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La ricentralizzazione delle competenze

Nel documento Lo jus variandi (pagine 135-141)

PARTE II: IL RIORDINO DELLA NORMATIVA IN MATERIA DI SERVIZI PER IL LAVORO E DI POLITICHE ATTIVE

14. La ricentralizzazione delle competenze

Se si volesse sintetizzare il contenuto del d.lgs. n. 150/2015, ovvero individuarne le parole chiave, potrebbe sostenersi che esso tende alla

ricentralizzazione (delle competenze in materia di mercato del lavoro), alla informatizzazione (della gestione del mercato del lavoro) ed infine alla integrazione (delle politiche attive e passive)160.

L’obiettivo perseguito con il “riordino” della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive è chiaramente enunciato nell’art. 1, comma 3, della l. n. 183/2014, e cioè da un lato garantire la fruizione dei servizi essenziali in materia di politiche attive del lavoro su tutto il territorio nazionale e dall’altro lato assicurare l’esercizio unitario delle relative funzioni amministrative.

Entrambi gli obiettivi hanno sullo sfondo le raccomandazioni europee in materia di politiche attive, quali investimenti sociali161, e riconducono alle competenze in materia di mercato del lavoro previste nella Costituzione agli artt. 117, commi 2 e 3 (a livello legislativo), e 118 (a livello amministrativo), apparendo subito evidente che il “riordino” mette in discussione l’assetto di competenze delineato dalla doppia riforma federalista del 1997 (l. n. 59/1997, legge Bassanini)162 e del 2001 (riforma del titolo V, parte II, Cost.), puntando alla ricentralizzazione delle stesse.

Se i servizi essenziali fossero stati garantiti in modo uniforme su tutto il territorio nazionale verosimilmente ciò non sarebbe accaduto; ma così non è stato, sicché la ricentralizzazione delle competenze, sia pure con alcuni distinguo, non appare del tutto fuori luogo163.

160 Sull’integrazione fra politiche attive e passive si veda E.GRAGNOLI, op. cit., § 14, secondo

il quale l’integrazione «non è possibile oltre certi limiti, per la separazione degli strumenti, l’uno costruito su fattispecie astratte, alla ricerca di maggiore uguaglianza, l’altro sulla personalizzazione».

161

Cfr. A.ALAIMO, Ricollocazione dei disoccupati e politiche attive del lavoro. Promesse e

premesse di security nel Jobs Act del Governo Renzi, cit., 6-7.

162 Su cui si veda F. CARINCI,R.DE LUCA TAMAJO, P.TOSI, T. TREU (a cura di), I servizi per

l’impiego tra pubblico e privato, in QDLRI, 1999, n. 22.

163 Condivide la scelta ricentralizzatrice M.MAROCCO, op. cit., 203, secondo il quale l’azione

di riforma si è incentrata sull’introduzione di una regia nazionale, rimedio ad «una rete di erogazione delle Pal acefala», riconducibile alla riforma Bassanini.

Pur prevedendosi che la neocostituita Anpal coordini la rete nazionale dei servizi per le politiche del lavoro164 nel rispetto delle competenze in materia di mercato del lavoro costituzionalmente riconosciute alle Regioni e che vengono mantenute quelle spettanti alle Regioni a statuto speciale e alle PATB165, si assiste ad una ricentralizzazione delle competenze, avvalorata da due significative conferme testuali, e cioè l’abrogazione dei d.lgs. n. 469/1997 e n. 181/2000166, nonché il mancato richiamo, sia nella l. n. 183/2014, sia nel connesso d.lgs. n. 150/2015, degli artt. 117 e 118 Cost., sui quali si regge la gestione e la regolazione regionalizzata del mercato del lavoro.

È naturale chiedersi se questa scelta sia costituzionalmente legittima167.

