PARTE I: IL RIORIENTAMENTO DELLE POLITICHE PASSIVE
2. I tratti caratteristici della riforma degli ammortizzatori sociali
Come testé anticipato, la riforma degli ammortizzatori sociali, in essi ricomprendendo il sostegno al reddito in caso di disoccupazione sia parziale sia totale, utilizzando la nota bipartizione del prof. Persiani, non è figlia solo del Jobs Act 2, ma anche della l. n. 92/201220, di cui rappresenta il naturale completamento, secondo lo schema della “riforma a rate”.
Ne consegue che il d.lgs. n. 148/2015 (sui trattamenti di sostegno al reddito in costanza di rapporto di lavoro) e il d.lgs. n. 22/2015 (sui trattamenti di disoccupazione) – quest’ultimo ritoccato dai decreti di settembre 2015 e anche dalla l. n. 208/2015 (legge di stabilità per il 2016) – sono in perfetta continuità con la l. n. 92/2012, intervenendo laddove quest’ultima ha dovuto, per varie ragioni, contenere la riforma.
I tratti salienti della riforma degli ammortizzatori sociali operata dal Jobs Act 2 sono coessenziali agli obiettivi dalla stessa perseguiti e cioè, da un lato, il progressivo superamento di ogni forma di sostegno del reddito che possa costituire incentivo, sia pure parziale, al mantenimento dello stato di disoccupazione, o comunque alla rinuncia alla ricerca di un’occupazione
19 Sul legame tra le riforme degli ammortizzatori sociali e dei servizi per l’impiego, facenti
parte di un disegno unitario, ma reciprocamente integrate l’una con l’altra, si veda A.ALAIMO,
op. cit., 7 ss.; A.ALAIMO, L’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL), in
E. GHERA, D. GAROFALO (a cura di), Commentario al d.lgs. 14 settembre 2015, n. 150,
Cacucci, 2016, in corso di pubblicazione, § 1.
20 Su cui v. M. PERSIANI, S. LIEBMAN, Il nuovo diritto del mercato del lavoro. La l. n. 92 del
2012 (c.d. «riforma Fornero») dopo le modifiche introdotte dalla l. n. 99 del 2013, Utet, 2013;
P. CHIECO (a cura di), Flessibilità e tutele nel lavoro, Cacucci, 2013; M. CINELLI, G.
regolare21; dall’altro lato, rendere più efficiente, coerente ed equo l’assetto degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive in una prospettiva di universalizzazione e di rafforzamento dell’occupabilità delle persone22
.
Gli strumenti funzionali a tali obiettivi sono chiaramente individuati nella norma di apertura della legge delega23, così sintetizzabili:
a. realizzare tutele uniformi, eliminando le differenziazioni che
caratterizzavano il vecchio sistema;
b. legare i trattamenti di disoccupazione alla storia contributiva del lavoratore; c. generalizzare la tutela contro la disoccupazione parziale e totale,
ricomprendendo i soggetti prima esclusi;
d. razionalizzare e semplificare l’utilizzo della CIG, recuperando la sua funzione di temporaneo sostegno al reddito, con definitiva scomparsa delle deroghe;
e. collegare le politiche passive a quelle attive, coinvolgendo i percettori di ammortizzatori sociali in percorsi di attivazione, onde favorire il loro reinserimento lavorativo;
f. sul versante dei datori di lavoro, accentuare la loro partecipazione finanziaria al costo degli ammortizzatori sociali;
g. infine, rafforzare il concorso del bilateralismo a supporto (a volte integrativo, a volte sostitutivo) del welfare pubblico.
Le valutazioni della riforma degli ammortizzatori sociali, dapprima a margine della l. n. 92/2012, e poi dei d.lgs. n. 22/2015 e n. 148/2015, divergono a secondo dell’angolo di visuale prescelto.
Ove si privilegi l’aspetto prettamente tecnico – giuridico, la valutazione è tendenzialmente positiva, riconoscendosi alle riforme Fornero – Renzi, coerenza ed aderenza agli obiettivi perseguiti e ai criteri fissati, oltre che il merito di aver realizzato una grossa semplificazione dell’apparato normativo. Se, viceversa, si sceglie l’angolo di visuale della politica di welfare, il giudizio non è altrettanto positivo, anzi, è decisamente critico.
