, Verso il diritto del lavoro della responsabilità: il

contratto di ricollocazione tra Europa, Stato e Regioni, in DRI, 2016, n. 1, 64, ritengono che

«L’aspirazione del Jobs Act nei confronti del diritto del lavoro italiano non è de-regolativa ma ambisce alla ri-regolazione […] alla fine il risultato è un nuovo apparato di regole».

regioni6, e al contempo valorizzando il ruolo dei servizi per l’impiego privati (d.lgs. n. 150/2015)7.

Per altro verso, l’interconnessione tra politiche passive ed attive emerge sin dalla riforma Fornero e viene confermata dall’incipit della l. n. 183/2014, ove compare il riferimento al «coinvolgimento attivo di quanti siano espulsi dal mercato del lavoro ovvero siano beneficiari di ammortizzatori sociali»8, tanto da dare l’impressione che il legislatore delegante abbia avuto «a cuore la

security almeno quanto la flexibility; sembra, anzi, anteporre la prima alla

seconda, dato che le deleghe che riguardano il secondo termine del binomio (la

security) precedono quelle relative alla flexibility»9, ferma restando la necessaria sincronicità degli interventi di flexicurity10.

Strutturali sono anche le novità introdotte dal d.lgs. n. 149/2015, che istituisce l’Ispettorato nazionale del lavoro11

.

Alla semplificazione degli adempimenti a carico del datore di lavoro e ad una rivisitazione del relativo apparato sanzionatorio è dedicato infine il d.lgs. n. 151/2015, anche se la prima parte dello stesso riscrive in più punti la disciplina

6 Sull’argomento si veda D. GAROFALO, Federalismo e diritto “per il” lavoro, Cacucci, 2005;

R. SALOMONE, Il diritto del lavoro nella riforma costituzionale. Esperienze, modelli e tecniche di regolazione territoriale, Cedam, 2005; G. CIOCCA, Devoluzione e diritto del lavoro, Giuffrè, 2008; A. TROJSI, Le fonti del diritto del lavoro tra Stato e Regione, Giappichelli, 2013.

7 Sui rapporti tra attore pubblico e servizi privati all’impiego cfr. S.B.CARUSO, M.CUTTONE,

op. cit., 78, secondo i quali, «Nel mercato dei servizi al lavoro, la partnership si dipana allo

stato puro, ma non occasionale e, anzi, sistemica, in un rapporto prevalentemente di

complementarietà e non di concorrenzialità». Si veda anche A.OLIVIERI, op. cit., § 3, secondo

cui l’importante compito di ridurre la trappola della disoccupazione viene ora affidato ai soggetti privati accreditati a livello regionale; infatti, avendo constatato che il pubblico non colloca nulla e che le imprese si avvalgano di canali informali, si è deciso lo spostamento «dal pubblico al privato del servizio di assistenza intensiva per il reperimento della nuova occupazione».

8

Si veda l’art. 1, comma 1, della l. n. 183/2014.

9 A. ALAIMO, Ricollocazione dei disoccupati e politiche attive del lavoro. Promesse e premesse di security nel Jobs Act del Governo Renzi, Working Paper CSDLE “Massimo D’Antona” – IT, 2015, n. 249, 3.

10 Ivi, 5. Sul punto si veda anche M.MAROCCO, La nuova governance delle politiche attive del

lavoro, in DLRI, 2016, 203 ss., spec. 203, secondo cui le politiche attive del lavoro sono

fondamentali per garantire la stabilità della flessicurezza (ed il c.d. triangolo d’oro della sicurezza), atteso che «in presenza di un mercato del lavoro flessibile e di indennità di disoccupazione generose, l’assenza di efficienti Pal rischia di far collassare quel triangolo, con effetti disastrosi sulle casse pubbliche e sul benessere sociale».

11 Si veda P.RAUSEI, La regia unica della vigilanza all’Ispettorato nazionale del lavoro, in

LG, 2016, n. 1, 5 ss.; E. MASSI, Agenzia unica per le ispezioni del lavoro: aspettative e

dell’inserimento lavorativo dei disabili, collocandosi quindi a mezza strada tra l’intervento di semplificazione e quello sulla politica attiva del lavoro, sia pure destinata ad una specifica categoria di lavoratori portatori di svantaggio. L’analisi di tale poderoso materiale normativo è funzionale a tre verifiche. La prima riguarda la conformità dei decreti delegati ai criteri direttivi enunciati nella l. n. 183/2014.

La seconda tende ad individuare i punti di continuità versus discontinuità, dell’attuale riforma rispetto a quelle precedenti; nello specifico, per quanto concerne gli ammortizzatori sociali, la comparazione va effettuata con il modello delineato nel 1991 con la l. n. 223/1991; per quanto riguarda invece i servizi per l’impiego, ora “servizi per il lavoro”, e la politica attiva per il lavoro, bisogna rapportarsi al modello delineato nel 2000, con il d.lgs. n. 181/2000, strutturato nel 2002 con il d.lgs. n. 297/2002 e ritoccato nel 2012 dalla riforma Fornero.

La terza e ultima verifica riguarda il modello di politica del lavoro prescelto dalla riforma Renzi, in parte anticipato dalla riforma Fornero12.