Nel rispondere all’interrogativo non può farsi a meno di evidenziare che lo schema di decreto legislativo, approvato dal Governo l’11 giugno 2015, ha riscosso l’intesa in sede di Conferenza permanente Stato-Regioni, dopo che il Governo, recependo alcuni rilievi formulati dalle Regioni, ha apportato una serie di modifiche allo schema di decreto, ma senza alterarne l’impianto complessivo.

164 Si veda l’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 150/2015, che individua i soggetti pubblici o privati

che costituiscono la rete. In particolare la rete è costituita da: Anpal, strutture regionali per le politiche attive del lavoro, Inps (in relazione alle competenze in materia di incentivi e strumenti di sostegno al reddito), Inail (in relazione alle competenze in materia di reinserimento e di integrazione lavorativa delle persone con disabilità da lavoro), agenzie per il lavoro e soggetti autorizzati all’intermediazione, fondi interprofessionali, fondi bilaterali, Isfol, sistema delle Camere di Commercio, università e istituti di scuola secondaria di secondo

grado. A proposito del coinvolgimento dell’Inps, secondo M.MAROCCO, op. cit., 204, la sua

presenza è determinata dall’evidente «legame tra Pal e politiche passive (c.d. condizionalità), legame che ha carattere strutturale nell’ambito della strategia di flexicurity». Quanto al

coinvolgimento delle scuole, S.VERGARI, Prove di convivenza. L’organizzazione del lavoro

dopo il d.lgs. n. 150/2015, in E.GHERA, D.GAROFALO (a cura di), op. cit., § 4, evidenzia, in modo totalmente condivisibile, che «Per vincere la persistente ritrosia di molte istituzioni scolastiche ad occuparsi stabilmente di orientamento e di accompagnamento al lavoro dei propri studenti, anziché solo di formazione, sarebbe stata opportuna un’esplicita dichiarazione normativa sul ruolo ad esse richiesto all’interno della rete. Siffatta precisazione sarebbe servita, soprattutto, per rimuovere gli equivoci esistenti intorno al rapporto tra tali istituzioni e i centri per l’impiego». A livello di riflessione personale, si aggiunge che il placement degli studenti è l’unica soluzione da prendere in seria considerazione al lento declino delle università italiane, con il crescente calo degli iscritti dovuto proprio alla mancanza di prospettive occupazionali.

165

Sulla condizione particolare delle Regioni e delle Province a statuto autonomo si veda S. VERGARI, op. cit., § 7.

166 Ad eccezione delle due norme sugli adempimenti assunzionali, per modifica e cessazione

del rapporto di lavoro ex artt. 1-bis e 4-bis.

167 Secondo M.RICCI, op. cit., 119 ss., spec. 122-123, essa avrebbe violato il principio di leale

Quindi, non v’è dubbio che la ricentralizzazione delle competenze appare condivisa dalle Regioni, non dissimilmente da quanto è accaduto in materia di apprendistato sin da 2011 con il varo del Testo Unico, d.lgs. n. 167/2011168. A ben guardare, il fenomeno della ricentralizzazione preesiste al Jobs Act, ma anche alla riforma Fornero, potendolo ricondurre ad una scelta politica non solo del Governo in carica169. Esso costituisce la risposta all’inefficienza della macchina regionale progressivamente emersa nell’ultimo quindicennio170

, ma anche alla insostenibilità finanziaria da parte delle Regioni delle competenze in materia di mercato del lavoro; detto in parole povere, meno competenze hai, meno risorse hai da impegnare, il che spiega l’atteggiamento passivo delle Regioni171, che ha portato al consenso da esse prestato, prima, alla riforma dell’apprendistato e, poi, del mercato del lavoro.

Tornando all’originario interrogativo, circa la legittimità costituzionale del d.lgs. n. 150/2015, la risposta può essere data a seconda che si ragioni a Costituzione invariata ovvero modificata secondo il disegno di legge costituzionale di iniziativa governativa attualmente in discussione in Parlamento (d.d.l. S 1429-D; d.d.l. C 2613-D).

