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La congrua offerta di lavoro

Nel documento Lo jus variandi (pagine 169-176)

PARTE II: IL RIORDINO DELLA NORMATIVA IN MATERIA DI SERVIZI PER IL LAVORO E DI POLITICHE ATTIVE

24. La congrua offerta di lavoro

Come già anticipato, il d.lgs. n. 150/2015 ha “ripersonalizzato” il meccanismo di condizionalità onde rendere effettivo e non puramente nominale il patto di servizio, così sanando la frattura creatasi tra gli stessi nel 2004 ed accentuatasi nel 2012.

Per rendersi conto di tale frattura occorre effettuare un breve excursus normativo, partendo ovviamente dal provvedimento che per primo ha generalizzato il meccanismo di attivazione e di condizionalità introdotto nel 1991 per i lavoratori collocati in mobilità (artt. 6 e 9, l. n. 223/1991): si allude ovviamente al d.lgs. n. 181/2000 come modificato dal d.lgs. n. 297/2002. L’art. 4, comma 2, del d.lgs. n. 181/2000 qualificava come “congrua” la proposta di lavoro che tenesse conto della «professionalità posseduta dall’interessato»; la stessa norma emendata nel 2002 collegava la congruità alla durata del rapporto offerto (differenziata tra giovani e non) oltre che alla sua collocazione geografica. Ancora, a seguito della seconda modifica del 2012 (l. n. 92/2012) è scomparsa la durata minima del rapporto, confermandosi il requisito della collocazione topografica.

In parallelo, il legislatore ha adottato nel 2004 (art. 1-quinquies, l. n. 291/2004) una nozione di offerta congrua di lavoro riferita ai percettori dei trattamenti di disoccupazione, confermata nel 2008 (art. 19, comma 10, d.l. n.

185/2008), sganciata totalmente dalla professionalità posseduta

dall’interessato ed agganciata al dato retributivo (livello retributivo non

294 Per il termine entro il quale deve essere sottoscritto il PSP v’è un rinvio all’emanando

decreto del Ministero del lavoro ex art. 2, negli artt. 20, comma 1, 21, comma 2, e 22, comma 1, del d.lgs. n. 150/2015; viceversa, non è previsto espressamente un termine per il PSP sottoscritto dai percettori di Asdi, ex art. 21, comma 3, d.lgs. n. 150/2015, e di AIR, ex art. 25, comma 5, d.lgs. n. 150/2015.

inferiore del 20% rispetto a quello delle mansioni di provenienza), fermo il requisito topografico.

La legge Fornero del 2012 ha accentuato questa frattura prevedendo come livello retributivo di riferimento l’importo lordo dell’indennità di disoccupazione cui l’interessato ha diritto, maggiorata di almeno il 20% (art. 4, comma 41), sempre fermo il requisito topografico.

La frattura, evidente, sembra ricomporsi nel d.lgs. n. 150/2015, in quanto l’art. 25 considera “congrua” un’offerta di lavoro misurata in base a quattro indici concorrenti, e cioè:

1. coerenza con esperienza e competenze maturate; 2. collocazione topografica;

3. durata della disoccupazione;

4. retribuzione ancora una volta collegata all’indennità percepita nell’ultimo mese precedente all’offerta (su cui incide il meccanismo del décalage) maggiorata di almeno il 20% (art. 25, commi 1 e 3)295.

Fino all’adozione del provvedimento ministeriale di definizione dell’offerta congrua secondo i quattro indici prima richiamati, e comunque fino alla sottoscrizione del PSP, resta in vigore la disciplina del 2012296.

Orbene, è vero che il quarto indice comporta un ulteriore abbassamento della retribuzione di riferimento per effetto del décalage che caratterizza il trattamento di Naspi (-3% al mese a partire dal quarto), ma è altrettanto vero che questo indice concorre con il primo, e cioè quello della coerenza con le esperienze e competenze maturate, con una risoggettivizzazione della nozione di congrua offerta di lavoro che consente al disoccupato di rifiutare legittimamente una proposta di lavoro che rispetti il quarto criterio ma non anche il primo297.

In ogni caso il rifiuto illegittimo comporta la perdita della prestazione, ma non dello stato (art. 21, comma 7, lett. d).

La conferma del superamento della frattura di cui si parla promana dalla nozione di offerta di lavoro congrua nella disciplina dell’AIR, laddove si prevede nel servizio di assistenza alla ricollocazione l’assunzione da parte del ricollocando dell’onere di «accettare l’offerta di lavoro congrua rispetto alle

295

La nozione di “congrua offerta di lavoro” di cui al d.lgs. n. 150/2015 sembra corrispondere

all’auspicio di N.PACI, op. cit., spec. 604, che invocava l’introduzione di una nozione unica

sul territorio nazionale.