Partendo dal più generale fenomeno di riconfigurazione del nostro sistema previdenziale e assistenziale in atto, di cui il Jobs Act costituisce un momento, e restringendo la riflessione al sistema degli ammortizzatori sociali, Maurizio Cinelli ha evidenziato le seguenti criticità:
a. frattura rispetto al sistema preesistente, caratterizzato da tutele sociali effettive;
21 Si veda il parere approvato nella seduta del 5 agosto 2015 con osservazioni dalle
Commissioni Lavoro di Camera e Senato.
22 Si veda l’art. 1, comma 1, lett. d, della l. n. 92/2012.
b. estensione agli ammortizzatori sociali del principio meritocratico24, già applicato al sistema pensionistico, peraltro depresso dalla standardizzazione delle prestazioni (collegamento della Naspi alla storia contributiva del lavoratore);
c. abbandono dell’automatismo delle prestazioni (con riferimento ai fondi di sostegno al reddito;
d. ridimensionamento della contribuzione figurativa (già avviato dalla l. n. 92/2012), con incidenza sulla tutela pensionistica;
e. elevazione dei fondi bilaterali (il “fai da te” previdenziale) a componente strutturale (e non più eventuale) del sistema di protezione sociale del reddito;
f. affievolimento in progress dei diritti sociali25, ormai caratterizzati dalla
eventualità, temporaneità e condizionalità26 (Asdi, contratto di
ricollocazione, ecc.).
Quindi, un arretramento delle strutture di protezione sociale27, invece che un avanzamento per bilanciare la precarizzazione del lavoro; è stato sostanzialmente tradito lo scambio tra flessibilità e sicurezza28.
24 S. RENGA, Post fata resurgo: la rivincita del principio assicurativo nella tutela della
disoccupazione, in LD, 2015, n. 1, 77 ss., parla di vendetta del principio assicurativo; di
contrario avviso è M.D.FERRARA, Il principio di condizionalità e l’attivazione del lavoratore
tra tutela dei diritti sociali e controllo della legalità, ivi, n. 4, 639 ss., spec. 655, che, a
proposito della riforma del sostegno al reddito in caso di disoccupazione, parla di «fuga dai canoni previdenzialistici», con «attrazione di questa categoria nell’area dell’assistenza».
25 Sulla sostenibilità economica e sulla ragionevolezza giuridica dei diritti sociali, intesi quali
facce della stessa medaglia, si veda A. SPADARO, La crisi, i diritti sociali e le risposte
dell’Europa, in B. CARUSO, G. FONTANA (a cura di), Lavoro e diritti sociali nella crisi
europea. Un confronto fra costituzionalisti e giuslavoristi, Il Mulino, 2015, 15 ss., spec. 24 ss.
26 Per un’ampia analisi del principio di condizionalità dei diritti si veda B.CARUSO, Nuove
traiettorie del diritto del lavoro nella crisi europea. Il caso italiano, in B. CARUSO, G. FONTANA (a cura di), op. cit., 57 ss., spec. 85, secondo il quale, condivisibilmente, «In una diversa traiettoria la condizionalità dei diritti può, anzi, costituire l’occasione per inserire nella narrazione giuslavoristica, soprattutto nella dottrina italiana, accanto alla grammatica dei diritti anche la grammatica dei doveri inderogabili e il principio di responsabilità». Per un’analisi del principio di condizionalità, nella sua versione sia “hard” (cioè centrato sulla responsabilizzazione spinta e atomistica dell’utente), sia “soft” (accompagnamento del soggetto a scelte comunque libere e accettate perché in linea con il progetto personale) alla
luce anche delle indicazioni comunitarie, si veda S.B.CARUSO, M.CUTTONE, op. cit., spec. 72
ss.