Nel primo caso, il d.lgs. n. 150/2015 ha blindato le proprie scelte utilizzando lo scudo protettivo dei LEP172: tutte le norme “a rischio” sono state esplicitamente qualificate come LEP173.

168 Su cui si veda F. CARINCI, E tu lavorerai come apprendista, Cedam, 2012.

169 Cfr. A. ALAIMO, Politiche attive, servizi per l’impiego e stato di disoccupazione, in M.

CINELLI, G.FERRARO, O.MAZZOTTA (a cura di), op. cit., 648 ss., spec. 653.

170

Tenuto conto della esperienza all’interno della agenzia per il lavoro di Trento ben si

comprende e, limitatamente a quella esperienza, si condivide la riflessione di S.VERGARI, op.

cit., § 2, secondo il quale «Un cambio di passo intelligente esige che la riorganizzazione dei

rapporti tra Stato e Regioni e tra queste e i livelli territoriali inferiori non produca alcun peggioramento dei servizi ai cittadini ed esprima, anzi, una concreta e tangibile rivitalizzazione del loro compito».

171

Non a caso V. FILÌ, Il riordino della normativa sui servizi per l’impiego, relazione alla

giornata di studi Il diritto del lavoro all’epoca del Jobs Act, Benevento, 2 ottobre 2015, in corso di pubblicazione negli atti a cura di Francesco Santoni, Maurizio Ricci e Rosario Santucci, § 1 del dattiloscritto, evidenzia che le Regioni sono «messe sotto tutela» nel momento in cui si ricentralizza la gestione del mercato del lavoro.

172 Sui LEP come «criterio utile per la delimitazione dei veri diritti sociali» (legati al concetto

di bisogni e distinti dai desideri) si veda A.SPADARO, op. cit., 15 ss., spec. 28 ss., che ipotizza

una «sistematizzazione» dei diritti sociali in atto, esistenti anche per creazione giurisprudenziale, oltre che un sistema multilivello di LEP che vada dall’universale all’infra-nazionale.

173 Si veda l’art. 28 del d.lgs. n. 150/2015, che dopo aver ribadito la necessità di prevedere gli

obiettivi annuali dell’azione in materia di politiche attive, anche al fine di tener conto della situazione di fatto e delle peculiarità territoriali, qualifica come LEP le norme contenute negli

A quest’ultimo riguardo va evidenziata la scelta del legislatore delegato di circoscrivere la qualificazione come LEP solo al comma 2 dell’art. 21, non menzionando affatto il successivo art. 22, pur se entrambi gli articoli recano nella rubrica il riferimento ai LEP174. La spiegazione sta tutta nella qualificazione come LEP degli artt. 18 e 20 del d.lgs. n. 150/2015, rispettivamente sulle misure di politica attiva e sul PSP, nonché dell’art. 21, comma 2, rientrando nell’area dei livelli essenziali i meccanismi sanzionatori previsti a carico dei percettori di sostegno al reddito.

La configurazione delle misure di politica attiva come LEP pone a sua volta una serie di interrogativi.

Il primo riguarda la legittimità della scelta legislativa, alla luce della giurisprudenza costituzionale in materia di livelli essenziali175; il secondo, concerne la fase di transizione e cioè involge la legittimità della normativa regionale esistente, che deve ritenersi travolta dall’abrogazione dei d.lgs. n. 469/1997 e n. 181/2000 seppur in attesa dell’attivazione del nuovo sistema delineato dal d.lgs. n. 150/2015. Il terzo ed ultimo interrogativo afferisce alla possibilità per il disoccupato di pretendere le misure di politica attiva del lavoro qualificate come prestazioni essenziali; non pare possa dubitarsi che, ricorrendone le condizioni soggettive previste dalla legge, il lavoratore sospeso o ad orario ridotto e quello disoccupato abbiano diritto di godere degli ammortizzatori sociali, restando in cambio obbligati alla condizionalità e, allora, riemerge l’annoso interrogativo176

se tale relazione giuridica (diritto

versus obbligo) ricorra anche rispetto alle misure di politica attiva,

quantomeno al livello delle prestazioni essenziali, ora individuate nel d.lgs. n.