296 Si veda l’art. 34, comma 2, del d.lgs. n. 150/2015.

297 Sull’opportunità di tipizzare a livello normativo gli eventi integranti il giustificato motivo

di rifiuto della congrua offerta, evitando che a tale lacuna sopperiscano le Regioni in modo

sue capacità, aspirazioni e possibilità effettive, in rapporto alle condizioni del mercato del lavoro nel territorio di riferimento nonché al periodo di disoccupazione» (art. 23, comma 5, lett. d): come si vede il requisito retributivo ha lasciato il posto «alle condizione del mercato del lavoro nel territorio di riferimento»; si tratta di una nozione di congrua offerta di lavoro autonoma rispetto a quella a valenza generale dettata dall’art. 25, al quale l’art. 23 non opera alcun rinvio, al pari del patto di servizio di assistenza alla ricollocazione che sospende il PSP (art. 23, comma 5).

Conclusivamente, sia pure con la relatività connessa agli emanandi provvedimenti ministeriali, può sostenersi che il PSP e la congrua offerta di lavoro tornano a dare rilevanza alla professionalità e alle competenza possedute dal ricollocando, allontanando possibili censure di lesione dell’art. 4 Cost. paventate in relazione alla riforma Fornero.

25. La condizionalità

Decisamente centrale, all’interno delle politiche attive del lavoro, è il ruolo assegnato dalla riforma alla condizionalità, diversificata a seconda che riguardi i percettori:

• di trattamenti di disoccupazione (art. 21);

• di integrazione salariale, anche a carico dei fondi bilaterali (art. 22); • dell’AIR (art. 23)298

.

Per la prima e la terza categoria, ma non anche per la seconda, vige l’obbligo di accettare un’offerta di lavoro congrua (ex art. 25) (supra); il motivo di questa esclusione è verosimilmente riconducibile alla circostanza che i percettori di CIG hanno ancora un rapporto di lavoro in atto, ancorché totalmente o parzialmente sospeso, pur se collide con tale esclusione la previsione di orientare l’attivazione del soggetto «in connessione con la domanda di lavoro espressa dal territorio» (art. 22, comma 2, d.lgs. n. 150/2015).

Anche in materia di condizionalità emergono competenze dell’Anpal, alla quale la legge attribuisce il coordinamento della gestione delle politiche di attivazione dei lavoratori disoccupati, specie di quelli percettori di trattamenti di disoccupazione, nonché la definizione delle metodologie di profilazione degli utenti onde determinare il profilo personale di occupabilità.

298 Sulla diversificazione della condizionalità, a seconda che si faccia riferimento al PSP o

all’AIR, cfr. S.B.CARUSO, M.CUTTONE, op. cit., spec. 99 ss., i quali riferiscono il primo al

25.1. La condizionalità per i beneficiari di trattamenti di disoccupazione

Per i beneficiari di trattamenti di disoccupazione, il legislatore espressamente dichiara l’obbligo degli stessi di attenersi ai comportamenti previsti nel PSP, nonché a quelli previsti dalla specifica disciplina degli ammortizzatori. Al contempo viene introdotto un articolato sistema sanzionatorio, diversificato in base al trattamento in godimento.

Come si vede, il meccanismo della condizionalità risulta enormemente diversificato a seconda che vi sia o meno il trattamento di disoccupazione, ed, anzi, solo per il primo caso il legislatore parla espressamente di obblighi e sanzioni, a differenza del secondo caso in cui non è mai utilizzata la parola obbligo e di conseguenza non è neanche prevista la sanzione.

Inoltre, viene valorizzato il ruolo dell’Inps, abilitato a ricevere la DID, funzionale alla domanda di trattamento di disoccupazione (Aspi, Naspi, Dis-coll) e dall’Istituto trasmessa all’Anpal per l’inserimento nel Siupol.

Si riduce, poi, il termine per la stipula del PSP, da 60 a 30 giorni, decorrenti dalla data di inizio della prestazione.

Come già anticipato, la disciplina del PSP diverge da quella prevista per i disoccupati, considerato che i beneficiari di prestazioni di sostegno al reddito, contattano i CPI entro il termine di 15 giorni, e non anche di 30, dalla data di presentazione della DID; in mancanza sono convocati dai CPI entro il termine che sarà fissato dall’emanando decreto ministeriale. Questa previsione è qualificata espressamente LEP299.