Ed è proprio rispetto a quest’ultima che non ci si può esimere dal domandarsi il perché di una seconda riforma del mercato del lavoro a meno di tre anni da quella varata nel 2012.

È fuor di dubbio che non si tratti di una riforma della riforma, ma di un completamento della stessa, che si è spinta laddove quest’ultima non era riuscita ad arrivare.

Il punto di partenza delle due riforme è molto simile se non proprio identico, come testimonia il titolo della stessa l. n. 92/2012, e cioè Riforma del mercato

del lavoro in una prospettiva di crescita13. Nella parte introduttiva della legge Fornero si dichiara di voler realizzare «un assetto più efficiente, coerente ed equo degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive del lavoro in una prospettiva di universalizzazione e di rafforzamento dell’occupabilità delle persone»14.

La riforma Fornero del mercato del lavoro si è sviluppata lungo tre direttrici: a. riforma del trattamento di disoccupazione involontaria con l’introduzione

dell’Aspi e della mini-Aspi e l’eliminazione, sia pure dopo un quadriennio transitorio, dell’indennità di mobilità15

;

12

Sulle politiche del lavoro in Italia d’obbligo il rinvio a T. TREU, Le politiche del lavoro, Il

Mulino, 2001.

13 Si veda l’art. art. 1, commi 1-8, della l. n. 183/2014.

14 Si veda l’art. art. 1, comma 1, lett. b, della l. n. 92/2012.

15 Timori per le tensioni sociali derivanti dalla eliminazione dell’istituto sono stati espressi da

b. riconoscimento di una tutela in costanza di rapporto di lavoro a carico del bilateralismo in favore di chi non può fruire della CIG;

c. ritocco della disciplina della politica attiva del lavoro riconducibile al d.lgs. n. 181/2000, specie con riferimento alla condizionalità, a competenze invariate.

Quindi, un primo consistente attacco al sistema degli ammortizzatori sociali, delineato nel 1991; una altrettanto importante accelerazione sulla tutela bilaterale (la c.d. “tutela fai da te”)16; un’accentuazione della condizionalità con l’aggancio dell’offerta congrua di lavoro non più al trattamento retributivo goduto, ma a quello di disoccupazione in godimento.

Il decollo della riforma, specie con riferimento alla politica attiva del lavoro, ha dovuto fare i conti con la crisi, come dimostra il ripristino nel 2013 della norma sulla conservazione dello stato di disoccupazione a fronte di lavori precari17, abrogata dalla legge Fornero: un dietrofront a dir poco repentino. Può, dunque, sostenersi che la riforma del mercato del lavoro del 2012 è stata una riforma a metà18, in quanto era quella possibile nel momento storico in cui è stata varata, peraltro all’indomani della riforma tutta “lacrime e sangue” del sistema pensionistico, varata nel 2011; ne è prova la folta presenza di disposizioni transitorie.

Le prime valutazioni della riforma Renzi del mercato del lavoro, rapportandola al quadro normativo previgente, divergono fortemente, essendosi ipotizzata una discontinuità da parte del prof. Carinci, una continuità da parte del prof. Treu, non escludendosi che l’attuale riforma abbia aggiornato quella del 2012, come sostenuto dal prof. Persiani, in occasione degli interventi introduttivi svolti dagli stessi nell’ultimo seminario di Bertinoro.

su pensioni e ammortizzatori sociali, in M.CINELLI, G.FERRARO, O.MAZZOTTA (a cura di), Il

nuovo mercato del lavoro dalla riforma Fornero alla legge di stabilità 2013, Giappichelli,

2013, 393 ss., spec. 410. Sulla soppressione della mobilità come passaggio normativo

obbligato della riforma delle politiche di sostegno al reddito si veda F.LISO, Appunti per una

lettura degli articoli 2 e 3 della riforma Fornero, in L.FIORILLO, A.PERULLI (a cura di), La

riforma del mercato del lavoro, Giappichelli, 2014, 285 ss., spec. 291 ss.; adde S.RENGA,

Vecchi ammortizzatori sociali a prova di riforma, in M.CINELLI, G.FERRARO, O.MAZZOTTA

(a cura di), op. cit., 543 ss.

16

M.CINELLI, op. cit., spec. 423, ritiene che la disciplina dei fondi bilaterali introdotta dalla riforma Fornero e rivista dal Jobs Act, complessivamente intesa, possa collidere con gli artt. 3 e 38 Cost.

17 Si veda l’art. art. 4, comma 1, lett. a, del d.lgs. n. 181/2000.

18 Sulle lacune della riforma Fornero, specie in ordine al rapporto tra politiche attive e passive,

si veda M.RICCI, I servizi per l’impiego: il quadro legale, in M.BROLLO, M.MARAZZA (a

È utilizzabile, però, un ulteriore criterio di valutazione che riguarda il livello di effettività della riforma che ancora una volta viaggia a due velocità, con un nuovo sistema di ammortizzatori già totalmente operativo (politica passiva), con una politica attiva del lavoro di cui sono delineate le caratteristiche generali, ma tutta da realizzare, e con una “governance bicefala” (Anpal versus Inps) dalle modalità di coordinamento non proprio chiare19.

Nel documento Lo jus variandi (pagine 95-100)

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