artt. 11, comma 1, lett. a-d (organizzazione dei servizi per il lavoro a livello regionale), 18 (principi generali comuni in materia di PAL), 20 (PSP), 21, comma 2 (modalità e tempistica del contatto tra percettori/CPI), e 23 del d.lgs. n. 150/2015. Sulla correttezza sul piano tecnico-giuridico di qualificare i LEP non misure di politica attiva, ma norme, si tornerà più oltre.

174

È della stessa opinione P.PASCUCCI, I livelli essenziali delle prestazioni, in E.GHERA, D.

GAROFALO (a cura di), op. cit., § 11, secondo il quale «Seppur non sia stato richiamato dall’art. 28, anche il successivo art. 22 (dedicato ai beneficiari di strumenti di sostegno al reddito in costanza di rapporto di lavoro) dovrebbe per analogia considerarsi norma che prevede livelli essenziali delle prestazioni, per lo meno relativamente al c. 1. In questi termini pare deporre non solo la rubrica della norma, che evoca esplicitamente i livelli essenziali delle prestazioni relative ai predetti soggetti, ma anche il tenore “prestazionale” del c. 1 anche per il suo stretto legame con il patto di servizio, la cui disciplina è identificata, come si è appena visto, come livello essenziale di prestazione».

175 Per l’approfondimento di queste problematiche si rinvia al contributo di P.PASCUCCI, op.

cit.

176 Cfr. M. RUSCIANO, Il lavoro come diritto: servizi per l’impiego e decentramento

150/2015 dalle “norme-LEP”. Si ritorna, come si vede, alla questione se e in che misura il diritto sociale al lavoro, ex art. 4 Cost., configuri in capo al cittadino il diritto (e non anche una mera aspettativa) all’adozione da parte della Repubblica delle misure di promozione della occupazione volte a rendere effettivo quel diritto177. Per altro verso affiora l’interrogativo se la condizionalità, nelle sue varie declinazioni, sia riconducibile al secondo comma dell’art. 4 Cost., costituendone la prima tangibile concretizzazione178

. Se si è risposto affermativamente ad entrambi gli interrogativi oltre dieci anni fa179, ancor più si è convinti oggi di tale conclusione alla luce del d.lgs. n. 150/2015.

Tornando al ruolo delle Regioni, lo stesso non viene negato ma letteralmente ingabbiato sotto il profilo funzionale attraverso i LEP e sotto quello strutturale in ragione delle competenze dell’Anpal, secondo un modello di “riaccentramento partecipato”180

.

A costituzione riformata, i dubbi di costituzionalità svaniscono totalmente.

Comparando la riforma Renzi del mercato del lavoro, sotto il profilo delle competenze, con il disegno di legge costituzionale di iniziativa governativa – in discussione, al momento in cui si scrive, alle Camere – per la parte relativa alla revisione del titolo V, parte II, Cost.181, appare in tutta evidenza la loro inscindibilità, tanto da poter affermare che “simul stabunt simul cadent”182

! Alla soppressione dell’ente più inutile che l’ordinamento repubblicano abbia mai conosciuto, e cioè le Province, si accompagna il riassetto delle competenze, ricentralizzate in capo allo Stato, cui spettano a livello legislativo,

ex art. 117, secondo comma, lett. m, le politiche sociali; lett. n, le disposizioni

generali e comuni sull’istruzione, l’ordinamento scolastico, l’istruzione universitaria e la programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica; lett. o, la tutela e sicurezza del lavoro, le politiche attive del lavoro, le disposizioni generali comuni sull’istruzione e formazione professionale.