Autonomo PSP deve essere poi sottoscritto per godere dell’Asdi (infra). Agli obblighi previsti in via generale dall’art. 20, se ne aggiungono altri previsti ad hoc dall’art. 21. Ad esempio oltre agli appuntamenti previsti nel PSP, il beneficiario può essere convocato nei giorni feriali con un preavviso di almeno 24 e di non più di 72 ore, secondo le modalità concordate nel PSP300. Le sanzioni, diversificate per Naspi e Dis-coll, da un lato, e Asdi dall’altro, hanno un andamento crescente, punendosi la recidiva nell’inottemperanza (cfr. commi 7 e 8), non solo con riduzione, prima, e decadenza, poi, dal

299 Si veda l’art. 28, comma 1, lett. d, del d.lgs. n. 150/2015.

300 Cfr. N.PACI, op. cit., spec. 602, secondo la quale «è poco pratico pretendere che i centri per

l’impiego scrivano lettere di convocazione», auspicando il ricorso al numero di cellulare dell’utente o alla sua posta elettronica, meglio se certificata, così da agevolare l’incontro tra domanda e offerta.

trattamento, ma anche con l’inibizione di una nuova registrazione prima che siano decorsi due mesi dalla decadenza dallo stato di disoccupazione (comma 9). Come sanzione indiretta dovrebbe operare l’estensione anche alla Naspi e al Dis-coll del principio, già affermato per l’Asdi (supra, § 10.1), della neutralizzazione dei periodi di trattamento oggetto di decadenza, come avviene per quelli di trattamento goduto.

La Regione dispone i provvedimenti sanzionatori e l’Inps emette il provvedimento di decadenza, con recupero delle somme non spettanti, impugnabile con ricorso all’Anpal (commi 10 e 12).

L’omessa adozione del provvedimento sanzionatorio comporta la responsabilità disciplinare e contabile del funzionario responsabile (comma 11).

Le risorse non erogate vengono annualmente riversate dall’Inps per il 50% al fondo ex l. n. 147/2013 e per il restante 50% alle strutture regionali e delle PATB, che hanno emesso i relativi provvedimenti sanzionatori, per incentivare il personale al raggiungimento di particolari obiettivi (comma 13).

La disciplina contenuta nell’art. 21 è ascritta a LEP, limitatamente alla previsione sulla sottoscrizione del PSP (comma 2), anche se la rubrica dell’articolo rimanda ai LEP.

25.2. La condizionalità per i beneficiari di integrazioni salariali, anche a carico dei fondi bilaterali di sostegno al reddito

Già il d.lgs. n. 148/2015 (art. 8) prevede che i lavoratori sospesi o che abbiano una riduzione superiore al 50% dell’orario di lavoro, calcolato in un periodo di 12 mesi, sono soggetti agli obblighi di condizionalità previsti dall’art. 22 del d.lgs. n. 150/2015.

La disciplina dettata da quest’ultima disposizione, unitamente a quella rinvenibile in altre disposizioni del d.lgs. n. 150/2015, prevede in capo ai soggetti individuati dall’art. 8, comma 1, l’obbligo di stipulare un PSP, rendendosi disponibili alle misure di politiche attiva del lavoro loro offerte (art. 20, comma 3), nonché alle attività socialmente utili (art. 26, commi 1-4). È ovvio che la convocazione di costoro per stipulare il PSP deve avvenire in orario compatibile con la prestazione lavorativa e tenuto conto della situazione operativa dei CPI.

Viene, poi, articolato un ventaglio di sanzioni rispettivamente per la mancata presentazione alle convocazioni o la mancata partecipazione alle iniziative di orientamento, di politica attiva e di attività socialmente utili.

Anche in questo caso le somme risparmiate per le prestazioni non erogate sono destinate al 50% al fondo ex l. n. 147/2013 e per il restante 50% alle regioni cui fanno capo i CPI che hanno adottato i provvedimenti di decadenza per incentivare il personale al raggiungimento di particolari obiettivi.

Sul livello di effettività del meccanismo di condizionalità per i percettori di CIG, pesa come un macigno la mancata ricomprensione dell’art. 22 del d.lgs. n. 150/2015 tra le disposizioni qualificate dal successivo art. 28 come LEP, che riconduce, inevitabilmente, agli obblighi in capo ai servizi per l’impiego, pubblici o privati autorizzati di fornire agli utenti le misure di politica attiva per il lavoro previste dalla legge.

Quindi, se la politica attiva per i percettori di CIG non è accompagnata dalla garanzia dei LEP ciò comporta che a carico dei servizi per il lavoro non gravi un obbligo quali-quantitativo di fornire ai percettori misure di politica attiva. Tale lettura potrebbe essere contraddetta dalla ricomprensione tra i LEP dell’art. 20 sul PSP, che è previsto indifferentemente per i percettori di CIG (art. 22) o di trattamenti di disoccupazione (art. 21), ma a questo punto non si giustifica l’esplicito richiamo nell’art. 28 del d.lgs. n. 150/2015 dell’art. 21, comma 2 (stipula del PSP), e non anche del successivo art. 22.

25.3. Lavoro accessorio e condizionalità

Nella direzione dell’attivazione del soggetto percettore di sostegno al reddito, sia in costanza di rapporto di lavoro sia in caso di disoccupazione totale, si muove la ribadita cumulabilità tra reddito da lavoro accessorio ed ammortizzatore sociale.