27 Così E.BALLETTI, La riforma degli ammortizzatori sociali alla luce del disegno di legge
delega 3 aprile 2014, n. 1428 Senato, in F.CARINCI (a cura di), La politica del lavoro del Governo Renzi. Atto II. Commento al d.d.l. S.1428 ora C.2660 Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela
Sulla stessa lunghezza d’onda è Franco Liso che, dopo aver evidenziato l’incompletezza della riforma per l’assenza del reddito minimo di cittadinanza, tale non potendosi considerare l’Asdi per la ristrettezza del suo campo di
applicazione, rimarca la difficile realizzabilità del rafforzamento
dell’occupabilità delle persone, al momento a livello di auspicio considerata la complessiva arretratezza del sistema Paese nonché il difficile governo delle eccedenze di personale una volta che è stato smantellato il sistema delineato dalla l. n. 223/199129.
Parimenti negativo il giudizio sulla riforma formulato da Franco Carinci, in relazione alla quale «si sa cosa ha tolto al lavoratore stabile», non avendo invece tangibile cognizione degli effetti positivi della stessa per i lavoratori stabili o precari30.
Pur non essendo allo stato valutabili le ricadute dell’intervento, va segnalato che con la l. n. 208/2015, è stato istituito presso il Ministero del lavoro il fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, al fine di garantire l’attuazione di un Piano nazionale per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, attraverso il quale è previsto il rifinanziamento, oltre che dell’Asdi (infra), anche della social card, nonché il riordino della normativa relativa ai trattamenti di natura assistenziale31.
Al di là della condivisione di tali rilievi critici, non pare possa dubitarsi che il d.lgs. n. 22/2015 abbia inciso non solo sul quantum di tutela ma anche sui connotati tipici della stessa, creando una sorta di “corrispettività” tra contributi e prestazioni, a fronte di una tutela “contro” la disoccupazione affidata per intero alla realizzazione della riforma del mercato del lavoro.
Sull’aderenza della riforma degli ammortizzatori sociali ai parametri costituzionali (artt. 3, 4, 36 e 38 Cost.), invocabili a latere praestatoris, ma anche a quelli che coinvolgono la posizione del datore di lavoro (art. 41), andrebbe avviata una profonda riflessione che tocca non solo e non sempre l’intervento del legislatore ordinario, quanto gli stessi parametri costituzionali, potendosi dubitare finanche della loro rispondenza agli attuali equilibri che governano il mercato del lavoro e più in generale, la nostra società. La riprova della sopravvenuta inadeguatezza dei parametri costituzionali, con riferimento
e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, ADAPT University Press, 2014, 1 ss., spec. 3.
28
Si veda M.CINELLI, “Jobs act” e dintorni. Appunti sulle metamorfosi “in progress” nel
sistema delle tutele sociali, in RDSS, 2015, n. 2, 285 ss.
29 Si veda F.LISO, Il “nuovo” trattamento di disoccupazione, in RDSS, 2013, n. 1, 1 ss.
30 F. CARINCI, Brevi riflessioni sul rapporto tra diritto ed economia, in M. BROLLO, M. MARAZZA (a cura di), op. cit., 64 ss., spec. 67.
specifico all’art. 38 Cost., promana dalla necessità sempre più avvertita anche dalla Corte costituzionale di agganciare il vaglio di legittimità ad altri principi costituzionali (si veda la recente vicenda della perequazione delle pensioni, esaminata da C. cost. n. 70/2015), a dimostrazione che una norma fondamentale per aver permeato il nostro sistema dell’idea di sicurezza sociale, va via via scolorendo quanto più si afferma il principio assicurativo32, già imperante nel sistema pensionistico e che oggi ha fatto irruzione in quello degli ammortizzatori sociali.
Il principio secondo cui il modello di previdenza sociale è ancorato all’an della tutela e non anche al quantum della stessa deve, comunque, fare i conti con l’innegabile constatazione che una tutela inadeguata sotto il profilo del
quantum finisce col mettere in discussione la propria ragion d’essere; sia pure
con la dovuta relatività, viene in mente l’esempio che faceva Gino Giugni a proposito del cuoco che scioperava solo nella frazione di tempo in cui gli spaghetti venivano a cottura, in tal modo rendendo la sua prestazione una erogazione di energie fisiche senza senso33: una prestazione previdenziale al di sotto di una determinata soglia non è in grado di sollevare il lavoratore dalla situazione di bisogno in cui è piombato e quindi non assolve più alla funzione costituzionalizzata.