177 Cfr. D.GAROFALO, Formazione e lavoro tra diritto e contratto. L’occupabilità, Cacucci,

2005; ma sul potenziamento del sostegno all’occupazione ancor prima si veda T. TREU, Il

diritto del lavoro: realtà e possibilità, in ADL, 2000, 467 ss. spec. 507, 512, 514, 522.

178 Cfr. B. CARUSO, Nuove traiettorie del diritto del lavoro nella crisi europea. Il caso

italiano, cit. 179

D.GAROFALO, Formazione e lavoro tra diritto e contratto. L’occupabilità, cit.

180 Per una lettura in positivo del fenomeno, riconducibile al metodo della collaborazione tra

Stato e Regioni, si veda S.VERGARI, op. cit., § 1.

181 Si vedano gli artt. 30-35 del testo approvato dalla Camera dei Deputati, C 2613-D.

182 Tanto da indurre M.MAROCCO, op. cit., 204, a ritenere transitoria la riforma operata con il

Nonostante lo scetticismo sulla possibilità di una modifica repentina dell’art. 117 Cost.183, è sostanzialmente destinata a scomparire la competenza concorrente ma non è esclusa, anzi è consentita previa intesa, la delega della funzione legislativa ad una o più Regioni in materia di politiche attive del lavoro e formazione professionale (art. 116, ultimo comma, Cost.), così potendosi premiare le Regioni virtuose184.

Alle competenze legislative conseguono quelle amministrative, anch’esse delegabili.

La conferma della ricentralizzazione delle competenze ad opera del d.lgs. n. 150/2015, promana dal riparto delle stesse185 tra Ministero del Lavoro, la neo costituita Anpal e le Regioni/PATB.

Fa da collante la rete nazionale dei servizi per le politiche del lavoro, i cui obiettivi sono, da un lato, promuovere l’effettività del diritto al lavoro e alla formazione professionale (artt. 1-4, 35 e 37 Cost.); dall’altro lato, garantire, ex art. 29 della Carta dei diritti fondamentali UE, il diritto di ogni individuo di accedere a servizi di collocamento gratuiti, mediante servizi efficienti che possano soddisfare le esigenze dei datori di lavoro e dei lavoratori.

All’interno della rete il Ministro del lavoro, le Regioni e le PATB, per le parti di rispettiva competenza, esercitano il ruolo di indirizzo politico in materia di politiche attive per il lavoro, individuando strategie, obiettivi e priorità, mentre la cabina di regia dell’intera politica attiva è affidata alla neocostituita Anpal. Viene, quindi, (ri)disegnata una struttura piramidale al cui apice c’è il Ministero del lavoro poggiato, al livello inferiore, sulle spalle larghe dell’Anpal, mentre alla base operano le Regioni e le PATB ed i soggetti privati accreditati, in concorso con le prime ma anche in sostituzione delle stesse (infra).

183 Cfr. E.GRAGNOLI, op. cit., § 10.

184 Positivamente sulla delegabilità di funzioni legislative alle Regioni più virtuose si veda A.

ALAIMO, Ricollocazione dei disoccupati e politiche attive del lavoro. Promesse e premesse di security nel Jobs Act del Governo Renzi, cit., 22; analogamente S.VERGARI, op. cit., § 7. Un giudizio negativo sulle forme particolari di autonomia di cui all’art. 116 Cost., nel testo

risultante dal d.d.l. n. 1429-B (ora d.d.l. S 1429-D), è, invece, rinvenibile in G.LELLA, Il

difficile cammino della riforma dei servizi per il lavoro. Profili costituzionali, riforme istituzionali e attribuzione delle funzioni e dei compiti amministrativi in materia di politiche attive del lavoro, in DLRI, 2016, 189 ss., spec. 193; emerge con tutta evidenza la difesa

d’ufficio delle Regioni, compresa la Puglia, che con la loro politica hanno portato al riaccentramento delle competenze.

Nel documento Lo jus variandi (pagine 135-141)

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