La previsione contenuta nell’art. 48, comma 2, del d.lgs. n. 81/2015 conferma quanto già statuito nel 2012 dalla legge Fornero (rectius d.l. n. 83/2012, art. 46-bis), e cioè che i percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito possono rendere prestazioni di lavoro accessorio in tutti i settori produttivi, compresi gli enti locali, nel limite complessivo di euro 3.000 di compenso per anno civile (1o gennaio-31 dicembre)301.

La contribuzione prelevata dal voucher viene sottratta da quella figurativa che compete ai percettori.

La novità recata dal Jobs Act 2 è quella di aver fatto diventare strutturale questa misura di attivazione.

301 Sui meccanismi di cumulo si rinvia alle indicazioni operative dell’Inps, fornite con circ. 13

ottobre 2015, n. 170, che ha dettagliato il cumulo rispetto all’indennità di mobilità, Naspi, disoccupazione agricola e CIG.

Rispetto al lavoro accessorio si pone il problema dell’operatività della condizionalità sotto due distinti profili. Il primo riguarda la riconducibilità di queste prestazioni all’offerta congrua di lavoro ex art. 25, d.lgs. n. 150/2015, e quindi se il rifiuto di un’occasione lavorativa accessoria, produca o meno conseguenze a carico del percettore.

La risposta deve essere senz’altro negativa, per l’ontologica incompatibilità del lavoro accessorio con la “congruità” dell’offerta.

Il secondo profilo va in direzione diametralmente opposta, e cioè se sia legittimo o meno il rifiuto di una congrua offerta di lavoro da parte del percettore che sia impegnato in prestazioni di lavoro accessorio.

Anche in questo caso si opta per la risposta negativa; in primo luogo, perché il lavoro accessorio non crea alcun vincolo in capo al prestatore, esaurendosi l’obbligo lavorativo al compimento di ogni singola prestazione; in secondo luogo, ammettere il legittimo rifiuto significherebbe aprire una falla nel meccanismo di condizionalità, consentendosi il lavoro nero temporaneamente legittimato dai voucher302.

25.4. Lavoro sommerso e condizionalità

Non si può dubitare che all’ineffettività dei sistemi di condizionalità posti a carico del disoccupato percettore di integrazione del reddito, niente affatto nuovi visto che se ne rinvengono tracce già nei primi provvedimenti legislativi in materia di trattamenti di disoccupazione (inizi del Novecento)303 concorrono due diversi fattori; il primo è rappresentato dall’inefficacia dei servizi per l’impiego regionalizzati con un effetto di scoraggiamento sui potenziali utenti; il secondo, non meno deleterio, è la piaga del lavoro nero o sommerso, fortemente alimentato proprio dei percettori di sostegno al reddito304.

Per contrastare tale fenomeno il Jobs Act 2 ha adottato alcune misure.

La prima è rinvenibile nella costituzione dell’Ispettorato nazionale del lavoro (d.lgs. n. 149/2015) la cui attività sinergica può meglio contrastare il

302 Su cui si veda A.ZILLI, Accessorio a chi? Lavorare per voucher dopo il d.lgs. n. 81/2015,

in LG, 2015, n. 12, 1170.

303

Si veda il r.d. n. 2270/1924, nonché l’art. 73 del r.d.l. n. 1827/1935. In dottrina si veda L. MENGONI, La tutela dei lavoratori contro la disoccupazione nel diritto italiano, in AA.VV., La

tutela dei lavoratori contro la disoccupazione nei Paesi membri della C.E.C.A., Servizi

Pubblicazioni delle Comunità Europee, 1961, 369 ss., spec. 394.

304 Apprezza lo sforzo del legislatore, funzionale a rafforzare la condizionalità per contenere,

fenomeno305. Peraltro è prevista una stretta interconnessione informativa tra Ispettorato e Inps/Inail/Agenzia delle entrate306.

La seconda misura è la revisione dell’apparato sanzionatorio in materia di lavoro e legislazione sociale307; tra le norme revisionate v’è l’art. 3 del d.l. n. 12/2002, che com’è noto reca la disciplina della maxi sanzione per lavoro nero. Sotto questo profilo le novità sono due: una maxi-sanzione, determinata per fasce di periodi di utilizzo di lavoratori irregolari, che può arrivare sino a € 36.000 ove superati 60 giorni di effettivo utilizzo, incrementata del 20% per lavoratori stranieri e minori; l’applicabilità della diffida ex art. 13, d.lgs. n. 124/2004, prima esclusa, che prevede la regolarizzazione degli irregolari con durata del rapporto (anche part-time) minima garantita.

Nel documento Lo jus variandi (pagine 169-176)

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